venerdì 9 novembre 2012

LA SCIMMIA DI ALESSANDRIA

San Zeno libera una donna indemoniata
Chi desidera essere chiamato medico, retore o geometra non vuole essere criticato per questo suo nome a causa della sua ignoranza, qualora esso alla prova dei fatti non risultasse rispondente alla realtà: se desidera avere veramente tali nomi li rende credibili con i fatti, per evitare che risultino falsi. Allo stesso modo anche noi, se nel corso del nostro esame riuscissimo a trovare il vero significato della professione cristiana, non accetteremmo mai di non essere ciò che il nostro nome esprime nei nostri riguardi: in caso contrario, la storia della scimmia cosi diffusa tra i pagani riguarderebbe anche noi da vicino. Si narra che ad Alessandria un giocoliere addestrasse una scimmia a compiere agili movimenti di danza, e le facesse indossare una maschera da danzatore ed una veste adatta a tale attività; il coro dei danzatori che stava attorno alla scimmia ne ricavava gloria, mentre essa si contorceva tutta al ritmo della musica e con i suoi movimenti e le sue sembianze nascondeva la propria natura. Mentre tutto il teatro era preso dalla novità dello spettacolo, un burlone mostrò con uno scherzo agli spettatori che assistevano a bocca aperta alla scena che la scimmia era in realtà solo una scimmia. Proprio nel momento in cui tutti gridavano e applaudivano ai contorcimenti della scimmia che si muoveva ritmicamente secondo il canto e la musica, gettò sull'orchestra quei frutti secchi che allettano la golosità di questi animali. Viste le mandorle sparse davanti al coro, la scimmia non esitò un istante: senza pensare più alla danza, agli applausi e agli ornamenti della veste, corse verso di esse e afferrò con le palme delle mani ciò che trovava; e perché la maschera non le chiudesse la bocca, rimosse quella fìnta sembianza lacerandola per bene con le unghie. In luogo delle lodi e dell'ammirazione provocò le risa degli spettatori mostrando il suo brutto e ridicolo aspetto sotto i resti della maschera. 
Come la finta sembianza non bastò alla scimmia a farla sembrare un uomo, giacché la sua vera natura si rivelò nell'avidità per quei frutti secchi, cosi coloro che non danno con la fede una vera impronta alla loro natura si rivelano diversi da ciò che professano di essere una volta allettati dalle ghiottonerie offerte dal diavolo. Al posto dei fichi secchi, delle mandorle e di altre simili cose il cattivo mercato del diavolo offre infatti agli uomini golosi la vanità, l'ambizione, la cupidigia e l'amore per il piacere, e conduce quindi facilmente alla prova dei fatti le anime simili alle scimmie: questi uomini fingono di essere cristiani con un'imitazione esteriore, ma quando giunge il momento di soffrire distruggono la maschera della temperanza, della mitezza e delle altre virtù. È dunque necessario pensare al significato della professione cristiana: potremmo forse diventare ciò che indica il nome, evitando cosi di far consistere la nostra trasformazione unicamente nel nome e nella sua esteriorità e di rivelarci quindi di fronte a colui che vede le cose nascoste diversi dalle nostre sembianze.

Gregorio di Nissa, La professione del cristiano, Città Nuova, pp. 66-68 (tr. Lilla)

Nessun commento:

Posta un commento