Capitolo 12
Nel capitolo attuale e in quelli seguenti (13-15), espone quale deve essere la risposta degli uomini all’iniziativa divina, dopo aver riconosciuto la sua misericordia così sorprendente.
1Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.
Paolo comincia rievocando la misericordia divina. Parakalò: chiedo a voi, vi supplico, vi incoraggio ad accogliere le conseguenze pratiche di quanto vi ho annunciato riguardo all’agire di Dio. Avete ora la possibilità di offrirvi a lui in dono, imitando la sua carità. Nel loro culto, i pagani e gli ebrei offrono dei sacrifici di cose o di animali, mentre Dio chiede che la vostra vita diventi un atto di culto. «Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo» (Sal 40,7-9). «Chi osserva la legge vale quanto molte offerte; chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. Chi ricambia un favore offre fior di farina, chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode. Cosa gradita al Signore è tenersi lontano dalla malvagità, sacrificio di espiazione è tenersi lontano dall’ingiustizia» (Sir 35,1-5).
«Dopo aver parlato a lungo della generosità di Dio e aver mostrato la sua infinita bontà, che nessuno può sondare, la ripropone per spingere coloro che hanno ricevuto tanti doni e tanti benefici a rendersene degni con la loro condotta. Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, affinché il vostro culto sia spirituale. Come può il corpo essere offerto in sacrificio? Non fissi il tuo occhio nulla di male e diventerà un sacrificio; non pronunci nulla di iniquo e diventerà un'offerta; non faccia nulla di contrario alla legge e diventerà un olocausto. Questo non basta ma dobbiamo aggiungervi la pratica delle buone opere, affinché la mano faccia l'elemosina, la bocca ricambi con benedizioni le maledizioni e l'orecchio si applichi diligentemente all'ascolto della parola di Dio. Il culto ebraico [del tempio] presentò a Dio un corpo morto [quelo degli animali sacrificati] mentre il nostro culto rende più vivo ciò che viene immolato, perché è mortificando le nostre membra che possiamo vivere. Quando Elia offrì una vittima visibile, una fiamma discesa dal cielo consumò tutto (l'acqua, la legna, persino le pietre) quanto più accadrà lo stesso a te. Se hai ancora qualcosa di carnale, ma presenti il culto con cuore retto, il fuoco dello Spirito scenderà, consumerà tutto questo e completerà il sacrificio» (CLR 21,1).
2Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
Dovete distinguervi sempre di più dal modo di pensare e di agire degli altri uomini, ma soprattutto comprendere sempre meglio ciò che il Signore vi chiede e vi dona la possibilità di fare (12,2). Più che seguire delle norme fissate, lasciatevi trascinare dalla forza della carità.
«L'uomo è soggetto a peccare ogni giorno, perciò l'apostolo consola il suo ascoltatore, dicendo: rinnovatevi ogni giorno. Fate a voi stessi ciò che facciamo alle nostre case, riparando i danni causati dal tempo. Avete peccato oggi? Avete fatto invecchiare la vostra anima? Non scoraggiatevi, ma rinnovatela con il pentimento, facendo il bene e, in questo, non venite mai meno» (CLR 21,1).
Molti «ignorano ciò che è loro utile, non conoscono la volontà di Dio: due cose che sono una sola. Dio vuole ciò che è utile per noi; e ciò che è utile per noi è ciò che Dio vuole. Ora, che cosa vuole Dio? Che viviamo in povertà, in umiltà, nel disprezzo della gloria, nella temperanza; in breve, nella pratica di tutte le virtù che ci ha comandato. La maggior parte degli uomini, tuttavia, le rifiuta come cose odiose, tanto sono lontani dal considerarle utili e come espressione della volontà di Dio» (CLR 21,1).
3Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. 4Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, 5così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. 6Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; 7chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; 8chi esorta si dedichi all’esortazione.
La carità esige l’edificazione di una comunità e questa presuppone la rinuncia ad ogni atteggiamento egoistico. La comunità è un unico corpo composto da molte membra ed ognuna esercita la sua funzione con diligenza a vantaggio di tutti (12,6-8). L’apostolo elenca le azioni a cui si deve dare la prevalenza e gli atteggiamenti interiori con i quali vanno accompagnate. «Da dove viene la tua alta opinione di te stesso? O perché un altro disprezza se stesso? È da Dio che tutto vi è venuto. Voi avete solo ricevuto, non siete voi ad aver trovato qualcosa. Pertanto, trattando di doni e grazie, l'apostolo non dice: questo ha ricevuto un dono maggiore, quello, invece, minore. Che cosa dice? Ognuno ha il suo dono diverso (Cf 1 Cor 7,7). Che importa infatti che non vi siano stati affidati gli stessi beni, se il corpo è lo stesso?» (CLR 21,1).
Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.
«Dopo aver parlato dello spirito di profezia e del ministero, conclude con l'elemosina, per la cura e la protezione che si dimostra per gli altri. Era probabile che alcuni fedeli fossero dotati di virtù, senza avere il dono della profezia. Per consolarli, l'apostolo mostra che il dono (dell’elemosina) è molto più grande perché seguito da una ricompensa, mentre il dono della profezia non è accompagnato da una ricompensa, essendo un dono puro, una grazia pura. La misericordia non basta, bisogna aggiungere la generosità dell'anima che usa misericordia senza tristezza. Non basta dire senza tristezza, ma con una gioia che prorompe e risplende. La misericordia deve avere queste due caratteristiche: sia generosa e compiuta con piacere. Se trovate dolorosa la misericordia, non siete misericordiosi, ma duri e senza umanità. Nulla nell'uomo sembra così vergognoso come il ricevere, a meno che la gioia manifesta di chi dona non dissolva ogni amarezza. Se non dimostri di ricevere più di quanto dai, sarai più di peso che di sollievo per colui al quale è rivolto il tuo dono» (CLR 21,1). «Non vuole che ci accontentiamo di aiutare i poveri con il nostro denaro, vuole che li serviamo con le nostre parole, con le nostre azioni, con le nostre persone» (CLR 21,2)
9La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene;
«Spesso, senza fare il male, sentiamo il desiderio di farlo. L'apostolo scaccia questo desiderio col comando: detestate. Vuole purificare anche il pensiero, ispirarci la profonda avversione per il male. Non si accontenta, poi, di ordinare di fare il bene, ma di farlo con amore; è il significato del precetto espresso dal verbo attaccatevi!» (CLR 21,2)
10amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore.
«La carità non solo deve essere sincera, ma anche intensa, calda, ardente. Che importa che il vostro affetto sia esente da perfidia, se non ha calore? Ecco perché l'apostolo dice: Ciascuno abbia tenerezza per il prossimo, un affetto caloroso. Non aspettare che l'inizio dell'affetto venga da un altro, sii il primo a offrire il tuo slancio, a iniziare, perché è in questo modo che raccoglierai la ricompensa dell'amicizia di quell'altro fratello» (CLR 21,2).
12Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.
«Nulla rende l'anima di un uomo così virile e pronta a tutto quanto una buona speranza. Quindi, prima dei beni sperati, dà un'altra ricompensa. Perché è la speranza dei beni futuri che gli fa dire: Siate costanti nelle tribolazioni. Prima di gustare questi beni che il futuro ci riserva, raccoglieremo dalle tribolazioni presenti un grande frutto: la costanza e la virtù provata» (CLR 21,3). «Indica ancora un altro aiuto: perseveranti nella preghiera. Così l'amore rende facile la virtù, lo Spirito viene in aiuto, la speranza alleggerisce la fatica, l'afflizione dà la costanza che sopporta ogni cosa con generosa fermezza. Oltre a questi aiuti, tu hai un'altra arma ed è la più potente, la preghiera e l'assistenza ottenuta con umili suppliche. D'ora in poi che cosa troverai gravoso nei precetti? Nulla. Vedi come l'apostolo si è preoccupato di rafforzare il suo atleta in ogni modo e come sia riuscito a rendere i precetti completamente leggeri?» (CLR 21,3)
13Condividete le necessità dei santi;
«Fa’ elemosina con i tuoi beni e, nel fare elemosina, il tuo occhio non abbia rimpianti. Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo. In proporzione a quanto possiedi fa’ elemosina, secondo le tue disponibilità; se hai poco, non esitare a fare elemosina secondo quel poco. Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché l’elemosina libera dalla morte e impedisce di entrare nelle tenebre. Infatti per tutti quelli che la compiono, l’elemosina è un dono prezioso davanti all’Altissimo» (Tb 4,7-11). «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7).
siate premurosi nell’ospitalità.
«Non dice: operate l'ospitalità, ma letteralmente: perseguite l'ospitalità. Non dobbiamo aspettare che coloro che hanno bisogno di noi vengano da noi; siamo noi che dobbiamo corrergli dietro e inseguirli. Ciò che fece Lot, ciò che fece Abramo: questi trascorse la giornata in questa generosa caccia, e alla vista dello straniero, si precipitò avanti, gli corse incontro. Guardatevi, quindi, dall'indagare con curiosità sulla vita e sulle azioni (del bisognoso): è il colmo della goffaggine, per concedere un pezzo di pane, andare a scrutare con curiosità un'intera vita. Quest'uomo che chiede, se fosse un assassino, un ladro, qualsiasi cosa vogliate, non vi sembra meritevole di un pezzo di pane, di un po' di denaro? Ma il Signore vostro Dio fa sorgere per lui persino il suo sole; e tu non lo giudichi degno del cibo di un giorno?» (CLR 21,3).
14Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite.
«Non dice: dimentica gli insulti, non vendicarti, ma esige una virtù molto più alta. Dimenticare gli insulti è proprio di un filosofo, ma ciò che l'apostolo esige appartiene solo agli angeli. Coloro che ci perseguitano ci portano ricompense. E ora, se sei vigilante, otterrai, oltre alla ricompensa della persecuzione, un'altra ricompensa. Il tuo persecutore ti porta la prima, tu ti attiri la seconda, benedicendo, e mostrando così il più grande segno di amore per Cristo. Con questo [stile] colpisci i tuoi avversari con stupore, li ammaestri con le tue opere, mostri loro che stai seguendo la strada che conduce a un'altra vita. Questo non è tutto, produrrai ancora un altro bene: se si vede che gli insulti, lungi dal causarti dolore, provocano solo le tue benedizioni, cesseranno di perseguitarti. Dio sarà glorificato e la tua saggezza sarà stata una lezione divina per l'uomo che sbaglia» (CLR 22,1).
17Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini.
«Ora vedi che l'apostolo qui non fa alcuna distinzione, è una legge assoluta che stabilisce. Non chiede di non rendere male al fedele, ma di non rendere a nessuno male per male, né al gentile, né al malvagio, a nessuno, a nessuno» (CLR 22,2). «Considera questo: qualcuno ti insulta e ti muove guerra? Ti costringe a stare in guardia e ti dà l'opportunità di essere come Dio. Se ami l'uomo che ti tende trappole, sarai come colui che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni (Mt 4,5). Un altro ti toglie la fortuna? Se la sopporti coraggiosamente, riceverai la stessa ricompensa di coloro che hanno donato tutto ai poveri» (CLR 10,6) .
15Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto.
«Ci vuole più saggezza per rallegrarsi con coloro che gioiscono che per piangere con coloro che piangono. La natura da sola è sufficiente a suscitare compassione per i dolori; nessuno ha un cuore duro come la pietra per non versare lacrime per gli infelici; ma ciò che richiede tutta la generosità di un'anima grande non è solo non invidiare chi prospera, ma anche condividere la sua gioia» (CLR 22,2).
16Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi.
«Non esiste principio di separazione, di lacerazione nel corpo della Chiesa così tristemente potente come il pensiero che uno sia sufficiente a se stesso; ecco perché Dio ha voluto che avessimo bisogno gli uni degli altri. Per quanto saggio tu sia, avrai bisogno di un altro, e se ti capita di pensare di non averne bisogno, sei completamente privo sia di intelligenza che di buon senso. Perché spesso vediamo anche l'uomo saggio ignorare cosa fare e quello che ha meno intelligenza trovare la condotta da adottare. È ciò che vediamo in Mosè e suo suocero; in Saul e nel suo servo. Non pensare, quindi, che sia umiliante per te aver bisogno di un altro ma questo, al contrario, è ciò che ti eleva e ti rafforza» (CLR 22,2).
18Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
«Questo precetto è opportunamente spiegato con queste parole: se è possibile, per quanto dipende da voi. Ci sono infatti circostanze in cui ciò è impossibile, ad esempio quando si tratta di religione, quando si tratta di difendere gli oppressi. E cosa c'è da stupirsi che tra gli uomini la pace non sia sempre possibile, quando l'apostolo riconosce, tra marito e moglie, la possibilità di una rottura: se l'incredulo si separa, si separino (Cf 1 Cor 7,15). Ciò che l'apostolo dice equivale a questo: fate ciò che è in vostro potere e non date motivo di litigio o di discordia a nessuno, ma se vedi la religione attaccata, non sacrificare la verità alla concordia, ma combatti generosamente fino alla morte. Anche allora, tuttavia, non portare la guerra nella tua anima, non concepire avversione o odio, combatti solo con le tue opere. Se il tuo avversario non mantiene la pace, non andare a riempire la tua anima di tempeste, ma con l’intenzione, rimani amico di colui che combatti e non tradire la verità in alcun modo» (CLR 22,2).
19Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore.
«L'oppresso desidera godere della vendetta. Dio soddisfa abbondantemente la vittima e, se non ti vendichi, avrai Dio come tuo vendicatore. Lascia fare a lui. Poi aggiunge la testimonianza della Scrittura e, dopo aver così ristorato l'anima scossa, le chiede una sapienza ancora più alta: Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare» (CLR 22,3).
20Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da Bibbia bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo.
«Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico» (Es 23,4-5). «Non basta vivere in pace, vuole che i nemici vengano ripagati con dei benefici. Dategli da mangiare e da bere. Poi, poiché ciò che richiede è un compito doloroso e difficile, aggiunge: Perché così facendo radunerai carboni ardenti sul suo capo. Queste parole intendono da un lato intimorire il nemico e dall'altro rendere gli oppressi più ardenti per il bene, con la speranza della ricompensa. L'apostolo sa bene, infatti, che il nemico, anche se fosse una bestia feroce, non rimarrà nemico, dopo aver ricevuto cibo. Per quanto inferma, per quanto ristretta possa essere l'anima dell'oppresso, dopo avergli dato da mangiare e da bere, non sentirà più il desiderio di vendetta» (CLR 22,3).
21Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.
«Chi ha subito un'ingiustizia, non si preoccupa tanto dei beni perduti quanto della vendetta. L'apostolo ha iniziato col dare all'oppresso ciò che desidera, e poi, quando l'odio ha riversato il suo veleno, eleva l'anima a pensieri più elevati. Si rivolge agli oppressi con voce imperiosa: Non lasciarti vincere dal male, ma impegnati a vincere il male con il bene. Insinua dolcemente che è necessario spogliarsi dal sentimento di odio perché il rancore è una sconfitta in cui si è sopraffatti dal male. In questo consiste la vittoria.
Perché la vittoria più grande per l'atleta non è quando si espone ai colpi ricevuti, ma quando, stando in piedi, costringe l'avversario a riversare tutta la sua forza nell'aria. Perché, in questo modo, sfuggirà a tutti i colpi e paralizzerà tutta l'energia dell'altro. E questo è ciò che accade con gli insulti. Quando rispondi loro con insulti, sei sconfitto, non da un uomo, ma dalla passione servile, dall'ira che ti agita; al contrario, se rimani in silenzio, hai ottenuto la vittoria. Molti saranno desiderosi di onorarti e di condannare l'oltraggio che avrei subito. Chi risponde agli insulti sembra rispondere solo perché ne ha sentito il dolore, e chi ne sente il dolore dà l'impressione di riconoscere la giustezza dei discorsi ingiuriosi; ridi, e con la tua risata ti metterai al di sopra di ogni sospetto. Se insisti per una dimostrazione che ti faccia comprendere chiaramente il significato di queste parole, chiedi al tuo nemico stesso cosa lo fa soffrire di più: è quando sei acceso d'ira e gli rispondi con insulti? È quando questi insulti provocano solo il tuo riso? Ti dirà che è quando adotti quest'ultima soluzione. Il nemico non è tanto contento di vederti risparmiargli una risposta oltraggiosa, quanto si sente punto nel vivo dalla sua incapacità di smuoverti. Non vedi i furiosi, insensibili alla grandine di colpi, precipitarsi in avanti, più violenti dei cinghiali, per ferire il prossimo, mirando solo a quello, senza preoccuparsi altro che di quello, senza preoccuparsi delle ferite che potrebbero capitargli? Perciò, quando, soprattutto, privi il tuo nemico di ciò che più desidera, è fatta: ti sei guadagnato il titolo di uomo saggio, hai inflitto al tuo nemico la reputazione di essere brutale e malvagio.
Vuoi infliggere al tuo nemico un colpo mortale? Porgigli l'altra guancia, lo trafiggerai così con mille ferite. Coloro che ti ammirano, gli sono di peso più che se gli tirassero pietre. Anticipando il loro giudizio, la coscienza del colpevole lo condannerà. Come se stesse subendo la più schiacciante sconfitta, lo vedrai ritirarsi confuso. Ci sentiamo sempre in sintonia con coloro che vediamo maltrattati ma è soprattutto quando non rispondono con colpi a chi li colpisce. La nostra emozione cessa di essere semplice pietà per trasformarsi in ammirazione» (CLR 22,3).
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