«So che il Signore vi ha assegnato il paese, che il terrore da voi gettato si è abbattuto su di noi e che tutti gli abitanti della regione sono sopraffatti dallo spavento davanti a voi, perché abbiamo sentito come il Signore ha prosciugato le acque del Mare Rosso davanti a voi, alla vostra uscita dall'Egitto e come avete trattato i due re Amorrei, che erano oltre il Giordano, Sicon ed Og, da voi votati allo sterminio. Lo si è saputo e il nostro cuore è venuto meno e nessuno ardisce di fiatare dinanzi a voi, perché il Signore vostro Dio è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra (2,8-11).
Abbiamo visto il valore della fede d’Israele (e delle sue guide). Sebbene credano, talora la loro fiducia si attenua e richiede sempre d’essere corroborata. Ora veniamo a conoscere il punto di vista dei suoi nemici, distinto in due orientamenti opposti.
Tutti sono persuasi della grandezza insuperabile ed invincibile di Dio e ne sembrano convinti più degli Israeliti stessi, ma il loro stupore tende a trasformarsi in paura che si dilata prima in ostilità e poi in opposizione. Altri re Cananei nutriranno lo stesso sentimento di stupore traducendolo in aperta ostilità (5,1; 9,1-2). I Gabaoniti, invece, cercheranno l’amicizia d’Israele, giocando d’astuzia (9,9 ss). Raab e i suoi familiari trasformano l’ammirazione in un atto di fede.
Gli abitanti di Gerico non avrebbero avuto nulla da temere se avessero permesso il passaggio ad Israele. Sicon era stato eliminato perché aveva rifiutato di consentire il passaggio al popolo che chiedeva il permesso d’attraversare il territorio degli Amorrei (Nm 21,21-24; Dt 2,30). Anche Og aveva rifiutato il passaggio ad Israele (Nm 21,33-35; Dt 29,6).
A prescindere da queste questioni, il testo vuole ploclamare la grandezza unica di Dio e l’invincibilità del suo progetto di salvezza che si muove, in ultima analisi, a favore di tutta l’umanità (ciò apparirà evidente nel seguito della storia di salvezza, nel suo dispiegamento ultimo).
Emerge, in questi passi, un atteggiamento nei confronti di Dio che è tipico di molti uomini. La considerazione della grandezza di Dio, anziché dilatarsi nel sentimento di ammirazione gioiosa, tende a chiudersi in una diffidenza immotivata, in una paura infondata, in un rifiuto precostituito. Come afferma Paolo, Dio viene conosciuto, senza poi essere riconosciuto (Rm 1,21). La conversione si attua nel percorrere il cammino a ritroso. Dalla paura, alla confidenza; dal rifiuto, alla lode; dalla presunzione dell’autosufficienza, al riconoscimento dei limiti della creaturalità. In ogni caso, il Signore non tralascia di dar prova di sé a tutti gli uomini concedendo dal cielo stagioni ricche di frutti, fornendo cibo e letizia (At 14,17). Continua a far «sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45). Raab, proseguendo il discorso, svela meglio il suo intento:
«“Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza, anche voi userete benevolenza alla casa di mio padre; datemi dunque un segno certo che lascerete vivi mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte”» (2,12-14).
La donna ragiona diversamente dai concittadini. Conosciute le opere grandi di Dio, desidera salvare se stessa e la famiglia. Ritiene di meritare un certo riguardo e gli esploratori la rassicurano. Soltanto dovrà appendere alla finestra della sua casa una cordicella scarlatta, quale segno di riconoscimento per tutti i combattenti. La sua casa, segnalata da questo contrassegno, verrà risparmiata dalla distruzione.
Non esprime nessun atto di fede in Dio in modo diretto, ma, per così dire, desidera mettersi all’ombra delle sue ali. La fede in Dio l’ha mostrata nel proteggere gli esploratori che appartengono al suo popolo e sono così suoi amici. Lo attesta la lettera agli Ebrei: «Per fede, Raab, la prostituta, non perì con gli increduli, perché aveva accolto con benevolenza gli esploratori» (Eb 11,31).
Raab, per così dire, entra nella sfera del Signore, facendo del bene a due uomini d’Israele. Un atto di solidarietà compiuto verso qualsiasi persona ma soprattutto verso gli amici del Signore, viene molto apprezzato da parte di Dio.
Vediamo altri casi. La donna di Sarepta, una pagana della Fenicia, ospita con grande generosità e fiducia, il profeta Elia. Grazie al suo gesto, in seguito, vede il figlioletto tornare in vita, per l’intercessione del profeta (1 Re 17,15.22-24). Gesù dichiara ai discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
La tradizione cristiana parla della pratica della solidarietà come mezzo per arrivare a Dio. Pier Damiani offre un esempio nel caso di Bonifacio (di Tarso), il quale, prima della conversione «era dedito al vino, adultero e amico di tutto ciò che Dio detesta» (Serm. 20,4). Per salvarlo Dio gli infuse una sincera generosità verso il prossimo al punto di dare ospitalità ai viandanti e ad occuparsi dei senzatetto. Mediante tali gesti di misericordia, la grazia di Dio cominciò a penetrare nel suo intimo, fino a trasformarlo interamente. Bonifacio prima diede le sue cose a Dio e successivamente gli donò tutto se stesso (prius dedit sua, postmodum se) (Cf. Serm. 104,7).
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