domenica 20 aprile 2025

Risurrezione

 La risurrezione fu un evento. La fede cristiana non inizia con una nuova grande  idea, intuizione, ideale o insegnamento, ma con un fatto che è accaduto. La  formazione e la continuazione della comunità cristiana non fu l'ostinata determinazione da parte dei discepoli di restare fedeli agli ideali di Gesù, bensì la loro risposta nella fede all'azione di Dio di risuscitare Gesù dai morti. Fin dall'inizio la fede cristiana non fu un buon consiglio ma una buona novella;

l'evento fu inteso come atto di Dio, non come ultima impresa di Gesù. La risurrezione è l'atto di Dio per il Gesù che ha sofferto la condizione di vittima in una vera morte umana e che è entrato impotente nel regno della morte come qualsiasi altro essere umano. Alle origini cristiane la fede nella risurrezione riguardava Dio, non qualcosa di straordinario inerente a Gesù;

la risurrezione è stata un evento unico, trascendente. Fu un atto unico di Dio che incise su questo mondo, ma non localizzabile in questo mondo alla modo in cui possono esservi collocati eventi spazio-temporali. Non è quindi in se stessa un evento del tipo di quelli che possono essere studiati dagli storici. La risurrezione è un fatto di azione di Dio percepito mediante la fede. Con eventi del genere gli storici non possono avere a che fare; possono soltanto occuparsi di coloro che in simili eventi hanno creduto e degli effetti della loro fede;

fin dall'inizio l'evento fu un evento interpretato. In quanto atto di Dio potè essere percepito e recepito solo nei termini della struttura mentale di coloro che vi credettero, già formata. Anche se ai fini della trattazione si può separare l'evento dall'interpretazione, nella realtà storica i due aspetti sono strettamente intrecciati. Non è possibile che qualche seguace di Gesù prima sia arrivato a credere che l'evento era accaduto, e poi in un secondo momento l'abbia interpretato in un certo modo. L'interpretazione era intrinseca alla percezione;

quando Gesù fece la sua comparsa, la nozione di risurrezione era già presente nella fede giudaica ed era un luogo comune nella teologia dei farisei (per es Dan. 12,2; Mc. 12,18-27; Gv. 11,17-24). La fede giudaica nella risurrezione non era una teoria dell'immortalità dell'anima umana ma un modo di affermare la fedeltà di Dio quando sembra che non vi sia in questo mondo un modo coi cui Dio possa rendere giustizia al suo popolo fedele. L'affermazione che Dio ha risuscitato Gesù non era quindi semplicemente dichiarare che i discepoli avevano ritrovato il loro idealismo o che a Gesù era accaduto qualcosa di spettacolare, ma la testimonianza dell'atto di Dio;

la risurrezione fu percepita e interpretata in vari modi (non molti), tutti inquadrabili nella cornice generale del pensiero apocalittico. Alcune correnti del l'Antico Testamento più recente e della prima fede giudaica rappresentavano la risurrezione dei morti come momento della vittoria di Dio al termine della storia, come vittoria finale di Dio sui nemici della vita e come ristabilimento nella giustizia del popolo fedele di Dio (v. sopra, 7.6). È molto importante capire che per i primi cristiani la risurrezione non era semplicemente qualcosa di spettacolare che Dio aveva compiuto per Gesù, ma rappresentava il fronte avanzato dell'evento escatologico, l'inizio della nuova era. Dio ha risuscitato Gesi dai morti come «primizia» del raccolto definitivo che sarebbe presto avvenute (1 Cor. 15,20-23). Fede nella risurrezione non è semplicemente credere che il corpo che era morto è tornato alla vita o che la mattina di pasqua il sepolcro era vuoto;

poiché la risurrezione afferma l'azione trascendente di Dio, ogni qualvolta si dica qualcosa della risurrezione si è davanti allo stesso problema di qualsias discorso su Dio: parlare dell'ultraterreno in termini terreni, nel senso che ciò comporta l'uso di un linguaggio mitologico. Per premunirsi da malintesi è utili richiamare alcuni punti riguardo a ciò che la fede nella risurrezione non è:

la fede nella risurrezione non è la credenza nell'immortalità, la credenza che l'anima «immortale» di Gesù sia in qualche modo «sopravvissuta alla morte»;

la fede nella risurrezione non è semplicemente l'esperienza soggettiva del ricordo potente di Gesù che continua a vivere nel cuore dei suoi discepoli, oppure la convinzione che Gesù continua a chiamare le persone a impegnarsi per la sua causa. La risurrezione non è solo un'esperienza capitata ai discepoli; è accaduta a Gesù, prima e indipendentemente dall'esperienza dei discepoli, della quale fu la causa generatrice;

la fede nella risurrezione non ha nulla a che vedere con fantasmi, comunicazioni speciali, sedute spiritiche e vari fenomeni parapsicologici;

la fede nella risurrezione non ha a che fare con una rinascita o un ripristino della vita di questo mondo, sul tipo di recuperi sbalorditivi come quelli che accadono sul tavolo operatorio;

la fede nella risurrezione non è nata adattando idee mitiche associate al nascere-e-morire delle antiche divinità della fertilità, anche se le immagini associate a questi miti poterono essere usate per esprimere la fede cristiana;

risuscitato da Dio fu Gesù. Il problema non fu «se ci sia una vita dopo la morte», ma la fedeltà di Dio alla vita che Gesù aveva vissuto. A essere risuscitata fu la persona di Gesù, non semplicemente i suoi insegnamenti o la sua causa. Gesù aveva incarnato la volontà di Dio, aveva rappresentato che cosa s'intende che sia una vita veramente umana al servizio di Dio. Le istituzioni di questo mondo, secolare e sacro, avevano respinto questa vita nel modo più vergognoso e crudele immaginabile. La risurrezione significava che Dio aveva reintegrato e confermato questa vita, questa persona, e che con questo iniziava a farsi realtà ad opera di Dio la ri-creazione dell'umanità e del mondo.

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