Numerosi passi del Nuovo Testamento testimoniano
espressamente che in Cristo furono create tutte le cose [...]. Tutte le cose
sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col 1,16). In lui ci ha
scelti prima della creazione del mondo (Ef 1,4). Tutto è stato fatto per mezzo
della Parola (Gv 1,3) e per questo la Parola era già nel mondo e con
l'incarnazione egli venne tra i suoi (Gv 1,10), vale a dire nella realtà che
egli compenetra e segna con la sua presenza.
Questa presenza salvifica di Dio vale, in modo particolarmente esplicito, per l'eone veterotestamentario. Secondo Paolo, Cristo, come roccia spirituale, accompagnava già Israele che camminava nel deserto (cf. 1 Cor 10,4); è Lui che ha rivolto la sua parola a Mosè e ai profeti (cf. Gv 5,46). La legge dell'Antico Testamento è dello Spirito (Rm 7,14); essa è stata per noi pedagogo, fino a Cristo (Gal 3,24), avendo così una «funzione propedeutica» verso di lui. In breve: la creazione, che è stata creata in Cristo, per mezzo di lui e verso di lui orientata, di lui che è la pienezza, perfetto compimento di tutte le cose (Ef 1,23), è di fatto segnata, sostenuta e avvolta dalla grazia di Dio in Gesù Cristo. Qui non si tratta semplicemente del «Logos al di sopra della storia», ma di Gesù Cristo, che Dio guarda come Redentore fin dal principio della creazione.
Questa presenza salvifica di Dio vale, in modo particolarmente esplicito, per l'eone veterotestamentario. Secondo Paolo, Cristo, come roccia spirituale, accompagnava già Israele che camminava nel deserto (cf. 1 Cor 10,4); è Lui che ha rivolto la sua parola a Mosè e ai profeti (cf. Gv 5,46). La legge dell'Antico Testamento è dello Spirito (Rm 7,14); essa è stata per noi pedagogo, fino a Cristo (Gal 3,24), avendo così una «funzione propedeutica» verso di lui. In breve: la creazione, che è stata creata in Cristo, per mezzo di lui e verso di lui orientata, di lui che è la pienezza, perfetto compimento di tutte le cose (Ef 1,23), è di fatto segnata, sostenuta e avvolta dalla grazia di Dio in Gesù Cristo. Qui non si tratta semplicemente del «Logos al di sopra della storia», ma di Gesù Cristo, che Dio guarda come Redentore fin dal principio della creazione.
Infatti, Dio poté «osare» l'opera di una creatura libera,
che avrebbe potuto decidersi anche contro di lui, solo perché fin dal principio
aveva deciso di salvarla, attraverso il proprio «impegno», dalla sua
autodistruzione e dal destino di morte, da essa stessa procurato. È su questa
linea che si potrebbe comprendere 1 Pt 1,19, dove si dice che Cristo,
l'Agnello, fu predestinato fin dalla fondazione del mondo a redimerci mediante
il suo sangue.
In questo contesto si può forse collocare anche un pensiero di Ireneo di Lione: «II Verbo di Dio [...] il nostro Signore, che si è fatto uomo negli ultimi tempi, è nel mondo e in quanto è invisibile sostiene tutte le cose ed è impresso in forma di croce in tutto il creato, perché come Verbo di Dio governa e dispone tutte le cose». Ciò significa: Il Logos, nel quale e in vista del quale Sono State create tutte le cose, in un certo modo è presente nella creazione a priori rispetto a tutto ciò che in essa accade ed è presente precisamente nella forma kenotica della croce, dunque volendo mostrare il suo amore estremo e sanare le ferite della creazione. Perciò, Dio poteva «rischiare» la creazione poiché egli a fuori poteva affrontare tale rischio alla sola condizione di coinvolgere se stesso in esso e di aprire, prendendo se stesso come punto di partenza, una via attraverso un intrico impenetrabile. E ciò è avvenuto mediante la passione del suo proprio Figlio - che ha patito il male «attraversandolo». In questo senso, anche per Hans Urs von Balthasar, come per Karl Rahner, tutta la creazione è già da sempre pre-redenta, «e precisamente già prima della sua creazione e quindi anche prima della sua possibile e reale caduta». Infatti, in quanto Dio ha assunto ancora una volta il rischio del peccato mediante la disponibilità del Figlio a perseverare nel sì anche dentro il no della ribellione, e ha garantito così il buon esito della creazione, c'è in un senso totalmente e pienamente reale una preredenzione «eterna» della creazione.
In questo contesto si può forse collocare anche un pensiero di Ireneo di Lione: «II Verbo di Dio [...] il nostro Signore, che si è fatto uomo negli ultimi tempi, è nel mondo e in quanto è invisibile sostiene tutte le cose ed è impresso in forma di croce in tutto il creato, perché come Verbo di Dio governa e dispone tutte le cose». Ciò significa: Il Logos, nel quale e in vista del quale Sono State create tutte le cose, in un certo modo è presente nella creazione a priori rispetto a tutto ciò che in essa accade ed è presente precisamente nella forma kenotica della croce, dunque volendo mostrare il suo amore estremo e sanare le ferite della creazione. Perciò, Dio poteva «rischiare» la creazione poiché egli a fuori poteva affrontare tale rischio alla sola condizione di coinvolgere se stesso in esso e di aprire, prendendo se stesso come punto di partenza, una via attraverso un intrico impenetrabile. E ciò è avvenuto mediante la passione del suo proprio Figlio - che ha patito il male «attraversandolo». In questo senso, anche per Hans Urs von Balthasar, come per Karl Rahner, tutta la creazione è già da sempre pre-redenta, «e precisamente già prima della sua creazione e quindi anche prima della sua possibile e reale caduta». Infatti, in quanto Dio ha assunto ancora una volta il rischio del peccato mediante la disponibilità del Figlio a perseverare nel sì anche dentro il no della ribellione, e ha garantito così il buon esito della creazione, c'è in un senso totalmente e pienamente reale una preredenzione «eterna» della creazione.
Essa si fonda sulla volontà salvifica incondizionata di Dio
e si manifesta nel fatto che, in ogni tempo, ci sono state persone che hanno
potuto dire il loro sì a Dio e lo hanno potuto realizzare in una vita
«redenta», vale a dire veramente libera. Di qui «sgorga» in un certo modo la
figura di Maria, nella quale si vede chiaramente questa «pura luce» divina, non
in lei soltanto, tuttavia in lei in un modo singolare, in lei che doveva
diventare la madre di Dio. Infatti «da qualche parte sulla terra deve risuonare
una risposta non parziale ma totale, non approssimativa ma assolutamente chiara
alla sua parola. E ciò deve accadere proprio lì dove si compie la sua venuta.
Egli deve essere accettato e accolto dalla terra, altrimenti non potrebbe in
alcun modo arrivarci».
Questo sì della creazione totalmente riuscito è però
preceduto da innumerevoli sì (come è anche seguito da altri innumerevoli sì).
Non sorprende, quindi, che tutto l'Antico Testamento sia pieno di momenti in
cui si rinnova la grazia di Dio, vale a dire la sua liberazione, la sua
vicinanza e la sua attenzione. «Da Abramo in poi, la storia del popolo di Dio è
piena delle azioni salvifiche di Dio». E proprio questo che non è stato
sufficientemente messo in evidenza dalla dottrina agostiniana del peccato
originale, sebbene in altri contesti Agostino avesse assolutamente sostenuto
resistenza «anticipata» di una fede cristiana prima di Cristo e avesse parlato
di uomini prima di Cristo che erano pieni di Spirito Santo (cf. p. 145) : non
c'è solo la storia di perdizione e di peccato, di cui Paolo scrive: tutti hanno
peccato (Rm 3,23), ma c'è anche la storia della salvezza inaugurata da Dio e da
lui sempre ricominciata e confermata, nella quale egli, per esempio, dona a Israele
una vita vera, buona e felice, che viene anche effettivamente accolta e vissuta
da chi la riceve (si pensi alla lode della fede dei padri in Eb 13), una
salvezza che non è indipendente da Gesù Cristo, ma che viene donata e resa
possibile «in vista di lui». Tutta la grazia è quindi «grazia di Gesù Cristo».
Essendo tutta la creazione e la storia della salvezza segnata da questa grazia,
«ciò che precede» (per esempio, gli interventi salvifici dell'Antico
Testamento) avviene «nella forza di ciò che segue» (la redenzione storica
mediante Gesù Cristo). Ecco come Karl Rahner riassume questi aspetti:
«Nel caso in cui e a motivo del fatto che la grazia di
Cristo fu presente e operante nel mondo già prima di Cristo, gli eventi che si
fondano su questa grazia precristiana di Cristo, in virtù della loro teleologia
interna (quand'anche nascosta), portano avanti il corso 'immanente' della
storia verso l'evento di Cristo, di modo che sia giusto dire anche: questo
accade perché quelli furono. Si deve quindi dire: quelli furono così perché in
futuro doveva accadere questo».
Maria si trova in questo grande contesto, ma non è la sola.
Infatti, anche Noè, Abramo e Mosè... sono «Maria», o meglio: Maria ricapitola
tutti coloro che non soccombono nella situazione di condanna del «peccato
originale», ai quali Dio ha donato un nuovo inizio e per i quali ha inaugurato
la salvezza e questo anche prima dell'evento «storico» della redenzione in Gesù
Cristo. Questa «redenzione prima della redenzione», e precisamente a motivo
della «fede» dell'uomo è nota, come abbiamo già brevemente notato sopra, anche
ad Agostino. Lo vediamo, per esempio, quando parla dei «giusti» nelle epoche
prima di Cristo: «quei giusti sono membra del Cristo in forza della fede nella
sua incarnazione, non ancora avvenuta per quei tempi, ma ventura». Della
«fides» (allo stesso modo della «ecclesia
ab mitlow) Si deve parlare senza interruzione «inde ab
initlO mundl»\ cambiano invece le condizioni storiche esterne nelle quali si
formula la fede, a seconda che essa «sia a conoscenza» in modo «implicito» o
«esplicito» dell'incarnazione di Dio, oppure che essa la attenda ancora nella
«speranza». «Tempora variata sunt, non fides». Ciò vale espressamente, per
esempio, per Geremia (1,5: Prima di formarti nel grembo materno, [...] ti ho
consacrato) e per Isaia (49,1.5: Il Signore mi ha plasmato suo servo dal seno
materno). Questa «azione preveniente» di Dio non vale solo nei confronti di
singole persone e non consiste semplicemente in un «prima» temporale, ma è il
segno (in un certo modo «trascendentale») sotto il quale si trova l'intera
creazione e, in modo particolare, la storia della salvezza «ufficiale» e quindi
anche l'Antico Testamento.
In questo senso G. Lohfink e L. Weimer considerano il dogma
della immunità di Maria dal peccato originale come addirittura
«provvidenziale», al fine di esprimere il rapporto di Maria (e in senso più
ampio di tutto il Nuovo Testamento) con il popolo di Dio dell'Antico
Testamento. Però si deve fare anche un altro, forse molto più importante passo:
Maria non rappresenta solo l'antica alleanza, ma tutta la storia dell'umanità,
ovunque in essa ci siano salvezza e redenzione dalla situazione di condanna del
peccato «in vista di Gesù Cristo». Certamente questo a priori della grazia si
concentra, dal punto di vista della storia, nell'evento Cristo, poiché qui «la
salvezza del mondo si verifica in modo definitivo e irrevocabile come opera di
Dio». Ma esso non inizia qui, piuttosto si manifesta qui in una forma
insuperabile, e precisamente in quanto, mediante il sì di Maria, può trovare
una via di accesso irrevocabile e straordinaria nella storia. Essendo coinvolta
profondamente in questo evento di «centralizzazione» della grazia, «traducendo»
nel mondo l'a priori della grazia nella sua forma insuperabile, Maria stessa è
«il «caso» assoluto e radicale dell'uomo redento, colei che fu redenta in
maniera più perfetta e, per questo, l'archetipo del redento e della chiesa in
generale», come dice Rahner, formulando il principio centrale della sua
mariologia.
Affrontiamo già qui
la seguente questione: di fronte all'a priori della grazia, che
significato hanno «ancora» l'incarnazione nella storia e la redenzione mediante
la passione e la croce di Gesù Cristo? Per chiarire la problematica, in questa
sede è possibile presentare in estrema sintesi due punti di vista.
Primo: l'«essere-sempre-già-superati» dalla grazia non deve
significare in nessun modo negare o ridimensionare la croce di Gesù. Esso però
amplia le dimensioni di ciò che significa redenzione. Già in Ireneo di Lione la
redenzione è molto di più della semplice liberazione dal peccato. In lui la
redenzione compiuta dal Figlio di Dio significa anche, anzi addirittura
soprattutto che l'essere umano viene «condotto» verso l'incorruttibilità e la
pienezza della gloria, verso la rivelazione dell'amore e della bontà di Dio. In
questa prospettiva, inoltre, sarebbe anche possibile vedere maggiormente
L'Immacolata concezione nel suo aspetto positivo, considerandola cioè come
fondazione della creazione pura e non, in primo luogo, come «immunità fin dal
principio» dal peccato e dalla colpa. Il «donare la grazia a priori» andrebbe
compreso come apertura di una via affascinante verso la gloria di Dio piuttosto
che principalmente come «risoluzione di un problema proveniente dal passato»,
nel senso di liberazione dal peccato (senza che questo aspetto debba essere
negato anche solo in minima parte).
Secondo: in senso del tutto generale, si deve dire che
l’agire di Dio non è paragonabile all'arrivo di un meteorite. L'uomo che ne è
interpellato viene preparato secondo quanto affermano le già citate parole di
Rahner: «Nel caso m cui e a motivo del fatto che la grazia di Cristo fu
presente e operante nel mondo già prima di Cristo, gli eventi che si fondano su
questa grazia precristiana di Cristo in virtù della loro teleologia interna
(quand'anche nascosta), portano avanti il corso "immanente" della
storia verso l'evento di Cristo». Anche se l'agire di Dio è in atto ed è
efficace già «prima» di Cristo, o apparentemente «indipendentemente» da Cristo,
e anche se viene percepito come tale, 1 essere umano non e in grado di
conoscere da se stesso fin dove arrivi l'impegno di Dio per la sua creazione.
Dio mantiene davvero la sua fedeltà alla creazione m ogni circostanza, davvero
non ritira mai la sua alleanza e le sue promesse? Che dire degli uomini che
consapevolmente e liberamente hanno cercato la lontananza radicale da Dio e vi
vogliono restare? L'essere umano è allora abbandonato a se stesso, destinato a
soccombere nell'inferno da lui stesso creato? E quali sono le strade e gli
strumenti che permettono all'uomo di porre freno alla forza distruttiva del
male che avanza sempre in modo nuovo?
Tutte queste domande e molte altre simili restano senza
risposta fino alla comparsa del Redentore Gesù Cristo. Allo stesso modo resta
indeciso anche l'esito della storia umana. Per questo afferma giustamente il
Vaticano II: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera
luce il mistero dell'uomo» (CS 22). Tutto questo si realizza, si attua e si
chiarifica solo nell'evento della redenzione compiuto da Gesù Cristo dentro la
storia. Solo in Gesù Cristo, così Karl Rahner, la storia dell'autocomunicazione
di Dio è «diventata [...] irreversibile e si mostra in forma storica come
escatologicamente vittoriosa». Soltanto a partire da Gesù Cristo diventa chiaro
che il fossato tra il Creatore e la creatura, ma anche tra il Dio santo e
l'uomo peccatore, è chiuso, anzi è sempre stato chiuso fin dal principio,
poiché Dio si è comunicato
all'uomo totalmente, radicalmente e senza riserve. Soltanto a partire da Cristo
sappiamo: «II genere umano ha il suo posto presso Dio».
Appunti da: G. Greshake, Maria-Ecclesia, Queriniana, Brescia 2017, pp. 273-279
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