Il dono dello Spirito è il risultato ultimo a cui mirava Gesù: è nato, ha predicato per tre anni, ha patito la croce, è risorto per donare a noi lo Spirito. Viene ad effonderlo sui discepoli la sera stessa di Pasqua, con estrema premura.
È il dono massimo di Dio: Paolo usa il verbo riversare, tutto il liquido presente in un contenitore passa in un altro contenitore, da Cristo a noi.
Necessità dello Spirito: durante la sua vita terrena Gesù era vicino a noi, adesso viene in noi nell’attesa di diventare un solo spirito con noi. Prima il Vangelo o la Legge erano dei comandi esterni, come fossero un codice legale, adesso diventano parte di noi; fluiscono nei nostri pensieri, desideri, convinzioni e propositi. Noi dobbiamo essere diversi da Gesù e dal suo Spirito.
Cirillo di Gerusalemme lo paragona all’acqua. Dove c’è acqua, c’è vita. Dove manca l’acqua, tutto inaridisce. Abbiamo assolutamente bisogno dello Spirito per poter essere cristiani. Se viene accolto, la persona che lo accoglie, fiorisce, ognuno secondo le sue qualità. Qualcuno fiorisce come una palma, un altro come un determinato albero da frutto, un altro ancora come un albero robusto ed ombreggiante.
Abbiamo sempre bisogno di riceverlo di nuovo con maggiore forza, come abbiamo sempre bisogno di dissetarci e di alimentarci. Lo riceviamo nel Battesimo, nella Cresima ma soprattutto nell’Eucaristia. Ogni Messa è come una Pentecoste. Lo Spirito ci illumina quando ascoltiamo la Parola di Dio. Si comunica a noi nella preghiera: pregare è come esporsi alla luce e al calore dello Spirito per ottenere un’abbronzatura cristiana perfetta. Più riceviamo della sua energia, tanto più diventiamo noi stessi e realizziamo la missione che Dio ha pensato per ognuno di noi.
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