L'argomento della relazione è una riflessione sul nuovo culto e la nuova Alleanza. Da subito suggerisce il significato vero del termine sacrificio.
Il senso vero di sacrificio
Il sacrificio di Cristo comprende l'intero mistero pasquale di Gesù. Anche la glorificazione fa parte integrante del sacrificio, non soltanto la passione e la morte. Il sacrificio comincia sulla terra e raggiunge la presenza divina nel cielo.
La parola sacrificio nel linguaggio corrente è diventata piuttosto negativa, indica privazione. Il senso autentico del termine sacrificio, invece, è molto positivo: sacrificare non significa privare, ma significa rendere sacro; come santificare significa rendere santo e purificare rendere puro. Quindi il sacrificio è un atto molto positivo e fecondo che aggiunge valore ad una offerta umana.
Il sacrificio di Cristo comprende la sua glorificazione. Senza di essa sarebbe incompleto, non sarebbe un sacrificio perché non avrebbe reso sacra l'offerta e non avrebbe fondato la Nuova Alleanza che presuppone che Cristo abbia raggiunto la santità di Dio nel cielo.
Cristo è diventato il nostro mediatore perfetto della Nuova Alleanza perché grazie alla sua passione e alla sua glorificazione è in grado ormai di introdurci nella comunione con il Padre e di ispirarci una comunione fraterna. Per farci meglio capire il valore religioso della passione e della resurrezione di Cristo, l'Autore della lettera agli Ebrei ha espresso il mistero pasquale in un linguaggio cultuale mostrando la somiglianza con il culto antico e ancora più mostrandone la differenza. Abbiamo già osservato che quando Geremia annunziava la Nuova Alleanza non spiegava in che modo essa sarebbe stata istituita, quale ne sarebbe stato l'atto fondatore. L'Autore della lettera agli Ebrei, invece, è molto attento su questo punto. Ha capito che l'alleanza deve fondarsi necessariamente su un atto di mediazione capace di togliere gli ostacoli e di stabilire la comunicazione tra noi e Dio. Per fondare la Nuova Alleanza, diversa dall'antica, occorreva un atto di mediazione diverso dagli antichi tentativi di mediazione e questo atto è l'offerta sacrificale di Cristo.
"Punto capitale del mio discorso: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, ministro liturgico del santuario e della Tenda vera eretta dal Signore e non da un uomo" (8,1-3). Cristo ha realizzato ciò che l'antico sacerdozio non era mai riuscito ad ottenere, ha trovato il modo di mettere la sua natura umana in rapporto perfetto e definitivo con l'intimità di Dio nel cielo. Ha trovato il mezzo per entrare con la nostra natura umana nel santuario celeste, fino al trono divino, dove è stato invitato a sedersi, come dice il salmo 109: «Il Signore ha detto al mio Signore: siedi alla mia destra». «Noi abbiamo un sommo sacerdote che si è assiso alla destra del trono nella maestà nei cieli»(8,1).
Quindi lo scopo è raggiunto. Cristo riceve il titolo di ministro liturgico, in greco leitourgòs, ministro liturgico del vero santuario e della vera Tenda, perché ha raggiunto questa posizione. Ha ottenuto questo titolo non con una cerimonia simbolica soltanto, ma con un atto esistenziale. Il problema per noi era quello di trovare una via per entrare nel vero santuario, cioè nell'intimità di Dio, e di trovare anche il modo di percorrere tale via. Questo modo deve consistere in un atto che ha valore di culto e che stabilisce la Nuova Alleanza. La sezione centrale della lettera agli Ebrei, capitoli VIII e IX, è caratterizzata dallo stretto legame che l'Autore stabilisce tra culto e alleanza.
Rapporto tra culto e alleanza
Un'alleanza si fonda con un atto di culto efficace per stabilire la mediazione. Il legame tanto forte tra culto e alleanza rappresenta una novità rispetto all'Antico Testamento. L'oracolo di Geremia, parla molto di alleanza, ma non dice niente circa il culto. Invece l'Autore ha unito strettamente culto e alleanza. L'alleanza presuppone una liturgia, un'offerta, e il suo valore dipende dall'atto di culto che la fonda.
L'alleanza del Sinai si era dimostrata difettosa sin dall'inizio. L'episodio del vitello d'oro aveva dimostrato subito la sua debolezza. Poi nel corso di tutta la storia del popolo di Israele l'inefficacia del l'antica alleanza si era dimostrata sempre più evidente. Per fondare un'alleanza migliore era quindi necessario trovare un culto di migliore qualità, un'offerta più efficace per stabilire un'unione autentica con Dio. Le promesse divine indicavano che ci sarebbe stata una Nuova Alleanza, migliore, perché fondata sulle promesse che Dio aveva fatto per bocca dei profeti Geremia ed anche Ezechiele. Al posto di una legge esterna scritta sulla pietra, una legge scritta nel cuore, anzi in "un cuore nuovo", dice Ezechiele, in "uno spirito nuovo", lo spirito stesso di Dio posto nel cuore nuovo dell'uomo. Una relazione personale di ciascuno con il Signore dopo l'effettivo perdono dei peccati.
Il santuario dell'antica alleanza
L'alleanza antica non era salda perché non era fondata su un culto adeguato. Nel IX capitolo l'Autore analizza il culto dell'antica alleanza per dimostrare che esso non raggiungeva il suo scopo. Comincia dicendo: "Anche la prima alleanza aveva norme per il culto ed un suo santuario" (9,1), che era di questo mondo. Il santuario dell'alleanza antica non era celeste, era terreno, fabbricato dagli uomini. Un edificio costruito dall'uomo non può stabilire una relazione autentica con Dio; può manifestare un desiderio ma non stabilire la relazione, perché il Signore non abita in edifici costruiti dall'uomo. Già al momento stesso dell'inaugurazione del magnifico tempio di Gerusalemme, Salomone, rivolgendosi a Signore, aveva detto: «È proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito». Era la confessione di una situazione difettosa; un santuario terreno non è lo strumento adatto per stabilire la comunione con Dio.
Nei versetti seguenti l'Autore fa riferimento alla Tenda che ha accompagnato il popolo eletto al tempo dell'Esodo: "Fu costruita una Tenda, la prima nella quale vi erano il candelabro, la tavola, i pani dell'offerta: essa viene detta Santa. Dietro il secondo velo c'era un'altra Tenda detta santissima con l'altare d'oro per l'incenso e l'arca dell'alleanza...". La seconda parte del luogo santo era considerata abitazione di Dio, il Santo dei Santi. Però non lo era veramente, era soltanto una seconda Tenda, un'altra Tenda fabbricata anch'essa dall'uomo come la prima. La prima Tenda, cioè la prima parte del luogo santo, era in teoria la via per raggiungere Dio, in realtà era soltanto la via per una seconda Tenda. La seconda Tenda era solamente una figura, rappresentava l'abitazione di Dio, ma non lo era. Nell'Antico Testamento c'è stata progressivamente questa consapevolezza. Non si diceva più che Dio abitava nella Tenda o nel tempio, ma soltanto che il suo nome era messo nella Tenda. L'Autore poi ricorda le prescrizioni del Levitico, secondo le quali soltanto il sommo sacerdote poteva entrare nella seconda Tenda, una sola volta all'anno. Il sistema antico era un sistema di separazioni successive, con barriere invalicabili. Per avvicinarsi alla santità di Dio non si era trovato un altro mezzo. Ma in questo modo non si stabilisce un vero contatto con la santità di Dio.
L'Autore osserva: lo Spirito Santo intendeva mostrare che non era ancora stata manifestata la via del santuario finché sussisteva la prima Tenda (9,6). Si conosceva la prima Tenda come via per entrare nella seconda, non si conosceva la via vera per entrare nel santuario di Dio; non era ancora stata manifestata. Si aspettava una rivelazione per poter conoscere dove sta la via. L'Autore, infatti, afferma che questa è una figura che si applica al tempo presente: si offrivano doni e sacrifici che non potevano rendere perfetto nella coscienza l'offerente. La via non era conosciuta perché non vi era il modo di percorrerla. Quando l'Autore parla del tempo presente, intende il tempo del mondo presente, cattivo, come dice San Paolo nella lettera ai Galati, e lo mette in contrapposizione con il tempo della resurrezione.
Dicendo che i sacrifici non erano in grado di rendere perfetto nella coscienza l'offerente, l'Autore esprime una prospettiva originale sullo scopo del sacrificio. I sacrifici vengono concepiti come doni fatti a Dio per ottenere i suoi favori o per placarlo, come dice l'Antico Testamento, quando Egli è giustamente adirato dalle colpe (Cfr Noè dopo il diluvio). La lettera agli Ebrei, invece, afferma che il sacrificio deve cambiare le disposizioni dell'uomo, dell'offerente e le sue disposizioni di coscienza, deve rendere perfetto nella coscienza l'offerente (9,9). Questo è lo scopo del vero sacrificio: dare un cuore purificato e così rendere possibile la relazione di comunione con Dio. Chiaramente i sacrifici antichi non avevano tale capacità. Come potrebbero, infatti, i cadaveri di animali immolati cambiare la coscienza di una persona umana? L'Autore lo dirà più chiaramente nel X capitolo: "Il sangue dei tori e dei capri non può togliere i peccati, non può trasformare la coscienza dell'uomo".
L'Autore rivolge una critica molto forte al culto antico e alla sua incapacità radicale di stabilire una autentica relazione fra il popolo e Dio, anche se esso era espressione certamente di un'aspirazione religiosa aurentica. L'Autore però osserva che questo culto non poteva rimediare alla miseria interiore dell'uomo peccatore. Per ritrovare il contatto con Dio l'uomo ha bisogno di una mediazione efficace che tolga il peccato; deve trovare un mezzo per cambiare il proprio cuore, la propria coscienza. Le aspirazioni sono impotenti se i riti non hanno un vero valore di mediazione.
Il problema della mediazione
L'Autore è molto attento al problema della mediazione, che è fondamentale. Senza mediazione non c'è alleanza. Quando viene Cristo allora è manifestata la via, cioè, è stata resa possibile, anzi, stabilita la comunicazione, fondata l'alleanza.
L'Autore lo afferma con tono trionfante nel capitolo IX ai versetti 11 e seguenti: "Cristo invece, venuto come il sommo sacerdote dei beni futuri, per mezzo della Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma per mezzo del proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario procurandoci così una redenzione eterna". Questa frase presenta con il linguaggio cultuale tutto il mistero.Entrando nel vero santuario, Cristo ha stabilito la comunicazione tra l'uomo e Dio, tra il popolo e Dio, ci ha aperto la via verso Dio, anzi è divenuto lui stesso la via. "Io sono la via", dice nel Vangelo di Giovanni. E questo grazie al suo mistero pasquale. Quando è passato dal mondo al Padre, allora è diventato la via nel modo più definitivo e completo. In quanto Figlio di Dio, è chiaro che Cristo non aveva bisogno personalmente di un sacrificio, ma il suo sacrificio era necessario per la sua natura umana che era simile alla nostra, una somiglianza di carne di peccato. Quindi questa natura umana doveva essere trasformata per ottenere di entrare nell'intimità celeste di Dio.
Con quali mezzi Cristo ha stabilito la comunicazione? L'Autore parla di due mezz: per mezzo della Tenda più grande e per mezzo del suo sangue.
Tenda e sangue sono i due mezzi che sono serviti a Cristo per stabilire la comunione con Dio. "Il secondo mezzo è molto facile da interpretare: il sangue di Cristo significa l'offerta della vita di Cristo, indica la sua morte violenta trasformata in offerta di amore. Sangue versato significa morte violenta e, nel caso di Cristo, una morte generosamente accettata e offerta. Il sangue di Cristo viene contrapposto a quello dei capri e dei vitelli. Possiamo ammirare la generosità di Gesù nostro sommo sacerdote: Egli non è andato a cercare in mezzo ai greggi un agnello senza macchia, come richiedeva il rituale levitico, per sacrificarlo sull'altare, ma ha offerto la propria vita, affrontando sofferenze e morte nella perfetta obbedienza alla volontà salvifica del Padre e con un amore generosissimo per noi uomini. Quindi passiamo da un culto simbolico ad un culto esistenziale, terribilmente esistenziale. Sangue versato è vita offerta. Il sangue esprime questo aspetto di morte violenta trasformata in offerta di obbedienza filiale e di solidarietà fraterna.
Abbiamo visto che cosa rappresenta il sangue; ma che cosa intende l'Autore quando parla della Tenda più grande, più perfetta? Ha in mente qualcosa di molto preciso. Non dice una Tenda, ma la Tenda. Questa Tenda vera, più grande, più perfetta, é la via con la quale Gesù è penetrato nel santuario celeste, nell'intimità di Dio. Questa Tenda è quindi la via che non era ancora manifestata nell'Antico Testamento. Si tratta di una nuova rivelazione, anzi di una nuova creazione perché l'Autore afferma che la Tenda non è fatta da mano d'uomo, cioè non appartiene a questa creazione, è una Tenda che appartiene ad una nuova creazione. Sull'identificazione di questa Tenda, gli esegeti si mostrano perplessi e la spiegazione più abituale che essi danno è che essa rappresenta il cielo.
San Giovanni Crisostomo propone una interpretazione molto più profonda e più aderente al testo, più ricca dal punto di vista dottrinale e spirituale. Egli dice che la Tenda più grande e più perfetta, che non appartiene a questa creazione, è il corpo di Cristo.
Bisogna però precisare: il corpo di Cristo glorificato, perché il corpo di Cristo, prima della passione, apparteneva a questa creazione, era un corpo simile al nostro. L'incarnazione consiste proprio in questo: il Verbo di Dio ha preso un corpo umano che appartiene alla prima creazione. Ma dopo la risurrezione si deve parlare di creazione nuova, come Paolo afferma: "Se uno è in Cristo è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove", dice letteralmente in 2Cor 5,17. Si deve parlare di una nuova creazione. Secondo la lettera agli Ebrei la nuova via per entrare nell'intimità di Dio non è altro se non la natura umana di Cristo glorificata.
Cristo è entrato nell'intimità divina per mezzo del suo corpo glorificato e per mezzo del suo sangue.
Il corpo glorificato di Cristo è quindi la vera Tenda e costituisce per noi la via per entrare nell'intimità di Dio. Per mezzo di esso Cristo stesso si presenta in cielo al Padre in nostro favore, dice l'Autore (9,24). Questa Tenda è detta più perfetta del santuario antico perché proprio Cristo è stato reso perfetto. È più grande del santuario antico perché, con la sua offerta Gesù ha ottenuto di raggruppare e di accogliere nel suo corpo tutti i credenti, che possono diventare membra del suo corpo, come afferma esplicitamente Paolo: "Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuna per la sua parte" (1Cor 12,27). Il Quarto Vangelo esprime la stessa idea con l'immagine dei tralci e della vite. In quanto membra del corpo di Cristo glorificato, anche noi diventiamo la casa di Dio, il santuario di Dio. San Pietro esprime questo mistero in modo magnifico: «Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale». L'edificio spirituale è un tempio santo.
Possiamo entrare nell'intimità di Dio in quanto facciamo del corpo glorificato di Cristo, e questo è stato reso possibile dalla sua offerta generosissima nella passione. Il culto di Cristo è profondamente reale, esistenziale, personale, e quindi purifica la coscienza, trasforma il nostro cuore, ci consente di vivere una vera comunione con Dio e con i fratelli.
Conferenza di A. Vanhoye, estratta da registrazione e rielaborata dal curatore del blog