La Chiesa è un mistero, cioè, in altri termini, un sacramento[1].
Essendo il « punto di incontro di tutti i sacramenti cristiani », è essa stessa
il grande sacramento, che contiene e vivifica tutti gli altri[2].
Essa è sulla terra il sacramento di Gesù Cristo, come Gesù Cristo stesso è per
noi, nella sua umanità, il sacramento di Dio[3].
Ogni realtà sacramentale, « vincolo sensibile
di due mondi »[4],
presenta una duplice caratteristica.
Da una parte, essendo
segno di un'altra realtà, la prima deve essere non solo parzialmente, ma
totalmente trascesa. Non possiamo arrestarci al segno. Esso non vale per se
stesso; per definizione è cosa diafana, si annulla davanti a ciò che significa,
come il vocabolo che non sarebbe niente se non conducesse dritto all'idea. A
questa condizione, esso non è una realtà intermediaria ma mediatrice. Non isola
uno dall'altro i due termini che ha il compito di congiungere, non interpone
tra loro un distacco, ma viceversa li unisce, rendendo presente la cosa che
esso evoca.
Ma,
d'altra parte, questa realtà sacramentale non è un segno qualunque, provvisorio
e cambiabile a piacere. Essa si trova in un rapporto essenziale con la nostra
condizione presente, la quale, se non si svolge più nel tempo delle figure, non
comporta tuttavia ancora il pieno possesso della « verità »[5].
La
sua seconda caratteristica, perciò, indissociabile dalla prima, è quella di non
poter mai essere respinta come se fosse ormai priva di utilità. Questa realtà
diafana che noi dobbiamo sempre e totalmente attraversare, non potremo mai
trascenderla definitivamente, perché è sempre per suo tramite che si raggiunge
ciò di cui essa è segno. Non può mai essere superata o sorpassata.
Questo
duplice carattere lo riscontriamo già in Cristo. « Se voi conosceste me,
conoscereste anche il Padre mio... Filippo, chi vede me, vede anche il Padre »[6].
Nessuno, anche se avesse raggiunto il vertice della vita spirituale, non potrà
mai pervenire ad una conoscenza del Padre che lo dispensi dal dover passare
attraverso Colui che rimane, per sempre e per tutti, « la Via » e « l'Immagine
di Dio invisibile »[7].
Lo
stesso avviene per la Chiesa. Nella totalità del suo essere essa ha per fine di
rivelarci il Cristo, di condurci a Lui, di comunicarci la sua grazia! Non
esiste insomma che per metterci in rapporto con Lui. Essa sola lo può fare, e
non potrà mai cessare di farlo. Non verrà mai il momento, tanto nella vita
degli individui quanto nella storia dei popoli, in cui il suo compito debba o
semplicemente possa finire. Se il mondo perdesse la Chiesa, perderebbe la
Redenzione.
Il
Nuovo Testamento, che ha fondato la Chiesa affidandole l'eredità di Israele, è
anche il « Testamento ultimo ». La Chiesa non è, come la Legge, un pedagogo
necessario all'adolescenza ma superfluo per l'età matura. « L'educazione divina
» di cui essa ha l'incarico in mezzo a noi, ha la stessa durata del tempo, e
quindi noi abbiamo in essa non un annunzio soltanto, una preparazione più o
meno prossima, ma « tutto l'avvento del Figlio dell'uomo »[8].
Essa rimane costantemente presente al dialogo dell'anima col suo Signore.
Interviene attivamente in ognuna delle sue fasi, senza per altro ostacolarne
l'intimità, ma al contrario garantendola. Colui che si crede profeta o ricco in
doni spirituali, deve ricordarsi che occorre prima di tutto sottomettersi ai comandi
del Signore, così come gli vengono espressi dalla voce della sua Chiesa:
diversamente profetizza invano ed i suoi doni lo portano alla perdizione[9].
Chi,
cedendo alla seduzione di un facile spiritualismo, volesse scuotere la Chiesa
come un giogo o volesse eliminarla come un intermediario ingombrante, ben
presto non abbraccerebbe più che il vuoto o finirebbe per abbandonarsi ai falsi
dèi. Se dopo essersi appoggiato alla Chiesa egli credesse di poter andare più
lontano di essa, non sarebbe più che un mistico fuorviato. Chi immaginasse
nell'avvenire una « realizzazione della Gerusalemme celeste », che apra sulla
terra « un nuovo periodo della storia » ed assicuri finalmente « il completo
trionfo dello spirituale », potrebbe credere di profetizzare un ritorno della
specie umana al paradiso perduto[10];
in realtà non farebbe che un sogno orgoglioso e insano.
Così
purtroppo Tertulliano, caduto nell'errore, andava dicendo: « La durezza del
cuore ha regnato fino a Cristo; l'infermità della carne dura fino al tempo del
Paraclito »[11];
oppure ancora: « La legge e i Profeti hanno educato il mondo nella sua
infanzia; la sua gioventù venne a sbocciare col Vangelo, mentre con il
Paraclito giunge alla maturità »[12].
Tutti gli annunci di una Terza Età, di una età
dei « contemplativi » successiva all'età dei « dottori », di una Chiesa di san
Giovanni successiva a quella di Pietro[13],
o di un Regno futuro dello Spirito successivo al Regno attuale del Cristo ed
alla disciplina della sua Chiesa, introducono delle fratture letali. Possono
dare periodicamente una seduzione nuova al vecchio montanismo che esse
trasformano, secondo il gusto di ogni secolo, in una specie di filosofia della
storia[14];
possono anche presentarsi molto spesso uniti a pensieri nobilissimi: non sono
per questo utopie meno nocive[15].
«
Verrà, verrà certamente — esclamava Lessing — l'età della perfezione! Verrà il
tempo del Nuovo Vangelo, di questo Vangelo eterno che troviamo promesso agli
uomini negli stessi libri della Nuova Alleanza! »[16].
Quest'effusione lirica non esprimeva nient'altro che una ben piatta teoria del
progresso; non annunciava nient'altro che un'età di razionalismo che è difatti
venuta e che noi possiamo giudicare. Ma le formule del vecchio abate Gioacchino
da Fiore, o quelle dei suoi fanatici discepoli, non cessano di rifiorire su
nuove labbra, per incantare nuovi uditori. Soltanto ieri le abbiamo trovate in
Nicola Berdiaeff con intendimento ben diverso da quello di Lessing:
profetizzavano una nuova rivelazione, quella « definitiva », una « nuova èra dello
Spirito », una « Chiesa dello Spirito Santo » nella quale verrà letto « il
Vangelo eterno »; una « religione dell'uomo maggiorenne », corrispondente a una
« nuova struttura della coscienza umana », finalmente « sgombra dai detriti che
la paralizzavano » e « liberata dalla schiavitù dell'oggettivazione »[17].
Può
darsi, come per lo stesso Gioacchino da Fiore, che si debba ravvisare in questi
« presentimenti » solo un'espressione non troppo felice; può darsi che il «
nuovo eone » che s'intravvede dopo questa « nostra vecchia epoca agonizzante »
non abbia ad iniziare che alla fine del mondo attuale, perché ci è pure detto
che allora saranno instaurati « nuovi rapporti tra l'uomo e il cosmo » e che «
le attese messiache non potranno realizzarsi nei limiti della storia, ma si
realizzeranno fuori di essa[18];
può darsi infine che, tanto nello stesso Berdiaeff, quanto almeno in qualcun
altro, l'annunzio profetico non sia altro che una forma stilistica per
esprimere la necessità d'un continuo ricorso allo Spirito, al fine d'evitare
gli insabbiamenti fatali nel campo pratico dell'esistenza... In tutti i casi
però, davanti ai miraggi suscitati da simili promesse, bisogna dire molto
chiaramente che i tempi annunziatori sono passati, e che noi oggi possediamo la
realtà vivente sotto i segni, e che, finché durerà questo mondo, questo stato
di cose, nella sua essenza non si può superare. Nella misura con cui tentassimo
di misconoscerlo, dalla speranza cadremmo nei miti illusori.
Dopo
che Gesù è stato glorificato ci è stato donato lo Spirito; ed è questo dono
dello Spirito nel giorno della Pentecoste, che ha ultimato la costituzione
della Chiesa[19].
L'età
dello Spirito Santo perciò non la dobbiamo più aspettare: essa coincide
esattamente con l'era del Cristo[20].
Communicatio
Christi, id est Spiritus Sanctus[21]. È lo Spirito che ci insegna ogni verità; ma anch'Egli,
come Gesù, l'inviato del Padre, non parla di se stesso e non cerca la sua
gloria[22].
Fedele alla missione ricevuta da Colui « nel nome » del quale ci è stato
inviato, egli ci fa comprendere il suo messaggio, ci « ricorda » le sue parole,
ma non vi aggiunge nulla; interviene, per così dire, a mettere il sigillo
definitivo al suo insegnamento[23].
Ci dispone al suo Vangelo, ma non lo trasforma affatto. Sovente egli ha
parlato, prima ancora della venuta di Gesù; ma era unicamente per annunciarlo: qui locutus est per Prophetas. Dacché Gesù è risalito al Padre, egli continua a parlare;
ma è ancora unicamente per rendergli testimonianza, come Gesù rende
testimonianza al Padre[24],
e per proclamare la sua unica Signoria. Non è per sostituirsi a Lui. Egli è
insomma « lo Spirito di Gesù »[25].
Ora
non esiste altro Spirito che lo Spirito di Gesù; e lo Spirito di Gesù è l'anima
che vivifica il suo corpo[26].
Come la lettera della Legge riuniva l'antico popolo, così lo Spirito plasma il
popolo nuovo[27].
Noi siamo oggi nello Spiritocome siamo nel Cristo; possiamo dire indifferentemente di essere stati battezzati
in un solo Spirito per formare un solo corpo, come si esprime san Paolo,
oppure, come commenta san Basilio, di essere stati battezzati in un solo corpo
per formare un solo Spirito[28].
La Chiesa è la « società dello Spirito »[29].
Ed è nella Chiesa che lo Spirito glorifica Gesù, come è in essa, in questa «
dimora di Cristo », che Egli ci viene donato[30]30,
« alleanza eterna e finale »[31].
Guai dunque a colui
che separa la Chiesa dal Vangelo! Guai a colui che le vorrebbe sottrarre il
fermento spirituale che essa mescola alla pasta umana![32] Guai a colui che nella Chiesa tenta di
« spegnere lo Spirito! »[33].
Ma guai ugualmente a colui che pretende di liberarne la fiamma rifiutando la
Chiesa![34].
La Chiesa è il
sacramento di Gesù Cristo. Questo significa ancora, in altri termini, che essa
ha con Lui un certo qual rapporto di identità mistica. Ritroviamo qui le
metafore paoline e le altre immagini bibliche che la Tradizione cristiana non
ha mai cessato di utilizzare. Vi si trova espressa la stessa intuizione della
fede. Capo e membra non formano che un solo corpo, un solo Cristo[35].
Lo Sposo e la Sposa sono una sola carne. Corpo della sua Chiesa, il Cristo non
la governa dal di fuori: essa dipende da Lui, ma ne è nello stesso tempo il
compimento e la « pienezza »[36]. Essa è ancora il Tabernacolo della sua Presenza[37],
l'Edificio di cui Egli è insieme l'Architetto e la chiave di volta, il Tempio
ove Egli insegna e dove attira con sé tutta la Divinità[38].
Essa è la Nave di cui egli è il pilota[39],
l'Arca delle grandi murate di cui egli è l'Albero maestro, che assicura la
comunicazione col cielo di tutti coloro che essa accoglie[40].
È il Paradiso[41],
di cui Egli è l'albero e la sorgente di vita; è l'astro che riceve da Lui tutta
la luce e che rischiara la nostra notte[42].
Se
non si è, in qualche modo, membra del corpo, non si riceve l'influsso del Capo.
Se non si aderisce all'unica Sposa, non si è amati dallo Sposo. Se si profana
il Tabernacolo, si resta privi della Presenza sacra. Se si abbandona il Tempio,
non si intende più la Parola. Se si rifiuta di entrare nell'Edificio o di
rifugiarsi nell'Arca, non si può trovare Colui che ne è il centro, e la volta.
Se si sdegna il Paradiso, non si può essere ne dissetati, ne nutriti. Se si
crede di poter fare a meno della luce riflessa, si rimane per sempre immersi
nella notte dell'ignoranza.
Praticamente,
per ciascuno di noi. Gesù Cristo è la sua Chiesa, sia che noi consideriamo
soprattutto la gerarchia ricordando le parole di Gesù: « Chi ascolta voi,
ascolta me; chi disprezza voi disprezza me »[43],
sia che noi guardiamo a tutto il Corpo, a questa intera Assemblea in seno alla
quale Egli risiede e si manifesta, e dal cui seno si eleva ininterrotta, nel
Suo nome, la lode di Dio[44].
La frase di Giovanna d'Arco, ai suoi giudici esprime nello stesso tempo la
profondità mistica della fede ed il buon senso pratico del credente: « Di Gesù
Cristo e della Chiesa io penso che siano la stessa cosa, e che su questo punto
non si debbano fare difficoltà ».
Questo
grido di un cuore fedele riassume la fede di tutti i Dottori[45].
Per
quanto gravi possano essere le difficoltà che ci assalgono e i turbamenti che
rischiano di sviarci, atteniamoci saldamente a questa equi valenza. Come Ulisse
che si faceva legare all'albero della nave per difendersi, suo malgrado, dalle
voce delle sirene, aggrappiamoci, se è necessario, senza più nulla ascoltare e
nulla vedere, alla verità salvatrice di sui sant'Ireneo ci da la formula: «
Dov'è la Chiesa, là c'è lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio, là c'e
la Chiesa ed ogni grazia, e lo Spirito è verità; allontanarsi dalla Chiesa è
rifiutare lo Spirito» e perciò « escludersi
dalla vita »[46].
Crediamo
sempre con san Giovanni che e impossibile udire lo Spirito senza ascoltare ciò
che Egli ha detto alla Chiesa[47].
Ricordiamoci che non esiste alcuna speranza di solida unità al di fuori di
colei che ne ha ricevuto le promesse.
Teniamo come un principio assoluto che non ci
può mai essere nessun valido motivo per staccarsi da lei[48].
Sappiamo comprendere in tutta la sua ampiezza e nel suo austero tassativo
rigore l'assioma tradizionale già formulato da Origene: Extra Ecclesiam nemo salvatur[49].Sforziamoci di
comprenderlo in tutta la sua magnifica ampiezza, perché, come spiegava
sant'Agostino, « nella ineffabile prescienza di Dio, molti che sembrano fuori
sono invece dentro » — lo sono già almeno « in voto, cioè col desiderio ». —
mentre « molti che sembrerebbero dentro, sono fuori »; sempre però « il Signore
riconosce quelli che sono suoi »[50].
Nello stesso tempo, però, dobbiamo anche comprendere quest'assioma nella sua
esigenza assoluta, perché colui che « si separa dalla comunione cattolica » ed
« esce dalla Casa » della salvezza, « si rende da se stesso responsabile della propria
morte[51] ». Non lasciamo mai che si insinui in
noi l'infausta idea di « rompere il vincolo della pace » con una sacrilega
separazione[52]52.
Non illudiamoci, mettendoci fuori della Chiesa, di poter ancora restare « nella
comunione del Cristo ». Ma ripetiamo a noi stessi come sant'Agostino: « Per
vivere dello Spirito di Cristo, bisogna rimanere nel suo Corpo »[53],
e ancora: è « in proporzione a quanto si ama la Chiesa di Cristo, che si
possiede lo Spirito Santo »[54].
Può darsi che molte cose, nel contesto umano
della Chiesa, ci deludano. Può darsi che, senza alcuna colpa da parte nostra,
noi siamo profondamente incompresi. Può darsi infine, che nel suo stesso seno
noi abbiamo a patire persecuzioni. Il caso non è impossibile, benché occorra
evitare di applicarlo presuntuosamente a noi stessi. Pazienza ed amoroso
silenzio varranno allora più di ogni altra cosa; non avremo da temere il giudizio
di coloro che non possono leggere nei cuori[55],
e penseremo che la Chiesa non ci dona mai con tanta pienezza Gesù Cristo
come
quando ci offre l'occasione di essere configurati alla Sua Passione.
Noi
continueremo a servire con la nostra testimonianza la fede che la Chiesa non
cessa di predicare. La prova sarà forse più pesante quando non viene dalla
malizia di alcuni uomini, ma da una situazione che può parere inestricabile:
perché allora, per superarla, non è più sufficiente un perdono generoso o
l'oblio di se stessi. Siamo lieti tuttavia, davanti « al Padre che vede nel
segreto », di partecipare in tal modo a quella Veritatis unitas che noi imploriamo per tutti nel giorno del Venerdì Santo.
Siamo lieti di poter acquistare allora, a prezzo del sangue dell'anima,
quell'esperienza intima che darà efficacia alla nostra parola quando dovremo
sostenere qualche fratello gravemente scosso, dicendogli con san Giovanni
Crisostomo: « No, non separarti dalla Chiesa! Nessuna potenza ha la sua forza.
La tua speranza, è la Chiesa. La tua salvezza, è la Chiesa. Il tuo rifugio, è
la Chiesa. Essa è più alta del cielo e più grande della terra. Essa non
invecchia mai: la sua giovinezza è eterna »[56].
Da
Henri de Lubac, Meditazione
sulla Chiesa, cap 6.
[1] Cfr. Dom J. gribomont, Du
Sacrement de l'Eglise et de ses réalisations imparfaites,in Irenikon, t. XXII (1949), pp. 345-367. J. pinsk, Die sakramentale Welt, in Ecclesia
orans (1938). S. tyszkiewicz, op. cit., pp. 188-192.
[2] Concilio di Firenze, Decretum
pro Jacobitis (1441-1442): «
...tantumque valere ecclesiastici corporis unitatem, ut solum in ea manentibus
ad saluterò ecclesiastica sacramenta proficiant ».
[3] Cfr. Messale ambrosiano, prefazio della prima domenica di
Avvento; « ...manifestans plebi tuae Unigeniti tui sacramentum... » sant'agostino, Epist. 187, n. 34: « Non est enim aliud Dei mysterium, nisi Christus »
(P. L., 38, 845).
[4] joseph de maistre, Lettre a une dame russe [Oeuvres, t. Vili, p. 74). Cfr. l'ammirabile pagina di san
bernardo, In Cantica, sermo 33, n. 3.
[5] Per il significato sostanziale della parola usata in tal
senso, cfr. Corpus mysticum,
pp. 217-230.
[9] 1 Cor., XIV, 37-38: « Si quis
videtur propheta esse aut spiritalis, cognoscat quae scribo vobis, quia Domini
sunt mandata. Si quis autem ignorai, ignorabitur ».
[13] Cfr. gioacchino da fiore, 11 Salterio a dieci corde (trad. frane., E. aegerter, p.
165).Ibid., p. 157: « Come il velo
di Mosè è stato sollevato da Cristo, così il velo di Paolo sarà sollevato dallo
Spirito Santo, ecc... ». Al che rispondeva già san
bonaventura, In
Hexaemeron, collatio XVI: « Post
novum Testa-mentum non erit aliud » (Quaracchi, t. V, p. 403).
[14] A proposito di
Gioacchino il rilievo è già stato fatto da M. eugene anitchkof,Joachim de flore et
les milieux courtois (1931), p. 169.
[15] Forse è stata una
giustificazione talvolta troppo naturale della Chiesa, che implica una certa
qual dimenticanza del compito svolto in essa dallo Spirito Santo, a rendere —
per compensazione — joseph de maistre indulgente con gli « illuminati
». Cfr. Soirées de
Saint-Pétersbourg, undicesimo
trattenimento.
[19] 1 Thess., IV, 8; I
Cor., II, 12; Jo., VII, 39: «Egli diceva questo dello Spirito che avrebbero
dovuto ricevere quelli che credono in lui; infatti lo Spirito non era ancora
stato dato, perché Gesù non era ancora stato glorificato ». Cfr. gioacchino
da fiore, Super quatuor
evangelio: « Etsi secundum
litteram completa est post resurrectionem Domini promissio illa Filli de do.
natione Spiritus sancti, secundum tamen illam plenitudinem quam ostensurus est
cum fuerit a rebelli quoque Judaeorum populo converso ad Dorninum per Eliam et
ejus socios glorificatus, etiam nunc dicere possumus: Spiritus non erat datus
quia Jesus nondum erat glorificatus » (ediz. a cura di ernesto
buonaiuti,Roma (1931), p. 169.
[20] Rom., VIII, 9-10: « ...si tamen Spiritus Dei habitat in vobis est... ». Cfr. Gai., IV, 6.didimo il
cieco, Dello Spirito
Santo, traduz. di san
girolamo: « Idem autem
Spiritus Dei et Spiritus Christi est, deducens et copulans eum qui in se
habuerit Domino Tesu Christo » (P. G., 39, 1068). sant'ilario, De Trinitate, l.VIII, e. 27.
[21] sant'ireneo, Adversus Haereses, 1. II, e. 24, n. 1 (ediz. F. sagnard, « Sources chrétiennes », 34,
pp. 398-400).
[22] Jo., XII, 49-50. Cfr. saint
jure, L'uomo
spirituale, I parte, e. 1. G. monchanin,Teologia
e mistica dello Spirito Santo, in Dieu Vivant, 23, p. 76: « Una mistica dello Spirito Santo, non è
soltanto una mistica dello Spirito Santo, ma e la mistica per eccellenza del
Cristo ed anche la mistica del Padre; un invito continuo a oltrepassare le
apparenze, ad attraversare la Scrittura, il Dogma e la Liturgia — che
interiorizzandola la nutrono e perfezionano — a contemplare incessantemente il prosodos e l’exodos della creazione deificata, e più
amorevolmente ancora l'espansio-ne e il raccoglimento della Trinità... ».
[24] ]o., XIV, 26; XV, 26; XVI, 13-14. Cfr. VII, 39; XX, 22. Act., II, 23. sant'epifanio,Adversus omnes
haereses, VII, a riguardo dei
montanisti, che pretendono « Paracletum plura in Montano dixisse, quam Christum
in Evangelium protulisse ».
[25] I Cor., XII, 3. Cfr. san
basilio, Trattato dello
Spirito Santo, e. 18 (trad. frane. B.pruche, O.
P., « Sources chrétiennes », 17, p. 197). Act., XVI, 7.
[26] sant'a'gostino, Sermo 268, a. 1: « Quod est spiritus noster, id est anima nostra, ad membra
nostra, hoc est Spiritus sanctus ad membra Christi, ad corpus Christi, quod est
Ecclesia » (P.L, 38, 1232); Senno 267, n. 4 (col. 1231). Cfr. Rom., VIII, 9; II
Cor., Ili, 17; Gai., IV, 6. Vedere precedentemente cap. IV.
[28] san
basilio, Dello Spirito
Santo, e. 26, n. 61, nel
commento a J Cor., XII, 18 (P. G., 32, 181 B). Cfr. l'osservazione di S. tromp, De Spiritu sancto anima
corporis mystici, I, p. 34.
[29] « Societas Spiritus »: sant'agostino, Sermo 71, c. 19, n. 32 (P.L., 38, 462); c. 23, n. 37: « congregatur
in Spiritu sancto » (col. 466).
[32] Cfr. origene, Scholia in Lucani, XIII, 21: « Accipi potest mulier pro Ecclesia, fermentum
pro Spiritu sancto, etc. » (P. G., 24, 565).
[33]1 Thess., V, 19. O a chi le impedisce di ringiovanire continuamente
il deposito affidato alla Chiesa e il vaso stesso che lo contiene. (Cfr. sant'ireneo, Adv. Haer., III, 24, 1).
[34] Oppure che profetizza
un altro Vangelo oltre il Vangelo di Gesù predicato dalla Chiesa. Cfr. Liber introductorius in
expositionem in Apocalypsin, e. 5: « II primo degli
stati del mondo si è svolto sotto il regno della Legge; il secondo è stato
instaurato dal Vangelo e dura fino al momento presente; il terzo incomincerà
verso la fine di questo secolo; già noi intravediamo il suo svelarsi in pieno
affrancamento spirituale... Questo tempo dell'intelligenza spirituale, che va
continuamente aprendosi, sarà messo sotto l'influenza del regno dello Spirito
Santo... L'angelo teneva in mano un Vangelo eterno; che cosa c'è in questo
Vangelo? Tutto quello che va oltre il Vangelo del Cristo » (trad. franc. E. aegerter, t. II, pp. 90-118; riassunto).
[35] sant'Agostino, In Psalm. 54, n. 3: « Caput et membra, unus Christus » (P. L., 36, 629). san
tommaso, Tertia, q. 48, a. 1 : « Caput et membra, quasi una persona mystica
»; cfr. q. 49, a. 1; q. 19, a. 4; De Ventate, q. 29, a. 7, ad llm.
[38] origene, In Lucani, hom. 18 e 20 (ediz. rauer, pp.
123-124 e 132). sant'àgostino,Enchiridion, c. 56 (P. L., 40, 259).
[40] ugo
di san vittore, De Arca Noe morali, 1. II, e. 7: « Columna in medio arcae erecta ...ipsa est
lignum vitae quod plan-tatum est in medio paradisi, id est Dominus Jesus
Christus in medio Ecclesiae suae, quasi praemium laboris, etc. » (P. L., 176,
640). Si riconosce qui il simbolo fondamentale dell'albero cosmico, che noi
abbiamo già studiato a parte in Aspects
du Bouddhisme, cap. II, (1951), pp.
55-79.
[41] sant'ireneo, Adversus Haereses, 1. V, e. 20, n. 2 (P. L., 7, 1178 A). tertulliano,Adversus
Marcionem, 1. II, e. 4: «
translatus in paradisum, — jam tunc de mundo in Ecclesiam » (ediz. kroymann, p. 338). berengaud, In Apoc. (P.L., 17, 778 D). ugo di san vittore, op. c'it., 1. II, c. 9: « Dominus Jesus Christus in medio Ecclesiae
suae quasi lignum vitae in medio paradisi plantatus est, de cujus fructu
quisque digne manducare meruerit, vivet in aeternum » (P. L., 176, 643). riccardo DI san
vittore, Allegarne, 1. I, e. 6: « Fons qui est in paradiso, Christum
significat. Quatuor flumina fontis, quatuor sunt Evangelia Christi » (P.L.,
175, 638-639), ecc. Cfr. 4
Esdra, CHI, 52, su Gesuralemme: « Vobis
apertus est paradisus, plantata est arbor vitae,... aedificata est civitas ».
[45] sant'Agostino, De Doctrina christiana, 1. Ili, e. 31, n. 44: « Christi et Ecclesiae, unam
personam nobis intimari » (P. L., 34, 82). san gregorio, Moralia
m Job.,prefazione,
c. 14: « Redemptor noster unam se personam cimi sancta Ecclesia, quam
assumpsit, exhibuit... » (« Sources chrétiennes », 32, p. 136). Ciò, del resto,
non sopprime affatto la subordinazione della Chiesa al Cristo, ma la suppone;
san Gregorio infatti aggiunge: « De ipso enim dicitur: Qui est caput omnium
nostrum, et de Ecclesia ejus scriptum est: Corpus Christi quod est Ecclesia ».
Cfr. 1. XXXV, e. 14, n. 24: « Christus et Ecclesia, id est caput et corpus, una
persona est » (P. L., 76, 762 C).
[46] Adversus Haereses, 1. Ili, e. 24, n. 1 (sagnard, p.
400). È appunto per questo che la Chiesa è « arrha incorruptelae, et
confirmatio fidei nostrae, et scala ascensionis ad Deum » (ibid.).
[47] Cfr. Apoc., II, 7, ecc. san bernardo, In
Vigilia nativitatis Domini, sermo 3, n. 1: «
Ecclesia, quae secum habet consilium et spiritum Sponsi et Dei sui » (P. L.,
183, 94 D).
[48] sant'agostino, Cantra epistulam Parmeniani, 1. Ili, e. 5,
a. 28: « Nulla est igitur securitas
unitatis, nisi ex promissis Dei Ecclesiae declarata... Inconcussum igitur
firmumque teneamus, nullos bonos, ab ea se posse dividere, etc. (P. L., 43,
104-105).
[50] De Baptismo, 1. V, e. 27, n. 38 (P. L. 43, 195-196); cfr. e. 16, n.
20-21; e. 21, n. 29 (coli. 186-187, 191); De
ordine, 1. II, e. 10, n. 29
(P.L., 32, 1008): « Illud divinum auxilium... certius quam nonnulli opinantur,
officium clementiae suae per universos populos agit ».
[51] De Baptismo, 1. V, e. 19, n. 25; e. 4 (P. L., 43, 189 e 179). origene, oc. cìt.: « Si quis forte exierit, mortis suae ipse fit reus ». sant'ilario, Trattato dei misteri, e. 9.Omelie pasquali, I, n. 13. lattanzio, Divin. Instimi. 1. IV, e. 30 (P.L., 6, 542-543). san
fulgenzio da ruspe, De
remissione peccatorum, 1. I, e. 19 (P.L,, 65,
543). san gregorio,Moralia in Joh,.l. XIV, n. 5 (P. L., 75, 1043). Sul pensiero di san Cipriano:
G. kopf, « Fuori
della Chiesa non vi è salvezza », origini
d'una formula equivoca, in Cabiers universitaires catholiques, 1953, pp. 302-310.
[52] sant'agostino, De Baptismo, I. II, e. 6, n. 7: « Vos ergo quare separatione sacrilega
pacis vinculum dirupistis? » (P. L., 43, 130).
[53] Testo citato da Mons. feltin, Lettera pastorale per la
quaresima 1951 su II senso
della Chiesa. Cfr. Epist., 185, c. 11, n. 50: « Proinde Ecclesia catholica sola corpus est
Christi... Extra hoc corpus neminem vivificai Spiritus sanctus... Non habent
itaque Spiritum sanctum, qui sunt extra Ecclesiam » (P. L., 33, 815). In Jo., tract. 27, n. 11 (P. L., 35, 1621). Cfr. De consensi! evangelistarum, 1. Ili, n. 72: « Ne quisquam se Christum agnovisse
arbitretur, si ejus corporis particeps non est, id est, Ecclesiae! » (P. L.,
34, 1206). san gregorio, In
septem psalmos poenitentiae, 1. V, (P. L., 77,
602).
[54] sant'agostino, In ]oannem, tract. 32, n. 8: « Quantum quisque amat Ecclesiam Christi,
tantum habet Spiritum sanctum » (P. L., 35, 1646).
Nessun commento:
Posta un commento