mercoledì 1 ottobre 2025

Lettera ai Galati

 

Prima di cominciare la lettura spirituale (lectio divina) della lettera ai Galati, è opportuno comprendere il motivo per il quale è stata scritta, il messaggio teologico principale e la struttura generale sulla quale si dipana lo scritto. 

Paolo rimase in Galazia piuttosto a lungo in seguito ad una malattia gravosa e utilizzò questo tempo per evangelizzare i Galati (4,13). Annunciò loro che il Progetto di Dio aveva raggiunto la sua fase definitiva (escatologica) (4,4). Da quando Gesù, morto e risorto, aveva inaugurato il Regno (o la nuova creazione) era giunta ormai «la pienezza del tempo» (to pleroma tou cronou). 

Il Vangelo che predicò fu la riproposta dell’annuncio fondamentale che conduce alla fede (il Kerigma). La prima notizia da sapere era questa: gli uomini ora ritrovano la riconciliazione con il Signore grazie all’obbedienza di Gesù, fino ad una morte in croce. La santità di Gesù ha riparato tutto il male del mondo e rende possibile una svolta nella storia (3,1). 

Grazie ad essa, i credenti in lui ottengono, in modo gratuito, il perdono dei peccati. Non solo, ma ricevono una vita nuova che viene infusa in loro dello Spirito Santo. Lo Spirito, che rappresenta il dono fondamentale di Dio, fa in modo che il credente diventi una cosa sola con Cristo e sia in grado di rivivere la carità con la quale il Cristo lo ha amato. 

Questa ricchezza viene concessa da Dio agli uomini in modo gratuito, senza che essi abbiano fatto qualcosa per meritarla; devono soltanto accoglierla per fede. Si tratta della giustificazione per fede o per grazia. La salvezza inizia con questo atto di fiducia riconoscente e raggiungerà la sua pienezza nella vita eterna. 

Per cominciare a partecipare all’azione di salvezza, è necessaria soltanto la fede. È inutile, meglio impossibile anzi controproducente, cercare di accumulare un bagaglio di meriti tale da obbligare il Signore ad usare benevolenza verso l’offerente (5,4). Dio Padre ci ha già accolti in Cristo quando eravamo estranei e nemici nei suoi confronti. Diventando una cosa sola con Gesù, i battezzati vengono a far parte dell’unico popolo di Dio, Israele; formano l’Israele del tempo della pienezza. La fede in Cristo è sufficiente per essere un membro d’Israele, senza che sia necessario sottoporsi al rito della circoncisione (6,15-16). 

I Galati pagani avevano accolto con grande entusiasmo questo messaggio e si erano volti a Gesù (5,7), apprezzando l’estremo valore della sua morte in croce (3,1). 

Più tardi, le loro comunità ricevettero la visita di alcuni giudeo-cristiani provenienti da Gerusalemme. Costoro, insieme a tutti gli altri Ebrei che avevano creduto in Gesù, continuavano a praticarare le norme della religione ebraica come avevano fatto da sempre, in primo luogo la circoncisione. Non condividevano la mensa con persone incirconcise, per non contaminarsi mangiando cibi immondi. Così vennero a trovarsi in contrasto con Paolo e cercarono di indurre i Galati battezzati a farsi circoncidere. Erano convinti che questo rito fossse necessario per poter appartenere al popolo di Dio, condizione necessaria per ottenere una condizione privilegiata presso Dio. 

I Galati si trovarono a dover scegliere tra due Vangeli che Paolo considerava opposti ed incompatibili tra loro. 

L’apostolo, venuto a conoscenza di questo travaglio di coscienza, scrisse loro una lettera. In essa richiamò il kerigma che aveva già fatto conoscere. Ricordò che la Legge di Mosè non era stata l’ultima rivelazione di Dio agli uomini ma che Egli si era fatto conoscere, in maniera perfetta e definitiva, nella persona di Gesù. Con la venuta di Gesù, era iniziata la nuova creazione. Per essere uomini nuovi era necessario e sufficiente ricevere lo Spirito Santo e diventare una cosa sola con Cristo. Il pagano battezzato diventava figlio di Dio. Non un figlio secondario ma condivideva la stessa dignità dell’unico Figlio Gesù. La comunità dei figli di Dio costituiva l’inizio e un anticipo della nuova creazione. 

Questo è il messaggio essenziale della Lettera. Com’è suddivisa? 

Fin dall’inizio, nel saluto, Paolo mette in evidenza di essere un vero apostolo perché è stato chiamato da Dio, è stato incaricato da Lui ad annunciare il messaggio che ha comunicato anche ai Galati. La sua predicazione è conforme al volere di Dio. Subito dopo fa risaltare il valore incomparabile della missione di Gesù che ha strappato i credenti dalla malvagità. 

Nella prima parte (1,11-2,21), rimprovera i Galati perché stanno abbandonando il Vangelo da lui annunciato. Per confermarne il valore, descrive con maggior precisione come è avvenuta la sua chiamata; fa sapere che gli apostoli avevano approvato la prassi da lui seguita di non imporre la circoncisione ai pagani. Critica Pietro perché, ad Antiochia aveva tenuto un comportamento difforme dal vangelo. 

Nella seconda parte (3,1-4,31, di carattere teologico, espone di nuovo il contenuto del messaggio che aveva esposto in Galazia e dimostra che esso è conforme alla Sacra Scrittura. I Galati hanno ricevuto lo Spirito Santo, principio di vita nuova, per un dono gratuito non perché si erano fatti circoncidere (3,2). Essi hanno imitato la fiducia di Abramo nella generosità di Dio (3,6-9). 

Chi rifiuta la benedizione gratuita, incorre nella maledizione riservata ai trasgressori della Legge, dalla quale Cristo ci ha liberati (3,9-14). 

Del resto, prima di donare agli ebrei la Legge, aveva promesso la salvezza a tutti gli uomini per la sua misericordia (3,19-22). La Legge fu un dono transitorio in attesa dell’opera di Gesù (3,23-25). Ora i battezzati sono figli di Dio, partecipano alla figliolanza di Gesù e costituiscono una nuova umanità (3,28). Non sono più trattati come minorenni bisognosi d’un pedagogo (3,25), ma sono veri figli ed eredi (4,4-6). Essi, come un tempo lo fu Isacco, sono figli della promessa gratuita di Dio (4,21-31). 

Nella terza parte (5,1-6,18), di carattere pratico, insegna che ormai Dio apprezza chi crede in lui ed opera nella carità. I battezzati, mediante l’influsso dello Spirito, riproducono lo stile di vita di Gesù che volle agire da servo (5,13). Lo Spirito produce in loro il frutto dell’amore e li aiuta a superare le opere dell’egoismo (5,16-24). In questo modo potranno ereditare la vita eterna (6,7-8). 

Nella conclusione, Paolo ricorda che ora ha valore soltanto la nuova creazione introdotta dalla Pasqua di Gesù (6,15). 

In sintesi, la lettera pone Gesù Cristo al culmine della storia della salvezza. Tutti si salvano per mezzo di Lui e i battezzati si salvano inserendosi in Lui. La novità del Vangelo consiste nella persona di Gesù che, abitando nei nostri cuori, si riproduce nella nostra esistenza. Questa è l’unica e vera garanzia che ci consente d’essere approvati da Dio. Diventiamo graditi a lui non grazie alla nostra santità, ma grazie alla santità di Gesù, alla quale ci viene dato di partecipare. La fede ci rende graditi a Dio (giustificati) perché, per mezzo di essa, accogliamo il dono mirabile del Figlio. 

Saluto con augurio

1Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 2e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia: 3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, 

«Dio ha risuscitato [Cristo], liberandolo dai dolori della morte» (At 2,24). La nuova immagine del Padre è “Colui che fa risorgere anche dalla morte”: «Crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore» (Rm 4,24). Come Abramo, perciò, il cristiano rimane «saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). 

Paolo, per volontà e per opera di Dio, è stato chiamato da Cristo Risorto, non da qualche uomo. Anania gli disse: «Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini» (At 22,14-15). Egli stesso riconobbe: «Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento» (1 Tm 1,12-13). 

E tutti i fratelli che sono con me… La lettera è scritta con altri fratelli, è un’opera comunitaria, e viene inviata ad altre comunità o Chiese. Paolo preferisce usare il plurale perché la Chiesa universale è l’insieme delle singole Chiese che la rendono concreta. 

4che ha dato se stesso per i nostri peccati al fine di strapparci da questo mondo malvagio, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, 5al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Di Gesù si ricorda in primo luogo la sua morte perché è il fatto decisivo della sua missione: «Ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,6). Cristo, entrando nel mondo dice: «“Ecco, io vengo a fare la tua volontà”. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre» (Eb 10, 9-10). «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture» (1 Cor 15,3).

Per strapparci da questo mondo malvagio: «Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno» (1 Gv 5,19). Tuttavia Cristo ha pregato così: «Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno» (Gv 17,15). L’argomento della lettera sarà mostrare in che modo Cristo ci ha strappato dal male. 

Paolo, vero apostolo di Cristo

6Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. 

I Galati stanno per passare ad un altro Vangelo, stanno per abbandonare quello predicato da Paolo, per accogliere quello suggerito dai giudeo-cristiani, che non è una semplice e possibile variante, ma un vangelo completamente diverso ed incompatibile con esso (5,4). Questi ultimi insegnavano che i pagani che volevano farsi battezzare dovevano, prima, farsi circoncidere e diventare ebrei. 

«Non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia» (5,4).

Come fecero gli Israeliti che «presto dimenticarono le sue opere, non ebbero fiducia nel suo progetto» (Sal 106,13), mostrano di non aver colto la profondità dell’amore di Dio per loro nell’evento di Gesù. «Se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo» (2 Cor 11,4). Tuttavia, una volta che, saremo resi più solidi nella fede, eviteremo ogni sbandamento: «Non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore» (Ef 4,14). 

7Però non ce n'è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 

Alcuni che vi turbano: si riferisce a giudeo-cristiani che volevano imporre la circoncisione ai pagani che erano diventati credenti in Cristo (gli etno-cristiani). 

«Ora alcuni, venuti dalla Giudea [ad Antiochia], insegnavano ai fratelli: “Se non vi fate circoncidere secondo l'usanza di Mosè, non potete essere salvati”. Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione… [Gli apostoli precisarono:] Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi» (At 15, 1-2.24). «Vi raccomando poi, fratelli, di guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro l'insegnamento che avete appreso: tenetevi lontani da loro. Costoro, infatti, non servono Cristo nostro Signore, ma il proprio ventre e, con belle parole e discorsi affascinanti, ingannano il cuore dei semplici» (Rm 16,17-18; cfr Tt 1, 10-11). 

8Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! 9L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 

I Galati sono invitati a restare fedeli alla predicazione ricevuta, come dovevano fare sempre anche tutti gli altri credenti: «Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse» (1 Cor 11,2). «Rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti» (1 Ts 2,13). «Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica» (Fil 4,9). 

Gli oppositori di Paolo (e degli altri apostoli) «sono falsi apostoli, lavoratori fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere» (2 Cor 11,13-15). 

10Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!

Se Paolo avesse accolto le imposizioni dei giudeo-cristiani avrebbe evitato tanta opposizione da parte loro e da tutti gli altri ebrei e avrebbe ricevuti consensi ed applausi, ma la sua intenzione era quella di piacere a Dio, anche a costo di irritare gli uomini: «Come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori» (1 Ts 2,4). Gesù, da parte sua, aveva cercato l’approvazione del Padre suo e non quello degli uomini: «Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio?» (Gv 5,43-44). 

In ogni circostanza tutti dobbiamo cercare di piacere a Dio: «… non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini» (Ef 6,6). 

11Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; 12infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. 

Paolo, in un racconto autobiografico, ricorda come è stato scelto dal Signore come suo inviato e come sia in pieno accordo con gli apostoli di Gerusalemme. I suoi avversari sono in errore quando non lo considerano un vero apostolo. La sua predicazione è stata veritiera e continua ad esserlo. 

L’apostolo ha ricevuto tale Vangelo da Cristo stesso; il Risorto, però, non l’ha lasciato solo ma ha fatto in modo che venisse accolto nella comunità, inviando a lui Anania: «Saulo, fratello, mi ha inviato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso» (At 9,17). La rivelazione diretta alla persona non esclude ma esige la comunione con gli altri fratelli credenti. Ciò che l’apostolo apprese da Gesù era lo stesso messaggio annunciato dagli apostoli in tutte le Chiese. 

La fede nasce sempre da una rivelazione del Signore ad ogni singolo credente, anche quando non presenta una caratteristica straordinaria come avvenne per Paolo. Gesù disse: «Nessuno può venire a me, se non l’attira il Padre che mi ha mandato… Chi ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui viene a me» (Gv 6,43.45). Lo vediamo nel caso di Lidia: «Ad ascoltare c'era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). 

13Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, 14superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 

«Io ritenni mio dovere compiere molte cose ostili contro il nome di Gesù il Nazareno. Così ho fatto a Gerusalemme: molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con il potere avuto dai capi dei sacerdoti e, quando venivano messi a morte, anche io ho dato il mio voto. In tutte le sinagoghe cercavo spesso di costringerli con le torture a bestemmiare e, nel colmo del mio furore contro di loro, davo loro la caccia perfino nelle città straniere» (At 26,9-11). 

15Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque 16di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, 17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.

Dio Padre non trattò Paolo secondo i suoi peccati ma secondo la sua misericordia e lo strappò dal male. Egli divenne come la porzione scelta di un sacrificio, quella consacrata, la parte riservata al sacerdote (che doveva essere consumata in un luogo puro) (Lv 10,14-15). 

Fu scelto per grazia come un tempo lo furono i profeti: «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita» (Is 49,1-2). «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1,5). 

«Ultimo fra tutti [Cristo Risorto] apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1 Cor 15,8-10). Dio «ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità» (2 Tm 1,9). 

La conversione dell’apostolo, da persecutore a discepolo di Gesù, è stata, guardandola in profondità, l’atto con cui Dio ha rivelato il suo Figlio “in lui”. In pratica, da allora è cominciata una comunione di vita continua tra l’apostolo e Cristo. 

Il compito specifico assegnatogli è quello di annunciare il Vangelo ai pagani, per aggregarli all’unico popolo di Dio: «Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità [di Israele], a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo... A me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,6-8). 

18In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; 19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. 20In ciò che vi scrivo - lo dico davanti a Dio - non mentisco. 21Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. 22Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». 24E glorificavano Dio per causa mia. 

Tre anni dopo la visione avuta a Damasco, Paolo ritenne necessario stabilire una relazione profonda con Pietro, il capo del collegio degli apostoli e testimone della vita di Gesù. Allude poi ad un impegno missionario presso Antiochia di Siria e a Tarso. I giudeo-cristiani di Gerusalemme, che ora diffidano di lui e lo accusano perché non vuole circoncidere i pagani, in un primo tempo erano ammirati della sua conversione. 

Capitolo 2

1Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: 2vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. 

In una nuova rivelazione, il Risorto lo esortò a recarsi all’assemblea di Gerusalemme dove avrebbe ricevuto la conferma a proseguire la missione presso i pagani. Assieme a lui andò anche Barnaba che condivideva il suo progetto missionario e neppure lui obbligava i pagani a farsi circoncidere. In pratica i pagani che si convertivano non erano costretti a farsi ebrei prima di ricevere il battesimo cristiano. Volle confrontarsi con gli apostoli della Chiesa madre per essere certo della correttezza della sua predicazione. 

3Ora neppure Tito, che era con me, benché fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere; 4e questo contro i falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi; 5ma a loro non cedemmo, non sottomettendoci neppure per un istante, perché la verità del Vangelo continuasse a rimanere salda tra voi. 

Tito, suo collaboratore, pur essendo di origine pagana, non fu obbligato a farsi circoncidere. Lo stesso può e deve valere ora per i Galati provenienti dal paganesimo. Purtroppo alcuni giudeo-cristiani, convinti che gli etno-cristiani dovessero farsi circoncidere e sottoporsi anche a tutte le altre norme ebraiche, si erano recati presso le comunità della Galazia per osservare se i suoi membri accettavano di adempiere i doveri del buon ebreo. Si erano infiltrati con false motivazioni e li avevano spiati con scrupolo. Quando s’accorsero che le norme tradizionali erano disattese, protestarono vivacemente ma Paolo resistette alle loro pretese. Lo stesso fece ad Antiochia: «Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro» (At 15,2). Per riportare la pace, divenendo una cosa sola grazie all’adesione alla verità, fu convocata un incontro a Gerusalemme. 

6Da parte dunque delle persone più autorevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non guarda in faccia ad alcuno - quelle persone autorevoli a me non imposero nulla. 7Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - 8poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti - 9e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. 10Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare. 

Gli apostoli e le personalità più auterevoli della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, dopo aver esaminato la questione, decisero che era giusto non imporre la circoncisione ai pagani convertiti (mentre i giudeo-cristiani avrebbero continuato a praticarla). Stabilirono inoltre che Paolo continuasse ad evangelizzare i pagani e Pietro gli Ebrei. Si salutarono con un gesto che era un segno di accordo. Chiesero, inoltre, che gli evangelizzatori raccogliessero del denaro per soccorrere i cristiani di Gerusalemme che, abbandonati dagli altri ebrei a motivo del dissidio religioso, erano diventati sempre più poveri. 

11Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. 12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?». 

Concluso l’incontro di Gerusalemme, Paolo, rasserenato, ritornò ad Antiochia, la comunità in cui risiedeva abitualmente. Ad Antiochia vigeva l’usanza del pasto comune tra giudeo-cristiani ed etno-cristiani. Questa prassi era un superamento delle norme tradizionali ebraiche perché agli ebrei non era lecito mangiare insieme ai pagani, per non contaminarsi assumendo cibi impuri. La comunità di Antiochia era convinta di dover accogliere la venuta del Regno, la nuova creazione inaugurata dalla Pasqua di Cristo. 

Pietro volle visitare Antiochia, la chiesa più grande e significativa dopo quella di Gerusalemme. In un primo momento, accettò la nuova prassi dei pasti comuni, senza sollevare obiezioni. In seguito, tuttavia, dopo l’arrivo di giudeo-cristiani rigorosi, provenienti Gerusalemme, dove la comunione di mensa era ancora considerata inamissibile, nel timore di suscitare scandalo e di provocare fratture nella comunità, smise di partecipare alla mensa comune. I giudeo-cristiani ripreso a consumare i pasti soltanto tra loro, com’erano soliti fare da sempre, ma, con questo agire, crearono una divisione nella comunità. 

Questo nuovo fatto provocò la reazione sdegnata di Paolo. Egli criticò Pietro in modo molto vivace, in pubblico, per l’ambiguità del suo comportamento. Nelle sue scelte pratiche sosteneva e ripudiava la comunione di mensa. Se Pietro, mangiando insieme a loro, aveva accettato di vivere come i pagani, ora non poteva costringere i pagani a diventare giudei. 

La giustificazione per fede

15Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, 16sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. 

Lo scontro sulla leicità della comunione di mensa offre a Paolo l’occasione per riproporre il suo insegnamento più rilevante, che è anche il nucleo di questa lettera. Ai giudeo-cristiani della Galazia ricorda ciò che aveva già insegnato in un primo tempo e che era stato condiviso da tutti. Il discorso, però, è rivolto anche ai suoi avversari venuti da Gerusalemme. 

La parola dell’apostolo è molto sintetica perché non sta esponendo per la prima volta questo suo messaggio ai suoi intelocutori e, quindi, presuppone che fosse già conosciuto da loro. Da parte nostra, per capirlo, dobbiamo svolgerla in un discorso più articolato. 

Perché i pagani vengono definiti peccatori? Lo possiamo comprendere facendo riferimento ad un passo della Lettera ai Romani. Essi potevano conoscere il volere del Signore soltanto mediante i suggerimenti della loro coscienza, ma spesso questi venivano trascurati (Rm 2, 14-15; 1,32). Gli ebrei, invece, grazie al dono della Legge, conoscevano la volontà di Dio con maggiore accuratezza, e quindi, di fatto, non erano peccatori come i pagani. Ciò nonostante, neppure loro osservavano la Legge come il Signore avrebbe voluto, a motivo della loro debolezza umana (Rm 2,25; 7,5). Tutti gli uomini, quindi, pagani o ebrei, non potevano certo dichiararsi innocenti e pretendere di godere dell’approvazione di Dio ed essere considerati giusti da Lui. Al contrario: «Giudei e Greci, tutti sono sotto il dominio del peccato» (Rm 3,9).

Dio Padre, di conseguenza, prendendosi cura di tutti (anziché punirli), mandò il Figlio a convidere la nostra umanità. Egli fu totalmente santo e gradito a Dio. Ora ci viene data la possibilità di unirci a lui, formando con lui un solo essere (come tralci alla vite) (cf Rm 8,3-4). La novità del Vangelo consiste nella persona di Gesù che, abitando nei nostri cuori, si riproduce nella nostra esistenza. Questa è l’unica e vera garanzia che ci consente d’essere approvati da Dio. Diventiamo graditi a lui non grazie alla nostra santità, ma grazie alla santità di Gesù, alla quale ci viene dato di partecipare. La fede ci rende graditi a Dio (giustificati) perché, per mezzo di essa, accogliamo il dono mirabile del Figlio. 

17Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! 18Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come trasgressore. 

La frase è poco chiara; forse significa questo: se i cristiani della Galazia, convinti dagli avversari di Paolo, tornano a cercare l’approvazione di Dio (la giustificazione) in base alla loro fedeltà alla Legge, mettendo da parte l’opera di Gesù, distruggono il dono ricevuto. Rischiano di trovarsi di nuovo in balia della loro debolezza. Se tornano così a peccare, non è per colpa di Gesù, ma a motivo della debolezza della loro adesione a Lui. 

19In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, 20e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. 21Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano. 

Ribadisce il contenuto del suo Vangelo che ha richiamato or ora: Cristo, per amore degli uomini (di ogni uomo), per annullare la loro disobbedienza, ha obbedito a Dio Padre fino ad accettare una morte in croce. Ora Egli vuole e può vivere in loro per riprodurre in essi la sua santità. Offre questa possibilità a chi si affida a Lui, anche se non può vantare d’essere stato una persona retta e d’aver compiuto opere buone. Rifiutare questa novità straordinaria e continuare a cercare di realizzare una rettitudine personale rende inutile il dono di Dio. 

Seguiamo il vesetto in modo più attento:

 «Io»: mettendo il risalto la sua persona, vuole mostrare di essere coinvolto personalmente nella verità che comunica a tutti. Ciò che comunica agli altri, vale in primo lugo per lui. 

«Sono morto alla Legge»: non cerca più di essere gradito a Dio in base alla sua osservanza della Legge, ma afferrando la nuova possibilità che il Padre ha reso possibile a tutti. Soltanto unendoci a Gesù diventiamo capaci realmente di vivere per lui, totalmente obbedienti a Lui. Paolo sa d’aver ottenuto la «morte» dei suoi peccati, in seguito all’obbedienza di Gesù sulla croce. In questo senso è stato crocifisso con Lui. Inoltre riceve con lui la vita nuova della risurrezione. Ora Cristo vive in lui e lo rende partecipe della sua Pasqua. Di conseguenza, non vuole più contare su di sé ma sull’amore soprendente di Gesù che ha dato a lui tutto se stesso ed è pronto a rivestirlo di sé. La novità di Dio è Cristo che vive in ogni credente. Dopo aver esposto questo principio di vita essenziale, l’apostolo cerca di scuotere i suoi fedeli perché non disistimino questo dono mirabile. 

Capitolo 3

Il ruolo dello Spirito

1 O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! 

I fedeli della Galazia, turbati, quasi ammaliati dalle rimostranze dei giudeo-cristiani venuti da Gerusalemme, rischiavano di consentire alle loro opinioni. Se l’avessero fatto, sarebbero stati davvero insensati. Disistimare il valore supremo della morte del Signore costituirebbe per loro un danno fatale. Soltanto grazie ad essa, infatti, hanno ottenuto il perdono delle loro colpe e la possibilità di una vita santa. Cristo crocifisso «è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24).

Eppure Paolo, da subito, aveva esposto loro, con accuratezza, la passione di Gesù, la carità che mostrò nella sua sofferenza, la sua totale dedizione a Dio e agli uomini. Come dirà ai Corinzi: «Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1 Cor 2,2). 

Egli annuncia e dona a tutti Gesù. Considera l’annuncio della sua morte come il nucleo incandescente del Vangelo (cf 1,23). Gesù non è prima di tutto o soltanto un maestro ma è colui che ha dato tutto se stesso agli uomini, attraversando il peggio della situazione umana. Ha inaugurato l’unica vera svolta della storia, a motivo della sua obbedienza al Padre. Anziché mettere in ombra la passione, l’apostolo, vincendo ogni imbarazzo, la pone in piena evidenza. Nulla infatti manifesta l’amore di Gesù per Dio e per gli uomini quanto essa. «Ecco i segni dei chiodi, ecco le ferite! Io ho sofferto tutte queste cose per te che sei stato ferito con molti colpi e trascinato da molti nemici in una dura schiavitù. Ma io, nella mia bontà, sono venuto a cercarti per liberarti, giacché dall'inizio ti ho fatto a mia immagine» (PseudoMacario, III, 3,1,5-3,2).

2 Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? 

Continua, con una certa enfasi, a far riflettere i suoi fedeli titubanti. Quando i Galati divennero credenti, il Signore diede una prova certa del suo perdono arricchendoli con segni evidenti della presenza dello Spirito Santo, tra loro e in loro. Le molteplici manifestazioni dello Spirito Santo garantivano la verità dell’annuncio dell’apostolo. Ricevettero queste prove di benevolenza di Dio senza che si fossero fatti circoncidere. Quindi sarebbe disastroso per loro, se essi, non comprendessero più la gratuità della cura di Dio nei loro confronti. Sarebbe disastroso se cercassero di costringere Dio ad amarli, in seguito al cumulo dei loro meriti. 

Gli Atti degli apostoli narrano dell’effusione dello Spirito su persone pagane aperte al Vangelo: «Pietro stava ancora [parlando], quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: “Chi può impedire che siano battezzati nell'acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?”. E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo» (At 10,44-48). 

3 Siete così privi d'intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? 

Grazie alla loro fede in Gesù, i Galati ricevettero lo Spirito Santo e furono rafforzati dalla potenza di Dio. Non devono, allora, «finire nel segno della carne». Che significa? Non devono ritornare alle situazione in cui si trovavano prima di accogliere il Vangelo. Allora avevano sperimentato la povertà dell’essere carne, ossia debolezza che affligge ogni uomo per la quale nessuno è in grado di sfuggire al peccato. Se ora non si affidassero più all’opera del Signore, ma si appoggiassero alla loro buona volontà, finirebbero col diventare preda del Peccato. 

Parlando di alcuni cristiani che avevano abbandonato la via della fede, l’autore della seconda lettera di Pietro avverte: «Se, dopo essere sfuggiti alle corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, rimangono di nuovo in esse invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso» (2 Pt 2,20-21). La situazione dei Galati è simile a questa denunciata nella lettera. 

4 Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! 5 Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede?

Accadeva che coloro che aderivano alla fede in Cristo venissero perseguitati. Così esorta l’autore della Lettera agli Ebrei: «Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo» (Eb 10,32-33). Anche i Galati avevano sopportato sofferenze e ostilità ed ora rischiano di vanificare gli sforzi fatti, anzi di rendersi colpevoli nei confronti di Dio. Ripete di nuovo la domanda: lo Spirito lo avete ricevuto perché avete creduto in Gesù o perché vi siete fatti circoncidere?

6 Come Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia, 7 riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. 

I Giudeo-cristiani e i Galati pagani che avevano frequentato la Sinagoga come timorati di Dio, conoscevano la Bibbia. Paolo, per rendere più credibile il suo messaggio, fonda le sue asserzioni sulla Sacra Scrittura e cita la vicenda di Abramo. Questi, quando fu chiamato da Dio, era ancora pagano. Il Signore non lo scelse per i suoi meriti, ma per un atto d’amore gratuito e il patriarca fu gradito a lui soltanto perché si fidò delle sue promesse. Dio lo chiamò per una sua decisione misteriosa e gratuita, a prescindere dalle sue opere. Quanto accadde un tempo ad Abramo, si è ripetuto ora con i Galati. Essi, quando erano ancora pagani, hanno imitato l’atteggiamento di fede di Abramo e in questo modo si sono rivelati suoi figli, non per discendenza umana, ma per la loro affinità spirituale con il patriarca. 

8 E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. 9 Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. 

Dio ha chiamati al Vangelo i fedeli della Galazia per un atto d’amore, non perché doveva ricompensarli per i loro meriti ed essi si sono fidati della bontà di Dio e hanno creduto alle sue promesse. Hanno verificato, così, la verità della promessa che Dio aveva formulato ad Abramo, quella di benedire tutti i popoli per mezzo di lui, come ricompensa della sua fede in lui. Il caso di fede di Abramo si è moltiplicato perché adesso molti imitano la sua fiducia in Dio. Grazie a questa fiducia in Dio hanno ricevuto la benedizione, che consiste ora nel poter vivere la fede cristiana. 

10 Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. 11 E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. 12 Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. 

Gli uomini che vogliono diventare graditi a Dio grazie alle loro scrupolose osservanze, trascurando l’opera compiuta da Gesù a loro favore, rischiano la rovina. È impossibile infatti che siano talmente obbedienti al Signore da non commettere dei peccati. Peccando, tuttavia, cadono nella maledizione prevista per i trasgressori. La maledizione non è la vendetta di Dio ma è sperimentare l’amara conseguenza di una scelta sbagliata. È come voler andare ad abitare in una terra arida dove non è possibile vivere. Bisogna piuttosto credere che Dio soccorra i peccatori e diventare una cosa sola con il Figlio suo Gesù. Questo è il progetto del Signore. 

13 Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, 14 perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito. 

Cristo ci ha liberati per sempre facendosi uscire dalla terra arida della invivibilità, dalla maledizione, in cui c’eravamo cacciati. Ha fatto questo perché è entrato nella terra inabitabile e deserta del peccato. Ha provato su di sé l’orrore della maledizione ma in quel luogo ha fatto fiorire la benedizione per tutti. 

Mentre prima della sua venuta soltanto gli ebrei potevano partecipare alla benedizione elargita ad Abramo, ora invece essa è estesa a tutti coloro che condividono lo stesso sentimento di fiducia in Dio del patriarca. Gesù ci porta la benedizione del Padre e questa benedizione corrisponde all’effusione in noi dello Spirito Santo. Grazie allo Spirito diventiamo un solo essere con Cristo e possiamo cominciare a vivere un’esistenza gradita a Dio. 

Il testo biblico, a cui Paolo si riferisce, dichiara: l’uomo «appeso [ad un albero] è una maledizione» (Dt 21,23). Cristo ha sperimentato la maledizione ma non è stato maledetto lui, come persona. A motivo della sua innocenza, non doveva conoscere la maledizione ma ha voluto sperimentarla per liberare gli uomini da essa. 

La Sacra Scrittura attesta due possibilità diverse tra loro. Da una parte proclama che la vita verrà concessa soltanto a chi osserva le leggi («Osserverete dunque le mie leggi e le mie prescrizioni, mediante le quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il Signore [Lv 18,5]», dall’altra promette che il giusto «potrà vivere grazie alla sua fede» (Ab 2,4). Il popolo ha sperimentato l’amarezza della tragressione ma ha sempre sperato in una misericordia più ampia della vastità del peccato e ha atteso l’intervento liberatore di Dio: «Quale dio è come te, che toglie l'iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi» (Mi 7,18-20). Dio ha gettato in fondo al mare i nostri peccati grazie all’obbedienza di Gesù in croce. 

La promessa e la Legge

15 Fratelli, ecco, vi parlo da uomo: un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. 16 Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura: «E ai discendenti», come se si trattasse di molti, ma: E alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo. 

Continua a cercare nella Sacra Scrittura un fondamento del suo annuncio e torna a riflettere sulla figura di Abramo e sul ruolo del suo Discendente. Ricorda che esistono degli atti giuridici definitivi, come, ad esempio, un lascito testamentario dopo la morte del testatore. La promessa di Dio ad Abramo deve essere considerata come un atto legale di questo genere. Dio gli promise che avrebbe benedetto il suo «seme». Il termine «seme» può essere inteso in senso collettivo (una discendenza) o personale (un figlio). Nelle interpretazioni successive, il seme al quale era destinata la benedizione venne inteso come un riferimento al Messia. Paolo, convalida questa interpretazione aggiungendo che il Messia è Gesù. Nel Messia/Gesù Dio ha benedetto tutti i popoli. 

17 Ora io dico: un testamento stabilito in precedenza da Dio stesso, non può dichiararlo nullo una Legge che è venuta quattrocentotrenta anni dopo, annullando così la promessa. 18 Se infatti l'eredità si ottenesse in base alla Legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece ha fatto grazia ad Abramo mediante la promessa.

L’eredità, ossia la salvezza, si ottiene in base alla promessa scaturita dall’amore gratuito di Dio. Egli decise di benedire gli uomini che si fidavano di lui, anche se erano peccatori nel momento di riceverla (in seguito, questa benedizione li avrebbe resi uomini giusti, capaci di obbedire al Signore). 

Quattro secoli dopo questa decisione, la Legge di Mosè stabilì, invece, che soltanto gli uomini retti, osservanti dei precetti, potevano essere benedetti. Questa nuova disposizione, molto più restrittiva, tuttavia, non poteva annullare la promessa precedente di Dio, ormai ratificata. Come mai il Signore permise questo contrasto? Perché venne promulgata una Legge che non era per nulla rassicurante rispetto alla promessa?

19 Perché allora la Legge? Essa fu aggiunta a motivo delle trasgressioni, fino alla venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa, e fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore. 

Dio non ha adempiuto la sua promessa subito dopo averla formulata, cioè non ha inviato subito il suo Messia. In un primo tempo, ha voluto soccorrere gli uomini mediante un provvedimento provvisorio e in parte poco efficace, ossia con la Legge mosaica. Per mezzo di essa arginò l’impeto del male. Mentre la promulgava, però, pensava sempre al dono che avrebbe fatto più tardi e che sarebbe stato risolutivo, cioè l’invio del Messia. Intanto voleva educare gli uomini facendo capire loro che non erano in grado da soli di liberarsi dal peccato e che avrebbero dovuto ricorrere a Colui che avrebbe donato loro, il Messia/Gesù. La Legge, quindi, contrastava il male senza poter sconfiggerlo in maniera definitiva. Aveva soltanto uno scopo pedagogico. 

La Promessa della benedizione era stata formulata da Dio stesso, in modo diretto, nel dialogo con Abramo. Al contrario, la Legge non fu promulgata direttamente da Lui ma da alcuni angeli [che si rivolsero ad un mediatore; l’apostolo non precisa chi sia stato, forse un Arcangelo oppure Mosè]. All’epoca, per garantire la trascendenza divina, si diceva che Mosè, sul monte Sinai, avesse incontrato degli angeli. Con questi accorgimenti, Dio voleva accreditare la sua Legge ma anche evitare che essa venisse considerata l’aiuto definitivo. Bisognava accoglierla ma intanto rimanere in attesa d’un bene molto migliore. 

20 Ma non si dà mediatore per una sola persona: ora, Dio è uno solo. 

Versetto di difficile interpretazione. Una persona può agire da sola, direttamente, senza servirsi di intermediari e questo modo di fare è più consono a Dio, quello preferito da lui. Egli infatti è un Dio unico, più grande di quasiasi creatura che possa fungere da mediatore. 

21 La Legge è dunque contro le promesse di Dio? Impossibile! Se infatti fosse stata data una Legge capace di dare la vita, la giustizia verrebbe davvero dalla Legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo. 

Dio non è come gli uomini che cambiano parere e perciò non ha mai ritirato la sua promessa. La sua intenzione è rimasta sempre la medesima: trovare un modo per perdonare gratuitamente l’uomo peccatore e renderlo santo, con un atto di misericordia decisivo. La Legge, pur essendo santa, non infondeva nell’uomo la forza necessaria per vincere il male e ottenere la vita. Anzi essa dichiara in maniera chiara che tutti gli uomini sono rinchiusi come prigionieri da un tiranno che li domina, ossia il Peccato. L’intervento risolutore è stato la missione del Figlio Gesù, come aveva promesso ad Abramo. È lui il discendente del patriarca designato da Dio a comunicarci la benedizione. Soltanto accogliendo lui, ci liberiamo dal peccato. Se la Legge fosse stata in grado di renderci giusti, in seguito alla nostra osservanza delle norme, Dio non avrebbe escogitato un altro intervento ancora più qualificato. 

23 Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. 25 Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. 

Paolo continua a ridimensionare la Legge non perché la consideri negativa, ma perché non può essere paragonata all’efficacia della fede. La Legge rinchiude, proprio come fa il Peccato. È quest’ultimo, però, il vero tiranno che rende prigionieri gli uomini servendosi di essa. 

La Legge custodiva gli uomini allo stesso modo d’un pedagogo, il severo sorvegliante dei ragazzi. Questi non aveva la funzione né la possibilità di persuadere ma soltanto di sorvegliare, con moniti severi e punizioni. Ora l’umanità non è più corretta dalla disciplina della Legge, ma viene persuasa e rafforzata dal Signore Gesù che ci riveste di se stesso. 

26 Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. 29 Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.

Paolo precisa ancora meglio il significato della giustificazione per fede. Dio Padre riveste del suo stesso Figlio gli uomini che si fidano della sua volontà di perdono. È questa la vera svolta nella storia della salvezza. La veste non indica un elemento esteriore ma segnala un vero cambiamento interiore. 

Non bisogna pensare ad automatismi miracolistici. L’annuncio del Vangelo proclama il volere di Dio di riconciliarsi con gli uomini ed assicura che, grazie all’obbedienza di un uomo solo, Cristo, tutti gli uomini sono perdonati. Chi crede a questo messaggio ed accoglie questo invito, prima di tutto si pente del suo peccato e decide di ritornare a Dio Padre che lo attende. Chi accoglie l’annuncio del Vangelo e si fa battezzare, riceve in sè il Figlio stesso che comincia a trasformarlo perché diventi come lui. Chiedendo l’aiuto di Gesù, apprende col tempo a pensare e ad agire come lui. Il battezzato diventa realmente figlio di Dio quando comincia a pensare e ad agire come l’unico vero Figlio. La nascita di Cristo in noi è paragonabile ad un parto doloroso (cfr. 4,19). 

Negli uomini che vivono in Cristo compare la nuova creazione, si manifesta il Regno di Dio. Esso non appare soltanto in singole persone rinnovate, ma in comunità che vivono al loro interno il messaggio del Vangelo. In esse comincia a realizzarsi il futuro (escatologico) che prevede il superamento di tutte le discriminazioni e le violenze che segnano in maniera pesante il cammino dell’umanità. Ormai vale soltanto che Cristo sia tutto in tutti. 

«Pensa, ti prego, che Nostro Signore Gesù Cristo è il tuo vero capo, e che fai parte delle sue membra. Egli ti appartiene come il capo al corpo. Tutto ciò che è suo, è tuo: il suo spirito, il suo cuore, il suo corpo, la sua anima, e tutte le sue facoltà… Non solamente egli ti appartiene, ma vuole essere in te, vivendo e dominando in te come il capo vive e regna nelle sue membra. Egli vuole che tutto ciò che è in lui viva e domini in te: il suo spirito nel tuo spirito, il suo cuore nel tuo cuore, tutte le facoltà della sua anima nelle facoltà della tua anima, …perché la vita di Gesù si manifesti in te… Non c’è vera vita per te se non in lui solo, che è la fonte esclusiva della vera vita» (Dal trattato «L’ammirabile Cuore di Gesù» di san Giovanni Eudes Lib. 1, 5). 

«Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa». Credendo a Gesù e accogliendolo in se stesso, ogni uomo diventa discendente di Abramo, viene ad appartenere al popolo di Dio, acquisisce la stessa dignità di Israele, senza sottomettersi alla circoncisione. Anzi diventa Figlio di Gesù come lo è Lui. 

Capitolo 4

1 Dico ancora: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, benché sia padrone di tutto, ma 2 dipende da tutori e amministratori fino al termine prestabilito dal padre. 3 Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo schiavi degli elementi del mondo. 

Tutto intento a far conoscere la grande novità del Vangelo, Paolo si serve di un altro esempio prese dal mondo giuridico. Un erede, finché è un fanciullo, non può avvalersi di tutti i diritti di cui gode come figlio naturale, finchè non lo decida il padre. Israele fu custodito dalla Legge, come se essa fosse stata il suo tutore e, nel frattempo, non potè godere di tutti i vantaggi che derivano dall’essere figli di Dio (anche se si definiva tale). Afferma inoltre che la sua situazione non era dissimile da quella di uno schiavo poiché la Legge non lo liberava dalla schiavitù al Peccato. 

Bisogna precisare, però, che Dio non trattò mai il suo popolo se come fosse uno schiavo senza diritti, anzi se esso fosse stato uno schiavo, non avrebb mai potuto diventare figlio. Paolo precisa che questa situazione precaria ed infelice del popolo di Israele era anche la sua. Con gli altri Israeliti, era schiavo degli elementi del mondo, senza chiarire che cosa essi siano. 

4 Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. 6 E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». 7 Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Annuncia la grande svolta nella storia della salvezza. Finalmente è giunta la pienezza del tempo, l’ora tanto attesa dell’adempimento del progetto di Dio. Gesù aveva già annunciato il compimento dell’attesa e l’inizio del Regno di Dio (Mc 1,15; Lc 10,18; 11,20). Egli è entrato nel mondo non perché fosse giunta l’ora prevista da Dio, quasi fosse stata stabilita una scadenza nel calendario celeste, ma è stata la sua missione nel mondo a realizzare la pienezza del tempo, la fine dell’attesa. 

Paolo ricorda che Gesù è nato da donna, ossia è stato uomo come noi. Aggiunge che è nato sotto la Legge, cioè nacque come ebreo e si sottomise alle prescizioni della Legge. 

Tuttavia la missione di Gesù prevedeva la creazione di qualcosa di più grande. Non volle soltanto di dare un esempio di obbedienza o di stabilire una nuova interpretazione della Legge. Egli divenne la nuova ed ultima rivelazione di Dio, secondo la promessa annunciata nella Sacra Scrittura. Al posto della vigna infruttuosa di Israele, crebbe Lui come nuova vigna piantata dal Padre, rigogliosa e colma di frutti e diede a noi la possibilità di inserirsi in lui come tralci. 

Questo inserimento in Cristo, Paolo lo chiama riscatto dalla Legge e adozione a figli. In pratica l’humus dal quale attingiamo l’alimento non è più la Legge ma Cristo che ha obbedito al Padre con un amore di dedizione ben superiore alla lettera della Legge. Il riscatto dalla Legge non è stato un inserimento nel terreno dell’arbitrio o del capriccio, ma in quello della libertà e dell’agire da figli. Non facciamo perciò il bene per obbligo, per paura, ma perché lo vogliamo fare per agire da figli. Noi possiamo nutrire questa intenzione e poi attuarla perché siamo mossi dallo Spirito Santo come lo fu Gesù. Il dono del compimento prevede, infatti, come bene insuperabile, l’effusione dello Spirito Santo il quale forma in noi lo stile di vita di Gesù e ci infonde la sua stessa confidenza di figlio. Essa ci induce a chiare Dio con titolo di «Abba», proprio come faceva Gesù (Mc 14,36). Egli è, per così dire, il figlio naturale e noi i figli adottivi. L’adottato non diventa un figlio di seconda mano ma possiede tutti i diritti del figlio naturale. Infatti riceve l’eredità, non da Abramo ma da Dio stesso. 

8 Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, voi eravate sottomessi a divinità che in realtà non lo sono. 9 Ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire? 10 Voi infatti osservate scrupolosamente giorni, mesi, stagioni e anni! 11 Temo per voi di essermi affaticato invano a vostro riguardo. 12 Siate come me - ve ne prego, fratelli -, poiché anch'io sono stato come voi. 

Nuovo invito a non ritornare alla situazione precedente al Battesimo, quando i Galati erano schiavi delle pratiche idolatriche e servivano divinità inesistenti. Come non riprendono quest’ultime, così non hanno alcuna necessità di assumere le pratiche del giudaismo, altrimenti resterebbero in un regime di schiavitù ed egli li avrebbe evangelizzati inutilmente. Quando erano pagani, a differenza di Israele, non conoscevano Dio, nel senso che non vivevano in un rapporto d’alleanza con Lui mentre ora godono della riconciliazione che Egli ha voluto stabilire con loro per un dono gratuito; sono stati conosciuti da Lui. 

Non mi avete offeso in nulla. 13Sapete che durante una malattia del corpo vi annunciai il Vangelo la prima volta; 14quella che, nella mia carne, era per voi una prova, non l’avete disprezzata né respinta, ma mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù. 15Dove sono dunque le vostre manifestazioni di gioia? Vi do testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darli a me. 16Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? 

Dopo aver esposto il rapporto stabilito da Dio stesso con i Galati, ricorda la relazione amorevole che si era creata tra lui e loro. Inizia il discorso assicurando che egli non si sente offeso dal fatto che sono stati presi da dubbi circa la verità del suo insegnamento e che, da parte sua, non c’è alcuna intenzione di rottura di rapporti. Ricorda che si era fermato a lungo tra loro a motivo d’una malattia che l’aveva colto a sorpresa. Forse aveva pensato di percorrere la Galazia in modo più celere per recarsi altrove (ad Efeso?) mentre la malattia lo costrinse a restare più a lungo del previsto ed egli era rimasto sorpreso del grande affetto che gli avevano dimostrato. Spera di sperimentare un’altra volta la loro premurosa attenzione nei suoi confronti. 

17Costoro sono premurosi verso di voi, ma non onestamente; vogliono invece tagliarvi fuori, perché vi interessiate di loro. 18È bello invece essere circondati di premure nel bene sempre, e non solo quando io mi trovo presso di voi, 19figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi! 20Vorrei essere vicino a voi in questo momento e cambiare il tono della mia voce, perché sono perplesso a vostro riguardo. 

I giudeo-cristiani di Gerusalemme si mostrano premurosi verso i Galati ma lo fanno animati da una motivazione maligna. Sperano che la loro cortesia li induca ad accettare la loro intenzione di condurli nell’alveo di Israele. Secondo loro, la fede in Cristo non è sufficiente a salvarli ma devono inserirsi anche nel popolo dell’antica Alleanza, accettando la circoncisione e sottomettemdosi a tutte le pratiche religiose ebraiche. Paolo sta soffrendo a causa della loro situazione di incertezza e i suoi dolori soni simili a quelli provati da una partoriente. Infatti egli sta formando in loro Cristo. Anche in questo passo dal tono più sentimentale, l’apostolo non sta difedendo il suo ruolo ma quello di Cristo Gesù.

21Ditemi, voi che volete essere sotto la Legge: non sentite che cosa dice la Legge? 22Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. 23Ma il figlio della schiava è nato secondo la carne; il figlio della donna libera, in virtù della promessa. 24Ora, queste cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due alleanze. Una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, è rappresentata da Agar 25– il Sinai è un monte dell’Arabia – ; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. 26Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la madre di tutti noi. 27Sta scritto infatti: Rallégrati, sterile, tu che non partorisci, grida di gioia, tu che non conosci i dolori del parto, perché molti sono i figli dell’abbandonata, più di quelli della donna che ha marito. 28E voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco. 29Ma come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora. 30Però, che cosa dice la Scrittura? Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio della donna libera. 31Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma della donna libera.

Nel concludere la parte teologica della sua lettera, ricorre ad una ulteriore testimonianza biblica, piuttosto elaborata. Abramo aveva avuto due figli, Ismaele e Isacco. Il primo l’aveva avuto dalla schiava Agar; il secondo dalla moglie Sara, che era una donna libera. Ottenne Isacco in modo miracoloso, in base ad una promessa di Dio, dal momento che Sara era sterile, e questi fu considerato il figlio della promessa. Queste due donne sono un’immagine di due Alleanze. 

Secondo Paolo, distinguendosi dalla tradizione ebraica, Agar, immagine dell’Alleanza antica, rappresenta la città di Gerusalemme, ossia il popolo ebraico che è schiavo della Legge. Sara, immagine della nuova Alleanza, rappresenta invece la Gerusalemme celeste, ossia il popolo di Dio che apparirà nel tempo della pienezza della storia della salvezza. Questo popolo sorgerà in modo prodigioso, come lo fu Isacco, come adempimento di una promessa di Dio. Una persona diventava ebrea perché nasceva da una famiglia ebrea, per discendenza umana. I Galati sono paragonabili ad Isacco perché sono diventati appartenenti al popolo di Dio grazie ad una decisione di grazia del Signore, senza alcun diritto da parte loro.

Ismaele nutrì sentimenti ostili contro Isacco; in modo simile, ora, i discendenti di Agar, cioè gli ebrei e i giudeo-cristiani, vogliono assogettare alle loro disciplina i figli della promessa, cioè i Galati che provengono dal paganesimo. Il loro tentativo di voler assimilare i Galati al popolo ebreo viene inteso come una persecuzione nei loro confronti. Sara chiese che Agar, insieme ad Ismaele, venisse allontanata dalla famiglia. È quello che sta ripetendo Paolo nei confronti dei giudei-cristiani. Devono essere messi nella condizione di non nuocere ai nuovi credenti, che sono in una situazione di fragilità. 

Vita nella libertà

1Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. 

La libertà dell’uomo è il risultato di una liberazione. Cristo ha liberato i Galati e, con loro, tutti i credenti in lui, perché rimanessero liberi dalla schiavitù del peccato.

Li ha liberati anche dalla schiavitù della Legge perché grazie alla potenza dello Spirito di Cristo, diventano capaci non soltanto di obbedire ai comandamenti della Legge ma anche di assomigliare a Gesù che ha amato Dio e i fratelli più di quanto esigesse l’antico ordinamento. Dovrebbero, quindi, apprezzare la loro nuova situazione e rimanere in questa libertà. 

Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero» (Gv 8,36). «Rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore» (1 Cor 15,58) 

2Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. 3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. 4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. 5Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. 6Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. 

Se i Galati, che provengono dal mondo pagano, accettassero l’esortazione a farsi circoncidere per diventare ebrei, questa loro scelta dimostrerebbe che essi non hanno compreso il valore dell’opera di Cristo. Questo sentire li priverebbe del suo aiuto. Una cosa è ricevere il perdono del Padre, in modo gratuito, grazie all’obbedienza di Gesù; un’altra cosa è cercare di diventare graditi a Dio in seguito ad un’osservanza rigorosa. Il battezzato, inoltre, può cominciare una vita nuova a partire dal dono di Dio che lo ha reso suo figlio e l’ha costituito una cosa sola con Cristo. Le due opzioni sono opposte: o accettiamo la grazia o ci procuriamo da noi la salvezza. Paolo, perciò, vuole «… guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,8-9).

La grazia consiste nel poter contare sull’energia dello Spirito; la circoncisione segnala un’appartenenza culturale ma non origina uomini nuovi, né infonde la carità che crea azioni sante. «La circoncisione non conta nulla; conta invece l’osservanza dei comandamenti di Dio» (1 Cor 7,19). 

Paolo non sta giudicando l’ebraismo, ma il comportamento di chi, dopo aver conosciuto e creduto all’opera di Cristo, non apprezza il dono ricevuto come dovrebbe fare e ricorre ad altre soluzioni. L’ebraismo di per sé non è una religione fondata sull’autogiustificazione: l’ebreo sa che la Legge è un dono, l’Alleanza con Dio un evento di Grazia e chiede al Signore la forza di vivere nella sua volontà. L’ebraismo diventa un tentativo di autogiustificazione soltanto se rifiuta, in modo colpevole, l’opera di Gesù: «Rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede» (Rm 10,2-4).

7Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? 8Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! 9Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta. 10Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. 

Ricorda i primi momenti nei quali i Galati avevano acconto con grande fervore l’annuncio di Paolo. Correvano nella strada della verità di Dio ma poi i giudeo-cristiani li hanno fatti inciampare. I dubbi che li attanagiano al presente non vengono dal Signore. Le loro proposte sono come un fermento corrosivo che può rovinare tutto l’impasto. Gesù disse ai discepoli: «“Guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei”. Allora essi compresero che egli non aveva detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei sadducei» (Mt 16,12). L’apostolo, tuttavia, è certo che il Signore li guiderà per impedire che s’allontanino dalla verità. 

11Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. 12Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! 

Qualcuno aveva insinuato che Paolo aveva cambiato opinione e che, ormai, avveva accolto l’idea della necessità della circoncisione. Egli reagisce a questa falsa notizia affermando che se avesse fatto questo, non sarebbe più perseguitato dagli ebrei. Per lui sarebbe stato più comodo tradire il suo Vangelo ma egli vuole restare fedele allo scandalo della croce. 

13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. 14Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 15Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! 

Il battezzato non ha più la Legge come riferimento ultimo ma Gesù. Proprio per questo egli non vive nell’egoismo, per cadere nella schiavitù delle passioni umane. Gesù si era posto come servitore di tutti ed aveva perfino lavato i piedi dei discepoli. In continuità con lui, dovrà considerare il fratello un signore a cui servire e sottomettersi, volontariamente, alle esigenze della carità. È libero chi lascia scorrere dentro di sé le energie dell’amore. Libertà e carità camminano assieme; non c’è l’una, seza l’atra. La Sacra Scrittura contiene numerose norme ma queste possono essere riassunte nell’unico principio del servizio al fratello. In questo sta l’essenza della Legge. Chi non riesce a fare il meglio, cerchi, almeno, di evitare il peggio. 

16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. 17La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. 18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. 

Paolo dedica un paragrafo all’azione dello Spirito. Questa Forza divina, dal carattere personale, crea una comunione di vita con Gesù, infonde in noi le stesse aspirazioni alle quali egli era proteso. Per questo rappresenta il dono massimo di Dio. Cristo, nella sua vita di uomo di carne, ha seguito i suggerimenti dello Spirito, è stato la manifestazione del Padre e dello Spirito. Animati da esso, ci troviamo in una condizione di gran lunga superiore di chi si trova a praticare la Legge sorretto, principalmente, dalla sua buona volontà. 

Parlando di carne, Paolo, qui, non si riferisce al nostro corpo o alle sue pulsioni istintive ma all’uomo concreto incline al Peccato. 

19Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, 20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, 21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. 22Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; 23contro queste cose non c'è Legge. 24Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. 26Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.

Le opere della carne sono le azioni prodotte dall’uomo incapace di vincere il male, neppure se è ammonito dalla Legge. Egli diventa, allora, estraneo al Regno di Dio e alla nuova creazione inaugurata dalla Pasqua di Cristo. Lo Spirito produce un solo frutto, quello dell’amore che si diversifica in molteplici aspirazioni ed opere. 

L’essenza ultima del battezzato, comunque, rimane sempre la sua partecipazione alla morte di Cristo, per la quale egli, prima di tutto, è morto al peccato. 

Capitolo 6

1Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. 


2Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo. 3Se infatti uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso. 4Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora troverà motivo di vanto solo in se stesso e non in rapporto agli altri. 5Ciascuno infatti porterà il proprio fardello. 6Chi viene istruito nella Parola, condivida tutti i suoi beni con chi lo istruisce. 7Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. 8Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. 9E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. 10Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

Raccomandazioni e augurio

11Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, di mia mano. 12Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. 13Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la Legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. 

Paolo aggiunge una firma autografa alla pagina della lettera che aveva dettata ad un tachigrafo, per mostrare una vicinanza con la comunità. 

Ribadisce il messaggio che gli sta a cuore anche in queste ultime raccomandazioni: i fedeli non devono cedere all’invito di farsi circoncidere per avere sul loro corpo un segno di cui andare orgogliosi. Farebbero bella figura nella carne. Qui la parola carne ha un doppio significato: corpo fisico ma anche umanità infedele a Dio. Oltre a contrassegnare il loro corpo, avrebbero motivo di inorgoglirsi per motivi privi di valore, anzi controproducenti: abbandonare il Signore Crocifisso per ritrovarsi nella loro debolezza. Se cedono alle richieste dei giudeo-cristiani, non fanno questo per ragioni di coscienza ma per evitare la disapprovazione di tutto il mondo ebraico. In realtà, aggregarsi alla comunità di Israele non rappresenta alcuna crescita spirituale perché gli Ebrei, nonostante la loro osservanza di certe pratiche, non si mantengono fedeli alla Legge. 

14Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. 15Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. 16E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio. 17D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. 18La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Nel chiudere lo scritto, ripropone l’elemento centrale del suo insegnamento: egli vuole continuare a vantarsi della croce del Signore. È Gesù Crocifisso che lo ha liberato dal peccato e l’ha fatto morire ad esso. Egli può ora usufruire di questo grande dono. Cristo crocifisso lo ha anche liberato totalmente dal mondo non-redento; non ha più nessuna relazione con tutto ciò che si oppone a Dio e questa realtà opaca non ha più relazione con lui. 

Grazie all’opera di Gesù e al dono dello Spirito è diventato un uomo nuovo. Il Regno di Dio inaugurato con la Pasqua di Gesù appare in lui, nuova creatura. 

Augura pace e misericordia sull’Israele di Dio, sul nuovo popolo composto dagli Ebrei e dai pagani che hanno accolto Gesù. 

I Galati dovrebbero riconoscere che egli, nella sua persona, porta vistose cicatrici, ossia le sofferenze causate dal suo impegno missionario. Sono cicatrici di Gesù stesso che continua in lui la sua passione redentrice. 


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