I salmi che compongono questa raccolta (119-133) vengono chiamati canti delle salite (o graduali). Venivano cantati durante il pellegrinaggio al Sion, salendo le gradinate del tempio. Nati in contesti storici diversificati, furono poi riuniti insieme da un redattore, per proporli come canti per il pellegrinaggio (sec. IV a. C.). Secondo la Mishnà erano cantati sui quindici gradini che, dal cortile delle donne, salivano al cortile d’Israele, all’interno del complesso del tempio. Sono le preghiere di gente semplice e povera che s’imbatte nelle difficoltà comuni dell’esistenza, nel periodo dopo l’esilio, sotto la dominazione dei Persiani (Cf. T. Lorenzin, I Salmi, Paoline, p. 476).
Il cuore della raccolta
Il tempio, eretto sul monte
Sion, è il centro a cui si volgono le aspirazioni del popolo. È il luogo nel
quale Dio manifesta con più forza la sua presenza; i suoi occhi si volgono
verso il popolo là riunito ed tende l’orecchio per ascoltarne le invocazioni.
Giungere a Sion è l’unico
modo per trovare sollievo, visto che Israele deve convivere con nemici che lo
osteggiano e si oppongono alla sua fede in Dio. A Gerusalemme, il luogo della
residenza del Custode del popolo, è possibile trovare pace. A Gerusalemme la
nazione sperimenta la sua unità, la gioia di ritrovarsi insieme da fratelli, il
gusto della lode di Dio, l’efficacia della benedizione divina.
Rinfrancati dalla grazia,
gli israeliti possono riandare con uno sguardo realistico al loro passato
travagliato. Sono stati odiati a lungo, da molti, in modo ingiusto. Il Signore
li ha accompagnati con grande discrezione ma anche con grande energia, e così
facendo, ha impedito che venissero annientati.
Soprattutto prevale
l’attenzione al futuro: la venuta del Messia. Il popolo attende il Signore con
la medesima ansia con cui le sentinelle di guardia aspettano il sorgere
dell’alba. Israele sa di essere un popolo peccatore e perciò, anziché confidare
nel suo merito, spera nella generosità di Dio, perché Egli è pronto a concedere
una liberazione vasta e definitiva.
Il pellegrinaggio cristiano
Il pellegrinaggio a
Gerusalemme degli ebrei viene interpretato dai Padri come metafora di un’ascesa
reale a Dio e, servendosi di questi salmi, insegnano quali siano le convinzioni
e gli atteggiamenti spirituali necessari per poter avvicinarsi a Lui.
Vediamo alcuni di questi
suggerimenti. Cassiodoro riconosce che Dio solo, tramite Gesù, può garantire un
esito positivo al nostro ascendere e che noi possiamo salire a Dio soltanto
poiché siamo una cosa sola con Cristo, che è già asceso per noi presso il
Padre. Inoltre, per poter essere una cosa sola con Cristo e formare il suo
Corpo, dobbiamo vivere in unità tra noi, nell’amore: «È spettacolo davvero
stupendo vedere uomini salire verso Dio, alla sommità della divina Bellezza.
Fatto realizzabile solo a opera di Colui che comandò a Lazzaro di venir fuori
dal sepolcro, tese la destra a Pietro per impedirgli di precipitare a fondo,
trasferì altrove da vivi Elia ed Enoch e operò tanti altri prodigi simili
compiuti quotidianamente con la sua potenza divina. Salire i nostri gradini
possono coloro che già su questa terra costituiscono una cosa sola nell'amore.
Non possono affrettarsi ad andare verso il Capo se non quelli che sono sue
membra» (Cassiodoro, PL 70 914 B-C).
Secondo Agostino, la salita
è garantita dall’umiltà: bisogna che ci piaccia Dio e che siamo, invece,
scontenti di noi stessi, rattristati per i nostri peccati: «Cos'è l’ascendere
nel cuore? Avanzare verso Dio. A patto però che nel progredire non ci si
insuperbisca; a patto che salendo non si cada. Se infatti avanzando ci si
insuperbisce, si sale ma per cadere. Cosa si dovrà quindi fare per evitare la
superbia? Si sollevino gli occhi a colui che abita nel cielo; non si rimiri noi
stessi! Chi è che piace a Dio? L'uomo a cui piace Dio. Ma egli non potrà
piacerti se tu non proverai dispiacere per te stesso… Se ti vorrai guardare con
sincerità, troverai in te cose che ti debbono dispiacere e dovrai dire a Dio: Il
mio peccato mi è sempre dinanzi. Sì,
sia sempre dinanzi a te il tuo peccato, affinché non sia dinanzi a Dio!
(Agostino 122,3 PL 37 1031-1032).
Soprattutto, la vera forza
della salita consiste nell’energia dell’amore: «Quando l'amore impuro infiamma
un cuore, lo sollecita a desiderare le cose della terra, lo precipita in basso,
lo sommerge nelle profondità dell'abisso. Analogamente è dell'amore santo.
Eleva alle cose del cielo, infiamma per i beni eterni, solleva l'uomo dalle
profondità dell'inferno alle sommità del cielo. In una parola, ogni amore è
dotato di una sua forza e, quand'è in un cuore innamorato, non può restarsene
inoperoso: deve per forza spingere all'azione. Vuoi vedere come sia il tuo
amore? Osserva a che cosa ti spinge. Non vi esortiamo, quindi, a non amare, ma
a non amare il mondo, affinché possiate amare con libertà Colui che ha creato
il mondo. Un'anima irretita dall'amore terreno è come se avesse del vischio
nelle penne: non può volare… Lasciamoci attrarre dai gaudi della patria beata»
(Agostino, 121,1 PL 37 1613).
In un altro testo, Agostino compone insieme i due elementi
basilari; saliamo a Dio grazie all’amore ma possiamo fare questo per l’impegno
di Gesù che è disceso fino a noi per farci risalire a Dio con Lui: «Ho
intrapreso, seguendo l'ordine progressivo, l'esame dei cantici dell'uomo che
ascende: ascende e ama, anzi in tanto ascende in quanto ama. Ogni amore o
ascende o discende; dipende dal desiderio: se è buono ci innalziamo a Dio, se è
cattivo precipitiamo nell'abisso. Ma, poiché assecondando il desiderio cattivo
cademmo [nella colpa], non ci resta che riconoscere [il potere di] colui che
non per essere caduto ma liberamente scese fino a noi, aggrapparci a lui e così
risalire, dato che questo non ci è possibile mediante le nostre forze»
(Agostino, 122,1 PL 37, 1629-1630).
Remigio d’Auxerre riadatta
in contesto cristiano le interpretazioni della Mishnà. «Il Tempio (ora) è la
santa Chiesa, del quale tutti i fedeli sono pietre vive e sante per la loro
fede. I gradini sono le virtù: salendo per esse, i fedeli si elevano e
penetrano nel santuario, in una casa non costruita da mano d’uomo, che rimane
stabile nei cieli, dove si trova il Signore Gesù, seduto alla destra di Dio
Padre. Egli è l’unico che è entrato poiché avendo accolto un disegno di
santificazione, meritò di ricevere una glorificazione esclusiva. Là, in quel
luogo santo, la moltitudine dei credenti sale percorrendo quindici gradini
poiché, nella misura in cui essi sono avanzati e progrediti nelle virtù, tanto
più sono vicini alla patria celeste. Entrano nel Santo dei Santi; in realtà non
in un luogo ma in una vita santa corrispondente.
Il numero quindici è
formato dal sette e dall’otto. Il settenario simboleggia l’Antico Testamento, a
motivo del Sabato la cui osservanza era stabilita dalla Legge. Oppure il sette
rappresenta questo mondo, che vede ripetersi il ciclo settimanale. L’osservanza
delle norme stabilite nell’antica Legge otteneva un premio temporale e
provvisorio: il riposo, la lunghezza della vita, la molteplicità di figli, la
vittoria sui nemici. Tanti altri doni temporali erano assicurati nell’Antico
Testamento, raffigurati in questo numero sette riguardante beni che
appartengono a questo mondo. Esso è ben raffigurato nel settenario.
Il numero otto rappresenta
invece il Nuovo Testamento a motivo dell’ottavo giorno, nel quale nostro
Signore è risorto; lì iniziò e fu costituito il Nuovo Testamento. In esso tutta
la nostra fatica nell’osservanza sfocia in un premio del futuro, in un ottavo
giorno. L’osservanza dei precetti dell’Antico e del Nuovo Testamento, simboleggiata
nella percorrenza di quindici gradini, apre ai fedeli l’ingresso al vero Santo
dei Santi. Percorrendo il programma previsto nel numero sette, giungiamo
all’ottavo: grazie alle opere buone che compiamo in questa vita, arriviamo
all’ottavo giorno, alla vita eterna della patria celeste…» (Remigio d’Auxerre,
PL 131 767 A-C).
Salmo 119
1 Canto delle salite.
Nella mia angoscia ho
gridato al Signore
Ed egli mi ha risposto.
2 Signore, libera la mia
vita
dalle labbra bugiarde,
dalla lingua ingannatrice.
3 Che cosa ti darà, come ti
ripagherà,
o lingua ingannatrice?
4 Frecce acute di un prode
con braci ardenti di
ginestra!
5 Ahimè, io abito straniero
in Mesec,
dimoro fra le tende di
Kedar!
6 Troppo tempo ho abitato
con chi detesta la pace.
7 Io sono per la pace,
ma essi, appena parlo,
sono per la guerra.
Canti
delle salite. Gli uomini «che sono
decaduti dai beni di Dio, risalgono ad essi, preparandosi alla salita» (Eusebio
di Cesarea, PG 24 9 A). «Il fedele, salendo per l’erta di gradini, che sono i
meriti, perviene al traguardo dell’amore del Signore, perfetto ed eterno, che
rappresenta il vertice delle virtù» (Cassiodoro, PL 70 901 B).
La nostra salita può
avvenire soltanto se ci appoggiamo al Signore Gesù. Del resto Egli è la nostra
meta e il monte che ci sorregge: «Chi è questo monte, meta delle nostre
ascensioni, se non il Signore Gesù Cristo? Affrontando la Passione egli ti si è
fatto valle di pianto, mentre, restando quel che sempre era, [il Verbo di Dio]
si fece per te monte su cui puoi ascendere» (Agostino, 119,1 PL 37, 1597).
Nella
mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto. Il salmista esprime l’estremo disagio vissuto da
tutto il popolo di Dio nel trovarsi a vivere tra nazioni ostili, desiderose
perfino di sopprimerlo. La stessa esperienza tocca al cristiano e a tutta la
Chiesa.
Nelle persecuzione o nelle
contrarietà già incontrate, la comunità ha sperimentato l’aiuto di Dio e per
questo può continuare a sperare: «La mia fiducia si fonda sul questo: quando ho
incontrato la tribolazione per il Signore e sono diventato come frumento
stritolato sull’aia, Dio non mi ha mai abbandonato; lo invocai ed Egli mi
esaudì» (Gero PL 194, 839 D). Il credente che, convertitosi, cerca Dio, soffre
per l’indifferenza di tanti altri, ancora sottomessi al male: «Ormai deciso a
voltare le spalle agli interessi terreni, già ha cominciato a salire per il
cammino glorioso della virtù. Tuttavia, poiché si rende conto di abitare con
uomini malvagi, ancora piange» (Cassiodoro, PL 70 905 B).
Signore, libera la mia
vita dalle labbra bugiarde, dalla lingua ingannatrice. Chi si è messo da poco sulla strada della
conversione, ha bisogno di rafforzarsi nella sua decisione e di chiedere di
essere liberato «da ogni falsa opinione e da ogni inganno. Chi è ancora
principiante, ha bisogno che nessuno lo induca in errore con parole suadenti»
(Eusebio, PG 24, 9 A).
I discorsi ostili delle
persone che denigrano la fede, provocano una sofferenza acuta al credente. Nell’essere
osteggiati, ci troviamo in pericolo ma anche abbiamo un’opportunità: possiamo
rafforzarci grazie alla paziente fermezza: «Quando un cristiano comincia a
pensare sul serio al progresso [spirituale], subito gli tocca subire le
critiche degli avversari. Se uno non ne ha ancora subite, è segno che non ha
fatto progressi; chi non ne subisce mai, a progredire non ha nemmeno
cominciato» (Agostino, 119,3 PL 37 1599).
Che cosa ti darà, come
ti ripagherà, o lingua ingannatrice? Il
salmista aspetta un atto di giustizia e di protezione da parte di Dio.
«Coraggio! Sai d’avere un
potente protettore e difensore, che usa in tuo favore armi contro i tuoi
avversari. Che cosa vuoi che ti sia dato di più? O che cosa vuoi che ti si
aggiunga oltre a un tale apparato del Potente?» (Eusebio, PG 24, 9 B)
Frecce acute di un prode
con braci ardenti di ginestra! L’atto
soccorritore (e giudiziario di Dio) viene raffigurato nel lancio di frecce e di
fuoco. «Per impedire che l'animo si scoraggi, a motivo delle umiliazioni dei
malvagi, il giusto Giudice tiene in serbo delle punizioni che imitano la
rapidità di una freccia e la forza devastatrice del fuoco» (Teodoreto, PG 80,
1876 C. Cf. Agostino, 119,5 PL 37, 1600 ).
Frecce acute e carboni
vengono interpretati dagli autori cristiani non soltanto come castighi contro
gli empi ma come soccorsi efficaci offerti da Dio, agli stessi malvagi e ai
giusti: «Le frecce acute di persona potente sono la parola di Dio. Ecco, le si
scaglia e trapassano il cuore… Non solo, ma vi si aggiungono anche i carboni
che producono la desolazione e ogni pensiero di terra viene in lui devastato.
Che significa: Viene devastato? È ridotto alla condizione di terra devastata.
C'erano in lui molte erbacce, molti pensieri carnali, molte affezioni mondane.
Ora tutto questo viene incenerito all'accendersi di questi carboni apportatori
di desolazione, e il luogo così devastato diviene puro, al segno che, avvenuta
questa purificazione» (Agostino, 119,5 PL 37,1601).
«Ricordo che, quando mi
proposi di cambiar vita… incontrai ostacoli da parte di persone dalle labbra di
menzogna e dalla lingua ingannatrice. … Mi distoglievano dal bene e mi
persuadevano a restare nel male. Poiché non intendevo consentire alle loro
sollecitazioni, la mia sofferenza s’intensificò e non avevo la forza
sufficiente per oppormi, nella mia angoscia gridai al Signore. Come avvenne al cieco che implorava la guarigione e,
stretto dalla folla che lo rimproverava, gridava sempre più forte, sentii la
voce del Signore chiedermi: Che cosa vuoi che ti faccia? (Mc 10,51). Risposi: Signore, affinché possa vedere
donami le tue frecce acute e i carboni di ginepro. Le frecce sono le parole
della Sacra Scrittura contro le quali gli avversari non potevano resistere e i
carboni sono gli esempi offerti dai santi. Le brace di ginepro conservano il
fuoco più a lungo di qualsiasi altro tipo di pianta e per questo possono
rappresentare gli esempi dei santi. In loro l’amore non si attenua né si
spegne; al contatto del loro calore, la vita dei più deboli, se si era
raffreddata, si riaccende» (Gero, PL 194, 840 A-D).
Ahimè, io abito
straniero in Mesec, dimoro fra le tende di Kedar! Troppo tempo ho abitato con
chi detesta la pace. Mesec (regioni
tra il Mar Nero e il Caucaso) e Kedar (nel deserto arabico) sono tribù che
simboleggiano popoli bellicosi. In pratica il salmista si lamenta di dover
abitare tra gente astiosa e aggressiva.
«Se per ora non è possibile
separare i cattivi dai buoni, occorre sopportarli; ma sarà cosa temporanea,
poiché, se i cattivi potranno essere con noi sull'aia, certo non lo saranno nel
granaio. Anzi, può anche darsi il caso di gente che oggi sembra cattiva e
domani diventi buona, come può anche succedere che certuni, oggi orgogliosi
della propria bontà, domani risultino cattivi. Chiunque pertanto sopporta con
umiltà la temporanea presenza dei cattivi arriverà al riposo eterno» (Agostino,
119,9 PL 37 1604).
«Le brace di ginepro
conservano il fuoco più a lungo di qualsiasi altro tipo di pianta e per questo
possono rappresentare gli esempi dei santi. In loro l’amore non si attenua né
si spegne; al contatto del loro calore, la vita dei più deboli, se si era
raffreddata, si riaccende. Ora, per il raffreddarsi della carità e per il
crescere della malizia, molte brace si sono spente e sono annerite. Poiché
pochi sono i credenti e gli uomini luminosi, il mio pellegrinaggio, ossia la
mia vita in questo modo, è diventato molto triste. Per questo esclamo: Troppo
ho dimorato in questa vita!» (Gero,
PL 194, 840 D)
«[È
necessario che i nostri giorni siano abbreviati come ha auspicato il Signore
(Cf. Mt 24,22). Elia vide abbreviarsi i suoi giorni (la sofferenza dei suoi
giorni) quando fu soccorso dalla vedova di Zarepta. [Oggi il giusto trova nella
Chiesa molti luoghi di rifugio: sono i monasteri nei quali non mancano le giare
colme di farina né l’otre dell’olio si è svuotato» (Gero, PL 194, 840 D).
Io sono per la pace, ma
essi, appena parlo, sono per la guerra.
«Verso i nemici della pace, verso quelli che l’odiano, vuole osservare il
consiglio dell’Apostolo: Vivete in pace con tutti (Rm 12,18). Lo stesso Signore ci chiede nel Vangelo: Amate
i vostri nemici…. (Mt 5,43)»
(Cassiodoro, PL 70 904 D).
Salmo 120
1 Canto delle salite.
Alzo gli occhi verso i
monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
2 Il mio aiuto viene dal
Signore:
egli ha fatto cielo e
terra.
3 Non lascerà vacillare il
tuo piede,
non si addormenterà il tuo
custode.
4 Non si addormenterà, non
prenderà sonno
il custode d’Israele.
5 Il Signore è il tuo
custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
6 Di giorno non ti colpirà
il sole,
né la luna di notte.
7 Il Signore ti custodirà
da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
8 Il Signore ti custodirà
quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.
Alzo
gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal
Signore: egli ha fatto cielo e terra.
I monti rappresentano luoghi di pericolo e tutto ciò che crea ansietà; di
fronte a rischi gravi ed imminenti, l’orante si chiede: chi mi aiuterà in modo
valido? I monti richiamano anche la tentazione dell’idolatria perché sulle
alture si svolgevano i culti alle divinità: sollevo gli occhi verso i santuari
delle alture ma penso che l’aiuto non mi verrà dalle divinità ma dal Dio
creatore.
Il pellegrino «non trova
l’aiuto che cerca in nessuna delle cose sensibili; si rifugia allora nel
Creatore, alzando gli occhi dell’anima » (Eusebio, PG 24 11 A) e così egli
pensa: «Sono certo che non mi potrà giovare nessun soccorso umano ma che mi
basterà la benevolenza del Signore. Mostra poi il valore di un aiuto così
potente: ha fatto cielo e terra.
Chi ha creato tutto il mondo con la sola parola, sarà in grado di soccorrere
anche me» (Teodoreto PG 80 1887 B-C). «Mostra il suo desiderio di volere
l’aiuto del Signore, quanto più sa che gli viene offerto dalla sua generosità»
(Cassiodoro PL 70 906 A).
«Per monti possiamo intendere gli uomini eminenti e illustri.
Dice però Giovanni Battista (uno di questi monti): Della pienezza di lui noi
tutti abbiamo ricevuto (Gv 1,16).
L'aiuto ti proviene non dai monti ma dal Signore dalla, cui pienezza i monti
hanno ricevuto. Però, se tu attraverso le Scritture non solleverai gli occhi ai
monti, non ti avvicinerai in maniera tale da poter essere da lui illuminato»
(Agostino, 120,4, PL 37 1607.
Non lascerà vacillare il
tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele.
«Perfino del Signore si
dice che possa addormentarsi. In realtà siamo noi ad assopirci nella fede. Su
quanti la fede non dorme, Cristo rimane sempre a vegliare. Se ci allontaniamo
dalla vista del suo sguardo, lo perdiamo come difensore. Sul lago di Galilea,
il Signore dormiva perché la fede dei discepoli era misera. Non appena la loro
fede si ridestò, anche il Signore si risvegliò e calmò la tempesta»
(Cassiodoro, PL 70 907 A).
Il Signore è il tuo
custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra.
«… rimanendo sotto la sua
protezione, resterai illeso. Lo ricorda la storia antica: quando gli ebrei
furono liberati dalla schiavitù d'Egitto, coperti da una nube, non furono
danneggiati dalla forza dei raggi solari» (Teodoreto PG 80 1880 A).
«Ecco uno che ha creduto:
egli cammina nella fede, ma è ancora fragile, si dibatte fra le tentazioni e le
molestie. Che cosa gli vale l'aver creduto in Cristo e aver ricevuto il potere
d'essere tra i figli di Dio? Guai a lui se il Signore non ne proteggerà la
fede! Guai a te, dico, se il Signore non interverrà impedendo che tu sia
tentato oltre le tue forze, per usare le parole dell'Apostolo: Dio è fedele
e non permetterà che siate tentati oltre quel che potete sopportare» (Agostino, 120,11 PL 37 1614)
Di giorno non ti colpirà
il sole, né la luna di notte. La
protezione di Dio difende dagli effetti dannosi provocati dai raggi del sole e
della luna, secondo le convinzioni del tempo.
«Una nube luminosa
impedisce che siano bruciati dal sole quelli che camminano secondo Dio. In modo
simile, darà il suo aiuto perché costoro non abbiano a patire nulla dal
luminare notturno» (Eusebio, PG 24 11 C). «Con le parole sole e luna e le
equivalenti giorno e notte, vuole significare le situazioni positive e negative
della vita. In un altro salmo leggiamo: davanti a te grido giorno e notte (Sal 87,1). Vuole così ribadire la necessità della
preghiera continua. Il Signore, proteggendo i suoi, evita che cadano nel
peccato o che sia scottati dagli scandali. Allo stesso modo custodì l’antico
popolo, effondendo su di esso i suoi raggi benefici, sino a proteggerlo di
giorno con una nube e a illuminarlo di notte mediante la luce di una colonna di
fuoco» (Cassiodoro, PL 70 908 A-B).
Il Signore ti custodirà
da ogni male: egli custodirà la tua vita.
«Il termine male qui sottende quanto allontana dalla grazia divina, vanifica le
promesse del Signore» (Cassiodoro, PL 70 908 B-C).
Il Signore ti custodirà
quando esci e quando entri, da ora e per sempre. «Custodirà il tuo entrare, ossia
l’inizio della tentazione; preghiamo di non entrare in essa, esortati dal
Signore il quale ha detto ai discepoli affaticati per lo sforzo dell’ascesa: Vegliate
e pregate per non entrare in tentazione (Mt 26,38). Se accadrà, per un disegno misterioso di Dio,
che la richiesta di evitare la tentazione non sia esaudita, cerchiamo di
ottenere in tutti i modi che il Signore ci custodisca... I nostri nemici
maligni stanno sempre all’erta, all’inizio e al termine della tentazione; per
insidiare la nostra testa, all’inizio, o il calcagno, alla fine. Per questo
motivo, il Signore custodisca il tuo ingresso e la tua uscita, affinché tu non
venga vinto nell’assalto della tentazione e possa rialzarti vittorioso dopo
averle superate (Gero, PL 194 847 A).
Salmo 121
1 Canto delle salite. Di
Davide.
«Andremo alla
casa del Signore!».
2 Già sono fermi
i nostri piedi
alle tue porte,
Gerusalemme!
3 Gerusalemme è costruita
come città unita e
compatta.
4 È là che salgono le tribù,
le tribù
del Signore, secondo la
legge d’Israele,
per lodare il nome del
Signore.
5 Là sono posti i troni del
giudizio,
i troni della casa di
Davide.
vivano sicuri
quelli che ti amano;
7 sia pace nelle
tue mura,
sicurezza nei
tuoi palazzi.
8 Per i miei
fratelli e i miei amici
io dirò: «Su te
sia pace!».
9 Per la casa del
Signore nostro Dio,
chiederò per te
il bene.
Canto
delle salite. «Quando l'amore impuro
infiamma un cuore, lo precipita in basso. Analogamente è dell'amore santo. Esso
solleva l'uomo dalle profondità dell'inferno alle sommità del cielo. In una
parola, ogni amore è dotato di una sua forza e, quand'è in un cuore innamorato,
non può restarsene inoperoso: deve per forza spingere all'azione. Non vi esortiamo,
quindi, a non amare, ma a non amare il mondo, affinché possiate amare con
libertà colui che ha creato il mondo» (Agostino, 121,1 PL 37 1613).
Quale gioia, quando mi
dissero: «Andremo alla casa del Signore!». Già sono fermi i nostri piedi alle
tue porte, Gerusalemme! Il
pellegrino, giunto a Gerusalemme, ricorda il momento della partenza e così vive
con maggiore intensità la gioia di aver raggiunto ora la meta.
«Questo è un grido che
sgorga da una fede autentica: gioiscono non perché riceveranno dei possedimenti
ma perché vedranno il tempio di Dio. [Dicono:] ormai vediamo di essere giunti
nello spazio sacro del tempio e così possiamo celebrare il servizio divino»
(Teodoreto, PG 80 1880 B).
Il cristiano si protende
piuttosto verso la Gerusalemme celeste: «Ripensate, fratelli, a quel che
succede quando al popolo si fissa un qualche luogo santo per radunarvisi e
celebrarvi la festa: come tutta la gente si anima ed esortandosi
scambievolmente dice: Andiamo, andiamo! Parlano così fra loro e accendendosi,
per così dire, l'un l'altro, formano un'unica fiamma… Se pertanto un amore puro
riesce a trasportare [i fedeli] a un santuario materiale, quanto più sublime
non dovrà essere l'amore che rapisce al cielo» (Agostino, 121,2 PL 37 1619).
«Procedendo per la via che
conduce a Dio e ammaestrato sulla meta, il salmista è colmato di letizia al
solo annuncio delle realtà future. Dichiara di aver trovato ottimi maestri in
coloro che gli avevano detto: Andremo alla casa del Signore. Allora si è affrettato ancora di più, proseguendo il
viaggio con sollecitudine» (Eusebio, PG 24 12 C).
Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
Più che alla compattezza degli
edifici, il salmista pensa alla solidità della città e alla sua inviolabilità. «La
città non è costruita da edifici disseminati ma si erge in modo tale da
sembrare un’unica casa. In senso spirituale, parla dei credenti che sono presso
Dio; sono pietre vive con le quali viene innalzato il tempio di Dio, quello
vero, compatto per l’unità del pensiero e del sentire» (Eusebio, PG 27 13 A).
«Gerusalemme si costruisce
ogni giorno sino alla fine del mondo con l’operosità delle pietre vive, ossia
di quanti credono nel Signore» (Cassiodoro, PL 70 910 B)
È là che salgono le
tribù, le tribù del Signore, secondo la legge d’Israele,
«Sotto il dominio di
Roboamo le tribù si divisero e dieci di loro si separarono dal regno di Davide
(Cf. 1 Re 12) ma dopo il ritorno dall'esilio, si raccolsero sotto un'unica
sovranità. Tutte le tribù si radunavano a Gerusalemme, secondo la legge, per
offrire un culto unanime» (Teodoreto, PG 80 1880 D)
per lodare il nome del
Signore. «[Là] si loda il costruttore della casa stessa, il
padrone di casa è la gioia di tutti coloro che vi abitano: egli, che quaggiù è
l'unica [nostra] speranza, lassù [sarà] la nostra reale felicità. Pertanto,
quelli che corrono a che cosa debbono pensare? D'essere in certo qual modo
lassù e d'esserci stabilmente. Gran cosa essere stabilmente in quella casa, in
compagnia degli angeli, e mai perderne il posto!» (Agostino, 121,3 PL 37
1619-1620).
Là sono posti i troni del giudizio, i
troni della casa di Davide. Il popolo
si recava a Gerusalemme per ottenere giustizia presso i tribunali, costituiti
dai vari sovrani di stirpe davidica. «A Gerusalemme non venne costruito soltanto
il tempio, ma furono edificati anche i palazzi reali e i cittadini che avevano
controversie tra loro, si recavano là per risolverle» (Teodoreto PG 80 1881 A).
Anche il cristiano deve
esprimere un giudizio. «Si dice in un altro passo [scritturale]: L'anima del
giusto è il trono della sapienza.
Grande, grandissima affermazione questa: Trono della sapienza [è] l'anima
del giusto (Sir 1,8). E significa:
Nell'anima del giusto risiede la sapienza come nel suo proprio seggio, nel suo
proprio trono, e da lì giudica ogni cosa che giudica. Costoro dunque erano i
troni della sapienza e per questo diceva loro il Signore: Siederete su
dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele (Mt 19,28)» (Agostino, 121,9, PL 37 1626). «[I santi]
giudicheranno col Signore allorché, purificati nella mente e costituiti nella
perfezione, emetteranno un giudizio conforme alle decisioni del Signore… Seggi
sono le persone sante perché illuminate dalla grazia divina che dimora in loro.
Troviamo scritto: Venne in me lo Spirito di sapienza (Sap 7,7). Ancora: Su chi riposa il mio spirito?
Nell’umile e in chi accoglie le mie parole
(Is 66,2)» (Cassiodoro, PL 70 912 B).
Chiedete pace per
Gerusalemme: vivano sicuri quelli che ti amano; sia pace nelle tue mura, sicurezza nei tuoi palazzi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su te sia pace!». Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.
Come creare pace nella
Chiesa, tra persone che godono di carismi diversificati? «Volete vedere che
gran forza è l'amore? Se uno viene a trovarsi in una qualche necessità che gli
impedisca d'osservare uno dei comandamenti di Dio, ami colui che l'osserva e,
nella persona dell'altro che l'osserva, lo osserva lui stesso. Ecco un esempio.
Uno è sposato… Ora a quest'uomo viene in mente che c'è un genere di vita più
eccellente [della sua], a proposito della quale dice il medesimo Apostolo: Desidererei
che tutti fossero come me (1 Cor
7,7). Mira quei tali che hanno attuato questo consiglio e li ama. Amandoli
adempie in essi ciò che non può adempiere in se stesso. Grande la forza
dell'amore! E questo amore è la nostra forza, al segno che, se non fossimo
radicati in esso, a nulla ci varrebbero tutte le altre risorse che potessimo
avere. Dice l'Apostolo: Se io parlassi le lingue degli uomini e degli
angeli, e non avessi amore, non sarei che un bronzo risonante, o un cembalo
squillante (1 Cor 13,1)».
Salmo 122
1 Canto delle salite. Di
Davide.
A te alzo i miei occhi,
a
te che siedi nei cieli.
2 Ecco, come gli occhi
dei servi
alla mano dei loro padroni,
come gli occhi di una
schiava
alla mano della sua
padrona,
così i nostri occhi al
Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di
noi.
3 Pietà di noi, Signore,
pietà di noi, siamo
già troppo sazi di
disprezzo,
4 troppo sazi noi siamo
dello scherno dei gaudenti, del
disprezzo dei superbi
Canto delle salite. «Ho intrapreso, seguendo l'ordine progressivo, l'esame
dei cantici dell'uomo che ascende: ascende e ama, anzi in tanto ascende in
quanto ama. Ogni amore o ascende o discende; dipende dal desiderio: se è buono
ci innalziamo a Dio, se è cattivo precipitiamo nell'abisso. Ma, poiché
assecondando il desiderio cattivo cademmo [nella colpa], non ci resta che
riconoscere [il potere di] colui che non per essere caduto ma liberamente scese
fino a noi, aggrapparci a lui e così risalire, dato che questo non ci è
possibile mediante le nostre forze» (Agostino, 122,1 PL 37, 1629-1630).
«Pensate pure che a parlare sia ciascuno di voi: chi parla è quell'unico
[corpo] che è diffuso per tutta la terra» (Agostino, 122,2 PL 37 1630).
A
te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli. Il salmista immagina di essere come uno schiavo o una
schiava che ha chiesto un favore al padrone o alla padrona ed attende almeno un
cenno favorevole della loro mano. Dio non vuole comportarsi con noi come un
padrone ma noi dobbiamo rapportarci con lui con grande rispetto, uniformandoci
al suo volere.
«Non spero in nessun altro
se non in Te, Signore. L’occhio dell’anima che guarda verso l’alto, ne riceve
del bene; quello che guarda in basso, del male. Nessuno che raccolga tesori
sulla terra direbbe mai a Dio: a Te ho levato i miei occhi, poiché dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo
cuore. Gli occhi dello stolto guardano là dove lo spinge la sua brama (alla
donna per concupiscenza di essa), mentre gli occhi del giusto guardano sempre a
Dio» (Eusebio, PG 24, 13 C).
«Gli uomini orgogliosi,
avidi di potere, se sono toccati da un problema qualsiasi, subito ricorrono ai
ricchi, si rifugiano presso protettori incerti; i servi di Dio, invece,
sopportando con pazienza torti e travagli, alzano al Signore lo sguardo,
guardano alla fonte della salvezza sicura» (Cassiodoro, PL 70 915 A).
Ecco, come gli occhi dei
servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della
sua padrona, così i nostri occhi al Signore nostro Dio…
«Perché continuare a
parlare come se fossimo servi? È vero certamente che da servi siamo divenuti
figli. È stato infatti il Signore a crearci in un primo tempo servi, per poi
riscattarci. Riconosciamo pertanto la nostra condizione: sebbene per la grazia
siamo diventati figli, tuttavia per essere creature siamo servi… (Agostino,
122,5 PL 37 1634)
anche tu sei insieme e
servo e serva: servo in quanto sei popolo, serva in quanto sei Chiesa. Questa
serva però ha conseguito una grande dignità presso Dio: è diventata sposa.
Prima però di giungere a quegli amplessi spirituali, è soltanto fidanzata, per
quanto già in possesso di quel pegno prezioso che è il sangue dello Sposo per
il quale sospira pur nella sua sicurezza» (Agostino 122,5 PL 37 1633).
…finché abbia pietà di
noi. «A questo Signore solleviamo i
nostri occhi finché abbia pietà di noi…
Gli chiediamo di cercare anche noi che siamo una pecora smarrita, aggredita dai
morsi dei lupi, lacerata dai rovi; che siamo una dracma, coperta da un bel
strato di polvere. Avremmo dovuto essere come una pecora pura da offrire in
sacrificio, e una moneta risplendente che lascia vedere in se stessa la
somiglianza con Dio. In Adamo tuttavia abbiamo perso ciò che avevamo avuto di
buono ed ora ci troviamo lontani da Dio. A Lui che ama essere misericordioso e
soccorrere con premura le sventure che non mancano neppure in tempo di
prosperità, diciamo con la bocca e con il cuore... Abbi misericordia di noi e
sollevaci sulle tue spalle perché possiamo offrirci a te come offerta vivente,
santa, a te gradita. Abbi pietà di noi e purificaci interiormente, togli via da
noi, come da una moneta la polvere dei pensieri e il fango degli affetti
depravati» (Gero, PL 194 851 A).
Pietà di noi, Signore,
pietà di noi,
«Invochiamo la tua
misericordia non perché ci sentiamo meritevoli di essere aiutati ma perchè
siamo diventati oggetto di disprezzo» (Teodoreto, PG 80 1884 B).
«Si umilia con grande
intensità; non si limita a paragonarsi ad un servo ma perfino ad una schiava
tutta intenta alla sua padrona. Scrutando i suo gesti, aspetta di ricevere il
perdono, anche se gli venisse fatto conoscere soltanto con un cenno. A te
levo i miei occhi affinché guardando
in me stesso, dispiaccia a me stesso. Il pubblicano non osò innalzare al cielo
il suo sguardo, ma rivolse a te il suo occhio interiore e disse: O Dio, abbi
pietà di me peccatore. Guardò verso
di te e umiliò se stesso. Si compiacque di te e dispiacque a se stesso… Da
parte mia, divenuto un peso a me stesso, addolorato in questo passaggio nella
valle delle lacrime, dal profondo grido verso di te e sollevo a te il mio
sguardo, a te che abiti nei cieli (Gero, PL 194 849 D - 851 A).
siamo già troppo sazi di
disprezzo, troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti, del disprezzo dei
superbi.
«Nostro Signore ha
comandato che noi fossimo flagellati, e così ha comandato quella nostra padrona
che è la Sapienza di Dio; noi durante la vita presente siamo sotto i suoi
colpi, e nostra piaga è tutt'intera la presente vita mortale... La stessa vita,
tutta intera, è detta tentazione. Per cui tutta la tua vita sulla terra
costituisce la tua molteplice piaga, e tu finché vivi sopra la terra avrai da
piangere. Sia che viva nella prosperità sia che ti trovi in qualche tribolazione,
hai da gridare: Ho elevato i miei occhi a te che abiti nel cielo» (Agostino, 122,6-7 PL 37 1634-1635).
«Allude all’arroganza dei
persecutori, ricchi e benestanti, per la quale fanno credere ai santi che è
utile la loro povertà ed umiltà: a che serve rifiutare le ricchezze attuali per
sperare in un futuro incerto? Mi tengo ciò che vedo mentre tu speri in un bene
immaginario. Gli arroganti disprezzano gli umili. Non vogliono neppure sentire
i loro discorsi; del resto non sarebbero in grado di afferrarne il contenuto.
Preferiscono i beni presenti e disprezzano quelli futuri. Presi da stoltezza,
si mostrano astiosi verso i fedeli che vogliono servire il Signore»
(Cassiodoro, PL 70 916 D).
Salmo 123
Canto delle salite. Di
Davide.
Se il Signore non fosse stato
per noi –
lo dica Israele –,
2 se il Signore non fosse
stato per noi,
quando eravamo assaliti,
3 allora ci avrebbero
inghiottiti vivi, quando
divampò contro di noi la
loro collera.
4 Allora le acque ci
avrebbero travolti, un
torrente ci avrebbe sommersi;
5 allora ci avrebbero
sommersi
acque impetuose.
6 Sia benedetto il Signore,
che non ci ha consegnati
in preda ai loro denti.
7 Siamo stati liberati come
un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato e
noi siamo scampati.
8 Il nostro aiuto è nel
nome del Signore:
egli ha fatto cielo e
terra.
Canto
delle salite. Di Davide.
«Se talora chi canta sembra
essere un solo individuo mentre altre volte sembrano molti, è perché, pur
essendo molti, noi siamo uno. Uno infatti è Cristo, e le membra di Cristo in
Cristo formano insieme con Cristo una unità. Il Capo di tutte queste membra è
in cielo, e il corpo, sebbene stia tribolando in terra, non è avulso dal suo
Capo; anzi questo Capo vigila sul corpo e provvede al suo bene» (Agostino,
123,1 PL 37 1639-1640).
«Alcune membra di quello
stesso corpo a cui noi apparteniamo ci hanno preceduto [nella patria], ed esse
possono cantare [il salmo] con ogni verità. Insieme desideriamo quella vita che
quaggiù non abbiamo ma che non potremo mai avere se prima non l'abbiamo
desiderata. Ripensano [i santi] alle sofferenze che hanno incontrate, e dal
luogo di beatitudine dove ora si trovano guardano al cammino percorso per
arrivarvi» (Agostino, 123,2 PL 37 1640)
Se il Signore non fosse
stato per noi – lo dica Israele –, se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti, allora ci avrebbero inghiottiti vivi, quando divampò
contro di noi la loro collera.
Senza l’aiuto di Dio,
Israele sarebbe stato annientato dai nemici. «Si insegna a dire questo inno
all’uomo credente, all’uomo dallo sguardo penetrante che ha sempre Dio davanti
a sé. Israele offre un canto di vittoria al Dio che vince. I più anziani lo
insegnano ai più giovani, e questi lo accolgono come buoni discepoli. È adatto
a Israele che ha Dio in sé. Si ripete l’annuncio di Mosé: Il Signore
combatterà per voi e voi starete in silenzio
(Es 14,14» (Eusebio, PG 24 13 D - 15 A).
«Non pensate di aver vinto
per la vostra forza. Dio vi ha donato la vittoria. Dite l'un l'altro, colmi di
gioia: se non fossimo stati amati da Dio, quando irruppe contro di noi un
numero così folto di nemici, saremmo stati divorati vivi da loro, come fossero
stati dalle fiere. Non volevano neppure che avessimo una sepoltura» (Teodoreto
PG 80 1884 D -1885 A).
«Si lasciano inghiottire
vivi coloro che sanno essere male una qualche cosa e vi consentono
approvandola» (Agostino, 123,5 PL 37 1642).
«Il popolo di Dio, liberato
dalla schiavitù, in parte ha già ricevuto il dono della salvezza, in parte lo
riceverà in futuro. Sono già salvi, in modo reale e totale, tutti coloro che
già regnano in cielo; sono salvi nella speranza, invece, quelli che ancora sono
in cammino sulla terra» (Gero, PL 194 851 D).
Allora le acque ci
avrebbero travolti, un torrente ci avrebbe sommersi; allora ci avrebbero
sommersi acque impetuose.
«Mostra la violenza della
moltitudine di nemici che irrompevano contro di loro con l’impeto d'un fiume,
sperando di portar via tutti. Il paragone col fiume è appropriato: un corso
d’acqua acquista forza raccogliendo diversi rigagnoli. Allo stesso modo i
nemici, riuniti a forza da vari popoli, di diverse lingue, affluirono contro
Gerusalemme ma furono dispersi dal giudizio divino» (Teodoreto, PG 80, 1885 A –
B).
«Abbiamo superato acque
impetuose, con l’aiuto di Dio, perché egli non ha voluto che fossimo tentati
oltre le nostre forze… Con la sua misericordia, ha ridotto alcuni rischi mentre
altri li ha rimossi. Ha cambiato il cuore degli avversari, come quando Saulo
divenne Paolo. Alcuni nemici, invece, li ha fatti perire come quando permise
che Saul venisse ucciso sul Gelboe, a causa del suo orgoglio. Allo stesso modo…
non soltanto siamo rimasti illesi ma, proprio in seguito alle persecuzioni,
siamo stati purificati come oro nel crogiolo» (Gero, PL 194 854 A).
«È una cosa sbalorditiva,
fratelli, e chi ci pensa ne prova spavento. Il potente va a caccia del più
debole e cerca di farlo fuori; e questo, non per altro motivo se non perché
quel tale possiede cose che gli si potrebbero portar via. (Agostino, 123,10 PL
37 1646).
Sia benedetto il
Signore, che non ci ha consegnati in preda ai loro denti. Siamo stati liberati
come un passero dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo
scampati.
«Mostra con un detto la
disumanità dei nemici e la forza dell'aiuto di Dio. I denti significano la loro
crudeltà. Con grande sincerità i fedeli, nel paragonarsi ai passeri, dichiarano
la loro impotenza. Rivelando la forza dei nemici, - li chiamano infatti cacciatori - annunciano poi la potenza di Dio» (Teodoreto, PG
80, 1885 B - C).
«Il laccio non si è rotto,
come se fosse un fragile legame, ma si è spezzato, come lo furono le catene
doppie, di ferro, con le quali venne incatenato Pietro. Anche noi venimmo
imprigionati da due tipi di catene, da quella della colpa e da quella della
pena. Ora le colpe sono state perdonate e le pene della colpa sono state
attenuate o rimosse quasi per intero… Possiamo dire con Pietro: Ora so che
il Signore ha mandato il suo angelo per liberarmi... (At 12,11)» (Gero, PL 194 854 A)
Il nostro aiuto è nel
nome del Signore: egli ha fatto cielo e terra.
«Dal momento che possiamo
contare sull'aiuto dello stesso Creatore del cielo e della terra, ci burliamo
di qualsiasi opposizione. Invocandolo otteniamo un aiuto adeguato» (Teodoreto,
PG 80, 1885 C).
«La vita attuale è un
passaggio. Quanti si lasciano irretire dai piaceri e, pur di gustarne la
dolcezza, offendono Dio, passano anche loro insieme con la vita. È un calappio
che verrà rimosso. Occorre non attaccarsi [alla vita passeggera], in modo che,
quando la trappola verrà tolta, tu possa gioire e dire: la trappola è stata
distrutta e noi siamo scampati. Non credere, però, che con le sole tue forze tu
possa realizzare questo risultato» (Agostino, 123,13 PL 37 1647).
Salmo 124
1 Canto delle salite.
Chi confida nel Signore è come il monte Sion:
non vacilla, è stabile per sempre.
2 I monti circondano Gerusalemme:
il Signore circonda il suo popolo, da ora e
per sempre.
3 Non resterà lo scettro dei malvagi
sull’eredità dei giusti, perché i giusti non
tendano le mani a compiere il male.
4 Sii buono, Signore, con i buoni e con
i retti di cuore.
5 Ma quelli che deviano per sentieri tortuosi il
Signore li associ ai malfattori. Pace su Israele!
Canto
delle salite. «Il salmo ci insegna a
salire verso il Signore nostro Dio elevando l'anima in un sentimento colmo di
carità e di devozione, senza lasciarci incantare dalla sorte felice di quanti
prosperano in questo mondo. La loro felicità è falsa, vuota, un autentico
specchio per le allodole; chi la possiede non si nutre che di superbia, mentre
il suo cuore, gelido nei riguardi di Dio, rimane arido sotto la pioggia della
grazia celeste né reca alcun frutto… Vuoi avere retto il cuore? Fa' quello che
piace a Dio; non pretendere che Dio s'adatti a fare ciò che piacerebbe a te.
Tutte le cose fatte da Dio sono fatte con rettitudine: per cui, anche se non
possiamo penetrare nei segreti della sua Provvidenza né scorgere il motivo per
cui ha fatto una cosa così e un'altra diversamente, è bene per noi chinarci di
fronte alla sua sapienza. Anche se ci sfugge il motivo per cui ha disposto una
determinata cosa, crediamo che egli l'ha compiuta per il bene, e avremo retto
il cuore (capace quindi di riporre totalmente la propria fiducia nel Signore)»
(Agostino, 124,1-2, PL 37 1648-1649).
Chi confida nel Signore è
come il monte Sion: non vacilla, è
stabile per sempre.
«Chi è rinforzato dalla speranza in Dio, in modo analogo
al Sion, che è un monte solido, rimane sempre saldo, suscita rispetto e
ammirazione» (Teodoreto, PG 80 1885 D). «Quanti confidano nel Signore non rimarranno
turbati perchè sono persuasi che tutte le sue decisioni siano giuste, utili per
coloro che hanno un cuore retto; tutti gli eventi, favorevoli e contrari, si
volgeranno in bene. [I veri fedeli] non vengono corrotti dal benessere né
vengono spezzati dalle sventure, ma rimangono fermi, uguali a se stessi» (Gero,
PL 194 835 A).
«Noi crediamo che anche il monte Sion, alla fine del
mondo, cambierà insieme con le altre cose; Colui che non cambierà è quella
persona, simboleggiata dal monte Sion, che è Cristo Signore» (Cassiodoro, PL 70
922 A).
I monti circondano Gerusalemme: il Signore circonda il suo popolo, da
ora e per sempre.
«Come una corona di monti
cinge una città, così la benevolenza di Dio custodisce un popolo fedele. Tale
protezione non è passeggera ma permanente. Dio la riserva per coloro che lo
riconoscono» (Teodoreto, PG 80 1888 A).
«La stretta cerchia dei
monti rappresenta la difesa prestata dagli angeli, e dai santi che regnano con
loro. Circondano la città e si propongono un solo scopo, quello di difendere
questa Sion o Gerusalemme, e così non può assolutamente essere espugnata. Anzi
è il Signore stesso a circondarla. Egli è il monte dei monti, il Santo dei
santi che abita negli angeli santi e negli uomini... è un muro e un antemurale
(Is 26,1 Vulg.) che attornia il suo popolo, quale eterno suo protettore» (Gero PL 194, 835 B – C)
«Questi monti sono
illuminati da Dio e sono illuminati per primi… sono il tramite per cui vi viene
somministrata la Scrittura, si tratti della profezia o degli scritti apostolici
o dei Vangeli. Sono questi i monti dei quali cantiamo: Ho sollevato i miei
occhi ai monti dai quali mi verrà l'aiuto,
l'aiuto cioè dei libri santi, di cui abbiamo bisogno nella vita presente»
(Agostino, 124,4 PL 37 1650).
Non resterà lo scettro dei malvagi sull’eredità dei
giusti, perché i giusti non tendano le mani a compiere il male.
«Lo scettro degli empi è il
potere degli uomini malvagi. Lo detengono finché Dio consente loro di colpire i
buoni, affinché diventino migliori grazie alla loro pazienza, una virtù
provocata dalla stessa sofferenza. Non permetterà che questo scettro pesi di
continuo sull'esistenza dei giusti, sopra quelli che, in base ad una chiamata
divina, sono diventati una parte scelta e una eredità» (Gero, PL 194 835 D). «A
volte gli iniqui giungono ai vertici del comando e quando ci sono pervenuti,
non ci si può esimere dal tributare ad essi l'onore dovuto alla loro carica.
Non sono infatti arrivati a quei posti se non per volere di Dio che vuol
trattare con una certa severità il suo popolo; Dio ha così strutturato la sua
Chiesa che ogni autorità legittima nella società civile debba ricevere l'onore
[da tutti], anche se i sudditi, come capita a volte, sono migliori» (Agostino,
124,7 PL 37 1653).
«Quando il Signore durante
la sua Passione sopportò tante offese, chi l'offendeva? Non erano forse i servi
a maltrattare il padrone? E lui come reagì? Invece che con l'odio li ripagò con
l'amore. Diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Agostino, 124,7 PL 37 1654)
Sii buono, Signore, con
i buoni e con i retti di cuore. Ma quelli che deviano per sentieri tortuosi il
Signore li associ ai malfattori.
«Retti di cuore sono le
persone che seguono il Signore e non pretendono di precederlo. Se vogliono
precedere il Signore, non cesseranno di commettere errori» (Cassiodoro, PL 70
923 C). «Coloro che hanno una volontà decisa di deviare dai comandamenti divini
e di operare per le strade del male, sicuramente perderanno se stessi» (Cassiodoro,
PL 70 923 D).
Pace su Israele! «Israele, cioè colui che vede Dio, vede anche la pace.
Egli stesso è Israele e Gerusalemme, essendo insieme e popolo di Dio e città di
Dio. Se poi vedere la pace è lo stesso che vedere Dio, ne segue logicamente che
Dio stesso è la pace» (Agostino, 124,10 PL 37 1656).
«La pace include ogni bene.
Israele rappresenta tutti quelli che prestano un accurato servizio in vista del
risultato, come fece questi servendo fedelmente Labano. Essi meritano di essere
arricchiti dei doni promessi; anzi diventano idonei e capaci di lottare con il
Signore fino al punto da estorcere da Lui la benedizione, la stessa che viene
data a ciascuno di loro: Non ti chiamerai più Giacobbe ma il tuo nome sarà
Israele (Gen 32,28)» (Gero PL 194,
836 D).
Salmo 125
1 Canto delle salite.
Quando il Signore ristabilì
la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
2 Allora la nostra bocca si
riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva
tra le genti: «Il Signore
ha fatto grandi cose per
loro».
3 Grandi cose ha fatto il
Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
4 Ristabilisci, Signore, la
nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
5 Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
6 Nell’andare, se ne va
piangendo,
portando la semente da
gettare,
ma nel tornare, viene con
gioia,
portando i suoi covoni.
Canto
delle salite. «[I pellegrini]
seminano nelle lacrime percorrendo questi gradini. Ora ci troviamo in questo
settimo gradino e siamo protesi verso l'ottavo. Nel frattempo piangiamo i
nostri mali e quelli del prossimo, mentre aspettiamo l'ottavo giorno della
risurrezione. Proprio coloro che adesso stanno piangendo, arriveranno nella
gioia portando i loro covoni: sono il premio della seminagione delle opere
buone» (Gero, PL 194 858 D).
Quando
il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare.
Si ricorda il momento,
inatteso e gioioso, del rimpatrio dall’esilio in Babilonia, immagine delle
grandi meraviglie di Dio che sorprendono gli uomini, sempre volti alla
rassegnazione e alla siducia.
Il cristiano pensa alla
liberazione pasquale e al cammino verso la patria nella grazia. «Cristo è
risorto prima di noi per offrirci un motivo di fiducia. Il Signore ha cambiato
la nostra prigionia: dalla prigionia ci ha messi sulla strada [del ritorno] e
già siamo incamminati verso la patria. Riscattati [dalla prigionia], non
temiamo le insidie che ci tendono lungo la via i nostri nemici. Il Signore,
infatti, ci ha riscattati in modo che il nemico non osasse più tenderci
insidie. A meno che noi non ci allontaniamo dalla via: quella via che è Cristo
stesso. Vuoi sfuggire ai briganti? Ti dice [il Signore]: Ecco, ti ho aperto la
via che conduce alla patria. Non te ne allontanare. Ho posto delle opere di
difesa lungo tale via, in modo che nessun predone possa avvicinarsi. Tu non
abbandonare quella via e il nemico non ti si avvicinerà. Cammina dunque in
Cristo e canta pieno di gioia. Canta come chi è consolato. Ti ha preceduto
colui che ti comanda d'andargli dietro» (Agostino, 125,4 PL 37).
Allora la nostra bocca
si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia.
«La bocca di quelli che
parlano di cose divine, nei quali è presente il frutto dello Spirito, diventa
una gioia per gli ascoltatori. Anzi, essa stessa si riempie di gioia e la loro
lingua esprime l’esultanza interiore. Ad esempio, la bocca del diacono Filippo
si era riempita di gioia, quando la aprì; commentando le parole del testo
biblico - come pecora fu
condotta al macello -, cominciò a
dare il buon annuncio di Gesù all’etiope» (At 8,32) (Eusebio, PG 24 17 B).
Allora si diceva tra le
genti: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro». Grandi cose ha fatto il
Signore per noi: eravamo pieni di gioia.
«Il prezzo della nostra
redenzione è accolto dagli uomini di tutto il mondo. Così dicono fra tutte le
genti i cittadini di Gerusalemme, ridotti, sì, in schiavitù ma animati dalla
speranza del ritorno, esuli ma desiderosi della patria. Che cosa dicono? Il
Signore ha operato cose grandi per noi, [e] noi siamo colmi di letizia. Saranno stati, per caso, gli stessi esuli a compiere
tali cose a loro vantaggio? Essi furono certo capaci di causarsi del male,
vendendosi schiavi al peccato; a far loro del bene fu il Redentore: egli venne
e operò cose grandi a loro vantaggio» (Agostino, 125,9 PL 37).
Ristabilisci, Signore,
la nostra sorte, come i torrenti del Negheb.
I torrenti del deserto del
Negheb, dopo le piogge, riprendono ad essere dei corsi d’acqua. Il salmista
chiede che, in modo analogo, il popolo dei deportati riprenda vita. Non basta
il rientro dall’esilio ma occorre il dono di una nuova esistenza.
I Padri hanno pensato che i
torrenti riprendessero a scorrere dopo essere stati irrigiditi dal freddo. «Il
freddo gela l'acqua e le impedisce di scorrere. Allo stesso modo anche noi
eravamo ghiacciati, irrigiditi dal freddo dei peccati; ma ecco soffiare un
vento caldo. Il gelo allora si scioglie e si riempiono i torrenti, cioè quei
corsi d'acqua che d'inverno, riempiendosi all'improvviso, scorrono assai
impetuosamente. Anche noi nella [nostra] prigionia ci eravamo gelati e i
peccati ci tenevano irrigiditi. Si levò il vento australe, lo Spirito Santo, e
ci furono rimessi i peccati e noi ci sentimmo sciolti dal gelo dell'iniquità.
Corriamo verso la patria, come i torrenti a mezzodì» (Agostino, 125,10 PL 37)
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da
gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni.
Il salmista cita un
proverbio diffuso sull’esperienza della semina: un rischio che può dare un
grande risultato.
«Seminiamo finché dura la
vita presente, piena di lacrime. Cosa semineremo? Le opere buone. Nostra
semente sono le opere di misericordia, parlando delle quali dice l'Apostolo: Non
stanchiamoci di fare il bene, poiché se non ci stancheremo, a suo tempo
mieteremo [copiosamente]. Finché
dunque ne abbiamo il tempo, facciamo del bene a tutti, specialmente ai nostri
fratelli nella fede. A proposito dell'elemosina come si esprime? Vi dico
pertanto: chi semina poco raccoglie poco»
(Agostino, 125,11 PL 37) «Quando l'agricoltore
va a spargere la semente, non tira forse - almeno a volte - il vento gelido e
non c'è il timore della pioggia? Egli guarda il cielo e lo vede tetro: trema
per il freddo, tuttavia avanza spargendo il seme. Non rimandate a più tardi [le
vostre opere buone], miei fratelli. Seminate d'inverno; seminate le opere buone
anche quando vi tocca piangere, poiché chi semina fra le lacrime mieterà nella
gioia» (Agostino 125,13 PL 37).
Salmo 126
1 Canto delle salite. Di
Salomone.
Se il Signore non costruisce
la casa,
invano si affaticano i
costruttori.
Se il Signore non vigila
sulla città,
invano veglia la
sentinella.
2 Invano vi alzate di buon
mattino e tardi andate
a riposare, voi che
mangiate un pane di fatica:
al suo prediletto egli lo
darà nel sonno.
3 Ecco, eredità del Signore
sono i figli,
è sua ricompensa il frutto
del grembo.
4 Come frecce in mano a un
guerriero
sono i figli avuti in
giovinezza.
5 Beato l’uomo che ne ha piena
la faretra:
non dovrà vergognarsi
quando verrà alla porta
a trattare con i propri
nemici.
Canto
delle salite. Di Salomone.
«Nei Cantici dei gradini risuona la voce dell'uomo che, con un cuore pieno di
pietà e d'amore, muove i passi verso la Gerusalemme celeste, dove ci
allieteremo al termine del nostro pellegrinaggio. Verso questa città sale ogni
uomo che progredisce; da essa si allontana, chi smette di progredire. Non
tentare però di salire muovendo i piedi: sali amando Dio, precipiti amando il
mondo. Questi salmi sono il canto di persone innamorate, ardenti di santi
desideri» (Agostino, 126,1 PL 37 1667).
Di Salomone. «Salomone, sappiamo che costruì il tempio in onore del
Signore, prefigurazione e simbolo della Chiesa dei tempi nuovi, la quale è il
corpo del Signore. Ne parla il Vangelo: Distruggete questo tempio e in tre
giorni lo riedificherò. Il primo
Salomone aveva costruito il tempio materiale, ma il Signore Gesù Cristo, il
vero Salomone (cioè il vero pacifico), costruì a se stesso il suo tempio» (Agostino,
126,1 PL 37 1668).
Se
il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il
Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella.
«Nessun costruttore e
nessun custode conti soltanto sulla propria abilità, ma chieda l'aiuto del
Signore. Grazie al suo soccorso, tutto diventerà più facile ma se Egli non
interviene, lo sforzo dell'uomo risulterà inutile» (Teodoreto, PG 80 1892 B).
«Salomone edificò una casa
al Signore e tuttavia non fu in grado di resistere al peccato, benché fosse una
persona notevole per la sapienza. Istruiti da questa esperienza, riconosciamo
come non sia possibile per noi costruire qualcosa di veramente solido senza
l'aiuto di Dio» (Gero, PL 194 859 B)
«Se il Signore non avrà
costruito all'interno, con la sua opera, la casa della scienza, che di per sé
gonfia, aggiungendo ad essa la carità che costruisce, invano faticheranno i
costruttori, parlando di conoscenza e trasmettendo ai loro ascoltatori, con il
loro sapere, la scienza. Lo potranno fare soltanto coloro che possono dire: la
carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori… (Rm 5,5)» (Gero, PL 194 859 C).
Invano vi alzate di buon
mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo
prediletto egli lo darà nel sonno.
«Tutto diventa inutile, se non veniamo soccorsi da
Dio: è vano alzarsi presto, correre a difendere la città o a riprendere la
costruzione della casa. Il salmista invita perciò coloro che, quando la città è
sotto assedio, si nutrono con angoscia, a porre la loro speranza in Dio. Con il
termine sonno egli indica la quiete,
dal momento che il sonno procura quiete. Se Dio vuole venire a soccorrerci,
allora potremo vincere gli assedianti, costruire senza troppa fatica, vivere
nella sicurezza, dormire senza affanno» (Teodoreto, PG 80 1892 C).
Ecco, eredità del
Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto del grembo. Come frecce in
mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena
la faretra: non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i
propri nemici.
Generare vita è un dono di
Dio e i figli avuti in giovane età sono più forti. Nell’area antistante alla
porta della città si affrontavano le dispute, si trattavano affari. I genitori
anziani venivano aiutati dai figli, che diventavano come armi (frecce) di
difesa. L’assistenza dei figli è uno dei modi con cui il giusto può verificare
la provvidenza di Dio nella sua vita.
Salmo 127
1 Canto delle salite.
Beato chi teme il Signore e
cammina nelle sue vie.
2 Della fatica delle tue
mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni
bene.
3 La tua sposa come vite
feconda
nell’intimità
della tua casa; i tuoi
figli
come virgulti d’ulivo intorno
alla tua mensa.
4 Ecco com’è benedetto l’uomo
che teme il Signore.
5 Ti benedica il Signore da
Sion. Possa tu
vedere il bene di
Gerusalemme tutti i giorni
della tua vita.
6 Possa tu vedere i figli
dei tuoi figli! Pace su Israele!
Canto
delle salite. Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
«Il salmo proclama beato
non soltanto chi appartiene al popolo d'Israele ma qualsiasi uomo che è ornato
del timore del Signore. Lo conferma l'apostolo Pietro: Ho visto in verità
che Dio non ha preferenza di persone ma gli è gradito chiunque pratichi la
giustizia, a qualunque popolo appartenga (At
10,34). Il testo spiega poi come
sia il vero timore nell’aggiungere: e cammina nelle sue vie. Non soltanto
chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli ma chi fa la volontà del
Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21).
Chi teme Dio in verità, non abbandona le vie del Signore ma continua a
camminare in esse» (Teodoreto, PG 80 1893 C).
«Tutti possono essere
beati, lo schiavo come il padrone, anche chi ha il corpo mutilo, qualsiasi
persona. Nulla impedisce di sperimentare questa beatitudine. La beatitudine
degli uomini cambia facilmente; è fatta soltanto di espressioni augurali e
viene distrutta dalla sventura. Non accade la stessa cosa a chi teme Dio:
protetto dai marosi rimane in un porto tranquillo e conosce la vera
beatitudine» (Eusebio, PG 24 22 A).
«Il timore può essere un
vizio o una virtù. Temere ciò di cui non si dovrebbe aver paura è un vizio, ma,
al contrario, temere ciò da cui ci si deve guardare, è virtù. Il timore
virtuoso pone in cammino i principianti ma esso si trova anche presso coloro
che hanno raggiunto la meta e nutrono un sentimento da figli. I fedeli
camminano guardando sempre in avanti, crescendo nella virtù progredendo di
tappa in tappa» (Gero, PL 194, 863 C-D)
Della fatica delle tue
mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene.
«Virtù e fatica secondo Dio
sono cibo e gioia dell’anima: ciò vale per chi teme Dio. Chi poi lo ama, dal
momento che è diventato perfetto, mangia il pane celeste. Beato chi mangia
il pane nel regno dei cieli (Lc
14,15)» (Eusebio, PG 24 22 B-C). «Dai semi che avrai sparso, ricaverai un buon
raccolto. Lo conferma l'Apostolo: Chi semina scarsamente, mieterà
scarsamente ma chi semina con larghezza, con larghezza mieterà (2 Cor 9,6). Non soltanto sarai felice e apprezzato a
parole, ma conoscerai di fatto la felicità» (Teodoreto PG 80 1896 A).
«Chi si rifiuta di faticare,
non si nutre del proprio lavoro, né può dire: Il mio cibo è fare la volontà
del Padre mio (Gv 4,34). La persona
che accetta l’impegno, si alimenta già da ora e gode della sua operosità; non
si limita soltanto a sperare nella ricompensa in futuro, ma un giorno,
nell'eternità, si nutrirà anche del premio della sua fatica» (Gero PL 194 864
D).
La tua sposa come vite
feconda nell’intimità
della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa. Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore.
«In quel tempo pensavano
che la felicità consistesse nel benessere: il salmista parla della fecondità
della moglie; la paragona ad una vite ricca di tralci e di grappoli
promettenti. I figli sono paragonati a virgulti d'olivo, disposti attorno alla
mensa. Nel salmo 51 il giusto appare come un ulivo fertile nella casa di Dio e,
qui, all'uomo che teme Dio vengono promessi dei figli, simili a virgulti
d'ulivo. Rimanere fedeli a Dio è come essere irrigati di continuo così da
produrre i frutti, come è attestato nel primo salmo» (Teodoreto, PG 80, 1896
B). «Tutto ciò viene dato a colui che teme il Signore, ma questo non vale molto
per colui che lo ama con tutta l’anima, con tutto il cuore e con tutta la
forza. Per lui valgono piuttosto dei beni più grandi: quelle cose che occhio
non vide…(1 Cor 2,9)» (Eusebio, PG 24
21 C).
«Noi stessi, sua Chiesa,
siamo la sua sposa di Cristo. Per quali suoi figli può dirsi vite feconda la
Chiesa? Se guardiamo queste mura, vediamo entrarvi molti [tralci] infruttuosi:
vi entrano infatti molti ubriaconi, usurai, falsari. Sarà mai questa la
fecondità della vite, la prolificità della sposa? No di certo. Queste ne sono
le spine, ma essa non è da ogni parte spinosa. Ha una sua fecondità; è una vite
feconda» (Agostino, 127,11 PL 37 1684)
Ti benedica il Signore
da Sion.
«Non andare in cerca di
benedizioni che non provengono da Sion. Certo, è del Signore anche la
benedizione materiale. Se infatti non fosse del Signore, chi si sposerebbe? Se
il Signore non volesse, chi sarebbe sano? Chi potrebbe essere ricco se il
Signore non lo volesse? È dunque Dio colui che dà questi beni, ma non ti
accorgi che li ha dati anche alle bestie? Non proviene perciò da Sion una tale
benedizione. Ma tu, se ricevi beni di questo genere, usane con sapienza. Non è
infatti nell'avere figli che si trova la felicità, ma piuttosto nell'averne di
buoni» (Agostino, 127,15 PL 37 1686).
Possa tu vedere il bene
di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! Possa tu vedere i figli dei tuoi
figli! Pace su Israele!
«In quel tempo, era
considerato un grande dono giungere all'estrema vecchiaia, godendo di molti
figli. Il profeta Isaia, però, insegnò a non porre la felicità in questi beni: Non
dica l'eunuco: Sono un albero
sterile, poiché così promette il Signore: agli eunuchi che osserveranno il
Sabato e che metteranno in pratica le mie richieste, assegnerò loro un posto
d'onore nella mia casa e assicurerò loro un nome più duraturo di quello di chi
ha figli e figlie (Is 56,3-5)»
(Teodoreto, PG 80 1896 C-D).
«Di nuovo viene invocata la
pace per Israele ma la vera pace è pace con Dio» (Teodoreto, PG 80, 1896 D).
Salmo 128
1 Canto delle salite.
Quanto mi hanno
perseguitato fin dalla giovinezza
– lo dica Israele –,
2 quanto mi hanno
perseguitato fin dalla giovinezza,
ma su di me non hanno
prevalso!
3 Sul mio dorso hanno arato
gli aratori,
hanno scavato lunghi
solchi.
4 Il Signore è giusto:
ha spezzato le funi dei
malvagi.
5 Si vergognino e volgano
le spalle
tutti quelli che odiano
Sion.
6 Siano come l’erba dei
tetti:
prima che sia strappata, è
già secca;
7 non riempie la mano al
mietitore
né il grembo a chi
raccoglie covoni.
8 I passanti non possono
dire:
«La benedizione del Signore
sia su di voi,
9 vi benediciamo nel nome
del Signore».
Canto
delle salite. Quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza – lo dica
Israele –, quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza, ma su di me non hanno prevalso! Sul mio
dorso hanno arato gli aratori, hanno scavato lunghi solchi. Il Signore è
giusto: ha spezzato le funi dei
malvagi.
Il popolo d’Israele attesta
che Dio lo ha liberato dalle persecuzioni ricorrenti che avrebbero potuto
annientarlo. Secondo i Padri, lo stesso discorso vale per la Chiesa, che è
cominciata, nel piano di Dio, dall’apparizione sulla terra del primo giusto.
«Da gran tempo esiste la
Chiesa: essa è sulla terra da quando furono chiamati i [primi] santi. Un tempo
risultò costituita dal solo Abele, e fu combattuta da Caino, fratello cattivo e
sciagurato Poi fu costituita dal solo Enoch, e lo si dovette sottrarre di fra
mezzo agli iniqui. Poi fu costituita dalla famiglia di Noè, e dovette sostenere
l'opposizione di tutti coloro che perirono nel diluvio, quando solamente l'arca
restò a galleggiare sui marosi finché non toccò la terraferma. In seguito la
Chiesa fu costituita dal solo Abramo, e ben note ci sono le prove che ebbe a
subire da parte dei cattivi... Più tardi la Chiesa fu costituita dal popolo
d'Israele, ma ebbe a tollerare l'odio del faraone e degli egiziani…. E così si
giunse al nostro Signore Gesù Cristo e cominciò a predicarsi il Vangelo»
(Agostino, 128,2 PL 37 1689).
Si vergognino e volgano
le spalle tutti quelli che odiano Sion.
«Odiano Sion coloro che
odiano la Chiesa, poiché Sion è la Chiesa. Anche coloro che entrano nella
Chiesa con intenzioni non rette odiano la Chiesa, come la odiano quei tali che
ricusano di mettere in pratica la parola di Dio. Cosa dovrà fare la Chiesa se
non sopportarli sino alla fine?» (Agostino, 128,10 PL 37 1694)
Siano come l’erba dei
tetti: prima che sia strappata, è
già secca; non riempie la mano al mietitore né il grembo a chi raccoglie covoni.
«L'erba dei tetti è quella
che nasce sul tetto fra le tegole. A guardarla, sta in alto, però non ha
radici. Quanto sarebbe stato meglio per lei se fosse nata in basso, e con quanto
maggiore giocondità verdeggerebbe? Invece nasce in alto per seccarsi più
presto: non la si è ancora sradicata ma già è secca. [Così i malvagi] non sono
ancora finiti, poiché non è arrivato il giudizio di Dio; eppure è disseccata la
linfa che li faceva verdeggiare. Guardate alle loro opere e vedrete che sono
davvero inariditi. Ma vivono e sono ancora quaggiù: quindi non è vero che siano
stati sradicati. Sì, si sono essiccati, sebbene non siano ancora stati
strappati dalla terra. Sono diventati proprio come l'erba dei tetti, che
inaridisce prima che la si sradichi» (Agostino, 128,11 PL 37 1694-1695).
I passanti non possono
dire: «La benedizione del Signore sia su di voi, vi benediciamo nel nome del
Signore».
«Tra gli ebrei vigeva la
consuetudine che quando uno incontrava un passante o un contadino al lavoro,
gli parlava cordialmente, dandogli un saluto di benedizione. Nel libro di Rut
si legge: Booz arrivò da Betlemme e disse ai mietitori: "II Signore sia
con voi". Quelli risposero: "II Signore ti benedirà" (Rt 2,4-5). Di questa bellissima abitudine qui si
parla in senso opposto...
In altro Salmo leggiamo: Ho
visto l'empio trionfante - ergersi come cedro rigoglioso; - sono passato e più
non c'era (Sal 36,35). Non si pensi,
però, che la benedizione possa provenire da forze umane; infatti viene
precisato: Vi benediciamo nel nome del Signore. Ecco la differenza: la Benedizione vera e solida, da
cui discendono tutti gli altri beni, è quella impartita nel nome del Signore»
(Cassiodoro, PL 70 938 A).
salmo 129
1 Canto delle salite.
Dal profondo a te grido, o
Signore;
2 Signore, ascolta la mia
voce.
Siano i tuoi orecchi
attenti
alla voce della mia
supplica.
3 Se consideri le colpe,
Signore,
Signore, chi ti può
resistere?
4 Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
5 Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
6 L’anima mia è rivolta al
Signore
più che le sentinelle
all’aurora.
Più che le sentinelle
l’aurora,
7 Israele attenda il
Signore,
perché con il Signore è la
misericordia
e grande è con lui la
redenzione.
8 Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Canto
delle salite. Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti alla
voce della mia supplica.
«Dal profondo, ossia le mie
parole salgono dal cuore. La Scrittura disapprova chi prega soltanto con le
labbra. Attesta Geremia: Dio è vicino alla loro bocca ma lontano dai loro
pensieri (Ger12,2). Il Signore stesso
dichiara per bocca di Isaia: Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo
cuore è lontano da me (Is 20,13). I
fedeli che invocano, si esprimono dalla profondità del cuore» (Teodoreto, PG
80, 1900 B).
«Se l'uomo fu capace di
precipitare in basso, non sarà mai capace di risollevarsi: per cui se l'uomo
non troverà chi lo liberi, rimarrà per sempre nell'abisso. Se nell'abisso
riesce a gridare, già si sta sollevando e lo stesso suo gridare gli impedisce
di rimanere proprio sul fondo. Sono invece nelle profondità estreme dell'abisso
coloro che nell'abisso non provano nemmeno a gridare» (Agostino, 129,1 PL 37
1696).
Se consideri le colpe,
Signore, Signore, chi ti può resistere?
«Vedendo i suoi
innumerevoli e gravissimi peccati, come in preda al terrore esclamava: Se
scruterai le colpe, Signore, chi potrà resistere? Non ha detto: Io non resisterò, ma: Chi potrà
resistere? Ha notato come attorno alla vita di ciascun uomo, o quasi, si leva
come un latrare causato dai peccati commessi; ha compreso che ogni coscienza è
sotto accusa per i pensieri che l'attraversano e che non c'è [sulla terra] un
cuore casto che possa sentirsi sicuro sulla base della propria giustizia. Se
pertanto non c'è cuore casto che possa nutrire fiducia basandosi sulla propria
giustizia, che ci si fidi tutti della misericordia di Dio» (Agostino, 129,2 PL
37 1697)
«Forse non troverà in te
colpe gravi ed enormi; allora non troverà niente [di male]? Ascolta la parola
del Vangelo: Chi avrà dato dello stupido al proprio fratello... Da simili peccati di lingua, siano pur piccoli, chi è
esente? Forse vorrai insistere: sono minuzie, dalle quali non può andare esente
la vita quaggiù. Orbene, raccogli tutte queste minuzie e vedrai se non formino
una massa enorme. Come i chicchi di grano: son tanto piccoli, eppure formano un
grosso mucchio; o come le goccioline d'acqua: le quali, pur essendo tanto
piccole, formano i fiumi e trascinano persino i macigni» (Agostino, 129,5 PL 37
1699).
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
Se Dio perdona in modo
gratuito, soltanto allora noi possiamo ristabilire la comunione con Lui.
Perché il cristiano è certo
del perdono? «Il Signore Gesù Cristo però non ha disdegnato di guardare
all'abisso dove noi eravamo, ma si è degnato venire in questa nostra vita e ci
ha promesso la remissione di tutti i peccati. Egli ha destato l'uomo dall'abisso:
lo ha esortato a gridare, sebbene sceso alla più grande profondità e
schiacciato dal peso dei peccati, e gli ha assicurato che la sua voce, sebbene
voce di peccatore, sarebbe giunta agli orecchi di Dio. Da dove infatti avrebbe
dovuto gridare se non dall'abisso del male?» (Agostino, 129,1 PL 37 1697).
«Cristo si è immolato in
croce e così è diventato propiziazione per i nostri peccati. Dopo l'umiliazione
della morte, fu coronato di gloria e di onore, presso di te o Padre. Lì
intercede per noi ed è degno di essere ascoltato per la sua riverenza…» (Gero
PL 194 870)
Io spero, Signore. Spera l’anima mia, attendo la sua parola. L’anima mia è
rivolta al Signore più che le
sentinelle all’aurora. Più che le sentinelle l’aurora, Israele attenda il Signore, perché con
il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele da
tutte le sue colpe.
«Per quanto l'uomo si senta
gravato di colpe, c'è sempre la misericordia di Dio. Anzi, se è andato innanzi
a noi uno che era senza peccato, il Cristo, l'ha fatto proprio per eliminare i
peccati di chi l'avrebbe seguito. Non riponete in voi stessi la vostra fiducia
ma volgetela alla veglia del mattino (della risurrezione). Fissate lo sguardo
sul vostro Capo, risorto e asceso al cielo. In lui non c'era colpa, e per suo
mezzo saranno cancellate anche le colpe vostre» (Agostino, 129,12 PL 37 1703).
«Con la preziosità del suo
sangue: un sangue che purifica, non macchia ma pulisce. Il sangue di Cristo ci
purifica da ogni peccato (1 Gv 1,7). L’espressione è Lui il Redentore risulta
ora più chiara. Di Lui non possiamo fare a meno» (Cassiodoro, PL 70 942)
Salmo 130
1 Canto delle salite. Di
Davide.
Signore, non si esalta il
mio cuore
né i miei occhi guardano in
alto;
non vado cercando cose
grandi né meraviglie
più alte di me.
2 Io invece resto quieto e
sereno:
come un bimbo svezzato in
braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in
me l’anima mia.
3 Israele attenda il
Signore,
da ora e per sempre.
Il
fedele deve nutrire la massima fiducia in Dio in ogni circostanza così da
vivere sempre in serenità. Il salmo presenta il nucleo più profondo della fede
d’Israele e, data la sua rilevanza, verrà ripreso da Gesù. Due testi biblici
possono servire da riferimento per documentare quanto sto dicendo: «Nella
conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta
la vostra forza» (30,15), «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non
diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3).
Canto
delle salite. Di Davide.
«Chi prega Dio al di fuori
del tempio non viene esaudito col conseguimento della pace propria della
Gerusalemme celeste, sebbene venga esaudito quanto a certe richieste di beni
temporali che Dio elargisce anche ai pagani. In tal senso una volta furono
esauditi anche i demoni, quando fu loro concesso di entrare nei porci. Ben
altra cosa è l'essere esaudito in ordine alla vita eterna, e questo non è
concesso se non a chi prega nel tempio di Dio. Ora nel tempio di Dio prega
soltanto colui che prega nella pace della Chiesa, nell'unità del corpo di
Cristo. Questo corpo di Cristo consta di molti credenti sparsi su tutta la
terra, ed è per questo che chi prega nel tempio viene esaudito. Chi prega nella
pace della Chiesa prega in spirito e verità» (Agostino, 130,1 PL 37 1704).
Signore,
non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando
cose grandi né meraviglie più alte di me.
«La
vetta della sapienza sta nell’avere la convinzione che le scelte nella vita
vanno fatte non per spinta dell’orgoglio, ma dell’amore» (Cf. Cassiodoro, PL 70
943 A-D).
«C'è della gente che gode
nel fare miracoli e pretende il miracolo da chi nella Chiesa ha compiuto
progressi [spirituali]; anzi loro stessi vogliono compierne illudendosi
d'essere avanti nella perfezione. Se invece non ci riescono, concludono di non
appartenere a Dio. Ben diverso è il pensiero del Signore nostro Dio, il quale
sa dare a ciascuno ciò che è opportuno. Così ammonisce la Chiesa per bocca
dell'Apostolo: Non può dire l'occhio alla mano: non ho bisogno di te; o
similmente la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Se il corpo fosse tutto
occhio, dove l'udito? Se il corpo fosse tutto udito, dove l'odorato? (1 Cor 12,14 ss.)Osservate quindi, o fratelli, le
nostre membra e come ciascun membro abbia la sua funzione. L'occhio vede ma non
ode; l'orecchio ode ma non vede; la mano lavora ma non ode né vede. Quando le
diverse membra esplicano la loro attività nell'ambito d'uno stesso corpo,
godono tutte e ciascun membro gode dell'altro. Ne segue, fratelli, che se un
membro del corpo di Cristo non ha il potere di risuscitare i morti, non deve
aspirare a tanto; deve solo cercare di non dissentire dal [resto del] corpo,
come dissentirebbe quell'orecchio che pretendesse di vedere. Del resto non gli
sarà mai possibile mettere in opera una facoltà che non ha ricevuta. Si
potrebbe anche supporre che qualcuno gli muova obiezioni di questo genere: Se
tu fossi una persona giusta, risusciteresti i morti come ne risuscitò Pietro.
Al contrario! È stato Pietro che ha compiuto ciò anche a nome mio, dal momento
che io appartengo a quello stesso corpo nel quale agì Pietro» (Agostino, 130,6
PL 37 1707).
Io invece resto quieto e
sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è
in me l’anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre.
«Una buona mamma, quando
nega il latte al suo bambino perché è cresciuto, lo fa per abituarlo a passare
a cibi più solidi e non farne un rammollito…. Il bimbo svezzato si ribella
contro la madre e con pianti e lamenti si agita per mostrare la sua
indignazione. Il salmista, benché non si sentisse ascoltato, non per questo nel
suo cuore arrivò al disprezzo del Signore. Non dichiara di alzare gli occhi per
la collera, ciò che fanno i bambini quando contestano i genitori con furia. Il
salmo vuole dimostrare la virtù della pazienza e dell’umiltà; per questo il
salmista aggiunge: Attenda Israele il Signore. La nostra amarezza non sia simile alla disperazione
del bimbo svezzato» (Cf. Cassiodoro, PL 70, 944 A-D)
Salmo 131
1 Canto delle salite.
Ricordati, Signore, di
Davide,
di tutte le sue fatiche,
2 quando giurò al Signore,
al Potente di Giacobbe fece
voto:
3 «Non entrerò nella tenda
in cui abito,
non mi stenderò sul letto
del mio riposo,
4 non concederò sonno ai
miei occhi
né riposo alle mie
palpebre,
5 finché non avrò trovato
un luogo per il Signore,
una dimora per il Potente
di Giacobbe».
6 Ecco, abbiamo saputo che
era in Èfrata,
l’abbiamo trovata nei campi
di Iaar.
7 Entriamo nella sua
dimora,
prostriamoci allo sgabello
dei suoi piedi.
8 Sorgi, Signore, verso il
luogo del tuo riposo,
tu e l’arca della tua
potenza.
9 I tuoi sacerdoti si
rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi fedeli.
10 Per amore di Davide, tuo
servo,
non respingere il volto del
tuo consacrato.
11 Il Signore ha giurato a
Davide,
promessa da cui non torna
indietro:
«Il frutto delle tue
viscere io metterò sul tuo trono!
12 Se i tuoi figli
osserveranno la mia alleanza
e i precetti che insegnerò
loro,
anche i loro figli per
sempre siederanno sul tuo trono».
13 Sì, il Signore ha scelto
Sion,
l’ha voluta per sua
residenza:
14 «Questo sarà il luogo
del mio riposo per sempre:
qui risiederò, perché l’ho
voluto.
15 Benedirò tutti i suoi
raccolti,
sazierò di pane i suoi
poveri.
16 Rivestirò di salvezza i
suoi sacerdoti,
i suoi fedeli esulteranno
di gioia.
17 Là farò germogliare una
potenza per Davide,
preparerò una lampada per
il mio consacrato.
18 Rivestirò di vergogna i
suoi nemici,
mentre su di lui fiorirà la
sua corona».
Canto
delle salite. Il salmista prega il
Signore che dimora nel tempio perché continui a benedire il suo popolo ed
invii, a suo favore, il Messia.
Ricordati, Signore, di
Davide, di tutte le sue fatiche,
quando giurò al Signore, al
Potente di Giacobbe fece voto: «Non entrerò nella tenda in cui abito, non mi
stenderò sul letto del mio riposo, non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché non
avrò trovato un luogo per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe».
Davide si era impegnato per
acquistare un sito dove edificare il tempio e aveva fatto dei preparativi per
costruirlo (Cf. 1 Cr 29,2). La comunità ora chiede che il Signore si ricordi di
questi suoi meriti.
Nella rilettura cristiana,
Davide è una prefigurazione di Cristo Signore, discendente da lui. Cristo Gesù
promette al Padre che non sarebbe ritornato presso di Lui, prima di aver
cambiato la sorte dell’umanità. Riguardo a tutte le sue prove: l’espressione
mette in rilievo la pazienza del nuovo Davide, il Cristo, della quale parla
Isaia: come agnello fu condotto al macello…(Is 53,7) (Cf. Bruno di Segni, PL 164, 1185 A-B).
«La deliberazione di Cristo
di edificare la Chiesa, poiché rimane immutabile, viene considerata un
giuramento e un voto» (Bruno di Segni, PL 164, 1185 A)
Ecco, abbiamo saputo che
[l’arca] era in Èfrata, l’abbiamo trovata nei campi di Iaar. Entriamo nella sua
dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.
Parlano ora i compagni di
Davide che avevano cercato di ritrovare l’arca del Signore, perduta dopo una
battaglia. Dopo averla cercata vicino a Efrata, l’hanno trovata a Iaar
(Kiriat-Iearim); presi da timore riverente, si sono avvicinati ad essa con
esitazione.
«Quando entri in casa tua
vi entri per abitarvi, quando entri nella casa di Dio vi entri perché lui abiti
in te. Superiore a te è, infatti, il Signore e quando egli comincia ad abitare
in te comincia a renderti beato, mentre invece se tu non ti lascerai abitare da
lui sarai sempre misero. Volle essere autonomo quel figlio che disse [al padre]:
Dammi la parte del patrimonio che mi spetta… Alla fine però cominciò a soffrire
la fame; si ricordò del padre e tornò a casa per saziarsi di pane. Entra dunque
e lasciati possedere [da Dio]. Non pretendere d'essere tua proprietà; sii
proprietà di lui» (Agostino, 131,12 PL 37 1721).
Sorgi, Signore, verso il
luogo del tuo riposo, tu e l’arca della tua potenza.
Il Signore, presente nella
sua arca, viene invitato a trasferirsi da Iaar al tempio di Gerusalemme. Dal
suo tempio continuerà ad elargire la sua benedizione sui sacerdoti e sul
popolo. I supplicanti si appoggiano sui meriti di Davide per chiedere la
protezione di Dio a favore di un consacrato presente a Sion (Cf. 2 Cr 6,40).
«…sorgi in modo che [con
te] sorga anche quell'arca che tu hai santificata. Egli è il nostro capo; la
sua arca è la sua Chiesa. Egli è risorto per primo ma anche la Chiesa
risorgerà. Non avrebbe certamente osato il corpo ripromettersi la resurrezione
se prima non fosse risorto il Capo. Con la tua resurrezione dai morti e il tuo
ritorno al Padre, i giusti, conseguito il sacerdozio regale, si rivestano di
fede, poiché il giusto vive di fede, e, ricevuto come pegno lo Spirito Santo,
le membra [di Cristo] si allietino per la speranza della resurrezione che
antecedentemente s'è realizzata nel Capo. A queste membra infatti dice
l'Apostolo: Lieti per la speranza (Rm
12,12)» (Agostino, 131,15-16 PL 37 1722)
I tuoi sacerdoti si
rivestano di giustizia ed esultino
i tuoi fedeli.
«I tuoi sacerdoti, ossia
gli apostoli e i loro successori, si rivestano di giustizia, affinché siano in
grado di guidare con sapienza l’Arca della tua Chiesa; allora tutti i fedeli
gioiranno per la loro guida e custodia» (Bruno di Segni, PL 164 1186 B).
Per amore di Davide, tuo
servo, non respingere il volto del tuo consacrato.
«Per i meriti di Cristo
che, provenendo dalla stirpe di Davide, prese la condizione di servo, non
affievolire la luminosità della tua immagine nei santi, nei quali abita il
Cristo, ma continua ad illuminarli» (Bruno di Würzburg, PL 142 481 C)
Il
Signore ha giurato a Davide, promessa da cui non torna indietro: «Il frutto
delle tue viscere io metterò sul tuo trono! Se i tuoi figli osserveranno la mia
alleanza e i precetti che
insegnerò loro, anche i loro figli per sempre siederanno sul tuo trono».
Entrato nel tempio, Dio
ribadisce la sua promessa, quella di dare continuità alla dinastia davidica.
Sì, il Signore ha scelto
Sion, l’ha voluta per sua residenza: «Questo sarà il luogo del mio riposo per
sempre: qui risiederò, perché l’ho voluto. Benedirò tutti i suoi raccolti,
sazierò di pane i suoi poveri. Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti, i suoi fedeli esulteranno di gioia…
Il Signore ribadisce la sua
volontà di essere presente a Sion e da lì continuare a benedire il popolo.
«Sion è la Chiesa: la quale
Chiesa è anche quella Gerusalemme verso la cui pace corriamo. In noi uomini ora
è pellegrina, mentre nella sua parte più nobile (angeli e santi) attende il
ritorno dei lontani. Da questa Gerusalemme ci son venute delle lettere che noi
leggiamo ogni giorno. Ecco la città di Sion che Dio ha prescelta. Questo il
mio riposo nei secoli dei secoli. Son
parole di Dio. Mio riposo
significa: In essa trovo riposo. Quanto ci ama Dio, o fratelli! Fino a dire che
lui riposa quando noi siamo nella pace. Difatti non è che lui si turbi per poi
calmarsi. Se dice di trovar riposo è perché noi avremo in lui il nostro riposo»
(Agostino, 131, 21 e 22 PL 37 1725).
…Là farò germogliare una
potenza per Davide, preparerò una lampada per il mio consacrato. Rivestirò di
vergogna i suoi nemici, mentre su di lui fiorirà la sua corona».
Assicura che un giorno
invierà il suo Messia, prefigurato in tre simboli: corno (la potenza); la lampada (discendenza); corona (dignità regale).
Salmo 132
1 Canto delle salite. Di
Davide.
Ecco, com’è bello e com’è
dolce
che i fratelli vivano
insieme!
2 È come olio prezioso
versato sul capo,
che scende sulla barba, la
barba di Aronne,
che scende sull’orlo della
sua veste.
3 È come la rugiada
dell’Ermon,
che scende sui monti di
Sion.
Perché là il Signore manda
la benedizione,
la vita per sempre.
Canto
delle salite. Di Davide.
«…. I due prossimi salmi:
ci piace paragonarli al valore di quei due spiccioli che la vedova povera gettò
nel tesoro del tempio, trovando la piena approvazione di Gesù (Lc 21,2-4). Così
anche noi, se c’imbeviamo dello spirito di questi due Salmi, otteniamo la
remissione di tutti i peccati. L’ultimo (il 133) invita alla lode del Signore,
questo esorta alla carità verso il prossimo» (Cassiodoro, PL 70 954 D - 955 A).
«Queste parole del
salterio, questa melodia soave tanto a cantarsi quanto a considerarsi con la
mente, hanno effettivamente generato i monasteri. Da questa armonia sono stati
destati quei fratelli che maturarono il desiderio di vivere nell'unità. Questo
verso fu per loro come una tromba: squillò per il mondo ed ecco riunirsi gente
prima sparpagliata. Il grido divino, il grido dello Spirito Santo, il grido
della profezia, è stato udito nel mondo intero» (Agostino, 132,2 PL 37 1729).
Ecco, com’è bello e
com’è dolce che i fratelli vivano insieme! È come olio prezioso versato sul
capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della
sua veste.
La vita di fraternità
sembra come emanare lo stesso profumo che viene diffuso da un unguento raffinato
e il più prezioso di tutti fu quello con il quale venne consacrato il sommo
sacerdote Aronne.
«L'unguento sacerdotale era
composto da varie essenze odorose ma nessuna di esse, da sola, era in grado di
diffondere un profumo così gradevole. Soltanto la composizione di tutte e il
giusto dosaggio tra esse rendeva possibile la creazione di un unguento tanto
prezioso. Ecco perché ha paragonato l'unione fraterna a tale unguento: la
comunione fra tanti che operano santamente rende possibile la produzione di quel
profumo che rappresenta la virtù perfetta della carità» (Teodoreto, PG 80 1912
B)
Il sommo sacerdote portava
un pettorale prezioso che rappresentava le dodici tribù d’Israele (Cf. Es
28,15-21) e veniva intriso anch’esso dell’unguento che colava dalla barba.
«L'unguento profumato è simbolo della carità. Versato sul capo di Aronne non
scendeva soltanto fino alle guance, ma santificava la sua veste fino
all'altezza del petto. Come il santo unguento, dalla testa, scorrendo per la
barba fino al petto, impregnava di buon odore il sacerdote, così il grande bene
della concordia raggiungeva insieme i capi e tutti i membri della comunità»
(Teodoreto PG 80 1912 B).
«Cos'era Aronne? Un
sacerdote. E chi è sacerdote se non quell'Unico, il Cristo, che penetrò nel
santo dei santi? Chi è sacerdote se non Colui che è stato insieme vittima e
sacerdote? Se non colui che, non trovando nel mondo un'ostia monda da offrire
[a Dio], offrì se stesso? Sulla sua testa c'è dell'unguento poiché, sebbene il
Cristo totale comprenda anche la Chiesa, l'unguento fluisce [esclusivamente]
dalla testa. La nostra testa, o capo, è Cristo: crocifisso, sepolto e
risuscitato, salì al cielo. Dal capo venne lo Spirito Santo» (Agostino, 132,7
PL 37 1733).
È come la rugiada
dell’Ermon, che scende sui monti di Sion.
In modo sorprendente, sul
monte di Sion compare una quantità considerevole di rugiada, pari a quella che
scende di solito sul monte Ermon.
«Il bene della carità non
l’otteniamo per le nostre forze né per i nostri meriti, ma per dono di Dio;
l’otteniamo per la sua grazia, che
come rugiada [scende] dal cielo. Non è la terra che manda a se stessa la
pioggia! Se non cadesse dal cielo la pioggia, ogni prodotto finirebbe col
seccarsi. Qual merito avremmo mai potuto accampare noi peccatori e iniqui? Da
Adamo [noi siamo nati altrettanti] Adamo e su un tale Adamo ha proliferato una
moltitudine di peccati. Ogni uomo che nasce, nasce [nella condizione di] Adamo:
da lui dannato [nasce] dannato. E per giunta, vivendo male, aggiunge colpe alla
colpa di Adamo. Qual merito dunque poteva avere questo Adamo? Eppure colui che
è misericordioso lo ha amato: lo sposo ha amato [la sposa] non perché fosse
bella ma perché voleva renderla bella. Per rugiada dunque intende la grazia di
Dio» (Agostino, 132,10 PL 37 1735).
Perché là il Signore
manda la benedizione, la vita per sempre.
«Dio dona la Benedizione, cioè dona il Signore e il Salvatore, che per i
credenti è la Vita e la felicità senza fine. Col monte Sion s’intende significare la Gerusalemme celeste. È
proprio essa che contiene in sé la vita senza fine, la gioia senza
interruzione»… Che cosa può esserci di più gioioso che imitare sulla terra il
modo di vivere che viene offerto come la ricompensa maggiore nella patria
beata? La carità verso il prossimo ci conduce all’amore più perfetto con Dio;
il salmo a capire che per amare Dio occorre prima amare il prossimo»
(Cassiodoro, PL 70 957 A-B).
Salmo 133
1 Canto delle salite.
Ecco, benedite il Signore,
voi tutti, servi del
Signore;
voi che state nella casa
del Signore
durante la notte.
2 Alzate le mani verso il
santuario
e benedite il Signore.
3 Il Signore ti benedica da
Sion:
egli ha fatto cielo e
terra.
Canto
delle salite.
Questo salmo è unito al
precedente (entrambi iniziano con l’espressione Ecco): il pellegrinaggio al tempio raggiunge il suo scopo
e il suo culmine nell’esperienza della comunione vissuta nella glorificazione
di Dio. La comunità raggiunge la massima coesione lodando Dio, dove sperimenta
la tutta dolcezza dell’unione con Lui e dell’unità tra fratelli.
Ecco, benedite il
Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore
durante la notte. Alzate le mani verso il santuario e benedite il Signore.
Un gruppo di fedeli decide
di vegliare all’interno del tempio. Altri li esortano a portare a compimento il
loro proposito e a profondersi nella lode per tutto il corso della notte di
Dio.
«Gli uomini che un giorno
benediranno il Signore senza interruzione debbono cominciare a benedirlo
quaggiù. Sì, quaggiù, in mezzo alle tribolazioni, alle tentazioni, alle
molestie, mentre il mondo frappone ostacoli, il nemico tende insidie, il
diavolo moltiplica gli inganni e gli assalti. Questo significa: Ecco ora
benedite il Signore, voi che state nella casa del Signore. Cos'è quel voi che state? Voi che perseverate»
(Agostino 133,2 PL 37 1737).
Il Signore ti benedica
da Sion: egli ha fatto cielo e terra.
Segue un augurio di
benedizione, destinata ad ognuno di quanti stanno a vegliare. Dalla lode
intensa promana la benedizione: il ringraziamento non aggiunge nulla alla
grandezza di Dio ma rende più grandi i fedeli che lo glorificano.
«Chi ama Dio con tutto il
cuore non lascia spazio all’ingresso dei vizi. Da dove può entrare il male, se
tutto il tuo essere è pieno di Dio? Il diavolo cerca il vuoto dell’anima, cerca
un cuore sguarnito. Là dove fiuta la presenza di Dio, scappa impaurito. Come un
bicchiere colmo fino all’orlo non può ritenere altro liquido, così chi è tutto
colmo dell’amore per Dio, non lascia alcuna fessura per la quale il male possa filtrare
all’interno» (Cassiodoro, PL 70 958 A-B)
«Secondo gli insegnamenti di Mosè, il popolo dei
giudei, per mezzo dei suoi anziani eletti a questo ufficio, ripete le Scritture
divine, giorno e notte, senza interruzione; uno si succede all’altro nella recitazione
perché il santo risuonare dei precetti celesti non cessi mai. Tu, cristiano,
quanto tempo ti rapisce il sonno, quanto gli interessi e le preoccupazioni di
questa vita! Almeno dividi il tuo tempo fra Dio e le cose di quaggiù. Almeno di
notte, tieniti libero per Dio, dedicati alla preghiera e, per non dormire,
salmeggia a voce alta… Al mattino affrettati ad andare in chiesa per portarvi
le primizie di santi desideri… Quale gioia cominciare la giornata con inni e
cantici, con le beatitudini che leggi nel Vangelo! Quale pegno di prosperità
che la parola di Cristo ti benedica e, mentre vai ricantando nell’animo le
benedizioni del Signore, ciò ti ispiri il proposito di qualche virtù, così che
tu possa riconoscere in te stesso l’efficacia della benedizione divina»
(Ambrogio, Commento al salmo CXVIII,
19, 30-32, PL 15 1478 B).
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