Lettera ai Romani cap.13
Paolo non sviluppa qui una riflessione articolata sulla istituzione statale ma è preoccupato piuttosto di soffocare un sentimento di rifiuto globale, dovuto al fatto che i fedeli avrebbero potuto avvertire lo Stato come realtà ostile. La Chiesa antica ha vissuto la sottomissione anche ad uno Stato persecutorio; oltrettutto la sua lealtà fungeva da argomento apologetico. Nell’ambito d’Israele, molto tempo prima, il profeta Baruc aveva dato questi consigli ai deportati a Babilonia: «Pregate per la vita di Nabucodonosor, re di Babilonia, e per la vita di suo figlio Baldassàr, perché i loro giorni siano lunghi come i giorni del cielo sulla terra. Allora il Signore ci darà forza e illuminerà i nostri occhi e vivremo all’ombra di Nabucodònosor, re di Babilonia, e all’ombra di suo figlio Baldassàr e li serviremo per molti giorni e acquisteremo favore davanti a loro» (Bar 1,11-12).
Lo Stato non è una creazione del Vangelo ma appartiene alla sfera del mondo creato che è buono e degradato nello stesso tempo, come l’uomo è una creatura voluta da Dio ma contrassegnata dal peccato. Offre elementi di umanità ed altri che irritano Dio. È una istituzione provvisoria che verrà annientata insieme a tutto il nostro mondo e sostituita dalla cittadinanza celeste, già iniziata nel nostro presente; a quest’ultima soltanto i cristiani appartengono in modo totale e definitivo.
Le autorità sono stabilite da Dio perché senza di esse la convivenza sarebbe impossibile ma non tutto ciò che esse impongono corrisponde al volere di Dio. È necessario, in questo caso, obbedire a lui piuttosto che agli uomini (At 5,29). Il sapiente così apostrofa i dominatori: «Dal Signore vi fu dato il potere e l’autorità dall’Altissimo; egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi: pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente né avete osservato la legge né vi siete comportati secondo il volere di Dio. Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto. Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore» (Sap 6,2-6). «Rendete veramente giustizia, o potenti, giudicate con equità gli uomini? No! Voi commettete iniquità con il cuore, sulla terra le vostre mani soppesano violenza. Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca, rompi, o Signore, le zanne dei leoni. Il giusto godrà nel vedere la vendetta. Gli uomini diranno: C’è un guadagno per il giusto, c’è un Dio che fa giustizia sulla terra!» (Sal 58,1-12).
Agli arbitrii dell’autorità, il cristiano oppone la denuncia profetica e la disobbedienza per motivi di coscienza. Gesù disse a Pilato: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande» (Gv 19,11). La spada dell’autorità, sul piano del diritto, limita o impedisce l’insorgere di altre violenze, magari più pericolose ancora, dalle quali ci protegge. Da questa punto di vista è esecutrice dell’ira di Dio, cioè della sua disapprovazione della malvagità. Così soccorso, il cristiano rinuncia più facilmente alla vendetta. Dio giudica e interviene secondo criteri a noi inaccessibili. Il cristiano presta i suoi servizi alla comunità civile per amore verso gli uomini, libero dalla paura o dalla finzione (13,5-6).
1Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio.
«Nella catechesi apostolica non poteva mancare una parola sull'atteggiamento che il fedele deve tenere verso lo Stato, giacché proprio questo era motivo di controversia per la giovane comunità cristiana. Le cariche politiche erano tenute senza eccezione da pagani, i quali generalmente non erano ben disposti verso la nuova “setta giudaica”. Era quindi facile per i cristiani la tentazione di ravvisare nei poteri pubblici gli organi esecutivi del mondo ostile e di Satana e di negar loro qualunque considerazione. Solo pensando a un'inclinazione sovversiva di tal genere possiamo comprendere la rigorosa severità delle parole di Paolo e la sua drastica affermazione del valore dello Stato» (P. Althaus, Lettera ai Romani, Paideia, Brescia 1970, 236).
«Questo argomento [l’origine divina del potere] è addotto contro coloro che ritenevano di dover usare la libertà cristiana in modo da non concedere onore né pagare i tributi a nessuno» (Pelagio, Commento all’Epistola ai Romani, 13,1 = PE). «Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re» (1 Pt 2,17).
«I fedeli avrebbero potuto dire [ai loro maestri]: Voi ci degradate! Volete sottomettere alle autorità proprio noi che dovremmo possedere il regno dei cieli. [Paolo] non ci sottomette alle autorità ma a Dio. Agendo così, l'apostolo attirò i principi infedeli alla religione e associò i fedeli all'obbedienza. Si ripeteva, allora, ovunque che gli apostoli erano sediziosi, strumenti di rivoluzioni, che agivano e parlavano solo per ottenere il rovesciamento di tutte le leggi. Mostrate il precetto che il nostro comune Signore impone a tutti coloro che lo servono e chiuderete la bocca a coloro che accusavano gli apostoli di essere istigatori di novità sediziose» (CLR 23,1). «Sappiate che la vostra ora non è ancora giunta. Sei ancora uno straniero e un pellegrino in questo mondo. Verrà il tempo in cui il tuo splendore eclisserà ogni cosa ma, per ora, la tua vita è nascosta con Cristo nel seno di Dio. Quando Cristo apparirà, anche tu allora apparirà con lui nella sua gloria (Col 3,3-4). Se devi stare con timore al cospetto del principe, non vedere in questo dovere nulla di indegno della tua nobiltà. Quanto a te, otterrai uno fulgore più splendente. Non è l'onore che dai che può umiliarti, ma l'onore che rifiuti; e il principe non farà che ammirarti di più e, anche se è infedele, coglierà l'occasione per glorificare il Signore» (CLR 23,3).
2Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna.
«Cristo non è venuto per rovesciare i governi stabiliti tra gli uomini e le sue leggi servono solo a migliorarli. Per mostrare che questo dovere è imposto a tutti, anche ai sacerdoti e ai monaci, e non solo ai secolari, inizia dichiarando: ciascuno sia sottomesso alle autorità. L'apostolo non si limita a dire: obbedite, ma siate sottomessi. La prima ragione di questa legge dipende dalla convinzione di fede dei cristiani: è Dio che l'ha voluta. Perché non c'è potere, dice l'apostolo, che non venga da Dio» (CLR 23,3).
Se l’istituzione statale è stata voluta da Dio, ciò non significa che qualsiasi autorità sia conforme al progetto di Dio. «Le autorità terrene, anche se hanno ricevuto origine da Dio, non per questo saranno giuste» (PE 13,1). «Ogni principe è stato ordinato da Dio? Non dico questo, risponde l'apostolo, perché non parlo della singola autorità, ma soltanto dell'istituzione stessa. Che ci siano autorità, che non tutto sia lasciato al caso e alla confusione, che i popoli non siano trasportati come onde, questo è ciò che chiamo opera della sapienza di Dio. Allo stesso modo, quando il saggio dice che il matrimonio è istituito da Dio, non significa che sia Dio stesso a voler sposare un tale uomo con una tale donna. Spesso vediamo matrimoni infelici che non sono conformi alla legge del matrimonio e non dobbiamo attribuirli a Dio» (CLR 23,3).
«Dal momento che l'uguaglianza è spesso causa di guerra, Dio ha stabilito un gran numero di supremazie come i rapporti tra figlio e padre, tra vecchio e giovane, tra principe e suddito, tra maestro e discepolo. E cosa c'è da stupirsi che ciò sia così tra gli uomini, dal momento che nel corpo stesso (della Chiesa) Dio ha stabilito lo stesso ordine? La stessa legge [vige] tra gli animali, come le api, le gru, i greggi di mufloni. Dove non c'è comando, c'è solo sventura e confusione. Se questo precetto fu dato quando i principi erano pagani, quanto più dovrebbe essere praticato oggi che sono dei fedeli» (CLR 23,3).
«I cristiani ai quali egli [Paolo] parla non partecipano attivamente al governo dello Stato e non ne portano la responsabilità, come accade invece in tutte le forme antiche e moderne di democrazia; non sono cioè liberi cittadini ma sudditi: lo Stato sta al di sopra di essi e davanti ad essi come una potenza estranea sulla quale essi non possono influire in alcun modo e della quale per ciò non hanno responsabilità alcuna; i loro obblighi verso lo stato si restringono all'obbedienza, al pagamento dei tributi e delle gabelle, alla preghiera per l'autorità (1Tim. 2,1 ss.). Di ciò che conviene a un cristiano il quale sia libero cittadino, ossia partecipi al governo e all'amministrazione pubblica come funzionario e abbia insomma responsabilità politiche più o meno ampie, Paolo non fa parola, come non ne fa parola tutta la catechesi primitiva. [Ora] Il cristiano cittadino e pubblico funzionario ha doveri e responsabilità verso lo Stato che nel Nuovo Testamento non sono previsti. Nessun cittadino, nessun servitore o ufficiale dello Stato, soggetto per la sua carica a responsabilità pubbliche, può appellarsi a Paolo per sottrarsi a tale responsabilità e all'impegno della coscienza rassegnandosi a un atteggiamento di supina obbedienza agli ordini superiori. Paolo è estraneo a tutto ciò. Lo svolgimento della storia ci ha messo davanti a problemi che non possiamo pretendere di trovare risolti da Paolo, giacché essi non si ponevano nelle sue comunità ed egli quindi non li prende in considerazione. Si fraintendono le parole di Rom. 13 e se ne abusa quando si vuoi vedere in esse la risposta diretta e normativa al problema etico-politico» (P. Althaus, cit. 244)
3I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, 4poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male. 5Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza.
«Le autorità non sono da temere quando si fanno solo buone azioni, ma quando si fanno cattive azioni. Il principe è ministro di Dio per favorirvi nel bene. Egli ti rende più facile la virtù, castiga i malvagi, fa del bene ai buoni e li onora, coopera alla volontà di Dio; per questo l'apostolo lo ha chiamato ministro di Dio. Io ti consiglio di essere saggio, ed egli ti dà lo stesso consiglio per mezzo delle leggi; le mie esortazioni ti dicono che è proibito arricchirsi con la rapina, con la violenza, ed egli siede a giudicare queste colpe. Egli lavora con noi, viene in nostro aiuto, è Dio che gli ha affidato questa missione. Ma se il principe stesso ignora [questo privilegio]? Il principe non è meno istituito da Dio. Molti hanno iniziato a praticare la virtù per timore dei principi; in seguito, è stato il timore di Dio a condurli ad essa. È quindi necessario che ci sottomettiamo, non solo per timore della punizione, ma anche per un dovere di coscienza. Non dimenticate che il principe è per voi la fonte dei beni più grandi, poiché vi assicura la pace e stabilisce l'ordine nello Stato. Questi poteri sono fonti inesauribili di benefici per gli Stati, e se li sopprimete, tutto scomparirà; non più città, non più villaggi, non più case, non più piazze pubbliche; non rimarrà nulla, ci sarà un sommovimento universale, il più forte divorerà il più debole. Così che, anche nel caso in cui nessuna punizione colpisca la disobbedienza, dovrete comunque la vostra sottomissione, per coscienza» (CLR 23,2).
6Per questo infatti voi pagate anche le tasse: quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. 7Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto.
«Perché gli paghiamo il tributo? Non è forse perché provvede a noi? Ovviamente non pagheremmo alcun tributo, se non sapessimo fin dall'inizio che traiamo profitto da un tale governo. Ecco perché, fin dall'inizio, è stato decretato da tutti che coloro che ci comandano, sarebbero stati sostenuti da noi» (CLR 23,2).
Amore del prossimo
8Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. 9Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 10La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
«Chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Se da questo amore trai l'immenso vantaggio di adempiere tutta la legge, allora devi amare il tuo fratello, in cambio del beneficio che ricevi da lui. L'apostolo dice che i comandamenti possono essere compresi in forma abbreviata, cioè la parola amore contiene in una concisa brevità l'insieme completo dei comandamenti. Il principio e il fine della virtù è l'amore; questa virtù è la radice, il fondamento e il culmine» (CLR 23, 3). «Ogni forma di giustizia è ricapitolata nell’amore per il prossimo, e l’ingiustizia sorge quando amiamo noi stessi più degli altri. Anche non compiere il bene è male» (PE 14,1).
«Nonostante l'immensa distanza che ci separa da Lui [il Signore], egli colloca l'amore che gli uomini devono agli uomini molto vicino all'amore che è dovuto a Lui. Dichiara che questi due amori sono simili. Ora Paolo insegna che senza amore per il prossimo non si ricava molto beneficio dall'amore di Dio. Proprio come noi, quando abbiamo amore per qualcuno, diciamo: se ami lui, amerai me. Così fece Cristo, quando disse a Pietro: Se mi ami, pasci i miei agnelli (Gv 21,16). L'amore non solo ci insegna ciò che dobbiamo sapere (che è l'ufficio della legge), ma ci dà un potente aiuto per eseguirli. Amiamoci gli uni gli altri, poiché questo è il modo di amare quel Dio che ci ha tanto amati. Se amate coloro che amo, allora crederò nella sincerità del vostro amore per me. In verità, egli desidera grandemente la nostra salvezza e ce l'ha fatta conoscere da tempo» (CLR 23,4).
11E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. 12La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. 14Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne.
«Dopo averci spogliati delle nostre vesti malvagie, ascoltate quale ornamento ci adorna: Rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo. Chi ne è rivestito possiede la virtù perfetta nella sua integrità. È lo stesso pensiero che l'apostolo esprime altrove: Se Gesù Cristo è in voi… (Rm 8,10); e ancora: Cristo abiti nell'uomo interiore (Ef 3,16-17)» (CLR 23,5).
«Dico [questa esortazione] non perché risuscitiamo i morti o guariamo i lebbrosi, ma perché mostriamo un segno molto più valido di tutti gli altri: la carità. Dovunque c'è la bontà, il Figlio viene subito con il Padre e discende la grazia dello Spirito. È scritto: Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro ( Mt 18,22).
«Forse qualcuno riderà di me e dirà: Che cosa stai dicendo? Ci vedi tutti riuniti nello stesso luogo, formando uno stesso gregge in perfetta armonia e tu vieni a parlare di guerra e discordia? Vedo davvero ciò che vedo e so che siamo nello stesso gregge e sotto lo stesso pastore. Ed è questo che più di ogni altra cosa mi fa venire le lacrime agli occhi perché, pur avendo così tante ragioni per unirci, siamo divisi. Che divisione vedi, ti chiederai? Qui, nessuna ma non appena la predica sarà finita, uno accuserà l'altro; un altro sarà geloso o avaro, o ladro, un altro ricorrerà alla violenza, un altro si abbandonerà ad amori illeciti, un altro ancora tramerà mille inganni. Se tutte le nostre anime potessero essere messe a nudo, vedresti tutto questo nei dettagli e riconosceresti che non sono pazzo… Così, troviamo una moltitudine di persone che si fidano più dei pagani che dei cristiani. Che cosa si può fare, direte? Il tale è irascibile e difficile da trattare. Ma dov'è la vostra saggezza? Dove sono le leggi apostoliche che ci comandano di portare i pesi gli uni degli altri? Vedendo il titolo di cristiani ridotto a una mera denominazione, non riesco a trovare lamenti commisurati all'argomento. Ci armiamo gli uni contro gli altri, quando dovremmo armarci contro il diavolo, il nostro comune nemico! Ecco perché ci indeboliamo, mentre lui diventa ogni giorno più forte. Non ci difendiamo a vicenda contro di lui, ma combattiamo con lui contro i nostri fratelli» (CLR 8,7-8).

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