giovedì 31 marzo 2011

L'ALLEANZA AL SINAI (Esodo 4)


La terza parte del libro è incentrata sulla stipulazione dell'alleanza tra Dio (Yhwh) e il popolo attraverso la figura mediatrice di Mosè. Se la prima parte era interessata alla netta individuazione dell'unico e vero sovrano d’Israele contro tutti i possibili rivali, in questa sezione viene anzitutto a ribadirsi il carattere unico e la definitivo di tale titolo: mai il popolo dovrà trovare alternative o sostituzioni al suo Dio-Re (cfr. Es 20,2-23).
«Solo Yhwh è il sovrano che ha saputo liberare Israele dalla schiavitù, solo lui ha saputo prendersi cura delle necessità del suo popolo: di conseguenza, mai Israele dovrà abbandonarlo. Sarà solo all'interno di quest’ottica che Israele sarà e rimarrà "proprietà" esclusiva di Yhwh (segullah; cfr. 19,5), "regno sacerdotale" (mamléket kohanìm; cfr. 19,6) e "nazione santa" (gòy qàdòs; cfr. 19,6). Il "codice dell'alleanza" (cfr. 20,22-23,19) e il precedente "decalogo" (20,1-17) saranno le condizioni mediante le quali tutto questo continuerà, nei secoli, a permanere in essere. Se, dunque, nella prima sezione del libro Yhwh si definiva come l’unico signore dell'universo, ora, in questa prima unità della terza sezione dell'intero libro è lo stesso popolo a essere definito e costituito, a differenza di tutti gli altri, come servitore eletto di questo sovrano» [1].

La stipulazione dell’Alleanza
La stipula dell’Alleanza rappresenta il cuore del libro dell’Esodo. La relazione amichevole tra Dio e Israele non viene pensata in termini generici, ma è un rapporto salvaguardato da un patto d’amore, simile a quello nuziale. Dio, dopo aver già dimostrato la sua intenzione benevola in tutti i prodigi della liberazione dall’Egitto, al Sinai promette che sarà per sempre il difensore e il soccorritore del popolo. Quest’ultimo, a sua volta, s’impegna a osservare i comandi di Dio, imposti da Lui perché l’esperienza di liberazione possa perdurare nella storia avvenire.
Al momento del Sinai l’alleanza sembra una contrattazione bilaterale ma in realtà questa avviene dopo le altre in cui Dio si era impegnato in modo incondizionato. Infatti nell’alleanza con Noè e con Abramo, Egli aveva assicurato la sua fedeltà a prescindere dal merito dei contraenti. Sarà così anche al Sinai: l’alleanza verrà infranta dal popolo subito dopo la sua stipulazione, ma Dio, dopo aver manifestato la sua disapprovazione, non troncherà il rapporto d’amore con Israele.

Verso l’Alleanza
Promessa dell’alleanza
19. 1 Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dal paese di Egitto, proprio in quel giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. 2 Levato l’accampamento da Refidim, arrivarono al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. 3 Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: 4 Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. 5 Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! 6 Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti”. 7 Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8 Tutto il popolo rispose insieme e disse: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo! ”. Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo.
Proprio in quel giorno: in senso letterale si può tradurre proprio in questo giorno. L’Alleanza possiede un valore eterno e viene rinnovata ogni giorno. Dio offre delle garanzie (“voi avete visto ciò che ha compiuto per voi”), e precisa che ha chiamato il popolo per farlo entrare in un rapporto con Lui (“vi ho fatti venire fino a me”). I salmi presuppongono questo rapporto d’amicizia: «L’anima mia si tiene stretta a te e la forza della tua destra mi sostiene (63,9».
Ho sollevato voi su ali di aquile… «Colpì l’Egitto con prodigi celesti, tracciò una via nel mare, diede al popolo la manna, parlò a Mosè dal cielo: non sono queste grandi opere di Dio? Se, però, paragoni a queste azioni il fatto che Dio abbia tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, troverai che tutte quelle opere sono piccole a paragone della grandezza di quest’opera» [2].
Vi ho fatti venire fino a me. Lo scopo ultimo del progetto di liberazione sta nel rendere Israele un interlocutore di Dio, un suo amico.
Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Dio, che è Signore di tutta la terra, considererà Israele come un suo bene personale (“voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli”), un appezzamento sul quale esercita una particolare cura. Lo costituirà come un regno di sacerdoti. Tutti gli appartenenti al popolo, senza distinzione di classe, esercitano un sacerdozio: ossia offrono, nella loro esistenza, la fedeltà all’alleanza, comunicano con Dio. Sarà una nazione santa, separata da altri perché appartenente a Dio.
«Esulta, popolo di Dio, mentre apprendi le insegne della tua nobiltà. Tu sei chiamato ad ascoltare la parola di Dio, e non sei chiamato come folla, ma come re; di te, infatti è stato detto: stirpe regale e sacerdotale, popolo redento (cf. 1 Pt 2,9). Ti fa essere re il fatto che Cristo regni in te. Se assoggetti le concupiscenze della carne, se domini i popoli dei vizi, a ragione sei detto re, perché hai imparato a reggere bene te stesso» [3].
«Com’è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. La carne combatte l'anima pur non avendo ricevuto ingiuria; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli» [4].
Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo! Il popolo esprime l’essenza della spiritualità biblica: rendersi disponibili al volere divino. «In verità io non parlai né diedi comandi sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d'Egitto. Ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici» (Ger 7,22-23; cf Eb 10,9).
9 Il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano sempre anche a te”. Mosè riferì al Signore le parole del popolo. 10 Il Signore disse a Mosè: “Và dal popolo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti 11 e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. 12 Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: Guardatevi dal salire sul monte e dal toccare le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. 13 Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere lapidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo non dovrà sopravvivere. Quando suonerà il corno, allora soltanto essi potranno salire sul monte”. 14 Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece purificare il popolo ed essi lavarono le loro vesti. 15 Poi disse al popolo: “Siate pronti in questi tre giorni: non unitevi a donna”.
Israele si prepara alla manifestazione di Dio come se stesse per partecipare ad un rito liturgico: esso deve purificarsi e mantenere le distanze. Nel testo compaiono convinzioni arcaiche legate al concetto di purità sacrale: il sacro sarebbe una realtà carica d’energia, e per questo non si deve entrare in contatto con esso in modo troppo confidenziale. Chi accumula tale energia sacrale diventa un pericolo per altri (animali o persone). In seguito queste norme sacrali subiranno una trasformazione di carattere etico.
Và dal popolo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti. Le prescrizioni sacrali vengono trasformate in norme morali. «Il credente che ha accolto in sé il pane celeste e ha combattuto da forte contro i nemici, è condotto alla contemplazione di Dio trascendente. Per lui la via verso questa conoscenza è la purificazione» [5]. «Non si comincia dalla contemplazione per terminare nel timore ma bisogna educarsi con il timore e purificarsi. Dove c’è il timor di Dio, lì c’è l’osservanza dei comandamenti; dove c’è l’osservanza dei comandamenti c’è la purificazione; dove c’è la purificazione c’è l’illuminazione e l’illuminazione è l’appagamento del desiderio, per coloro che desiderano i beni più grandi» [6].
Animale o uomo non dovrà sopravvivere. «La bestia tocca il monte quando l’anima ancora soggetta ai desideri irrazionali pretende di elevarsi alla contemplazione delle cose alte. Non sopportando il peso delle cose supreme, viene uccisa dai colpi stessi del peso supremo» [7].

Gli eventi dell’Alleanza
La teofania
16 Appunto al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. 17 Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. 18 Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. 19 Il suono della tromba diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con voce di tuono. 20 Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì.
Vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte. Nel medio oriente si pensava che le divinità (i Baalim cananei) si manifestassero nel temporale; gli dèi apparivano potenti nei lampi e nella corsa delle nubi. La Bibbia, pur assumendo queste nozioni, le modifica. Il Signore ama manifestarsi anche nel mormorio di un vento leggero (1 Re 19,8). «Lo Spirito Santo si esprime con il rumore del vento impetuoso e con la voce di brezza soave, perché quando viene è nel contempo impetuoso e soave; soave perché si adatta più che può ai nostri sensi per farsi conoscere da noi; impetuoso perché scuote la nostra debolezza. Ci tocca soavemente con la sua luce, ma scuote potentemente la nostra povertà» [8].
Tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Dio dev’essere anche temuto, perché non è un uomo qualsiasi ma questo timore è rispetto amorevole, non terrore paralizzante. Il timore deve portare a vivere una fede più profonda e tradursi in obbedienza. «Nessuno teme più di chi ama, e più si ama più si teme: non si teme il castigo, ma si teme di dare dolore, si teme di dispiacere, si non essere abbastanza graditi, di non dimostrare a sufficienza il proprio amore, di non fare tutto ciò che si dovrebbe per chi si ama» [9].
Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco. «Il Signore volendo dare la Legge, discese nel fuoco e nel fumo, perché illumina i credenti mediante lo splendore della sua manifestazione e oscura gli occhi dei presuntuosi con le nuvole dell’errore. È necessario che, dapprima, l’anima sia ripulita da ogni desiderio di gloria temporale e da ogni piacere di concupiscenza carnale, e allora si potrà elevare alla vetta della contemplazione» [10].
21 Poi il Signore disse a Mosè: “Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! 22 Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si tengano in stato di purità, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro! ”. 23 Mosè disse al Signore: “Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertiti dicendo: Fissa un limite verso il monte e dichiaralo sacro”. 24 Il Signore gli disse: “Và, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro! ”. 25 Mosè scese verso il popolo e parlò.
Scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore. «Solo Mosè salì sulla cima, dove rifulgeva la maestà divina nel fuoco e nell’oscurità, poiché solo i più perfetti potevano comprendere, mentre il popolo ascoltava la parola divina quasi dal di fuori e collocato al di sotto. Ora, tuttavia, la grazia dello Spirito Santo è stata elargita largamente; i cuori dei fedeli si innalzano per comprendere a fondo e mettere in pratica le parole del Vangelo» [11].
Ora è possibile avvicinarsi a Dio Padre, ma rimane sempre il rischio di rimanere estranei o perfino di rifiutarlo. È aperta la possibilità di entrare in relazione con Lui, ma bisogna compiere un cammino di reale avvicinamento. «Il monte che è veramente scosceso, indica la teologia, di cui la gente comune con difficoltà raggiunge le radici. Ma se uno è come Mosè, può salire per lungo tratto, sostenendo con l’udito le voci delle trombe che diventavano sempre più forti durante la salita» [12]. «Tutti siamo stati battezzati in Cristo con acqua e Spinto santo ma nei più di noi Dio non si compiace. Molti fedeli, infatti, hanno maltrattato i loro corpi con molte fatiche dell'ascesi, ma per il fatto di non avere compunzione da una coscienza contrita e amante del bene, e compassione di carità verso il prossimo e se stessi, sono stati lasciati vuoti della pienezza dello Spirito santo e si sono trovati lontano dalla conoscenza di Dio» [13].
Salirai tu e Aronne con te. «Israele non sopportava la visione diretta di Dio e perciò chiesero a Mosè di farsi mediatore. L’Unigenito, [il Cristo], poiché non poteva venire a noi nella gloria divina, divenne come noi, [e fu] mediatore tra Dio e gli uomini. Ricacciando lontano quello che si frapponeva e ci escludeva dall’amore per Dio e dalla familiarità con lui, l’Unigenito ci ha riportati all’antico stato e ha annientato l’inimicizia. Giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo (Rm 5,1)» .
Mosè scese verso il popolo e parlò. «Fino a che tu eri in Egitto non potevi ascoltare queste cose. Ma neanche giunto alla prima tappa, né alla seconda, né alla terza. Avendo compiute prima molte fatiche, superate tribolazioni e tentazioni, meriterai di ricevere i precetti della libertà» [14].


Il decalogo

20. 1 Dio allora pronunciò tutte queste parole: 2 Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: 3 non avrai altri dei di fronte a me. 4 Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi. 7 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. 8 Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: 9 sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; 10 ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. 11 Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.
«I comandamenti del decalogo stabiliscono un senso vietato: non tornare alla schiavitù d'Egitto. Questa schiavitù non si riferisce solo ai lavori forzati in Egitto, ma si sminuzza in numerose schiavitù: idolatria in tutte le sue forme, profanazione del tempo, disprezzo dell'autorità dei genitori, mancato rispetto della vita umana, dell'amore, della proprietà altrui, dell'«altro» ecc. In tutti questi ambiti, la libertà non può dettarsi. È da farsi. Piuttosto che enunciare il modo in cui il popolo, liberato dalla schiavitù d'Egitto, può ora vivere in libertà, Dio dice in quale momento la libertà cesserebbe di esistere» [15]. «Compiere le azioni della carne è casa di schiavitù, mentre vivere secondo Dio è casa della libertà, come dice anche il Signore: Se rimarrete nella mia parola, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv 8,31-32)» [16].
«Cinquanta giorni dopo l'uccisione dell'agnello fu data la Legge, quando il Signore discese sul monte avvolto dal fuoco, e parimenti cinquanta giorni dopo la risurrezione del nostro Redentore, cioè oggi, fu data ai discepoli riuniti nel cenacolo la grazia dello Spirito Santo che, apparendo esteriormente in forma di fuoco, illuminò invisibilmente i loro cuori con la luce della scienza, e li accese di ardore di carità inestinguibile» [17]. «Chi ha lo Spirito, come si conviene, estingue, per mezzo suo, ogni malvagio desiderio; chi è libero da ciò, non ha bisogno dell’aiuto della legge, in quanto si trova in una posizione molto più elevata rispetto ai suoi precetti» [18].
Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù. «Di ognuno che ha imparato a disprezzare [le malvagità] del secolo presente (che in figura è chiamato Egitto), ed è stato trasferito dal Verbo di Dio [da questo mondo] e non lo si trova più qui, poiché si affetta e tende verso il secolo futuro, di questa persona Dio dice: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto. Queste parole sono dette a te che ora le ascolti se tuttavia parti e non continui a servire gli egiziani» [19].
Non avrai altri dei di fronte a me. Dio esige un culto esclusivo. «Avrà il vero Dio, l’unico Dio, chi non avrà altro Dio» [20]. «Hai deciso di osservare questo comandamento e di ripudiare tutti gli altri Dei e Signori? Questo vuol dire dichiarare guerra senza tregua a tutti gli altri. Altrimenti, se non amiamo il Signore con tutto il cuore e tutta l’anima, non diventiamo la parte del Signore. Allora, come posti in una zona di confine, da un lato dobbiamo sopportare lo sdegno dei signori che fuggiamo e dall’altro non ci rendiamo propizio il Signore presso il quale ci rifugiamo, perché non l’amiamo con cuore integro» [21].
Non ti farai idolo né immagine alcuna. «Di Colui che si è incarnato per noi farai l’immagine, per l’amore verso di lui, e per essa ti ricorderai di lui, elevando per essa, il tuo intelletto a quell’adorabile corpo del Salvatore che siede alla destra del Padre» [22].
Io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso. «Ogni uomo può prostituirsi ai demoni e avere molti amanti. Ora entra in lui lo spirito di fornicazione, poi quello dell’avarizia, dopo di lui viene lo spirito di superbia e tanti altri. Tutti questi non sono mossi a gelosia l’uno verso l’altro. Anzi s’invitano a vicenda. Dio, invece è geloso. Non tollera che l’anima, di cui egli stesso è detto sposo, si dia alla dissolutezza. Questo Dio geloso ti cerca e desidera che la tua anima aderisca a lui e se usa verso di te una certa gelosia, riconosci che è per te una speranza di salvezza» [23].
Non pronuncerai invano il nome del Signore. Il comandamento proibisce di usare il nome di Dio per giuramenti falsi o inutili o in pratiche magiche. Si può definirsi cristiani, senza avere nulla di ciò che riguarda la fede. «Chiama invano il Nome di Dio colui che porta non la sostanza del nome, ma il nome senza la sostanza» [24].
Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. «Santificherai il primo giorno della settimana, la domenica, perché consacrato al Signore che in esso è risuscitato. Non farai alcun lavoro di questa vita… Frequenterai il tempio di Dio e prenderai il santo corpo e sangue di Cristo. Rinnoverai te stesso preparandoti ad accogliere i beni futuri ed eterni» [25].
12 Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti da il Signore, tuo Dio. 13 Non uccidere. 14 Non commettere adulterio. 15 Non rubare. 16 Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. 17 Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”.
Il riposo del Sabato è costituito perché ci apriamo a Dio ma anche ai fratelli. Il rispetto per il sabato unisce il rispetto per Dio alla relazione corretta con il prossimo. La seconda parte del Decalogo insiste sul rapporto corretto con il prossimo. «Colloca infatti l'amore in ogni singolo comandamento della legge e vedi con quanta facilità tutti vengano compiuti. Forse che chi ama il prossimo lo può uccidere? È certo che nessuno uccide la persona che ama. È dunque l'amore quello per cui si compie il comandamento con il quale viene ordinato: Non ucciderai. E ancora: forse che chi ama il suo prossimo commette adulterio nei confronti della moglie di lui? Certamente mai. Se dunque ami il prossimo, non commetterai adulterio. In modo simile anche chi ama il prossimo non ruba le sue sostanze e chi ama il prossimo non dice falsa testimonianza contro di lui. In modo simile anche gli altri comandamenti della legge, se vi è l'amore verso il prossimo, vengono osservati senza alcuna fatica.
Io penso tuttavia che pure in questo testo l'apostolo ha voluto che noi imparassimo qualcosa di più vantaggioso. Se tu infatti ricerchi con maggior attenzione chi sia il nostro prossimo, apprenderai che nel vangelo è nostro prossimo Colui che è venuto e, mentre noi giacevamo feriti dai ladroni e spogliati dai demoni, ci ha caricati sopra il giumento del suo corpo e ci ha condotti all'albergo della chiesa. Se dunque noi amiamo questo prossimo, compiamo nell'amore di lui tutta la legge e tutti quanti i comandamenti. Né in alcun modo può accadere che chi ama Cristo con tutto il cuore e con tutte le sue viscere, commetta qualcosa che a lui non piaccia. Chi infatti lo ama, non solo non uccide — cosa che la legge proibisce — ma neppure si adira con il suo fratello. Chi si sente attratto in questo modo da colui che egli ama, non solo non commette adulterio, ma neppure guarda una donna per desiderarla. Chi ama Cristo, come potrebbe pensare a un furto, egli che abbandona perfino tutti i suoi averi per seguire Cristo ? Chi ama Cristo, quando mai può dire falsa testimonianza, sapendo che colui che egli ama è stato tradito da una falsa testimonianza? Ora necessariamente chi ama Cristo, ama anche il suo prossimo. Da quest'unico indizio infatti viene designato chi è discepolo di Cristo: se ha amore verso il prossimo, giacché è certo che chi non ama il prossimo non conosce Cristo» [26].
Onorerai tuo padre e tua madre. «Per mezzo dei tuoi genitori Dio ti ha introdotto nella vita ed essi sono, con Dio, la causa della tua esistenza. Se però sono di ostacolo alla fede, fuggirai da loro. Cristo infatti ha detto: Se uno non odia suo padre e sua madre ed anche la propria vita, non è degno di me (Lc 14,26). Onorerai quelli che ti sono diventati padri secondo lo spirito» [27].
Non uccidere. «L’uccisione procede da una ferita, e la ferita dalla violenza e questa dall’ira, ma l’ira ci coglie in seguito a una perdita che ci è inferta da altri. Per questo Cristo ha detto: a chi ti porta via la tunica non negare anche il mantello; così libererai te stesso e chi ti fa il male» [28]. «Non bisogna odiare l’uomo ma i vizi. Meritano perciò di essere compianti quelli che si rodono odiando il fratello e conservano contro gli altri una rovinosa perfidia del cuore. […] Chi va molto lento nel riconciliarsi il fratello, induce Dio ad andare molto lento nel pacificarsi con lui» [29].
Non commettere adulterio. «Non fornicherai per non essere membro di una meretrice invece che membro di Cristo (1 Cor 6,15). Ma se lo comprendi, pratica anche la verginità, per poter essere interamente di Dio e aderire a lui con carità perfetta, impossessandoti in anticipo della vita futura» [30]. «Il diavolo signoreggia sul genere umano soprattutto con questi due vizi, cioè con la superbia della mente e la lussuria della carne […] La libidine non sa mantenere la misura. Quando il vizioso si è lasciato andare alla fornicazione, passa ad altri misfatti esecrabili; mentre oltrepassa senza misura i limiti del pudore, aggiunge delitto a delitto procedendo verso il peggio […] Ne deriva che spesso, in seguito alla consuetudine, siamo trascinati a peccare con una sorta di violenza, come se fossimo prigionieri, e avvertiamo che i nostri sensi in noi si ribellano contro la retta volontà» [31].
Non rubare. «Piuttosto, da ciò che possiedi, ne darai anche ai bisognosi. Lo darai di nascosto, per ricevere da Dio, che vede nel segreto, il centuplo [ora] e la vita eterna nel secolo futuro» [32].
Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. «Non testimonierai il falso per non renderti simile ad Adamo che calunniò Eva presso Dio. Piuttosto, purché non vi sia danno per i più, coprirai anche la caduta del tuo prossimo» [33].
Non desiderare la casa del tuo prossimo. Il comandamento proibisce qualsiasi forma di cupidigia. «Non desidererai qualcosa del tuo prossimo: non proprietà, non denaro, non gloria. Piuttosto offri del tuo a chi chiede e, per quanto puoi, sii misericordioso con chi ha bisogno di misericordia. Se poi troverai qualche oggetto perduto, lo metterai al sicuro per il proprietario, anche se questi fosse un tuo nemico» [34]. «Peggiori di ogni peccato sono l’avarizia e l’amore del denaro […] L’avarizia è il materiale costitutivo di tutti i crimini […] molti, a causa dell’avarizia attaccata alla terra, hanno rifiutato la fede stessa. Molti agognano tanto i beni altrui che non temono di perpetrare perfino un omicidio come capitò ad Achab che arrivò a versare il sangue (1Re 21,1-6). Non sa mai essere sazia: quanto più si procura, tanto maggiormente ricerca; non soltanto si tormenta per la brama di accumulare, ma vive anche nella paura di perdere. Il più delle volte i potenti bruciano d’un’avarizia così rabbiosa da espellere i poveri dalle loro vicinanze e da non permettere che vi abitino» [35].

Il tremore del popolo
18 Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. 19 Allora dissero a Mosè: “Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo! ”. 20 Mosè disse al popolo: “Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore vi sia sempre presente e non pecchiate”. 21 Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura, nella quale era Dio.
Il popolo avverte soprattutto il senso di distanza con Dio. Il Vangelo insiste piuttosto sulla vicinanza tra noi e Lui: «Voi non vi siete accostati a un luogo tangibile e a un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano che Dio non rivolgesse più a loro la parola; non potevano infatti sopportare l’intimazione: Se anche una bestia tocca il monte sia lapidata. Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo. Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele. Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli (Eb 12,18-25)».
Mosè avanzò verso la nube oscura, nella quale era Dio. «La conoscenza della religione inizialmente è luce per chi l’apprende. Quant’è contrario alla religione riteniamo che sia tenebra, e ci si allontana dalle tenebre venendo a partecipare della luce. La mente, però, procedendo in avanti, quanto più si avvicina a questa conoscenza, tanto più avverte l'inconoscibilità della natura divina. Mosè, infatti, dopo esser diventato più grande per la conoscenza, afferma di cogliere Dio nelle tenebre, cioè ha compreso che la divinità è ciò che trascende ogni conoscenza e ogni comprensione» [36].
«Signore, come puoi introdurre nella tenebra che ti circonda l’intelletto che è stato purificato, trasferendolo di gloria in gloria, purché resti il più possibile all’interno della tenebra più che luminosa? Soltanto so che questa è una tenebra spirituale e che in essa si compiono, in modo indicibile, i misteri dell’unione e dell’amore spirituale. Lo sanno quelli che vi sono introdotti con la fiaccola dello Spirito illuminante» [37].
Il codice dell’Alleanza
Il codice dell'Alleanza contiene regole su schiavitù, omicidio, vari tipi di aggressione, morte causata da animali, furto di bestiame, danni all'agricoltura, deposito proprietà, pastorizia, prestito di animali e seduzione di una vergine.
Si presenta diviso in due parti, la prima delle quali (Es 21,1-22,17) è formulata principalmente in frasi condizionali (conosciute come "forma casistica") in cui la protasi (frase con "se") indica le circostanze, e l'apodosi (frase con "allora") le conseguenze legali. Questa è anche la forma predominante (sebbene non l'unica) in uso nei codici dell'antico Vicino Oriente. La seconda metà del Codice (Es 22,18-23,19) si esprime, invece, in forma apodittica.
Prima parte20 22 Il Signore disse a Mosè: “Dirai agli Israeliti: Avete visto che vi ho parlato dal cielo! 23 Non fate dei d’argento e dei d’oro accanto a me: non fatene per voi! 24 Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò. 25 Se tu mi fai un altare di pietra, non lo costruirai con pietra tagliata, perché alzando la tua lama su di essa, tu la renderesti profana. 26 Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità.
È Dio che ha preso l’iniziativa di rivelarsi agli uomini. La Scrittura non si fonda sullo sforzo dell’uomo per salire a Dio ma sull’amore gratuito divino che l’ha portato a cercare gli uomini. Il regolamento chiede il rispetto dell’uso antico di sacrificare sopra un elemento naturale. Più tardi (cfr Dt 12,5) verrà ammesso un unico luogo di culto per evitare il politeismo.

Leggi sugli schiavi
21. 1 Queste sono le norme che tu esporrai loro. 2 Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero, senza riscatto. 3 Se è entrato solo, uscirà solo; se era coniugato, sua moglie se ne andrà con lui. 4 Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito figli o figlie, la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo. 5 Ma se lo schiavo dice: Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene in libertà, 6 allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio, lo farà accostare al battente o allo stipite della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina; quegli sarà suo schiavo per sempre.
Gli schiavi privati erano normalmente costituiti da debitori inadempienti o da indigenti che si offrivano volontariamente. La Bibbia, pur ammettendo tale istituzione, cerca di umanizzarla, restringendo il potere del padrone sullo schiavo (cf. vv 26-27).
In seguito, l’apostolo Paolo chiede al cristiano Filemone di trattare lo schiavo Onesimo come un fratello: «Avrei voluto trattenerlo presso di me perché mi servisse in vece tua nelle catene che porto per il vangelo. Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo. Forse per questo è stato separato da te per un momento perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore (Fm 1,13-16)».
Nel cammino della storia, l’istituto della schiavitù verrà avvertito come contrario alla dignità dell’uomo, grazie ai suggerimenti dello Spirito infusi nella cultura umana. Il vescovo Gregorio di Nissa, ad esempio, chiede l’abolizione della schiavitù perché ogni uomo è ad immagine di Dio: «Che cos’hai trovato, tra tutto ciò che esiste, che fosse d’ugual valore dell’umana natura? Quanti oboli hai pagato l’immagine di Dio? Disse infatti Dio: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. Colui che è a somiglianza di Dio e che ha dominio su tutta la terra…, dimmi, chi potrebbe barattarlo, chi comprarlo? Solo Dio può far questo, anzi neppure Dio stesso. Dice infatti la Scrittura: I suoi doni sono irrevocabili. Dunque neppure Dio potrebbe ridurre in servitù la natura umana» [38].
Omicidio. Colpi e ferite
12 Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte. 13 Però per colui che non ha teso insidia, ma che Dio gli ha fatto incontrare, io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi. 14 Ma, quando un uomo attenta al suo prossimo per ucciderlo con inganno, allora lo strapperai anche dal mio altare, perché sia messo a morte. […] 22 Quando alcuni uomini rissano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un’ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato. 23 Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: 24 occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, 25 bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido. […].
Il passo prevede una serie di crimini che postulano la pena capitale. La rigidità di queste norme intendono salvaguardare il valore della vita umana.
Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte. Per lungo tempo, la pena di morte non costituì un problema. «Oggi l’accresciuta consapevolezza riguardo alla dignità di ogni uomo, ancorché criminale, induce ad abolire questa pena. L’unica ragione che si potrebbe addurre per giustificarla, cioè l’assenza di concrete alternative per la legittima difesa della società, viene di fatto a mancare in uno stato moderno organizzato. Tanto meno questa pena può essere utilizzata come deterrente contro l’espandersi della criminalità. Anche il carcere stesso dev’essere umanizzato e deve mirare alla rieducazione e, ove possibile, al reinserimento nella società» [39].
Occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido. Compare la cosiddetta legge del taglione. Rispetto all’esaltazione della vendetta (Gn 4, 23-24: canto di Lamec) quest’ordinamento intende controllare uno sfogo vendicativo. È un primo passo per arginare una rivalsa vendicativa. Gesù ricorda questo detto e lo trasforma: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle» (Mt 5,38-42).
«Sei stato maltrattato? Non però tanto, quanto male farai a te stesso serbando rancore. Il dolore infatti deriva non tanto dalla malvagità del prossimo, quanto dalla nostra miseria» [40].
Furti e Delitti che esigono un indennizzo
22 1 Se un ladro viene sorpreso mentre sta facendo una breccia in un muro e viene colpito e muore, non vi è vendetta di sangue. 2 Ma se il sole si era già alzato su di lui, a suo riguardo vi è vendetta di sangue. Il ladro dovrà dare l’indennizzo: se non avrà di che pagare, sarà venduto in compenso dell’oggetto rubato. 3 Se si trova ancora in vita e in suo possesso ciò che è stato rubato, si tratti di bue, di asino o di montone, restituirà il doppio. 4 Quando un uomo usa come pascolo un campo o una vigna e lascia che il suo bestiame vada a pascolare nel campo altrui, deve dare l’indennizzo con il meglio del suo campo e con il meglio della sua vigna. 5 Quando un fuoco si propaga e si attacca ai cespugli spinosi, se viene bruciato un mucchio di covoni o il grano in spiga o il grano in erba, colui che ha provocato l’incendio darà l’indennizzo. […] 9 Quando un uomo da in custodia al suo prossimo un asino o un bue o un capo di bestiame minuto o qualsiasi bestia, se la bestia è morta o si è prodotta una frattura o è stata rapita senza testimone, 10 tra le due parti interverrà un giuramento per il Signore, per dichiarare che il depositario non ha allungato la mano sulla proprietà del suo prossimo. Il padrone della bestia accetterà e l’altro non dovrà restituire…
Queste norme intendono salvaguardare la proprietà individuale. In genere si menzionano beni dal valore modesto, come è tipico di una società rurale. Sono previsti casi di restituzione o di risarcimento.
Qualunque sia l’oggetto di una frode, si tratti di un bue, di un asino, di un montone, di una veste, di qualunque oggetto perduto, di cui uno dice: “è questo!”. Nel caso di conflittualità, Paolo invita ad un sentimento di arrendevolezza e di cercare una soluzione tra gli stessi fratelli di fede, evitando di ricorrere al tribunale civile: «Se dunque avete liti per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente senza autorità nella Chiesa? Lo dico per vostra vergogna! Cosicché non vi sarebbe proprio nessuna persona saggia tra di voi che possa far da arbitro tra fratello e fratello? No, anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello e per di più davanti a infedeli! E dire che è già per voi una sconfitta avere liti vicendevoli! Perché non subire piuttosto l’ingiustizia? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? Siete voi invece che commettete ingiustizia e rubate, e ciò ai fratelli! (1 Cor 6, 4-8)».

Seconda parte
La seconda metà del Codice (Es 22,18-23,19), espressa in forma apodittica (discorso diretto, ordini in seconda persona, non accompagnati dall'esposizione delle sanzioni), riunisce le offese sacre, le ingiunzioni umanitarie, i modelli per l'amministrazione della giustizia, le leggi relative al settimo anno, al sabato e alle feste in occasione dei tre pellegrinaggi (cf. Es 23,14-17), e le regole concernenti i sacrifici. È probabile che l'intero Codice venisse compilato a partire da fonti differenti, ed è largamente diffusa l’opinione che in origine esso non facesse parte della narrazione sinaitica a cui adesso appartiene» [41].
Leggi morali e religiose
17 Non lascerai vivere colei che pratica la magia. 18 Chiunque si abbrutisce con una bestia sia messo a morte. 19 Colui che offre un sacrificio agli dei, oltre al solo Signore, sarà votato allo sterminio.
La magia e la stregoneria, hanno influenze corruttrici, e da esse è necessario guardarsi in modo netto (cfr. Dt 18, 9-14). I ricorsi a maghi e a fatucchieri, per quanto arcaici e irrazionali, sono tuttora diffusi anche nell’attuale società.
«La bestialità è deviazione e turpitudine che suscita la reazione biblica di orrore. È possibile il riferimento a pratiche magico-rituali previste dalla religione naturale per favorire la fecondità delle greggi. La bestialità era praticata nell'Oriente antico, il Codice Hittita prevede la pena di morte per chi s'accoppia con un animale (toro, cane, maiale). Secondo Lv 18,23-24; Dt 27,21, il vizio era diffuso anche in Canaan e doveva essere punito con la morte, cfr. Lv 20,15» [42].
20 Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. 21 Non maltratterai la vedova o l’orfano. 22 Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, 23 la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. 24 Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. 25 Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, 26 perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso. 27 Non bestemmierai Dio e non maledirai il principe del tuo popolo. 28 Non ritarderai l’offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio. Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me. 29 Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre, l’ottavo giorno me lo darai. 30 Voi sarete per me uomini santi: non mangerete la carne di una bestia sbranata nella campagna, la getterete ai cani.
Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. La vicenda di liberazione vissuta da Israele diventa un esemplare di civiltà che deve perdurare nel tempo, a favore di tutti gli uomini. Gli stranieri devono essere accolti con umanità.
Non maltratterai la vedova o l’orfano. Vedove ed orfani sono le categorie tipiche dei diseredati. I profeti annunciano l’attenzione particolare di Dio per loro (Is 1, 23). «Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo (Gc 1,27)».
Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio. I Padri della Chiesa censurano fortemente l’usura. «Se sei cristiano, perché offri il tuo inerte denaro perché sia restituito con interesse, e trasformi in un tesoro per te la povertà di un tuo fratello, per il quale Cristo è morto?» [43]. «È indizio massimo di disumanità il fatto che, se uno chiede a prestito un aiuto, un altro non si accontenti del capitale, ma si studi di ricavare guadagni dalle calamità del povero. Era venuto a cercare un aiuto, e ha trovato un nemico. Cercava una medicina e ha trovato un veleno» [44].
Quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso. «Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero! (Gc 2,5-6)».
La giustizia. I doveri verso i nemici
23 1 Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un’ingiustizia. 2 Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia. 3 Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo. 4 Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. 5 Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo. 6 Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo. 7 Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole. 8 Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti. 9 Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri nel paese d’Egitto.
Non spargerai false dicerie. «Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica. Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo? (Gc 4, 11-12)». «Niente è peggio del giudicare. Eppure, a un tal male così grande si arriva da queste cosette di poco conto: si accoglie un piccolo sospetto contro il prossimo [...]. E la mente comincia a smettere di occuparsi dei propri peccati e a ciarlare del prossimo. Alla fine, da ciò proviene il giudizio, la maldicenza il disprezzo: da ciò va a finire che si cade in quelle stesse colpe che si condannano. Per il fatto che non ci si preoccupa dei mali propri e non si piange, come dicevano i Padri, il proprio morto, non si riesce assolutamente a correggere sé stessi, ma sempre ci si dà da fare intorno al prossimo: e nulla irrita tanto Dio, nulla denuda tanto l’uomo e lo porta all’abbandono da parte di Dio quanto lo sparlare, condannare, disprezzare il prossimo. Altro è infatti sparlare, altro condannare, e altro disprezzare. Sparlare significa dire contro qualcuno: “Il tale ha mentito”, oppure: “Si è adirato”, oppure: “Ha fornicato”, o altre cose del genere. Questo è già sparlare di lui, cioè parlare contro di lui, parlare del suo peccato accanendoglisi contro. Condannare significa dire: “Il tale è mentitore, iracondo, fornicatore”. Ecco: si è condannata la disposizione stessa della sua anima e ci si è pronunciati su tutta quanta la sua vita dicendo che egli è così, e lo si è condannato in quanto tale. E’ una cosa grave. Altro, infatti, è dire: “Si è adirato”, e altro dire: “E’ un iracondo” e pronunciarsi, come ho detto, su tutta quanta la sua vita» [45].
Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Il Nuovo Testamento riprende e rafforza il precetto di non avversare il nemico: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5, 43-48)». «Si può rendere male per male non solo con le azioni, ma anche con le parole e l'atteggiamento. Talvolta si prende un atteggiamento o si fa un movimento o uno sguardo che turba il fratello: sì, si può ferire il fratello anche con uno sguardo o un movimento, e anche questo è un rendere male per male. Un altro si studia di non rendere male per male né con l'azione né con la parola né con l'atteggiamento o il movimento, però ha in cuore una tristezza contro il suo fratello e si affligge contro di lui. Un altro non ha neppure qualche tristezza contro il proprio fratello, ma se sente dire che qualcuno l’ha afflitto o ha mormorato contro di lui o l’ha offeso, si rallegra all'udirlo, e anche costui si trova a rendere male per male nel suo cuore. Un altro invece non solo non ha nessuna cattiveria e non gode a sentire che chi l’ha afflitto è stato offeso, ma si affligge addirittura se quello viene afflitto: però non prova piacere se egli riceve del bene, e si affligge se lo vede onorato o contento: anche questa è una sorta di rancore, più leggera, sì, ma lo è pur sempre. Invece bisogna gioire per la contentezza del proprio fratello e fare di tutto per servirlo e preparare ogni cosa per dargli onore e soddisfazione» [46].
Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico. I santi si prendono cura anche degli animali: «Più volte Camillo ritrovando per strada alcuni contadini che battevano i loro animali per essere cascati in terra, o per non voler camminare, esso gli aveva compassione e gli pregava che non gli dassero, mettendo anco le mani sotto la soma per aiutarli ad alzare. Vedendo egli ch’un cane andava zoppo, per essergli stata rotta una gamba, e che non poteva andare a procacciarsi il cibo, esso di mano propria gli dava ogni giorno del pane, e lo raccomandò poi ad un servente di casa che n’havesse cura» [47]. Anche gli uomini possono accasciarsi sotto il loro egoismo. Giovanni Crisostomo invita a riconciliare tra loro eventuali litiganti «Eravamo nemici di Dio; l’Unigenito ci ha riconciliati, ricevendo percosse per noi e subendo la morte. Adoperiamoci anche noi per liberare dai mali quelli che v’incappano. Certamente è molto più agevole separare e riconciliare degli uomini in lotta fra loro, che risollevare un asino che giace a terra. Se si deve risollevare l’asino dei nemici, a maggior ragione si devono risollevare le anime degli amici» [48].
Anno sabbatico e sabato
10 Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, 11 ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie della campagna. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto. 12 Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma nel settimo giorno farai riposo, perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero. 13 Farete attenzione a quanto vi ho detto: non pronunciate il nome di altri dei; non si senta sulla tua bocca!
L’anno sabbatico è come una restaurazione dell’ordine primitivo, prima della sedentarizzazione del popolo e della successiva divisione in classi sociali. Anno sabbatico e riposo settimanale ricordano che la volontà divina esige uno stile di società improntata all’uguaglianza tra i suoi membri e alla libertà di tutti. Gli uomini diventano fratelli tra loro nella proporzione in cui si aprono al riposo in Dio.
«Gli uomini non pensano che la povertà e la ricchezza, la libertà e la schiavitù, e altri nomi di tal genere, solo di recente s’introdussero nel genere umano, come certe comuni infermità che irruppero nella nostra vita insieme con il peccato e che sono sue invenzioni. Ma all'inizio, dice Gesù, non fu così: Dio che ha creato l'uomo, lo lasciò uscire dalle sue mani libero, soggetto alla sola legge del precetto e ricco delle delizie del Paradiso, e volle questo anche per il restante genere umano. La libertà e la ricchezza consistevano solo nell'osservanza del precetto; la vera povertà e la schiavitù erano la sua trasgressione. In conseguenza di questa trasgressione avvennero le invidie, le discordie e l'ingannevole tirannia del serpente, che sempre ci attira con la lusinga del piacere e sprona i più prepotenti contro i più deboli; in conseguenza di ciò l'avarizia divise la nobiltà di natura, prendendo con sé anche la legge, che fa da sostegno al potere. Ma tu guarda l'uguaglianza che era alle origini, non la successiva divisione, non la legge del più potente, ma quella del Creatore» [49].

Le Feste
14 Tre volte all’anno farai festa in mio onore: 15 Osserverai la festa degli azzimi: mangerai azzimi durante sette giorni, come ti ho ordinato, nella ricorrenza del mese di Abib, perché in esso sei uscito dall’Egitto. Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote. 16 Osserverai la festa della mietitura, delle primizie dei tuoi lavori, di ciò che semini nel campo; la festa del raccolto, al termine dell’anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. 17 Tre volte all’anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio. 18 Non offrirai con pane lievitato il sangue del sacrificio in mio onore e il grasso della vittima per la mia festa non starà fino al mattino. 19 Il meglio delle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore, tuo Dio. Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
Quale era il significato delle feste? «Nell’Antico Testamento i simboli, i riti e le teste, pur mantenendo un riferimento alle vicende della natura e ai momenti della vita sociale, diventano segni dell'alleanza, memoria e attualizzazione delle opere mirabili compiute da Dio nella storia a favore del suo popolo. In particolare la Pasqua ebraica, immolazione di un agnello da consumare in una cena rituale, ricorda l'esodo dall'Egitto e vi fa in qualche modo partecipare i presenti al rito, perché Dio viene ancora a fare per i figli quello che un tempo aveva fatto per i padri. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne (Es 12,14). Il memoriale comunica la grazia dell'evento ricordato. Gesù Cristo porta a compimento gli eventi e i riti dell'antica alleanza. Nella sua persona Dio stesso si rivela, si comunica e ci salva. La sua predicazione, la sua azione, l'offerta della sua vita sono eventi concreti e irripetibili; una storia, non un rito liturgico. Tuttavia, nel modo più sublime, realizzano il fine di tutti i riti, che è quello d’introdurre nella comunione con Dio. Gli antichi sacrifici, basati sull'offerta della vittima in sostituzione della vita dell'offerente, sono superati dal dono totale di lui stesso. Quest’atto è così perfetto che basta da solo a salvare tutti gli uomini: «Siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,10). Però l'offerta di Cristo sulla croce non esclude l'offerta dei credenti, anzi la esige» [50].
Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote. «Camminano nel vuoto coloro che non portano con sé nessun frutto delle loro fatiche. Uno si affanna a raggiungere onori, un altro è preso dalla febbre di accumulare ricchezze, un terzo aspira a meritare lodi; ma siccome tutte queste cose quando si muore si lasciano qui, chi non porta niente con sé davanti al giudice significa che ha perduto nel vuoto la sua fatica» [51].
Ripresa del cammino verso la terraPromesse e istruzioni per l’ingresso in Canaan (23, 20-33)20 Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. 21 Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui. 22 Se tu ascolti la sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’avversario dei tuoi avversari.
Dio accompagna il suo popolo e la sua presenza è simboleggiata in quella dell’angelo. Nella terra promessa il primo impegno d’Israele consisterà nel leale servizio a Dio, rinunciando a ogni idolatria. Il Signore concederà una vita ricca e sicura dai nemici, proteggendoli dalla loro violenza e dilatando sempre di più il territorio e qualificando l’ambito di vita.
Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui. «L’angelo può indicare il genere angelico: coloro che temono il Signore hanno gli angeli schierati a difesa e li circondano scampandoli da ogni pericolo» [52]. Tuttavia l’Angelo più potente è il Signore Gesù: «I fedeli che temono Dio possono avere un solo angelo schierato in loro difesa, il Salvatore. Nessuno può scampare da tutti i mali, tranne il Salvatore che ha il potere di togliere ogni peccato» [53]. Ognuno di noi può fungere da angelo per un altro fratello: «L’uomo perfetto che custodisce la santità, può scampare molti che temono Dio» [54].
Il cristiano ha una responsabilità maggiore presso Dio di quella d’Israele perché non ha ascoltato soltanto la parola degli angeli ma quella stessa del Figlio di Dio: «Bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all’inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l’avevano udita, mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d’ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà» (Eb 2, 1-4).
23 Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l’Amorreo, l’Hittita, il Perizzita, il Cananeo, l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò, 24 tu non ti prostrerai davanti ai loro dei e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere, ma dovrai demolire e dovrai frantumare le loro stele. 25 Voi servirete al Signore, vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e la tua acqua. Terrò lontana da te la malattia. 26 Non vi sarà nel tuo paese donna che abortisca o che sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni.
Non ti prostrerai davanti ai loro dei e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere… Voi servirete al Signore, vostro Dio. Il popolo di Dio, conoscendo il Signore, deve avere un comportamento retto, diverso da quello dei non credenti: «Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore. Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile» (Ef 4, 17-19).
27 Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltar le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te. 28 Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l’Eveo, il Cananeo e l’Hittita. 29 Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché il paese non resti deserto e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te. 30 A poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da occupare il paese. 31 Stabilirò il tuo confine dal Mare Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al fiume, perché ti consegnerò in mano gli abitanti del paese e li scaccerò dalla tua presenza. 32 Ma tu non farai alleanza con loro e con i loro dei; 33 essi non abiteranno più nel tuo paese, altrimenti ti farebbero peccare contro di me, perché tu serviresti i loro dei e ciò diventerebbe una trappola per te”.
Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltar le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te. Dio parteggia col popolo liberato e trova a suo favore un luogo in cui insediarsi. Ora la Chiesa affronta altre lotte, con altri metodi.
«Se tutto è possibile a Dio, facciamo per lui tutto ciò che possiamo ed egli cambierà la nostra situazione. Tu, fa valere la verità e lotta in suo favore, e Dio combatterà in tuo favore i suoi avversari. Essi si oppongono secondo la carne; tu sta saldo secondo lo spirito, cioè in preghiere e suppliche» [55]. «Nelle guerre, un esercito più numeroso non offre forse aiuti più sicuri? Ma le guerre divine non si svolgono alla maniera di quelle umane. Più volte abbiamo visto verificarsi che donne e vergini ancora nella prima età sopportarono tormenti del tiranno per la testimonianza al Cristo. Anche per coloro che conducono il combattimento della verità la vittoria viene procurata con le frecce delle preghiere ed è la fede che dona la pazienza nel combattimento» [56].
Bisogna affrontare la lotta per l’evangelizzazione confidando nell’azione divina e all’esempio di Gesù: «Pensate attentamente a [Cristo] colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato» (Eb 12, 3-4).
Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno. Siamo sempre guidati, sostenuti e corretti dall’azione pedagogica e provvidenziale di Dio. Dio stabilisce per noi occasioni di vita e le prove a cui sottostare. «Il santo benedice Dio in ogni tempo: infatti egli sa che è sotto la provvidenza e che chi provvede a lui sa meglio di lui che cosa gli è utile» [57]. «Accetta gli avvenimenti che ti capitano come un bene, sapendo che nulla avviene senza Dio» [58]. «Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli! […] Dio lo fa per il nostro bene, per renderci partecipi della sua santità. Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite» (Eb 12, 7-12)
Non farai alleanza con loro e con i loro dei. «Nessuno presuma di servire Dio come si conviene, se non vuole farsi violenza davvero e sopportare la pena che si sente nel lasciare non solo i piaceri maggiori ma anche i piccoli, ai quali prima era attaccato con affetto terreno. Si trovano alcuni che, se non rubano i beni altrui, si affezionano in modo eccessivo a quelli che giustamente possiedono; se non si procurano onori con mezzi illeciti, non li aborriscono però come dovrebbero né smettono di desiderarli e alcune volte di cercarli per vie diverse; se osservano i digiuni di obbligo, non mortificano per questo la gola nel mangiare superfluamente e nel desiderare cibi delicati; vivendo nella continenza, non si staccano da certe amicizie, che portano grande impedimento all'unione con Dio e alla vita spirituale. Altre loro opere buone sono fatte con tiepidezza di spirito e sono accompagnate da molti interessi e imperfezioni occulte, da una certa stima di se stessi e dal desiderio di esserne lodati e apprezzati dal mondo. Costoro non solo non fanno progresso nella via della salvezza, ma, tornando indietro, corrono il rischio di ricadere nei primi mali in quanto non amano la vera virtù e si mostrano poco grati al Signore, che li tolse dalla tirannia del demonio; inoltre sono ciechi per vedere il pericolo in cui si trovano, mentre sono convinti di essere al sicuro. Amando se stessi più di quanto dovrebbero (sebbene in verità non sanno amarsi), per lo più praticano quegli esercizi che più si confanno al loro gusto e lasciano gli altri che toccano sul vivo la propria naturale inclinazione e i loro sensuali appetiti, contro i quali ogni ragione vorrebbe che si rivolgesse tutto lo sforzo» [59].

Conclusione dell’alleanza
Il banchetto presso Dio
24. 1 Aveva detto a Mosè: “Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e insieme settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano, 2 poi Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui”. […] 9 Poi Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani di Israele. 10 Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, simile in purezza al cielo stesso. 11 Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero.
Il testo riporta, mescolati tra loro, il pasto degli anziani d’Israele alla presenza di Dio e il rito dell’aspersione del sangue. Riaffiora la tensione tra vicinanza con Dio e separazione da Lui, tra la visione di Dio stesso e una semplice impressione di purissima luce. Mosè, Aronne e i suoi figli, con gli anziani vivono l’esperienza della relazione con Dio e partecipano al pasto di comunione. Essi rappresentano l’intero popolo. Il banchetto rappresenta la vocazione di ogni israelita e dell’intero popolo che è quella di entrare in comunione profonda con Dio, di vederlo in senso spirituale.
Aveva detto a Mosè: “Sali verso il Signore…” L’avvicinarci a Dio dipende da una chiamata da parte da lui, non è un nostro diritto o il risultato di un nostro sforzo. Quando intessiamo una relazione con Lui, godiamo di un privilegio di per sé immeritato. Il Signore Gesù ci aiuta a entrare nel rapporto di amicizia che Egli ha con il Padre, suggerendoci, giorno per giorno, i modi della nostra purificazione. «Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,14-16).
Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani di Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, simile in purezza al cielo stesso. Noi vediamo il Signore leggendo il suo Vangelo. «Abbiamo anche noi, come consolatore, il nostro Signore Gesù Cristo, e anche se non possiamo vederlo fisicamente, tuttavia conserviamo scritto nel Vangelo ciò che ha operato e insegnato, quando era nel corpo; se tutto questo ci adopereremo ad ascoltare, leggere, confrontare, conservare nel cuore e nel corpo, certo supereremo facilmente le angustie del mondo, quasi che il Signore stia sempre con noi e ci consoli» [60]. Dal punto di vista cristiano, nei privilegiati che possono avvicinarsi a Dio «sono descritti tutti coloro che vedono con l’occhio della fede. Rappresentano tutti i battezzati che hanno ricevuto lo Spirito Santo. Tutti costoro vedono, cioè credono, e devono vedere e credere nel Dio d’Israele. Lo zaffiro rappresenta quelli che, reputando sudiciume tutte le cose temporali, si sono innalzati alla contemplazione della beatitudine celeste, dicendo: “la nostra paria è nei cieli” (Fil 3,20)» [61].
L’aspersione del popolo
3 Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: “Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo! ”. 4 Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. 5 Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. 6 Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. 7 Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: “Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo! ”. 8 Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole! ”.
Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo! Il popolo viene presentato nel suo atteggiamento ideale ed esprime il sentimento più genuino per il quale merita di essere chiamato popolo di Dio: la disponibilità all’obbedienza a Dio: «Questo comandai loro: ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che io vi prescriverò perché siate felici (Ger 7,23-24)». Dio Padre ci chiede di ascoltarlo, ascoltando Gesù: «"Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo"» (Mt 17,5). «Ascoltando la Parola e ricevendo i sacramenti con fede, il cristiano viene trasfigurato a immagine di Cristo; diventa sua irradiazione e riflesso speculare, come egli è l'immagine perfetta del Padre e lo manifesta nel mondo» [62].
Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi. Segue il rito dell’aspersione. Che cosa significa? Esso non ha un senso univoco. Nella riflessione successiva d’Israele richiama il rituale successivo del giorno dell’espiazione. Esso fu inteso come segno che attualizza il perdono di Dio.
Il rito è un segno profetico. Diventa chiaro solo dopo la morte di Gersù. I cristiani sono aspersi col sangue di Cristo (cf. 1 Pt 1,2), ossia sono salvati dalla sua morte. All’ultima cena, Gesù, nel detto sul calice, rievoca il sangue dell’Alleanza. Il riferimento ha un valore tipologico: l’evento di espiazione nella morte di Gesù è interpretato come analogia che supera il primo evento: viene data così una garanzia di salvezza nuova (Mt 26, 28). «… neanche la prima alleanza fu inaugurata senza sangue. Infatti dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, ne asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: Questo è il sangue dell’alleanza che Dio ha stabilito per voi. […] Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificati con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi. Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore […] Ora invece una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso» (Cf. Eb 9, 18-26).
Mosè riceve le tavole sul monte
12 Il Signore disse a Mosè: “Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli”. 13 Mosè si alzò con Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio. 14 Agli anziani aveva detto: “Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro”. 15 Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. 16 La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. 17 La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. 18 Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.
Dio consegna a Mosè il codice dell’Alleanza in una cornice solenne. Il profeta, entrato nella nube, attende per sette giorni, prima di essere chiamato. Da lontano la nube appare piuttosto come fuoco.
Il Signore disse a Mosè: “Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra…. «Solo Mosè salì sulla cima poiché solo i più perfetti potevano comprendere i più profondi misteri della Legge, mentre il popolo ascoltava la parola divina quasi dal di fuori e collocato al di sotto. Ora, tuttavia, che la grazia dello Spirito Santo è stata elargita più largamente, i cuori dei fedeli si innalzano per comprendere più a fondo e mettere in pratica le parole del Vangelo» [63].
Mosè salì sul monte ed entrò nella nube. Egli anticipa l’esperienza di molti altri mistici. I credenti uniti a Dio «avvertono la dolcezza [divina] e per esperienza diretta godono con indicibile diletto della bontà della luce. Quando vuole, [Dio] diventa riposo indicibile e ineffabile, perché l’anima goda di un riposo divino. E io ritengo che Mosé, per tutto il tempo in cui restò sul monte, durante i quaranta giorni di digiuno, accostandosi a quella mensa spirituale, ne gustò le delizie» [64].
La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco. «Brucia i miei piaceri, brucia i miei pensieri in modo che non pensi nulla di male e non provi piacere in alcun male. Con che cosa brucerai le mie viscere? Con il fuoco della tua parola. E con che cosa brucerai il mio cuore? Con il calore del tuo Spirito» [65].
Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti. Il testo sottolinea il valore di alcune pratiche della fede quali il ritiro, la preghiera e il digiuno: «Con il digiuno di questi giorni e di queste notti il santo Mosè meritò di parlare, di stare, d’intrattenersi con Dio e di ricevere dalla sua mano i comandamenti. La grazia dei digiuni lo rendeva vicino ai rapporti con la divinità» [66].
Cf. Vincenzo Bonato, L'Esodo nell'Esperienza cristiana, Edizioni Dehoniane, Bologna

[1] F. Giuntoli, Il Pentateuco, in L’Antico Testamento, p. 119.
[2] Origene, Omelie sul libro dei Giudici, I,5, p. 67.
[3] Origene, Omelie sul libro dei Giudici, VI,3, p. 122.
[4] Lettera a Diogneto, VI, 1-9.
[5] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 153-155, p. 149.
[6] Gregorio di Nazianzo, Discorso 39, 8.
[7] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, II, VI, 58.
[8] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, I, V, 65.
[9] Charles de Foucauld, Insegnaci a pregare… , pp. 72-73.
[10] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, II, VI, 58, p. 535.
[11] Beda il Venerabile, Omelie sul Vangelo, II,17, p. 431.
[12] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 158, p. 151.
[13] Niceta Stethatos, Cento capitoli gnostici, 81 Filocalia 3 p. 488.
[14] Origene, Omelie sull’Esodo, VIII,1, pp. 148-149.
[15] G. Vanhoomissen, Cominciando da Mosè…p. 180.
[16] Origene, Omelie sull’Esodo, VIII,1, p. 147-148.
[17] Beda il Venerabile, Omelie sul Vangelo, II,17, p. 430.
[18] Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Galati, V, 6, Città Nuova, Roma 1982, p. 157.
[19] Origene, Omelie sull’Esodo, VIII,1, p. 147.
[20] Pier Crisologo, Omelie per la vita quotidiana, LIX, Sul Simbolo (IV), 3.
[21] Origene, Omelie sull’Esodo, VIII,4, pp. 155-156.
[22] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, pp. 41-42.
[23] Origene, Omelie sull’Esodo, VIII,5, pp. 159-161 (passim).
[24] Antonio di Padova, I Sermoni, p. 28.
[25] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, pp. 43-44.
[26] Origene, Commento alla lettera ai Romani, IX, XXXI.
[27] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, pp. 44-45.
[28] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, p. 47.
[29] Isidoro di Siviglia, Le Sentenze, III, XXVIII, 1.7, pp. 229-230.
[30] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, p. 46.
[31] Isidoro di Siviglia, Le sentenze, II, 5.15-16, pp. 157 e 159.
[32] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, p. 48.
[33] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, p. 48.
[34] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, p. 48.
[35] Isidoro di Siviglia, Le Sentenze, II, 3.4.5.7.9, pp. 165-166.
[36] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 162.164, p. 155.
[37] Callisto Cataphugiota, L’unione divina, in La Filocalia 4, p. 476.
[38] Omelie sull’Ecclesiaste, IV, 93.
[39] La verità vi farà liberi, 1028.
[40] Giovanni Crisostomo, Omelie sul vangelo di Matteo/3, 79, 5, pp. 252-253.
[41] B. Jackson, Legge in Il Dizionario della Bibbia, p. 481.
[42] Cfr. V. Gatti, Esodo, La Bibbia, Piemme, p. 229.
[43] Ilario di Poitiers, Commento ai Salmi/1, p. 196.
[44] Basilio, Omelie sui Salmi, 14, 1 e 2, pp. 81 e 82.
[45] Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali, 69-70.
[46] Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali, 93.
[47] Sanzio Cicatelli, Un uomo venuto per servire [Vita del p. Camillo de Lellis], p. 189
[48] Giovanni Crisostomo, Omelie sul vangelo di Matteo/1, 15, 10, p. 285.
[49] Gregorio di Nazianzo, Orazione 14, 7, 25-26.
[50] La Verità vi farà liberi 636-627.
[51] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, II, VII, 38.
[52] Didimo il cieco, Lezioni sui Salmi, p. 466.
[53] Didimo il cieco, Lezioni sui salmi, p. 467-468.
[54] Didimo il cieco, Lezioni sui salmi, p. 466.
[55] Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, 826, p. 590.
[56] Origene, Omelie sul libro dei Giudici, IX, 1 e 2, pp. 147. 150-151.
[57] Didimo il cieco, Lezioni sui salmi, p. 455-456.
[58] Lettera di Barnaba, XIX, 6.
[59] L. Scupoli, Il combattimento spirituale, cap. XII.
[60] Beda, Omelie sul Vangelo, II, 17, p. 424.
[61] Antonio da Padova, I Sermoni, pp. 102-103.
[62] La Verità vi farà liberi, Catechismo degli adulti, 818.
[63] Beda, Omelie sul Vangelo, II, 17, p. 431.
[64] Pseudo-Macario, Spirito e fuoco, 4,11.13, pp. 90-92.
[65] Agostino, Esposizioni sui Salmi, 25, 7.
[66] Massimo di Torino, Sermoni 35,4, p. 155.