Venerdi Prima settimana
Salmo 50
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande
misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio
peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi
sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male
ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel
tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia
madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi
insegni la sapienza.
Aspergimi con rami d’issopo e sarò puro; lavami e sarò più
bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai
spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.
Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non
scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la
gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te
ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua
esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami
la tua lode.
Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non
li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e
affranto tu, o Dio, non disprezzi. Nella tua bontà fa’ grazia a Sion,
ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi,
l’olocausto e l’intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo
altare.
Richiesta di perdono, che sorge dalla consapevolezza
sincera della colpa commessa, e richiesta di saper vivere in vera fedeltà a Dio. La Chiesa chiede di essere di nuovo giustificata per
grazia e non in base ai meriti, e di divenire santa, senza macchia né ruga come
Cristo la desidera trovare.
Il salmista contempla chi è Dio, considera il suo amore
(chasdèka) e la sua grande misericordia (rachamèka) e chiede l’annullamento
totale del peccato.
Che cosa chiede Dio all’uomo? Il riconoscimento sincero di
aver peccato, un pentimento profondo e non superficiale (il mio peccato mi
sta sempre davanti). Bisogna interrompere
una lunga sottomissione al male, che perdura fin dalla nascita: nel
peccato mi ha concepito mia madre (non
significa che l’atto sessuale sia una colpa ma che il peccato accompagna tutta
l’esistenza, dal suo principio). Questo sentimento nel cuore dell’uomo
testimonia che è divenuto discepolo della sapienza di Dio, che gli ha parlato
toccandogli il cuore.
Che cosa chiede l’uomo a Dio? In primo luogo un
risanamento radicale di tutta la persona (aspersione con l’issopo; diventare
candidi come neve; l’esultanza delle ossa) ma soprattutto la capacità di restare fedeli in
avvenire.
Il salmista si propone di testimoniare ad altri peccatori
la sua esperienza. Difficile l’espressione: liberami dal sangue. Si tratta del
castigo della morte (che ogni peccatore meriterebbe) o il sangue versato da
Davide nell’omicidio di Uria?
Un sacrificio cruento d’animali, offerto senza pentimento,
non ha alcun valore; il pentimento invece sostituisce il sacrificio quando non
è possibile offrirlo. Il pentimento del cuore vale di più del sacrificio cruento d'animali.
Infine il salmista chiede il perdono e la ricostruzione di Gerusalemme
Infine il salmista chiede il perdono e la ricostruzione di Gerusalemme
Rilettura cristiana di Bruno di Segni
Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia. Dio agì sempre con misericordia; ancora adesso è misericordioso. Si mostrò misericordioso in modo incomparabile quando redense il mondo e con il proprio sangue distrusse il peccato originale. A questo gesto di misericordia allude anche un altro versetto dei salmo dove leggiamo: «Ha confermato per noi la sua misericordia» (Sal 116,2). Ha confermato, ha portato prove di quanto sia misericordioso. Chiede che questa misericordia scende in primo luogo su di lui, poiché riconosceva che il suo peccato era più grave di ogni altro. Spera con grande fiducia che gli vengano rimessi anche i peccati minori, visto che Egli è così disposto a perdonare anche quello più grande.
Secono la moltitudine delle tue misericordie distruggi
la mia iniquità. Se prima aveva parlato di grande
misericordia al singolare, ora parla al
plurale di una moltitudine di atti di misericordia. La misericordia non è
soltanto grande, ma immensa e incomparabile.
Lavami del tutto dalla mia
ingiustizia e purificami dal mio delitto. Il suo peccato non poteva essere annullato se non in seguito a
quell’atto definitivo di misericordia del quale ho parlato, facendo riferimento
alla passione di Cristo. Tutti i peccati rimanenti, prima o dopo la sua venuta,
non avrebbero potuto ricevere il perdono senza il sangue di Cristo. Si mostra
così come se avesse detto: Conosco il motivo per il quale [sarò perdonato] e
sono fiducioso.
Poiché riconosco la mia malvagità e il mio peccato
sempre mi accusa. Dicendo di riconoscere
d’aver peccato e di ricordare sempre la sua colpa, mostra che sta compiendo una
penitenza sincera. Del resto in molti passi della Bibbia Dio promette di
perdonare ai fedeli che mostrano una tale sincerità di pentimento. Ci presenta
così un grande esempio su come anche noi dobbiamo pentirci.
Contro te solo ho peccato, e davanti a te ho compiuto
il male. Davide era un re, molto potente
nel sua epoca, e non temeva nessuno all’infuori di Dio. Per questo dice: Ho
peccato soltanto nei tuoi riguardi, a te
solo renderò conto, perché non ci sarà nessun che oserà rinfacciarmi la mia
colpa. D’altra parte non possono nascondere a te il mio operato, perché ciò che
ho fatto, l’ho compiuto sotto il tuo sguardo, perché tu vedi tutto e nulla ti
rimane nascosto.
Così mostrerai che sei veritiero nelle tue promesse e che imponi il tuo volere quando giudichi. Il Signore si dispone a perdonare il peccato, se vuole che le sue promesse vengano considerate veritiere. Davide conosceva bene le promesse di Dio, anzi proprio lui, [sapeva] ciò che Dio aveva detto, come egli stesso dichiara. Si rendeva conto che Dio e le sue parole sono così solide e sicure, da non poter lasciar cadere la su promessa. Mentre prestava attenzione al pentimento del suo cuore e alle parole del Signore, con le quali promette ai veri penitenti il perdono, non aveva alcun dubbio circa la misericordia o sul fatto che gli sarebbe stato concesso il perdono.
Così mostrerai che sei veritiero nelle tue promesse e che imponi il tuo volere quando giudichi. Il Signore si dispone a perdonare il peccato, se vuole che le sue promesse vengano considerate veritiere. Davide conosceva bene le promesse di Dio, anzi proprio lui, [sapeva] ciò che Dio aveva detto, come egli stesso dichiara. Si rendeva conto che Dio e le sue parole sono così solide e sicure, da non poter lasciar cadere la su promessa. Mentre prestava attenzione al pentimento del suo cuore e alle parole del Signore, con le quali promette ai veri penitenti il perdono, non aveva alcun dubbio circa la misericordia o sul fatto che gli sarebbe stato concesso il perdono.
Valutava se stesso in base alla sua penitenza e Dio in
base alle sue parole e osservava come giungessero entrambi alla stessa
conclusione. Diceva nel suo cuore: perdona il mio peccato affinché tu possa
mostrarti veritiero nelle tue promesse, cioè affinché le tue parole siano
verificate come affidabili e inattaccabili ad ogni critica. Affinché tu
faccia valere il tuo volere quando giudichi. Se
le promesse di Dio non risultassero veritiere, Dio non uscirebbe come un
vincitore ma come un vinto. In un processo vince il contende che dimostra di
aver detto il vero. Dio risulta vincitore se perdona il peccato, perché allora
adempie la promessa e le sue dichiarazioni si traducono in pratica. I fedeli
che intraprendono una sincera penitenza si lascino istruire da queste parole e
imparino ad abbandonarsi alla misericordia di Dio perché Egli agisce come ha
promesso.
Ecco sono stato concepito nell’iniquità e nei delitti
mi ha partorito mia madre. Fornisce un
altro motivo per il quale il Signore dovrebbe volgersi per fare misericordia a
lui, perché è stato concepito ed è nato nell’iniquità e la sua inclinazione a
soggiacere agli impulsi della carne era impiantata in questa radice.
Aspergimi con issopo e sarò mondato, lavami e sarò più
bianco della neve. L’issopo sta per il
sangue perché le aspersioni con il sangue dell’agnello immolato si facevano con
rami d’issopo. L’espressione aspergimi con l’issopo non significa altro che aspergimi con il sangue del
Figlio tuo. Ha detto aspergimi e indica l’issopo lo strumento usato per
aspergere e inoltre non parla di nessun altro strumento adatto per aspergere.
Non resta che pensare che egli voglia indicare l’issopo con il quale
nell’antichità si facevano le aspersioni, per ordine divino. Il sangue dell’agnello
era un segno prefigurativo di quell’altro Agnello che avrebbe tolto il peccato
del mondo; aspersi dal suo sangue, siamo stati purificati dal peccato
d’origine. «Egli ci ha amati e ci ha lavati dai nostri peccati con il suo
sangue» (Ap 1,5). Nulla è più candido della neve, tuttavia dichiara che sarà
più candido di essa e in questo modo preannuncia la glorificazione mirabile dei
santi.
Mi farai udire [notizie] di gioia e letizia. La gioia sarà completa quando il nostro Salvatore
scenderà nel regno dei morti e strapperà costui da quel luogo di tenebra
insieme a tutti gli altri santi. Perciò è scritto: «O morte sarò la tua morte,
sarò il tuo pungiglione o inferno» (Os 13,14). Esulteranno le ossa
umiliate. Si pensa che Davide fu uno di
coloro che risuscitarono con il Signore; giustamente afferma che le sue ossa
esultarono perché erano state umiliate nella polvere per lungo tempo.
Distogli il tuo volto dai miei peccati e distruggi
tutte le mie iniquità. Distogli già da ora
il tuo volto dai miei peccati e dimenticali, non osservarli più a lungo e abbi
pietà di me, visto che mi accoglierai in una gloria tanto grande e mi chiamerai
prima degli altri. Non conviene che tu permetta che ora la mia vita rimanga
macchiata, visto che nell’altra vita mi prepari una gloria sorprendente.
Un cuore puro crea in me, o Dio. Espelli dal mio cuore ogni cosa vana, ogni forma di
stoltezza, ogni cattivo pensiero. Lì sta la fonte e l’origine del bene e del
male; da lì traggono origine i vizi, si formano le radici del male, le quali,
se non vengono strappate subito, cresceranno in maniera smodata in grande
altezza. «Dal cuore escono i cattivi pensieri, i furti, gli adulteri, gli
spergiuri, gli omicidi, le false testimonianze e altre cose simili che
inquinano l’uomo» (Mt 15,19). Perciò sta scritto: «Con ogni cura custodisci il
tuo cuore, perché la vita sgorga da esso» (Pr 4,23).
Immetti nelle mie viscere uno spirito retto. Lo Spirito Santo che è retto e rende retti non può
essere rinnovato. Si dice che viene rinnovato quando viene ad abitare una
seconda volta, in modo nuovo, nella casa che aveva lasciato, a motivo delle
offese ricevute.
Non cacciarmi lontano dal tuo volto e non allontanare
da me il tuo Spirito. Formulando questa
richiesta, mostra che, prima della conversione, Dio era adirato con lui e che
lo Spirito Santo si era allontanato. Chiede allora che lo Spirito Santo ritorni
da lui, com’era prima, e venga corroborato dalla sua illuminazione.
Rafforza in me il
tuo Spirito principale. Spirito retto,
Spirito santo, Spirito principale sono un unico e identico spirito e non c’è
tra loro alcuna differenza. Lo Spirito Santo viene designato con varie
denominazioni a seconda della diversità dei doni. Quando rende gli uomini
retti, allora viene chiamato Spirito retto; quando li fa diventare santi,
appare come Spirito di santità e quando fa ritornare qualcuno al suo stato di
dominio e al suo onore, può essere definito dagli uomini spirito di principato.
Allo stesso modo è chiamato Spirito di sapienza, Spirito d’intelletto, Spirito
di consiglio, Spirito di fortezza. Che cosa significa l’invocazione seguente?
Rendimi la gioia della tua salvezza. Mi sembra la gioia grande che riceveva
dall’incarnazione del nostro Salvatore ora non l’avverta più e non può più
sperimentarla come un tempo.
Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori
ritorneranno a te. Concedimi ciò che ti
chiedo: fa che possa insegnare ai peccatori le tue vie, che siano istruiti
dalla mia esperienza. Possano trovare la strada che ho percorso per tornare a
te, riconciliato con il tuo amore. Percorrano questi cammini fino a
raggiungerti e si riconcilino con il tuo amore. Non solo i cattivi ma anche i
malvagi vengano richiamati a te, in base alla mia esperienza esemplare.
Liberami dal sangue Dio, Dio della mia salvezza e la
mia lingua esalterà la tua giustizia.
«Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio» (Mt 16,17). Tutti i
peccati possono essere designati come sangue, ma mi sembra che in questo caso
voglia indicare i piaceri della carne e le sue bramosie. L’Apostolo chiede a
sua volta: «Non [datevi] alle fornicazioni e alle impudicizie ma rivestitevi
del Signore Gesù Cristo» (Rm 13,13), il quale ama la castità e «non
sottomettevi alla carne a motivo dei vostri desideri». La mia lingua
esalterà la tua giustizia. Parla della
lingua dell’uomo interiore. C’è una lingua che parla a te della tua giustizia
nel mio cuore, perché sei molto giusto e difendi la tua creatura e non permetti
che il tuo nemico la domini.
Signore,
apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Signore apri le labbra che sono rimaste chiuse fino
ad oggi, poiché, consapevole dei miei peccati, non ho osato aprirle per
lodarti. Dal momento però che la tua bontà e la tua misericordia mi hanno
concesso il perdono, non voglio più tacere ma ti celebrerò con la mia bocca.
Se tu avessi voluto il sacrificio, te lo avrei fatto. Non mi sarei vergognato di offrirti un ariete per
il peccato, come il tuo servo Mosè ha comandato di offrirtelo, a me e ai miei
simili, ma tu non ami questi sacrifici. So ormai che non ti piacciono questi
sacrifici, che valgono soltanto per il loro significato. Sembra che qualcuno
gli abbia chiesto: se Dio non gradisce questo sacrificio, di quale altro atto
di culto si compiace? A questa domanda egli risponde cosi:
Sacrificio a Dio è uno spirito contrito, un cuore
affranto e umiliato Dio non disprezza.
Questo è il sacrificio proprio di coloro che si convertono dai loro peccati. I
sacrifici che Mosé aveva comandato di offrire per i peccati non erano altro che
una prefigurazione di quelli. È molto opportuno allora che l’uomo immoli se
stesso, offra se stesso nel pentimento anziché ammazzare arieti, capri o altri
animali. L’uccisione [delle vittime] annunciavano la contrizione, il dolore e l’umiliazione.
Nel tuo amore, Signore, fa grazia a Sion e siano
riedificate le mura di Gerusalemme. Sion
significa punto di vedetta e, grazie alla sua solidità, Gerusalemme era ben
custodita e difesa. In essa vediamo rappresentati i custodi della Chiesa e quelli
posti a vigilare, cioè gli apostoli, i vescovi e i sacerdoti. Il Profeta, che
fino a questo momento era rimasto in preghiera, ora che è stato esaudito, parla
della Chiesa secondo il suo costume e comincia a pregare per essa. Prega per
coloro che innalzano le sue mura e le costruiscono, ossia, come ho detto, per i
vescovi e i sacerdoti, senza i quali le mura non possono essere innalzate e le
pietre non possono essere sgrossate. Quanti sono i cristiani, altrettante sono
le pietre di questa città: congiunti tra loro dal cemento della carità,
rimangono fermi e stabili.
Allora gradirai il sacrificio di giustizia, le
oblazioni e gli olocausti, allora porranno vitelli sul tuo altare. Quando Gerusalemme, ossia la Chiesa, verrà
edificata e le sue mura saranno innalzate, allora gradirai, ti sarà gradito e
accetto il sacrificio di giustizia, non quello di tori o di arieti, come
avveniva un tempo, ma offerte e olocausti propri della giustizia, come
sottintende. Tutti i santi sono considerati giusti, perché agiscono con
giustizia, l’annunciano e la custodiscono. Fino ad oggi i santi soffrono la
persecuzione, perché annunciano e difendono la giustizia. La loro sofferenza e
la persecuzione che cosa sono se non un sacrificio gradito a Dio del quale si
compiace? Proprio a proposito di questo sacrificio, si dice che Dio ne ha
aspirato l’odore come di un profumo soave (Gn 8,2).
Allora porranno
vitelli sul tuo altare. Quali vitelli? Le
labbra che celebrano il tuo Nome. Il sacrificio delle labbra non sono altro che
il dono della lode e della gioia. Vescovi e sacerdoti offrono questi sacrifici
quando in chiesa proclamano le lodi di Dio, quando spiegano il contenuto dei
due Testamenti e lo depongono come offerta sull’altare dei nostri cuori. I
nostri cuori sono degli altari sul quale ogni giorno sono immolati sacrifici di
lode e d’esultanza.
Altri suggerimenti
«In questo differiscono i santi veri e i santi in apparenza: i santi veri riconoscono di avere delle debolezze, di non essere quello che dovrebbero e vorrebbero essere, e perciò condannano sé stessi e non si preoccupano degli altri. Gli altri invece non vedono le loro debolezze e pensano di essere finora quello che dovrebbero essere, sempre dimenticano se stessi e sono giudici delle iniquità altrui, capovolgendo questo Salmo nel modo seguente: Io riconosco le debolezze degl’altri e i loro peccati sono di continuo dinanzi agli occhi mio, perché portano sulle spalle il loro peccato e una trave negli occhi» (Lutero112).
Il pentimento non è in primo luogo un senso di disagio, sterile e paralizzante, su qualche azione del passato. È invece una nuova strutturazione di tutta la persona. Chi si pente non dice soltanto: «Che cosa ho fatto!» ma «Quale uomo sono io!». Una persona si pente quando è già diversa da quella di prima, che aveva operato male. È come se si osservasse da un punto di vista più elevato. Pentirsi presuppone l’essere saliti e il guardarsi da una prospettiva superiore. Nel pentimento già si delinea un nuovo inizio, un futuro. La persona che è diventato un altro non tende a liberarsi soltanto da una colpa ma tutte le colpe (Max Scheler).
Il salmista si sente amareggiato e impotente ma crede che Dio possa riservagli ancora un futuro radioso: sarò puro, sarò più bianco della neve, sarò nell’esultanza e nella gioia. «Se io non credo in un Amore più grande dell’amore che porto per me stesso, non sono religioso» (Mazzolari 213). Nell’aprirsi al futuro che gli viene da Dio, il salmista prova il vero sentimento di fede: posso sempre far conto dell’amore di Uno che mi ama più di quanto io ami me stesso. «Padre non sono degno ma mi prendo lo stesso il tuo abbraccio, la tua veste nuova, il tuo anello, i tuoi calzari. Sono l’eterno mendicante del tuo amore: l’eterno dispregiatore del tuo amore. Sono la tua agonia, sono la tua gioia… sono tuo figlio» (Mazzolari 97).
Altri suggerimenti
«In questo differiscono i santi veri e i santi in apparenza: i santi veri riconoscono di avere delle debolezze, di non essere quello che dovrebbero e vorrebbero essere, e perciò condannano sé stessi e non si preoccupano degli altri. Gli altri invece non vedono le loro debolezze e pensano di essere finora quello che dovrebbero essere, sempre dimenticano se stessi e sono giudici delle iniquità altrui, capovolgendo questo Salmo nel modo seguente: Io riconosco le debolezze degl’altri e i loro peccati sono di continuo dinanzi agli occhi mio, perché portano sulle spalle il loro peccato e una trave negli occhi» (Lutero112).
Il pentimento non è in primo luogo un senso di disagio, sterile e paralizzante, su qualche azione del passato. È invece una nuova strutturazione di tutta la persona. Chi si pente non dice soltanto: «Che cosa ho fatto!» ma «Quale uomo sono io!». Una persona si pente quando è già diversa da quella di prima, che aveva operato male. È come se si osservasse da un punto di vista più elevato. Pentirsi presuppone l’essere saliti e il guardarsi da una prospettiva superiore. Nel pentimento già si delinea un nuovo inizio, un futuro. La persona che è diventato un altro non tende a liberarsi soltanto da una colpa ma tutte le colpe (Max Scheler).
Il salmista si sente amareggiato e impotente ma crede che Dio possa riservagli ancora un futuro radioso: sarò puro, sarò più bianco della neve, sarò nell’esultanza e nella gioia. «Se io non credo in un Amore più grande dell’amore che porto per me stesso, non sono religioso» (Mazzolari 213). Nell’aprirsi al futuro che gli viene da Dio, il salmista prova il vero sentimento di fede: posso sempre far conto dell’amore di Uno che mi ama più di quanto io ami me stesso. «Padre non sono degno ma mi prendo lo stesso il tuo abbraccio, la tua veste nuova, il tuo anello, i tuoi calzari. Sono l’eterno mendicante del tuo amore: l’eterno dispregiatore del tuo amore. Sono la tua agonia, sono la tua gioia… sono tuo figlio» (Mazzolari 97).
Salmo 99
Salmo. Per il rendimento di grazie. Acclamate il Signore,
voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con
esultanza. Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo
suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Varcate le sue porte con inni di
grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; perché
buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in
generazione.
Invito a tutta l’umanità a riconoscere Dio e a prestargli
il culto dovuto, con gioia ed esultanza. L’invito viene rivolto in modo
particolare al suo popolo.
Il popolo entra nel tempio per un rito di lode; esso
rappresenta tutta l’umanità. I pellegrini ribadiscono la fede nell’unità e
unicità di Dio. Il sentimento più adeguato nel presentarci a Dio è il
ringraziamento che consente di scoprire la grandezza di dio in se stesso.
Rilettura cristiana di Bruno di Segni
Giubila a Dio, terra tutta. Spesso ho detto che il giubilo è una gioia ineffabile, che rapisce la
mente al pensiero della felicità suprema. Il profeta vuole che tutto il mondo
giubili davanti a Dio e che gli uomini, messe da parte tutti beni del mondo,
vengano presi soltanto dall’amore e dal desiderio di Dio e servano Dio con
letizia. Molti servono Dio ma non lo fanno con gioia, non agiscono in modo
spontaneo ma per costrizione. L’apostolo ci esorta, invece, a servire con
gioia: «Rallegratevi nel Signore, sempre lo ripeto: rallegratevi! La vostra
affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4). Il
profeta, in modo analogo, sollecita la Chiesa così: «Esulta sterile che non hai
partorito; esci in grida di gioia tu che non hai avuto figli perché i figli
della donna abbandonata ora sono più numerosi di quelli della donna che ha un
marito» (Is 54,1; Gal 4,27).
Entrate davanti a Lui con esultanza. Se Egli ha sotto il suo sguardo ogni cosa esistente
e se nulla può rimanere nascosto al suo occhio, dove si trovano allora questi
fedeli che ora sono invitati a porsi alla sua presenza? In un certo senso
stanno e non stanno davanti a Lui. Non stanno davanti a lui quei fedeli ai
quali il Signore dirà: «In verità ridico: non vi riconosco» (Mt 25,12). Stanno
alla sua presenza, invece, i fedeli che meritano di contemplarlo. Che significa
stare davanti a lui? L’uomo sul quale il Signore vorrà posare il suo sguardo
deve prepararsi a questo evento: tutto deve essere compiuto nell’esultanza,
nella gioia e nell’alacrità di cuore.
Riconoscete che il Signore è Dio. Come provi che è Dio? Egli ci ha creati e noi siamo
suoi. Soltanto chi ha creato tutti può essere Dio. Non lo sono quelle divinità
che sono state fabbricate dagli uomini. Di loro è scritto: «Gli idoli delle
genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo»: Tu non hai creato tuo
figlio, né tu fosti creato da tuo padre. Soltanto Dio ci creò e noi non ci
siamo fatti da noi stessi. Che cosa siamo allora?
Noi siamo suo popolo e gregge che egli pascola. Egli è Dio, il Signore, il nostro Creatore; noi
siamo suo popolo, creati e fatti da lui, liberati dal dominio del diavolo. Chi
ascolta la sua voce, diventa membro del suo gregge, come dichiara lui stesso:
«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco» (Gv 10,27). Questi sono i
pascoli di cui parla in un altro passo: «Mi hai collocato in un luogo di
pascolo» (Sal 22,1). Questo luogo non è altro che due volumi del Testamento.
Varcate le sue porte confessando e i suoi atri con inni
di lode. Sembra ora riferirsi alle porte
della Gerusalemme celeste perché le persone a cui rivolge tale invito i trovano
già nella Chiesa. Vedendo che abbiamo già oltrepassate le prime porte, ci
invita a varcare anche le altre. Possiamo però varcarle soltanto nella lode e
nella confessione. Cominciamo col confessare le nostre colpe e soltanto allora
potremo nella lode giungere fin ai suoi atri. È scritto: «Confessate gli uni
agli altri i vostri peccati e pregate gli uni per gli altri per essere salvati»
(Gc 5,16). La lode del peccatore non ha un vero valore; la confessione delle
colpe deve precedere quella che seguirà, costituita dalla lode e dal giubilo.
La confessione di lode avviene ora ma continuerà anche nel seguito; quella del
peccato, invece, non si ripeterà più. Non ci sarà più peccato e quindi non ci
sarà neppure alcuna confessione.
Lodate il suo Nome perché soave è il Signore, la sua
misericordia dura in eterno e la sua verità per sempre. La lode non verrà mai meno perché nella Chiesa,
intanto, finché rimane nel trascorrere del tempo, e più tardi nella Gerusalemme
celeste, loderemo il Signore, in eterno e per sempre, a motivo della sua
dolcezza, della sua misericordia e fedeltà. Lodare il Signore oppure lodare il
suo Nome sono la stessa cosa.
Altri suggerimenti
«Tutta la terra giubila al Signore. Quella che ancora non
giubila giubilerà in appresso. Col diffondersi infatti della Chiesa, da
Gerusalemme (ove ebbe inizio) in mezzo a tutti i popoli, si estende a tutti la
benedizione: la quale, ovunque arriva, abbatte l'empietà e instaura la pietà.
Nella persona dei buoni tutta la terra giubila. Cos'è allora questo "
giubilare "? Chi giubila non
pronunzia parole ma emette dei suoni indicanti letizia, senza parole. Il
giubilo è la voce di un cuore inondato dalla gioia, d'un cuore che, per quanto
gli riesce, vuol manifestare i suoi sentimenti, pur senza comprenderne il
significato. Per farvi capire ciò che intendo dirvi, guardate come giubilano,
fra gli altri, i lavoratori dei campi. Soddisfatti per l'abbondanza del
raccolto, i mietitori, i vendemmiatori, o qualsiasi altro raccoglitore di
frutti, cantano e tripudiano, lieti della fertilità e fecondità della terra. In
tali canti, espressi a parole, inseriscono delle grida inarticolate, che
palesano l'ebbrezza del loro animo in preda alla gioia. E questo è ciò che si
chiama giubilo.
Quanto poi all'uomo, vediamo che possiede un qualcosa che
lo accomuna agli angeli di Dio. Non è quello che hanno gli animali: il vivere,
l'udire, il vedere, eccetera, ma il poter riconoscere Dio. Come le creature si
vedono con gli occhi, così lui si vede con la mente: è col cuore che lo si mira
e conosce. Ma dov'è il cuore che riesce a vederlo? Beati, dice, i puri di
cuore, poiché vedranno Dio. Avvicinatevi a lui e sarete illuminati 6. Se però
vuoi avvicinarti ed essere illuminato, occorre che ti dispiacciano le tenebre
in cui ti trovi. Disapprova ciò che sei, per meritare di essere ciò che non
sei. A Dio infatti non ci si
avvicina o ci si allontana per distanze di luogo; ma, come ti eri allontanato
perché divenuto da lui dissimile, così gli ti avvicini se gli diverrai
somigliante.
Quanto maggiori saranno i tuoi progressi nella carità,
tanto più rassomiglierai a Dio e tanto più comincerai a sentirlo. E quando
nella tua somiglianza avrai cominciato ad avvicinarti a Dio e a provare la
sensazione di Dio, quanto più aumenterà la carità (poiché anche la carità è
Dio) tanto più sentirai un qualcosa che tu dicevi e non dicevi. Difatti, prima
d'assaporare queste sensazioni, credevi di poter esprimere Dio a parole; quando
cominci ad averne la sensazione, ti accorgi che non sei in grado di esprimere
ciò che provi. Che se ti accorgerai di non saper esprimere quanto intendi,
dovrai per questo tacere e non lodare? Ebbene, ascolta il salmo! Terra tutta, giubilate
al Signore! Comprenderai il giubilo di tutta la terra, se tu stesso giubili al
Signore. Giubila al Signore!La Parola, mediante la quale noi fummo creati, è il
suo Figlio: quel Figlio il quale si rese debole come noi, affinché noi deboli
riuscissimo in qualche modo a parlarne. Alla parola di Dio noi possiamo
rispondere col giubilo; ma non abbiamo parola che corrisponda a quella Parola.
Pertanto giubilate al Signore, o terra tutta!
Servite il Signore con gioia. Questa gioia sarà piena e
perfetta quando il nostro corpo
mortale si sarà rivestito d'immortalità 17. Allora la gioia sarà perfetta, come
sarà perfetto il giubilo. Allora la lode sarà incessante; E quaggiù? Non ci
sarà alcun godimento? Oh, sì, c'è anche quaggiù una gioia: è nella speranza
della vita eterna. Quaggiù si pregusta ciò che lassù ci sazierà» (Agostino).
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