mercoledì 10 aprile 2019

La Grazia operante prima di Cristo


Numerosi passi del Nuovo Testamento testimoniano espressamente che in Cristo furono create tutte le cose [...]. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col 1,16). In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo (Ef 1,4). Tutto è stato fatto per mezzo della Parola (Gv 1,3) e per questo la Parola era già nel mondo e con l'incarnazione egli venne tra i suoi (Gv 1,10), vale a dire nella realtà che egli compenetra e segna con la sua presenza. 
Questa presenza salvifica di Dio vale, in modo particolarmente esplicito, per l'eone veterotestamentario. Secondo Paolo, Cristo, come roccia spirituale, accompagnava già Israele che camminava nel deserto (cf. 1 Cor 10,4); è Lui che ha rivolto la sua parola a Mosè e ai profeti (cf. Gv 5,46). La legge dell'Antico Testamento è dello Spirito (Rm 7,14); essa è stata per noi pedagogo, fino a Cristo (Gal 3,24), avendo così una «funzione propedeutica» verso di lui. In breve: la creazione, che è stata creata in Cristo, per mezzo di lui e verso di lui orientata, di lui che è la pienezza, perfetto compimento di tutte le cose (Ef 1,23), è di fatto segnata, sostenuta e avvolta dalla grazia di Dio in Gesù Cristo. Qui non si tratta semplicemente del «Logos al di sopra della storia», ma di Gesù Cristo, che Dio guarda come Redentore fin dal principio della creazione.

Infatti, Dio poté «osare» l'opera di una creatura libera, che avrebbe potuto decidersi anche contro di lui, solo perché fin dal principio aveva deciso di salvarla, attraverso il proprio «impegno», dalla sua autodistruzione e dal destino di morte, da essa stessa procurato. È su questa linea che si potrebbe comprendere 1 Pt 1,19, dove si dice che Cristo, l'Agnello, fu predestinato fin dalla fondazione del mondo a redimerci mediante il suo sangue. 
In questo contesto si può forse collocare anche un pensiero di Ireneo di Lione: «II Verbo di Dio [...] il nostro Signore, che si è fatto uomo negli ultimi tempi, è nel mondo e in quanto è invisibile sostiene tutte le cose ed è impresso in forma di croce in tutto il creato, perché come Verbo di Dio governa e dispone tutte le cose». Ciò significa: Il Logos, nel quale e in vista del quale Sono State create tutte le cose, in un certo modo è presente nella creazione a priori rispetto a tutto ciò che in essa accade ed è presente precisamente nella forma kenotica della croce, dunque volendo mostrare il suo amore estremo e sanare le ferite della creazione. Perciò, Dio poteva «rischiare» la creazione poiché egli a fuori poteva affrontare tale rischio alla sola condizione di coinvolgere se stesso in esso e di aprire, prendendo se stesso come punto di partenza, una via attraverso un intrico impenetrabile. E ciò è avvenuto mediante la passione del suo proprio Figlio - che ha patito il male «attraversandolo». In questo senso, anche per Hans Urs von Balthasar, come per Karl Rahner, tutta la creazione è già da sempre pre-redenta, «e precisamente già prima della sua creazione e quindi anche prima della sua possibile e reale caduta». Infatti, in quanto Dio ha assunto ancora una volta il rischio del peccato mediante la disponibilità del Figlio a perseverare nel sì anche dentro il no della ribellione, e ha garantito così il buon esito della creazione, c'è in un senso totalmente e pienamente reale una preredenzione «eterna» della creazione.
Essa si fonda sulla volontà salvifica incondizionata di Dio e si manifesta nel fatto che, in ogni tempo, ci sono state persone che hanno potuto dire il loro sì a Dio e lo hanno potuto realizzare in una vita «redenta», vale a dire veramente libera. Di qui «sgorga» in un certo modo la figura di Maria, nella quale si vede chiaramente questa «pura luce» divina, non in lei soltanto, tuttavia in lei in un modo singolare, in lei che doveva diventare la madre di Dio. Infatti «da qualche parte sulla terra deve risuonare una risposta non parziale ma totale, non approssimativa ma assolutamente chiara alla sua parola. E ciò deve accadere proprio lì dove si compie la sua venuta. Egli deve essere accettato e accolto dalla terra, altrimenti non potrebbe in alcun modo arrivarci».

Questo sì della creazione totalmente riuscito è però preceduto da innumerevoli sì (come è anche seguito da altri innumerevoli sì). Non sorprende, quindi, che tutto l'Antico Testamento sia pieno di momenti in cui si rinnova la grazia di Dio, vale a dire la sua liberazione, la sua vicinanza e la sua attenzione. «Da Abramo in poi, la storia del popolo di Dio è piena delle azioni salvifiche di Dio». E proprio questo che non è stato sufficientemente messo in evidenza dalla dottrina agostiniana del peccato originale, sebbene in altri contesti Agostino avesse assolutamente sostenuto resistenza «anticipata» di una fede cristiana prima di Cristo e avesse parlato di uomini prima di Cristo che erano pieni di Spirito Santo (cf. p. 145) : non c'è solo la storia di perdizione e di peccato, di cui Paolo scrive: tutti hanno peccato (Rm 3,23), ma c'è anche la storia della salvezza inaugurata da Dio e da lui sempre ricominciata e confermata, nella quale egli, per esempio, dona a Israele una vita vera, buona e felice, che viene anche effettivamente accolta e vissuta da chi la riceve (si pensi alla lode della fede dei padri in Eb 13), una salvezza che non è indipendente da Gesù Cristo, ma che viene donata e resa possibile «in vista di lui». Tutta la grazia è quindi «grazia di Gesù Cristo». Essendo tutta la creazione e la storia della salvezza segnata da questa grazia, «ciò che precede» (per esempio, gli interventi salvifici dell'Antico Testamento) avviene «nella forza di ciò che segue» (la redenzione storica mediante Gesù Cristo). Ecco come Karl Rahner riassume questi aspetti:
«Nel caso in cui e a motivo del fatto che la grazia di Cristo fu presente e operante nel mondo già prima di Cristo, gli eventi che si fondano su questa grazia precristiana di Cristo, in virtù della loro teleologia interna (quand'anche nascosta), portano avanti il corso 'immanente' della storia verso l'evento di Cristo, di modo che sia giusto dire anche: questo accade perché quelli furono. Si deve quindi dire: quelli furono così perché in futuro doveva accadere questo».
Maria si trova in questo grande contesto, ma non è la sola. Infatti, anche Noè, Abramo e Mosè... sono «Maria», o meglio: Maria ricapitola tutti coloro che non soccombono nella situazione di condanna del «peccato originale», ai quali Dio ha donato un nuovo inizio e per i quali ha inaugurato la salvezza e questo anche prima dell'evento «storico» della redenzione in Gesù Cristo. Questa «redenzione prima della redenzione», e precisamente a motivo della «fede» dell'uomo è nota, come abbiamo già brevemente notato sopra, anche ad Agostino. Lo vediamo, per esempio, quando parla dei «giusti» nelle epoche prima di Cristo: «quei giusti sono membra del Cristo in forza della fede nella sua incarnazione, non ancora avvenuta per quei tempi, ma ventura». Della «fides» (allo stesso modo della «ecclesia
ab mitlow) Si deve parlare senza interruzione «inde ab initlO mundl»\ cambiano invece le condizioni storiche esterne nelle quali si formula la fede, a seconda che essa «sia a conoscenza» in modo «implicito» o «esplicito» dell'incarnazione di Dio, oppure che essa la attenda ancora nella «speranza». «Tempora variata sunt, non fides». Ciò vale espressamente, per esempio, per Geremia (1,5: Prima di formarti nel grembo materno, [...] ti ho consacrato) e per Isaia (49,1.5: Il Signore mi ha plasmato suo servo dal seno materno). Questa «azione preveniente» di Dio non vale solo nei confronti di singole persone e non consiste semplicemente in un «prima» temporale, ma è il segno (in un certo modo «trascendentale») sotto il quale si trova l'intera creazione e, in modo particolare, la storia della salvezza «ufficiale» e quindi anche l'Antico Testamento.
In questo senso G. Lohfink e L. Weimer considerano il dogma della immunità di Maria dal peccato originale come addirittura «provvidenziale», al fine di esprimere il rapporto di Maria (e in senso più ampio di tutto il Nuovo Testamento) con il popolo di Dio dell'Antico Testamento. Però si deve fare anche un altro, forse molto più importante passo: Maria non rappresenta solo l'antica alleanza, ma tutta la storia dell'umanità, ovunque in essa ci siano salvezza e redenzione dalla situazione di condanna del peccato «in vista di Gesù Cristo». Certamente questo a priori della grazia si concentra, dal punto di vista della storia, nell'evento Cristo, poiché qui «la salvezza del mondo si verifica in modo definitivo e irrevocabile come opera di Dio». Ma esso non inizia qui, piuttosto si manifesta qui in una forma insuperabile, e precisamente in quanto, mediante il sì di Maria, può trovare una via di accesso irrevocabile e straordinaria nella storia. Essendo coinvolta profondamente in questo evento di «centralizzazione» della grazia, «traducendo» nel mondo l'a priori della grazia nella sua forma insuperabile, Maria stessa è «il «caso» assoluto e radicale dell'uomo redento, colei che fu redenta in maniera più perfetta e, per questo, l'archetipo del redento e della chiesa in generale», come dice Rahner, formulando il principio centrale della sua mariologia.
Affrontiamo già qui  la seguente questione: di fronte all'a priori della grazia, che significato hanno «ancora» l'incarnazione nella storia e la redenzione mediante la passione e la croce di Gesù Cristo? Per chiarire la problematica, in questa sede è possibile presentare in estrema sintesi due punti di vista.
Primo: l'«essere-sempre-già-superati» dalla grazia non deve significare in nessun modo negare o ridimensionare la croce di Gesù. Esso però amplia le dimensioni di ciò che significa redenzione. Già in Ireneo di Lione la redenzione è molto di più della semplice liberazione dal peccato. In lui la redenzione compiuta dal Figlio di Dio significa anche, anzi addirittura soprattutto che l'essere umano viene «condotto» verso l'incorruttibilità e la pienezza della gloria, verso la rivelazione dell'amore e della bontà di Dio. In questa prospettiva, inoltre, sarebbe anche possibile vedere maggiormente L'Immacolata concezione nel suo aspetto positivo, considerandola cioè come fondazione della creazione pura e non, in primo luogo, come «immunità fin dal principio» dal peccato e dalla colpa. Il «donare la grazia a priori» andrebbe compreso come apertura di una via affascinante verso la gloria di Dio piuttosto che principalmente come «risoluzione di un problema proveniente dal passato», nel senso di liberazione dal peccato (senza che questo aspetto debba essere negato anche solo in minima parte).
Secondo: in senso del tutto generale, si deve dire che l’agire di Dio non è paragonabile all'arrivo di un meteorite. L'uomo che ne è interpellato viene preparato secondo quanto affermano le già citate parole di Rahner: «Nel caso m cui e a motivo del fatto che la grazia di Cristo fu presente e operante nel mondo già prima di Cristo, gli eventi che si fondano su questa grazia precristiana di Cristo in virtù della loro teleologia interna (quand'anche nascosta), portano avanti il corso "immanente" della storia verso l'evento di Cristo». Anche se l'agire di Dio è in atto ed è efficace già «prima» di Cristo, o apparentemente «indipendentemente» da Cristo, e anche se viene percepito come tale, 1 essere umano non e in grado di conoscere da se stesso fin dove arrivi l'impegno di Dio per la sua creazione. Dio mantiene davvero la sua fedeltà alla creazione m ogni circostanza, davvero non ritira mai la sua alleanza e le sue promesse? Che dire degli uomini che consapevolmente e liberamente hanno cercato la lontananza radicale da Dio e vi vogliono restare? L'essere umano è allora abbandonato a se stesso, destinato a soccombere nell'inferno da lui stesso creato? E quali sono le strade e gli strumenti che permettono all'uomo di porre freno alla forza distruttiva del male che avanza sempre in modo nuovo?
Tutte queste domande e molte altre simili restano senza risposta fino alla comparsa del Redentore Gesù Cristo. Allo stesso modo resta indeciso anche l'esito della storia umana. Per questo afferma giustamente il Vaticano II: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo» (CS 22). Tutto questo si realizza, si attua e si chiarifica solo nell'evento della redenzione compiuto da Gesù Cristo dentro la storia. Solo in Gesù Cristo, così Karl Rahner, la storia dell'autocomunicazione di Dio è «diventata [...] irreversibile e si mostra in forma storica come escatologicamente vittoriosa». Soltanto a partire da Gesù Cristo diventa chiaro che il fossato tra il Creatore e la creatura, ma anche tra il Dio santo e l'uomo peccatore, è chiuso, anzi è sempre stato chiuso fin dal principio, poiché Dio  si è comunicato all'uomo totalmente, radicalmente e senza riserve. Soltanto a partire da Cristo sappiamo: «II genere umano ha il suo posto presso Dio».

In questo senso il compimento definitivo e la pienezza di tutti i doni salvifici di Dio sono raggiunti nell'evento Cristo. Con esso il fondamento che rende possibile la libertà, l'amore di Dio, che supera ogni confine e si svuota in modo radicale, entra in quanto tale nello spazio concreto della libertà creaturale, spezza il circolo vizioso della (non-)libertà che si chiude in se stessa, instaura un modello definitivo e normativo della libertà, istituendo così uno spazio comune permanente di libertà, uno Spazio che non è revocabile e che, nelle condizioni della storia, non è superabile: la chiesa.

Appunti da: G. Greshake, Maria-Ecclesia, Queriniana, Brescia 2017,  pp. 273-279

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