sabato 21 maggio 2011

Cantico 4


L’ingresso nella camera nuziale

M’introduca il re nelle sue stanze

Il sentimento si fa sempre più travolgente tanto che l’amata spera nell’unione d’amore. Il re? Quale re? Tutti gli innamorati sono dei re o delle regine. Il termine re e il richiamo all’unzione (che consacrava i sovrani) hanno portato ad allargare il senso del testo in una prospettiva messianica: il re consacrato con l’unzione è il Messia. Anche la gioia e l’esultanza sono sentimenti tipici dell’era messianica.

Mentre essa viene introdotta nella stanza nuziale del diletto, le altre ragazze rimangono fuori.

Il movimento verso Cristo, di cui si è già parlato, diverrà una unione stabile e totale: «Strette dai vincoli del suo amore [le anime] aderiranno a lui, in loro non ci sarà più occasione di mobilità ma saranno un solo spirito con lui e si realizzerà ciò che è scritto: Come tu, Padre, in me e io in te siamo una cosa sola» [1].

Essere introdotti nella stanza più segreta significa poter rivivere il mistero di Cristo; è sperimentare in se stessi gli eventi annunziati dalla Sacra Scrittura. «La stanza è lo stesso segreto e nascosto senso di Cristo. Di questo Paolo diceva: noi possediamo il senso di Cristo per conoscere ciò che ci è stato donato da Dio» [2]. «Quali sono queste cantine del Dio Re? Sono i sacri misteri che sono contenuti nelle sante Scritture. Nulla mi ha nascosto. Colui che ha infuso in me il suo Verbo, il quale era nel suo cuore, come non mi ha donato ogni cosa insieme con lui?» [3].

La stanza rappresenta poi l’esperienza mistica là dove essa prevede la comunione ineffabile con Dio in Cristo: «L'anima che è divenuta perfetta, viene dichiarata degna di ricevere i tesori nascosti nei penetrali. Così esclama: Il Re mi ha introdotto nella sua stanza. Penetrata spiritualmente nella profondità dell'ineffabile, annuncia di aver raggiunto nella sua corsa non solo il vestibolo della casa del tesoro ma anche la primizia dello Spirito. Introdotta nei segreti del paradiso, come dice il grande Paolo, ha visto l'invisibile e udito parole inenarrabili (Cfr. II Cor. 12,4)» [4]. «Vi è un luogo dove veramente si scorge Dio tranquillo e riposante: luogo non del giudice, non del maestro, ma dello Sposo, che per me è davvero una camera da letto, se talvolta mi capita di esservi introdotto. Ma rara ora e breve tempo! Ivi si conosce che la misericordia del Signore è da sempre e dura in eterno per quanti lo temono (Sai 102,17)» [5].

La ragazza preferita è stata ammessa nell’intimità del suo innamorato. Le altre ragazze vengono escluse da questo privilegio.

La differenza di trattamento tra la ragazza amata e le altre giovani ha suggerito la differenza che esiste tra i credenti circa la maturità della loro fede. Alcuni possono essere ammessi alla comunione profonda con Dio in Cristo mentre molti altri non possono accedere ad un’esperienza tanto densa: «Quelli che corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo riceve il premio (1 Cor 9,24), e il premio è Cristo. Le ragazze restano al di fuori perché sono all’inizio dell'amore, ma la Sposa, bella, perfetta, senza macchia, senza ruga, entrata nell'appartamento dello Sposo, nelle intime stanze del re, ritorna dalle giovinette, e annunzia loro quello che essa sola ha veduto, e dice: Il re mi ha introdotto nel suo appartamento. E di nuovo le fanciulle, cioè la folla molto numerosa, nell'attesa del ritorno di lei cantano: esulteremo per te. Gioiscono della perfezione della Sposa poiché fra le virtù non c’è gelosia! Quest’amore è puro, quest’amore è senza difetto» [6].

«La sposa non si preoccupa di progredire in modo da trascurare le sue figlie, né crede che questi suoi progressi si debbano realizzare a loro danno. Per quanto, perciò, la differenza dei meriti sembri distanziarla da esse, certamente per la carità e l'amorosa sollecitudine essa rimane sempre con loro. Bisogna poi che essa imiti lo Sposo, il quale, pur salendo al cielo, promise tuttavia di restare sulla terra con i suoi figli sino alla fine del mondo. Così anche questa, per quanto progredisca, per quanto s'innalzi, non cesserà mai di curarsi di provvedere con affetto a coloro che ha generato nel Vangelo, né potrà staccarsi da loro o dimenticare il frutto delle sue viscere. Dica dunque a esse; “Godete, abbiate fiducia: II re mi ha introdotta nella sua stanza (Cant 1,3); consideratevi introdotte anche voi con me. Sembra che io sia stata introdotta da sola, ma non gioverà a me sola. Il mio profitto appartiene anche a tutte voi: per voi io progredisco; quanto potrò maggiormente meritare, lo dividerò con voi”» [7].

Gioiremo e ci rallegreremo per te. Ricorderemo le tue tenerezze più del vino.

Gioiremo e ci rallegreremo per te. Amici e amiche si congratulano con la fidanzata e partecipano alla sua gioia.

La ragazza prediletta rappresenta i primi testimoni della fede che trasmisero ad altri (le fanciulle) la loro esperienza, in modo tale che costoro possono gioire per il suo dono. «[Gli apostoli ed evangelisti] quelli che per primi furono istruiti dalla grazia e furono testimoni oculari e ministri, non conservarono questo bene soltanto per se stessi ma lo comunicarono ai posteri come tradizione. Per questo le giovani si rivolgono alla sposa e le dichiarano: Esulteremo e ci rallegreremo per te. Anche noi partecipiamo alla tua gioia e alla tua letizia. [L’apostolo] Giovanni si posò sul petto del Signore e immerse il suo cuore, come una spugna, nella fonte della vita. Ricolmato dei misteri riposti nel cuore del Signore, ottenuti come da un’ineffabile tradizione, [li] porge anche a noi e annunciandoci la Parola eterna fa sovrabbondare anche noi dei beni attinti a quella Sorgente» [8].

Ricorderemo le tue tenerezze più del vino «È proprio del vino rallegrare il cuore, liberarlo da ogni timore e riempirlo di grandi speranze. Il vino rende audaci, sicuri, vigorosi, distaccati; queste sono anche proprietà dell’amore» [9].

Il godere: «Sii in comunione con i sentimenti dello Sposo, e saprai che pensieri di tal genere inebriano e danno gioia» [10]. «Se si ama il bello, Tu [Signore] sei la bellezza di tutto quello che è bello, se si ama il bene tu sei il bene di tutto quello che è buono, se si cerca l’utile tutte le persone si servono di te, incluso chi ti odia. Però solo quelli che ti amano godono di te» [11].

Il ricordare: «Qual è il modo migliore di pregare, gradito a Dio e valido per ottenere le grazie future se non quello di ricordarsi senza ingratitudine dei benefici passati?» [12]. «Quando si perde la grazia della consolazione spirituale ci si deve rifugiare nella consolazione delle Scritture» [13].

A ragione ti amano! «Io credo che anche Mosè, Aronne, e ciascuno dei profeti abbiano avuto aromi; però, se vedo il Cristo e sento l’odore soave dei suoi profumi, subito esprimo il giudizio, dicendo: l’odore dei tuoi unguenti è sopra tutti gli aromi» [14].


Bruna e bella

1.5. Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come i padiglioni di Salma. 6. Non state a guardare che sono bruna, poiché mi ha abbronzato il sole. I figli di mia madre si sono sdegnati con me: mi hanno messo a guardia delle vigne; la mia vigna, la mia, non l’ho custodita.

In ebraico we può avere valore avversativo (sono nera ma bella) o coordinativo (sono nera e bella). «La sposa risponde agli argomenti che avrebbero potuto opporle chi la vedeva così sicura dell'amore dello sposo, mentre, a quanto pare, appare scura e non così bella. Dice: ammetto che sono scura, però in tutto il resto sono attraente, bella e degna di essere amata; sotto questo mio colore scuro è nascosta una grande bellezza» [15].

L’autore sembra contrapporre la bellezza campagnola a quella cittadina e far affiorare il contrasto civiltà – natura. «La sposa quanto a bellezza è diversissima dalla sua apparenza, come le tende degli arabi, che di fuori sono nere per l'aria e per il sole cui sono esposte, ma dentro nascondono mobili preziosi e gioielli dei loro padroni che, come si presuppone, sono molti e ricchissimi» [16]. Le Figlie di Gerusalemme potrebbero rappresentare, quindi, la società cittadina invitata ad ammettere la bellezza rustica della ragazza.

I fratelli (chiamati figli della madre), rappresentano, infine, i familiari della giovane, indispettiti dalla disinvoltura della ragazza innamorata. Questa non ha custodito se stessa (la vigna) perché ritiene di essere libera nella sua scelta. Vuole essere lei a decidere chi amare. Il Cantico si pone dalla parte della ragazza contro le regole della famiglia patriarcale.

Aspetti contrastanti

«La comunità d’Israele dice ai popoli: Nera io sono per le mie opere, ma sono bella per le opere dei padri miei. E anche tra le mie opere ve ne sono di belle: se si trova in me il peccato del vitello, ho nondimeno il merito di avere accolto la Legge» [17]. L’umanità, oscurata dal male, non perde mai il fulgore dell’essere ad immagine di Dio e quindi è, nello stesso tempo, nera e bella: «Certo sono nera tuttavia ho con me la mia bellezza. È dentro di me quella prima creazione che è stata fatta ad immagine di Dio ed ora, avvicinandomi al Verbo di Dio ho ricevuto la mia bellezza» [18].

Dio ha amato l’umanità anche quando questa si era degradata. In questa linea la frase della ragazza viene interpretata in questo modo: fui un tempo oscura ma ora sono bella. In questa considerazione cogliamo l’annuncio centrale del Vangelo: «La sposa riferisce alle discepole un altro prodigio ancora avvenuto a suo beneficio, affinché noi pure possiamo conoscere l’amore smisurato dello sposo per gli uomini. Spinto dall’amore, egli cerca di accrescere la bellezza dell’amata. “Non meravigliatevi che la rettitudine mi abbia amata ma stupitevi piuttosto di questo: ero nera per il peccato, simile alla tenebra a causa delle cattive azioni ma egli mi fece bella con il suo amore, donandomi in cambio la sua bellezza al posto della mia turpitudine. Dopo aver trasferito su di sé la sporcizia delle mie colpe, mi offrì la sua innocenza rendendomi partecipe della sua bellezza. Mi ha reso amabile quando ero detestabile e poi mi ha amato”. Nella lettera ai Romani mi sembra che al grande Paolo sia piaciuto soffermarsi a lungo su questo tema, là dove ricorda che Dio ha dato prova del suo amore per noi in quanto, mentre eravamo ancora peccatori, ci ha resi luminosi ed amabili» [19].

Qualsiasi battezzato può essere nello stesso tempo bello ma oscurato dal dubbio o dalla colpa: «La Sposa si ritrova sempre bella secondo la retta forma della fede, la purezza dell’intenzione e lo zelo della volontà, purché non smetta di essere Sposa e non rinneghi questa condizione. Il che non significa che qualche volta la coscienza dei peccati passati, o l'assalto da parte dei vizi, o la cecità dell'ignoranza umana non la inducano a confessare la propria oscurità» [20]. «Ha fatto penitenza dei suoi peccati, la conversione le ha elargito la bellezza. Dal momento però che non è ancora stata purificata del tutto viene detta nera. Non rimane, però, nel colore oscuro, anzi diventa candida» [21].

Il santo, nel suo pellegrinaggio terreno, è oscuro ma bello. Può essere giudicato negativamente per i travagli o la povertà della sua persona eppure egli possiede in sé grandi ricchezze e riverbera lo splendore della persona di Gesù. «Consideriamo la forma esterna della vita dei santi, come il loro stile appaia umile e abietto, mentre invece nell'intimo sovente, vengono trasformati ad immagine del Signore, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore (2 Cor 3,18). Giudicate Paolo e lo disprezzate perché scolorito e deforme, per il fatto che lo scorgete come un pover'uomo afflitto dalla fame e dalla sete, dal freddo e dalla nudità, dalle innumerevoli fatiche, percosso crudelmente, spesso in pericolo di morte? (2 Cor 11, 27.23). Sono queste cose che rendono scuro Paolo. È veramente quel medesimo che viene rapito fino al terzo cielo? Anche la Sposa [Chiesa] non arrossisce per la pelle scura pensando che prima di lei anche Cristo è apparso con tale deformità. Non ti sembra che anche Cristo, secondo quello che è stato detto, potrebbe rispondere agli emuli giudei: "Sono scuro, ma bello, figli di Gerusalemme?". Davvero scuro, lui che non aveva bellezza, né splendore; scuro, perché verme e non uomo, obbrobrio degli uomini e abiezione della plebe. Fece se stesso peccato: e non oserò chiamarlo scuro?» [22].

La Chiesa e ogni fedele, pur essendo belli nella vita di grazia, possono oscurarsi a motivo delle prove e delle apparenti assenze del Signore. «Come al tramonto del sole segue la notte, così quando lo Sposo se ne va e ritarda a tornare, la Sposa comincia a oscurarsi; il suo cuore non ha più il calore di prima e le sue opere sono scolorite. Infatti come questa luce esteriore è in qualche modo la regina di tutti i colori perché se manca lei non hanno nessuna bellezza, così la grazia illuminante è la virtù di tutte le virtù e la luce delle opere buone. Senza di lei le virtù non possono avere effetto, e le opere buone rimangono improduttive» [23].

Realtà presente e tempo futuro

Il versetto suggerisce il confronto tra il tempo presente nel quale dobbiamo incontrare la nostra oscurità con quello futuro nel quale si rivelerà la bellezza del compimento definitivo. Ora viviamo nella fede. La fede è oscura perché non presenta dimostrazioni irrefutabili ma conserva in sé un grande fulgore perché ci avvicina a Dio stesso: «La fede è la grande amica del nostro spirito e può, a buon diritto, parlare alle scienze umane, che si vantano di essere evidenti e più chiare di lei, come la Sposa sacra parlava alle altre pastorelle: Sono bruna, ma sono bella. O umani discorsi, o scienze acquisite, io sono bruna perché mi trovo nelle oscurità delle semplici rivelazioni che non hanno alcuna evidenza manifesta, e mi fanno sembrare nera, rendendomi quasi irriconoscibile; ma sono bella in me stessa per la mia infinita certezza, e se gli occhi dei mortali mi potessero vedere quale sono per natura, mi troverebbero tutta bella» [24].

«È possibile che la sposa, alla bellezza che le viene dall'armonia delle membra, unisca il neo del colore oscuro. Questo fatto, però, avviene nel luogo del suo pellegrinaggio. Diversa sarà nella patria, quando lo Sposo della gloria la presenterà gloriosa, senza macchia, né ruga. Adesso, se dichiarasse di non essere scura, ingannerebbe se stessa. Non stupirti perciò che abbia ammesso: Sono bruna, soggiungendo tuttavia, con vanto, di essere bella» [25].

Non state a guardare che sono bruna, poiché mi ha abbronzato il sole. «Il sole abbronza colui sul quale si volge in modo intenso. Allo stesso modo il Signore annerisce chi avrà toccato con la sua grazia; infatti più ci avviciniamo alla grazia, altrettanto ci riconosciamo peccatori. Se alla luce di Cristo uno si considera peccatore, [questo significa che egli] alla luce del sole scopre di essere annerito» [26].



[1] Origene, Commento al Cantico dei cantici, p. 92.

[2] Origene, Commento al Cantico dei cantici, p. 100.

[3] Ruperto di Deutz, Commento al Cantico dei cantici, 39-40, pp. 62-63.

[4] Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici, p. 44.

[5] Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XXIII, 15, pp. 258-259.

[6] Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, I,5, pp. 47-48.

[7] Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XXIII, 1-2, pp. 243-244.

[8] Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici, p. 44.

[9] Luis de León, Commento al Cantico dei cantici, p. 42.

[10] Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, I,3, p. 44.

[11] Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei cantici, 45, p. 78.

[12] Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei cantici, 35, p. 70.

[13] Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei cantici, 38, p. 72.

[14] Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, I,3, p. 45.

[15] Luis de León, Commento al Cantico dei cantici, p. 49.

[16] Luis de León, Commento al Cantico dei cantici, p. 50.

[17] Rashi di Troyes, Commento al Cantico dei cantici, p. 52.

[18] Origene, Commento al Cantico dei cantici, p. 108.

[19] Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici, p. 49.

[20] Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei cantici, 39, p. 74.

[21] Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, I,6, p. 50.

[22] Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XXV, 5, pp. 275-276.

[23] Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei cantici, 39, pp. 73-74.

[24] Francesco di Sales, Trattato dell’amor di Dio, II, 14, p. 229.

[25] Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XXV, 3, p. 274.

[26] Gregorio Magno, In Canticum Canticorum, 33.

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