Bruno di Segni (o di Asti)
Commento ai Salmi (21-40)
Salmo 21
Per la fine. Per l'appoggio del
mattino. Dello stesso Davide. Ho spiegato abbastanza che cosa significhi per la
fine. L'appoggio [dato] al mattino altro non è che la risurrezione di Cristo,
il quale, al terzo giorno, all’alba, fu appoggiato [nel passaggio] dalla vita
mortale a quella immortale. Ha fatto bene in questo salmo a premettere un
riferimento alla risurrezione perché [in seguito] avrebbe parlato
esclusivamente della passione e gli ascoltatori che, nel corso del salmo si
sarebbero rattristati a motivo della passione di Cristo, sarebbero stati anche
incoraggiati dall'iscrizione che segue il titolo né avrebbero dubitato della
risurrezione, dopo che aveva saputo della sua morte.
Dio, Dio mio, guarda verso di me, perché mi hai
abbandonato, [sei] lontano dalla mia salvezza.
Tante volte abbiamo detto che il nostro Salvatore è Dio e uomo insieme; la sua
umanità invoca in lui e la sua divinità lo esaudisce. Quando invoca come uomo,
non supplica soltanto per se stesso ma piuttosto invoca per noi, perché,
essendo una cosa sola con la divinità, in un modo per noi incomprensibile, non
può nutrire alcun timore per se stesso. In modo analogo [nel nostro corpo] la
lingua parla a nome di tutte le altre membra; se essa non soffre di alcun
malanno, ci fa capire, però, a nome di un altro membro del corpo, che quello
sta soffrendo. Nel caso in cui venga colpito un occhio, una mano o un piede,
sarà la lingua a dire: perché mi fai del male? Non interviene per sé ma per
altri e fa sua la sofferenza altrui. In una forma simile di comunicazione, il
nostro Salvatore, nella sua umanità, così parla ed invoca: «Dio, Dio mio,
guarda verso di me, perché mi hai abbandonato». Sembra quasi che la sua
divinità cerchi il motivo del gridare, visto che, essendo presente, non avrebbe
dovuto supplicare né provare paura. Poi precisa dicendo:
«[sei] lontano dalla mia salvezza». Egli dichiara: non sto supplicando a mio favore, io
sono la testa, sono la lingua e invoco a nome delle mie membra. Disseminate in
tutto il mondo, le vedo soffrire gravi patimenti a motivo del mio Nome. La mia
passione sarà per loro il motivo per cui affrontare tutti quei patimenti.
Intercedo, in primo luogo, per gli uomini che, pur redenti dal mio sangue, a
prezzo molto caro, non smettono di peccare ma perseverano nella loro iniquità.
Sarà necessario che io interceda a lungo, ora e per sempre, a loro favore. Il
versetto seguente chiarisce [il discorso] ancora meglio. Sono le parole dei
miei delitti. Questo linguaggio non è mio, non m'appartiene; è il vociare dei
delitti, delle malattie e delle passioni dei miei fedeli.
Dio mio, grido di giorno e non m'ascolti, di notte e
non considerare [ciò] un'insipienza. L'espressione
giorno e notte significa in ogni momento, «ogni giorno intercede per noi» come
dichiara l'Apostolo (Rm 8,34). Tuttavia può avere anche un altro significato:
il giorno corrisponde alla prosperità e la notte all'avversità. Interceda
dunque il nostro Salvatore, dica l'umanità alla divinità: invocherò di
continuo, non desisterò dalla mia supplica. Nessuno mi consideri uno stolto
perché se io non ho bisogno di gridare è sempre necessario farlo per coloro per
i quali io invoco.
Tu risiedi nel santuario, o Lode d'Israele. Non ho bisogno di supplicare per me, perché tu
[Dio] abiti in me e sei sempre con me. Mi ascolti senza che io supplichi, tu
che sei oggetto della lode e della testimonianza d'Israele. Il Signore supplica
talora anche per se stesso, non perché abbia bisogno di supplicare, ma
affinché, mediante la sua invocazione, noi veniamo a conoscere il suo proposito
e il suo piano. Lo provano anche le parole seguenti.
In te sperarono i nostri padri, sperarono e li
liberasti. A te supplicarono e li salvasti, sperarono in te e non rimasero
confusi. È sempre necessario supplicare,
dice, senza mai smettere di farlo e se non veniamo esauditi in tempo breve, non
dobbiamo assolutamente desistere. Il nostro non è un grido che esce dalla bocca
ma dal cuore ma neppure il grido della bocca rimanga privo d'importanza, quando
il cuore e bocca concordano insieme. È ciò che fecero i nostri Padri; così si
comportarono patriarchi e profeti. Agì allo stesso modo, il compositore di
questo salmo. Credettero, rimanendo fermi nella fede e nella speranza e per
questo furono esauditi e non rimasero delusi.
Da questo punto in avanti, [il Cristo] racconta in ordine
lo svolgimento completo della sua passione; avvenimenti che sarebbero accaduti
dopo secoli, li annuncia a tutti i popoli come fossero già avvenuti affinché
gli uomini che si sarebbero rifiutati di credere agli apostoli, leggendo o
ascoltando questo salmo, credano e riconoscano che preannunciava il vero.
Ma io sono un verme e non un uomo, obbrobrio degli
uomini e rifiuto del popolo. Tutti quelli che mi vedevano, mi deridevano,
parlavano e scuotevano il capo: ha sperato nel Signore, lo liberi, lo salvi se
gli vuol bene. I nostri padri, dice,
sperarono in te e furono liberati; sperarono e non rimasero delusi. A me ora si
rimprovera proprio questo atteggiamento di speranza in te, e ritengono che la
mia fiducia sia vana e senza speranza per il futuro. Qui nel salmo e nel
Vangelo riscontriamo lo stesso racconto, qui qualcuno afferma: ha sperato nel
Signore, lo liberi, lo salvi perché gli vuol bene; là [nel Vangelo si dice] «Se
è Figlio di Dio, scenda ora dalla croce e crederemo in lui; ha confidato nel
Signore, lo liberi se lo ama» (Mt 27,42). La dichiarazione del salmo - ha
sperato nel Signore - corrisponde a quella evangelica: - Ha confidato in Dio -.
Lo stesso vale per l'altra dichiarazione: Lo salvi perché gli vuol bene
equivale a dire: lo liberi se lo ama. Osserva quanto corrispondano tra loro le
parole del profeta con quelle del Vangelo. Passiamo ora ad esaminare il loro
significato.
Sono un verme e non un uomo, dice. Egli si serve di questo
paragone: il verme è il più spregevole tra gli animali, a mia volta sono
considerato un peccatore abietto tra gli uomini. Il profeta, interpretando il
loro pensiero, dichiara: «Noi lo consideravano come un lebbroso, rifiutato da
Dio e umiliato» (Is 51,1). Il nostro Salvatore presenta qualche somiglianza con
il verme: è nato da una vergine che non aveva avuto rapporti con un uomo. Anche
i vermi nascono in modo simile, spuntano dal legno o dal suolo, senza
accoppiamento. Io, dice, che sono accomunato da loro ai malvagi o ai peccatori,
non sono stato generato né sono nato come gli altri uomini, concepiti
nell'iniquità e nati nel peccato. Nonostante questo, divenni oggetto di
disprezzo e fui rifiutato dal popolo; mi disprezzarono al punto da preferire a
me un criminale quando gridarono: «Non vogliamo costui ma Barabba» (Gv 20,40).
Sei tu che mi hai estratto dal ventre, sei la mia
speranza dal ventre di mia madre, Dio mio sei tu. L'affermazione presente - mi hai estratto dal ventre - corrisponde a
ciò che era stato detto poco fa: «Sono un verme e non un uomo». Comprendiamo
allora che egli non è nato alla maniera degli altri uomini ma in modo contrario
alla legge di natura. La parte successiva del versetto - sei la mia speranza
dal ventre di mia madre, Dio mio sei tu - deve essere interpretata in questo
modo: prima di incarnarsi e di nascere da una vergine, poiché era in tutto
uguale al Padre, crediamo in modo molto fermo che non abbia posto la sua
speranza in qualcuno, né in un Dio né in un Signore e neppure che Egli abbia
avuto qualcuno più grande di lui. Tutte queste parole, come ho ripetuto di
frequente, e le altre che seguono, hanno attinenza con la sua vicenda umana.
Non allontanarti da me perché la tribolazione è vicina
e nessuno mi aiuta. La divinità di Cristo
aderiva alla sua umanità e non poteva separarsi da essa; gli offriva in tutto
un aiuto tanto valido, al punto che egli non aveva bisogno di un altro
soccorso. Dichiara queste cose per noi e così verifichiamo come la nostra
situazione umana gli appartenga in proprio. Possiamo credere che fu uomo
veramente e valutare lo svolgimento dei fatti.
Mi circondarono molti vitelli e grassi tori mi
assalirono. Chi sono i tori grassi? I capi
dei sacerdoti, gli Scribi e i Farisei ripieni e colmi di ogni malizia e
perversità. I vitelli raffigurano in verità la moltitudine del popolo, che
seguì i primi facendosi guidare da
loro, come se fossero stati i loro
mandriani.
Aprirono contro di me la loro bocca, come leone che
rapisce [la preda] e ruggisce. Aprirono
contro di me la loro bocca e gridarono di comune accordo: «Crocifiggilo; deve
morire in conformità alla legge, perchè si è fatto figlio di Dio» (Gv 19,7). Le
loro grida, espressione della loro crudeltà, vengono paragonate al ruggito del
leone.
Sono stato sparso come acqua e tutte le mie ossa furono
disperse. Il Signore fu sparso come acqua per purificare alcuni ma per rovinare
altri. Fu scritto di lui: «Ecco ti ho stabilito qui come rovina e come
risurrezione di molti in Israele» (Lc 2,34). All'impeto dell'acqua, gli uomini
sono trascinati via con facilità. La dichiarazione - tutte le mie ossa furono
disperse - sembra prefigurare la fuga dei discepoli. In modo opportuno sono
denominati ossa, perchè tra le membra del corpo della Chiesa, saranno i più
solidi e i più forti. Compare un altro versetto che li riguarda:
Il mio cuore divenne cera liquida in mezzo alle mie
viscere. Il cuore è rappresentato dagli
apostoli poiché contengono in se stessi il disegno, il proposito e i grandi
segreti del Signore. È possibile pensare che il ventre raffiguri i fedeli che
nella Chiesa sono i più deboli e imperfetti, come erano quelli che in quel
tempo non credevano con fermezza. Temendoli, i capi dei sacerdoti deliberarono:
«Non [arrestiamolo] nel giorno di festa, affinché non sorga un tumulto di
popolo» (Mt 26,3). In mezzo a tale tipo di gente, i santi apostoli, per la
paura che li aveva invasi, si sciolsero come cera liquida e non furono in grado
di sostenere né se stessi né altri.
Svanì la mia forza, come è debole la testa. Sappiamo che la testa è fragile e non è molto
solida. Il nostro Salvatore paragona ad essa la sua forza, poiché nel tempo
della sua passione, volle mostrarsi debole e privo di vigore. Per questo disse
a Pietro pronto a combattere: «Non credi che io possa pregare il Padre mio ed
Egli mi metterebbe a disposizione ora più di dodici legioni d'angeli? Come si
adempirebbe la Scrittura secondo la quale deve accadere questo?» (Mt 26,53). é
questo il motivo per cui la sua forza svanì come accade alla testa.
La mia lingua si attacca alla gola. Ciò corrisponde al preannuncio profetico: «Come
agnello fu condotto al macello e non aprì la sua bocca» (Is 53,7).
Nella polvere di morte mi hanno condotto. Lo si dice
considerando il loro volere e il loro desiderio non perché la sua carne abbia
realmente sperimentato la corruzione, come è proclamato in un altro salmo.
Mi assalirono molti cani e una banda di malvagi mi
aggredì. Denomina i giudei cani e banda di
malvagi, poiché abbaiarono contro di lui senza ragione e senza alcun motivo.
Trapassarono le mie mani e miei piedi. Il versetto è così chiaro che non c'é bisogno di
spiegazione. Si può usare molto utilmente per confutare i giudei perché non può
riferirsi ad altri se non a Cristo, le cui mani e piedi furono confitti con
chiodi alla croce con tanta crudeltà.
Contarono tutte le mie ossa. Di nessuno è possibile contare agevolmente le ossa e osservarle ad
una ad una, come avviene con chi è steso sopra una croce. Contarono, ossia
fecero in modo che si potesse contarle. Come ho già detto in precedenza, nelle
ossa possiamo veder rappresentati gli stessi apostoli, i quali, forse, furono
contati affinché nessuno di loro potesse sfuggire.
Mi hanno osservato intensamente e mi hanno contemplato;
si divisero tra loro i miei indumenti e sulla mia veste tirarono le sorti. Il profeta, in spirito, e gli evangelisti, con i
loro stessi occhi, osservarono [tali eventi] e li narrarono in modo simile tra
loro. Creda ai profeti chi non vuole fidarsi degli evangelisti! L'unica veste
non fu stracciata; riferendosi ad essa i soldati dissero: «Non strappiamola ma
tiriamo a sorte a chi tocca» (Gv 19,24). Doveva compiersi la Scrittura, come
racconta Giovanni.
Tu, Signore, non indugiare nell'aiutarmi ma affretti in
mia difesa. Scampa la mia anima dalla spada
e dalla mano del cane l'unica anima mia. La spada corrisponde all'inganno teso
dal diavolo, con il quale tronca la testa alle anime di coloro che si perdono e
vengono condannati. Il cane è ancora il demonio, il quale abbaia contro i santi
con tutto il suo schieramento e non smette di parlare in modo insano. Ancora si
riferisce ad esso nel versetto successivo:
Liberami dalla bocca del leone e la mia povertà sia
preservata dall'impeto dell'animale dotato di un solo corno. Il leone è sempre il diavolo, menzionato in questo
modo anche in un altro passo: «Il nostro nemico, il diavolo, come leone che
ruggisce, va in giro cercando chi divorare» (1 Pt 5,8). I giudei vengono
raffigurati negli animali di un solo corno (i rinoceronti). Soltanto loro, fra
tutti i popoli, erano stati muniti di un unico corno. Vediamo in esso il corno
della Legge, donata a loro da Mosè per un dono divino, della quale si
gloriavano grandemente.
Ora termina il racconto della sua passione e comincia a
parlare della Chiesa.
Racconterò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo
all'assemblea ti loderò. I suoi apostoli li
chiama fratelli. A loro rivela il nome e la gloria della maestà del Padre,
prima palandone lui stesso dopo la sua passione e poi per mezzo dello Spirito,
da lui inviato. Per mezzo del loro ministero, avrebbe guidato e istruito la
Chiesa e avrebbe fatto conoscere ovunque le grandi opere di Dio.
Lodate il Signore voi che lo temete, tutta la
discendenza di Giacobbe lo glorifichi. Lo tema tutta la stirpe d'Israele,
poiché non ha disprezzato né sdegnato le preghiere dei poveri, non ha girato il
suo volto da me e mentre gridavo a lui, mi ha esaudito. Ogni giorno il Signore parla nella Chiesa, poiché
le su parole vengono annunciate ogni giorno nella Chiesa. Sono sue parole,
quelle che si trovano scritte nell'uno e nell'altro Testamento. È lui stesso ad
insegnare e ad annunciare. Perciò ai discepoli dice: «Non siete voi a parlare
ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10,20). Noi siamo
veramente discendenza di Giacobbe e d'Israele, abbiamo come Padre il nostro
Signore e Salvatore, già prefigurati in Giacobbe e in Israele. È Cristo quel
Giacobbe che vinse il diavolo e lo soppiantò. Lui è l'Israele al quale viene
fatta conoscere per intero la gloria della maestà del Padre. Per questo è stato
scritto a suo riguardo: «Dio nessuno l'ha mai visto, il Figlio Unigenito che
vive nel seno del Padre, proprio Lui ce l'ha fatto conoscere» (Gv 1,18).
Per te è la mia lode nella grande assemblea. Dice per te, ma sarebbe la stessa cosa se dicesse
per me, perché ogni lode rivolta al Figlio ridonda sul Padre. La grande
assemblea è la Chiesa cattolica, ossia universale, diffusa in tutto il mondo e
non in una parte del mondo.
Scioglierò i miei voti al Signore davanti a tutti
quelli che lo temono. I suoi voti: se si
tiene conto del discorso che segue, sembra fare riferimento ai sacramenti del
suo corpo e sangue :
I poveri mangeranno e saranno saziati. Vengono nominati a diritto questi voti, perché
stabilì di offrirli a Dio Padre per la nostra salvezza, già prima che
esistessero i secoli. Il solo rendersi disponibile [a questo compito], fu un
offrire voti. Questi voti sono offerti ogni giorno e sono offerti
davanti ai suoi fedeli e a coloro che lo temono. I poveri mangeranno e saranno
saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano. Si riferisce a quei poveri che
non cercano gli onori, le ricchezze e le cariche del mondo, ma il Signore e ai
quali piace essere poveri per il Signore. Costoro gusteranno un cibo ineffabile
e saranno saziati nell'uomo interiore e loderanno il Signore per un dono così
grande concesso a loro. «Chi mangia questo pane», dice il Signore, «vivrà in
eterno» (Gv 6,59). Per questo aggiunge:
Vivrà il loro cuore nei secoli dei secoli. Ricorderanno
e torneranno al Signore tutti i confini della terra. Se dice ritorneranno, è chiaro che lo avevano dimenticato.
Certamente, prima della predicazione degli apostoli, gli uomini avevano
smarrito Dio e se stessi al punto che erano pochissimi quelli che conoscevano
la verità. All'annuncio degli apostoli, si ricordarono di quella beatitudine
che avevano perduto nel primo uomo e tutti i confini della terra ritornarono a
Dio. Questo viene confermato dal verso che segue:
Tutte le famiglie dei popoli si prostreranno davanti a
lui. Giustamente faranno questo perché il
regno è del Signore ed egli governerà le genti. Prima di questo [mutamento],
regnava il diavolo e ovunque dominava sui popoli ma, con la passione di Cristo,
perse il regno e qualsiasi potere.
Mangiarono e adorarono tutti i ricchi della terra. In modo
opportuno ora chiama ricchi quelli che poco prima aveva definito poveri;
questi, sebbene siano privi delle ricchezze transitorie e passeggere, sono
ricchi tuttavia per quanto riguarda i beni spirituali ed eterni. Davanti a lui
si prostreranno quanti discendono in terra. Scendere in terra è la stessa cosa
che venire al mondo; interpreto l'espressione quanti discendono in terra alla
luce del detto del Vangelo: «Egli illumina ogni uomo che viene in questo mondo»
(Gv 1,8). Tutti coloro che vengono
in questo mondo, che scendono in terra, si prostreranno davanti a Dio, come sta
scritto: «Lo giuro, dice il Signore, che si curverà davanti a me ogni razza e
mi confesserà ogni lingua» (Is 43,23).
L'anima mia vivrà per lui e la mia discendenza lo
servirà. Non appartiene a Cristo,
quell'anima che non vive per Dio né quella discendenza che non lo serve.
Sarà annunciata a Dio la generazione futura e annunceranno
i cieli la giustizia al popolo che nascerà, che Dio ha fatto. Dire generazione
futura o popolo che nascerà è la stessa cosa, come mi sembra. Questa
generazione è il popolo dei pagani il quale, dopo che la Sinagoga fu respinta,
in quei giorni, era destinato a ricevere la predicazione e la chiamata. Perciò
l'apostolo dice ai giudei che non volevano ascoltare la parola di Dio: « A voi
per primi era necessario predicare la parla di Dio, ma poiché la respingete e
vi rendete indegni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani» (At
13,46). Ora usa qui un'espressione molto adeguata: il popolo che nascerà, fatto
da Dio. Quel popolo fu creato da Dio quando fu rigenerato nell'acqua del
battesimo.
Salmo 22
Il Signore mi guida e non mancherò di nulla; in un
luogo di pascoli, mi ha collocato. A
parlare in questo salmo è il popolo proveniente dal paganesimo rigenerato da
poco e chiamato alla fede. Questo è quel popolo del quale si diceva, alla fine
del salmo precedente: «Il popolo che nascerà, è stato creato dal Signore». Attesta di essere stato formato dal
Signore, poiché è stato rinnovato mediante l’acqua del battesimo, passando
dallo stato di vecchia creatura al nuovo. Dica allora questo popolo: il Signore
mi guida ed ormai non temo nulla, ho una buona guida e un buon pastore; Egli mi
ha posto nel luogo del pascolo e mi ha associato alla Chiesa dei suoi santi. Ovunque si trovino i volumi del Nuovo e dell’Antico,
là c’é anche il luogo del pascolo; là ci sono i cibi grazie ai quali l’anima è
rinfrancata e risanata. Riguardo ad essi, egli aggiunge:
Ad acque di riposo mi ha condotto, converte l’anima mia. Tutta la Sacra Scrittura, e la predicazione del
Vangelo sono acqua di riposo. Questa è l’acqua della quale viene detto: «Voi
assetati, venite all’acqua» (Is 55,1). È chiamata anche acqua di riposo poiché
chiunque si sarà dissetato con essa, «non avrà più sete» (Gv 6,15). Questa è
l’acqua che contiene ogni sapienza, con la quale le anime dei fedeli sono
istruite, purificate e risanate.
Mi ha condotto per un sentiero di giustizia, a causa
del suo Nome. Quale successione di
magnifiche parole! Egli afferma di essere stato condotto dapprima ad un luogo
di pascolo abbondante, poi alle acque di riposo e infine su un sentiero di
giustizia. Cammina in un sentiero di giustizia, poiché non procede verso alcun
errore e non si allontana dalla verità. Questo sentiero rimane sconosciuto ai
giudei, agli eretici e ai pagani. Appartiene soltanto ai Cristiani; essi
soltanto seguono la verità e la possiedono; essi soltanto hanno meritato di
ricevere il nome del Signore e sono chiamati cristiani da Cristo, resi degni di
un nome di discendenza tanto nobile.
Se cammino in mezzo all’ombra della morte, non temerò
alcun male perché tu sei con me. Perché
deve aver paura l’uomo che è guidato dal Signore e che cammina lungo un
sentiero del genere? Gli eretici sono ombra di morte e tutti gli altri
seduttori. Nell’immagine dell’ombra viene annunciata in modo chiaro ciò che è
provocato dall’ombra. Quelli di cui ho parlato sono vere ombre di morte: come
la morte procura la rovina del corpo, così questi uccidono le anime. Le persone
sante non temono di camminare tra costoro, poiché essi hanno come protettore
Dio stesso, il quale non permette che esse vengano vinte o ingannate.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi hanno consolato. So che hai in mano un bastone e un vincastro.
Contro quelli che peccano di meno, usi il bastone. Oppure anche [si può
interpretare], quelli che percuoti in questa vita con il bastone, nel futuro
[nel giudizio] non sperimenteranno il bastone ma il vincastro. Questo è il mio
conforto: so che sarai il mio difensore e che non permetterai che i miei nemici
sfuggano senza sperimentare alcuna pena.
Hai preparato al mio cospetto una mensa contro i miei
nemici che mi tormentano. Ecco un altro
motivo di conforto: non dovrai temere i tuoi nemici. Dice di vedere preparata
davanti a sé una mensa, che offre alimenti e bevande capaci di rendere
immortali e rende i commensali immuni da qualsiasi malvagità di eretici. Questa
mensa è la divina Scrittura e la comprensione dell’uno e dell’altro Testamento;
gli uomini di Chiesa che se saranno cibati, non temeranno le astuzie degli
eretici.
Ungesti di olio il mio capo. Sembra che qualcuno gli dica: che cosa ti procura questa mensa, se
sei privo di comprensione? A questi, egli mostra di avere sia la mensa, sia la
comprensione, mentre attesta che il suo capo è unto di olio. Il capo sta per
mente. Nell’olio dobbiamo cogliere la grazia dello Spirito Santo. Il nostro
Salvatore, cosparso di quest’olio, annunciava: «Lo Spirito del Signore è su di
me, per questo mi ha unto» (Is 61,1). Per questo anche in un altro passo è
detto: «Dio, il tuo Dio, ti ha unto con olio di letizia a preferenza dei tuoi
compagni» (Sal 44,8).
Il tuo calice che inebria, quanto è prezioso. Il calice appartiene a questa mensa e inebriati da
esso i santi dimenticano i beni della terra e non subiscono le conseguenze
delle ferite da essa inflitte. Questo calice è inebriante, perché in sé non
contiene nulla di tenebroso, nulla che non sia dolce e soave e illuminato dallo
splendore della verità.
La tua misericordia mi accompagnerà in tutti i giorni
della mia vita. È come se dicesse: Ecco, mi
hai concesso molti doni; mi hai condotto in un luogo erboso, mi portasti a
dissetarmi con acque di riposo, mi hai avviato nel sentiero di giustizia, hai
posto una mensa davanti a me; mi hai inebriato con il tuo calice. Mi resta da
appagare soltanto un desiderio; se lo otterrò mi basterà, se non l’otterrò, non
sarò nulla. È questo ciò che chiedo: la tua misericordia mi accompagni come
maestra e consigliera; essa m’impedirà lungo il corso della vita di deviare dal
retto sentiero, affinché, al termine di questa vita, abiti nella casa del
Signore, nella Gerusalemme celeste, per l’estensione dell’eternità. Nessuno può
pensare di salvarsi grazie alle sue opere, a prescindere dalla misericordia di
Dio.
Salmo 23
Salmo di Davide per il primo
giorno dopo il Sabato. Il primo giorno dopo il Sabato è la domenica, come si
interpreta. In questo giorno Dio fece il cielo e la terra; nello stesso giorno
risuscitò dai morti; nello stesso giorno trasmise agli apostoli lo Spirito
Santo; nell’ultimo giorno, avverrà l’ultima risurrezione, quando il Signore
verrà a giudicare i vivi e i morti.
Del Signore è la terra e quanto essa contiene,
l’universo e i suoi abitanti. Il Profeta
scrutò, per mezzo dello Spirito, quel giorno ultimo che è anche il primo,
l’unico giorno è il primo e l’ultimo. Tutti gli uomini, i buoni e i malvagi,
quali furono, sono e saranno, dovranno radunarsi insieme al tribunale di Cristo.
Là nessuno contenderà, nessuno farà vendetta; nell’attesa del giudizio si
diranno a vicenda: Del Signore è la terra e quanto essa contiene. Dove
saranno i sovrani che ora stanno
regnando? Dove i principi? Dove i potenti di questo mondo? Dove coloro che al
presente occupano la terra altrui e s’impadroniscono della proprietà del
fratello? Cercheranno di nascondersi ma non potranno farlo. «Allora diranno ai
monti: cadete sopra di noi e ai colli: nascondeteci» (Lc 23, 30). Allora
diventerà chiaro che la terra, e tutto ciò che essa contiene, l’universo e i
suoi abitanti, appartiene al Signore e soltanto a Lui. Di chi dovrebbe essere
se non del suo Creatore? Quando la creò? Il primo giorno dopo il Sabato. Quando
la libererà? Il primo giorno dopo il Sabato.
Egli la fondata sui mari e sui fiumi l’ha stabilita. Discutano pure i filosofi e s’interroghino tra loro
in che modo l’elemento terra possa stare sopra il liquido. A me non sembra che
sia più stupefacente che essa sia sostenuta dall’acqua anziché dall’aria, se
tuttavia è vero che essa è sostenuta o dall’acqua o dall’aria. Da parte mia
penso ad un significato più semplice, tenendo conto del fatto che spesso usiamo
il termine sopra al posto di presso. Ad esempio, quando diciamo che una città è
situata sul mare o sul Tevere, non pensiamo che essa si trovi proprio sopra
l’acqua ma piuttosto vicino ad essa. Così, dunque, la terra intera è posta sui
mari e sui fiumi, nel senso che i suoi confini devono necessariamente lambire i
mari e i fiumi.
Chi salirà al monte del Signore, o chi starà nel suo
luogo santo? Vedo, dice, tutti gli uomini
stare davanti al Giudice; vedo lì ricchi e poveri. Chi fra costoro sarà
chiamato? Chi fra questi potrà salire il monte del Signore? Forse soltanto i
ricchi, soltanto i potenti? Queste categorie di persone erano abituate a
ricevere inviti ed onori. In questo passo il monte del Signore e il suo luogo
santo corrisponde alla terra dei viventi. Vuoi sapere chi è che sale e chi
starà in quel luogo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non accoglie
invano la sua anima e non giura per ingannare il prossimo. Con queste brevi parole, il Profeta dichiara chi
potrà salire e chi potrà stare. Mi sembra un uomo perfetto colui che è
innocente nelle mani e puro nel cuore. Con queste caratteristiche è presentato
colui che non nuoce agli altri né con le opere, né con le parole. Non è facile
trovare persone così. Da parte mia, quando mi trovo nell’incertezza e
nell’imbarazzo, ricorro alle parole del profeta: «Il peccatore, in qualsiasi
momento si sarò pentito e avrà pianto, vivrà di certo e non morirà» (Ez 33,11).
Soltanto dopo aver sperimentato un tale genere di pentimento, ritengo di non
essere più peccatore, peccatore tra innocenti.
Chi non accoglie invano la sua anima. Riceve inutilmente la sua anima purificata nelle
acque del battesimo e rinnovata, l’uomo che in seguito, senza aver scrupolo nel
peccare, persevera nel peccato e si costringere a ritornare a quella bruttezza
che aveva avuto in precedenza.
Non giura per ingannare il prossimo. Il profeta non proibisce il giuramento, ma il
giuramento compiuto per ingannare. Giura per trarre in inganno, colui che non
osserva ciò che aveva promesso in modo libero.
Riceverà benedizione dal Signore e misericordia da Dio
sua salvezza. Afferma: colui che è così,
questi sarà chiamato, questi salirà, riceverà subito la benedizione, proprio
quella benedizione che il Signore ha promesso che avrebbe rivolto ai suoi
fedeli: «Venite benedetti dal Padre mio e ricevete il regno preparato per voi
dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34). I santi l’otterranno non per i loro
meriti, ma per la misericordia del loro Salvatore.
Questa è la generazione che cerca il Signore, che cerca
il volto del Dio di Giacobbe. Tutti coloro
che ascendono al cielo, che sono benedetti e salvati, sono radunati da quella
moltitudine di uomini che cerca Dio e desidera contemplare il suo volto.
Togliete via le vostre porte, principi; elevatevi, porte
eterne ed entrerà il re di gloria. Gli spiriti maligni possiedono delle loro
porte. Rappresentano i giudei, gli eretici, i tiranni, tutti i corruttori che
trascinano al vizio e al peccato, la loro dottrina e la loro arte di seduzione.
Il profeta ordina a questi spiriti di malvagità, chiamati principi, di togliere
via queste porte e di vivere nel loro tormento. Questo versetto corrisponde
alla sentenza che sarà emessa dal Signore nel suo giudizio: «Andate, maledetti,
nel fuoco eterno, preparato per voi e per i suoi angeli» (Mt 25,41). Le porte
eterne sono invece gli apostoli e i dottori: attraverso di loro, come per delle
porte, sarà possibile entrare nella Gerusalemme celeste. Il profeta insegna
che, concluso il giudizio, saranno alzate, saranno aperte e tutti i fedeli
raggiungeranno la patria passando per esse.
Il versetto, «e verrà il re di gloria», indica il
Salvatore che verrà a giudicare come uomo. Sarà lui a giudicare perchè «Il
Padre non giudica nessuno ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio» (Gv 5,22). é
giusto che sia lui a giudicare, dal momento che ha subito il giudizio. Infatti
in un altro salmo leggiamo: «Dio da al re il tuo giudizio» (Sal 71,1). Dal
momento che l’umanità del Salvatore è limitata dallo spazio, concluso il
giudizio, ritornerà là [in cielo] ove si trova attualmente. Per questo ora
dice: «entrerà il re di gloria».
Chi è il re di gloria? Dichiaralo tu stesso, visto che
provieni dalla stessa generazione, tu che lo conosci meglio.
Il Signore forte e potente, il Signore potente in
battaglia. Riguardo a questa guerra, il
Signore stesso ha detto: «Quando un uomo forte, armato, custodisce la sua casa,
tutto ciò che egli possiede, rimane al sicuro. Se sopraggiunge un altro ancora
più forte, lo priva delle sue armi, nelle quali confidava, e s’impadronirà del
bottino» (Lc 11,21).
Togliete via le vostre porte, principi; elevatevi, porte
eterne ed entrerà il re di gloria. Non gli bastò dire queste cose una sola
volta perchè desiderava molto contemplare questa scena e godeva molto di questo
spettacolo. Contemplava già al presente la gloria di tutti i santi, tra i quali
vedeva stare lui stesso. Vedeva la dannazione e la perdizione di tutti i
malvagi. Vedeva che le porte
eterne erano aperte e sollevate, già predisposte per accogliere l’enorme
moltitudine dei fedeli. Vedeva che le porte dell’inferno erano chiuse,
predisposte per contenere un incendio senza fine. Esorta le porte buone
affinché salgano al cielo; intima ai cattivi capi di togliere via le loro
porte, di chiuderle e di sprofondare nell’inferno. Da quel momento le porte
della morte rimarranno chiuse affinché nessuno, attraversandole, cada nella
morte.
Salmo 24
Per la fine. Salmo di Davide. In
questo salmo parla la Chiesa e per questo il titolo riporta per la fine perché
a favore di essa è arrivata la fine dei tempi, come dice l'Apostolo (1 Cor
10,11).
A te, Signore, innalzo l'anima mia: Dio mio in te
confido, che non debba arrossire. A te,
Signore, dice, ho innalzato l'anima mia la quale un tempo giaceva oppressa dal
grave peso dei suoi vizi. In un altro salmo si parla di questo peso: «Le mie
iniquità hanno superato il mio capo e come carico pesante mi hanno oppresso»
(Sal 37,5). Agli uomini oppressi da un carico così penoso, il Signore rivolge
questo invito: «Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi
ristorerò» (Mt 11,8). Dio mio in te confido, che non debba arrossire. Vale a
dire: poiché confido in te, la mia fiducia non risulti vana ed inutile; non
vincano i miei nemici e mai il mio avversario possa dire : ho prevalso contro
di lui. Ripete poi questa invocazione: Non ridano di me i miei nemici: chi
sono? Gli eretici, i tiranni, gli spiriti malvagi.
Ecco tutti coloro che ti aspettano, non rimangano delusi.
Nelle nostre grandi difficoltà noi dobbiamo sperare nell'aiuto divino, non in
quello umano, e attenderlo. Se, poi, non giunge così repentino come speravamo,
dobbiamo continuare ad attenderlo, senza chiuderci nella delusione.
Siano delusi i malvagi che compiono il male. Gli uomini che sperano in te non meritano di
trovarsi delusi ma piuttosto dovranno esserlo quelli che fanno e compiono cose
vane. Per cose vane si intende qualsiasi male, qualsiasi azione che derivi da
stoltezza tuttavia con questo nome sono designati particolarmente gli uomini
che costruivano idoli e poi li veneravano.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie e guidami nei tuoi
sentieri. Quale differenza c'é tra via e
sentiero? La stessa che esiste tra una via larga ed una stretta; quella stretta
conduce alla vita mentre quella larga porta alla rovina. La Chiesa chiede al
Signore di insegnarle le sue vie e i suoi sentieri affinché non prenda la via
ampia, che è chiamata così perchè è scelta da una moltitudine innumerevole e
vasta. Per questo aggiunge:
Guidami nella tua verità e istruiscimi perché tu sei il
Dio della mia salvezza e in te ho sperato tutto il giorno. Dice il Signore: «Io sono la via, la verità e la
vita» (Gv 14,6) «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Egli è la via
verso la quale ora prega di dirigersi, nessuna tra le altre conduce alla
beatitudine nella quale è premuroso di entrare. Erra, quindi, e si dirige verso
la morte, percorrendo un cattivo sentiero, chi non cammina nella via della
verità.
Ricordati Signore dei tuoi atti di misericordia e della
tua misericordia, che sono da sempre. Dichiara:
non è una novità o una cosa
insolita, che tu compia atti di misericordia ed esaudisca i tuoi fedeli. Hai
cominciato a farlo già da quel tempo, da quando hai voluto mostrare la tua
piena ed ineffabile misericordia. Infatti se in un primo tempo tu hai compiuto
molti gesti di bontà, tuttavia nel tempo della sua passione e della nostra redenzione,
manifestasti la tua misericordia in misura sovrabbondante: hai redento con il
tuo sangue non un popolo solo ma
tutte le genti. Per questo si celebra: «Lodate il Signore, genti tutte,
lodatelo popoli tutti»; per quale motivo? «è stata confermata su di noi la tua
misericordia» (Sal 116,1). Prosegue nel chiedere atti di misericordia:
Non ricordare i delitti della mia giovinezza e della
mia ignoranza, ma ricordati di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia. La Chiesa invoca il Signore affinché si ricordi
della sua grande misericordia, di quella che ha confermato per noi dandone una
prova così chiara. I delitti della giovinezza e dell'ignoranza sono quelli
commessi prima della conversione, quando si trovava ancora sotto il dominio
delle tenebre dell'ignoranza. Così è possibile interpretare.
Per la tua bontà, Signore. Le richieste che ti formulo, te le rivolgo con questo sentimento, non
perché sia degna di un dono così grande; ma per la tua bontà Signore, che sei
solito manifestare ai fedeli che sperano in te.
Dolce e retto è il Signore e per questo ha stabilito
una legge per coloro che delinquono sulla strada. Parla della strada dei comandamenti divini, della quale è detto:
«Beati coloro che sono immacolati sulla strada e camminano nella legge del
Signore» (Sal 118,1). «Corro nella via dei tuoi comandamenti» (Sal 118). Su
questa strada, tuttavia, molti delinquono e non camminano in essa con quella
integrità e purezza con cui dovrebbero farlo. Poiché il Signore è dolce e
pronto a fare misericordia, poiché non vuole la morte del peccatore ma
piuttosto che si converta e viva (Ez 33,11), proprio per questo ha stabilito
una legge per coloro che delinquono sulla strada. Quale? Questo decreto: «Hai
peccato; smetti [di fare il male], allontanati dal male e fa il bene» (Is
1,16). Non appena ti sarai convertito, non ricorderò più le tue iniquità. Non
c'è alcun motivo di disperarsi: il dolcissimo Signore ci ha donato una legge
dolcissima. Certamente pochi uomini o forse nessuno avrebbe potuto salvarsi, se
il Signore non avesse stabilito questa legge dolcissima. Aggiunge, poi, in modo
opportuno: ... e retto; sebbene sia dolce, non rifiuta la giustizia, perché
«darà a ciascuno secondo le sue opere», come è scritto (Mt 16,27). è dolce
verso coloro che si pentono, retto verso gli uomini che perseverano nella
malvagità.
Guiderà i miti nel giudicare, insegnerà ai mansueti le
sue vie. Miti e mansueti sono la stessa
cosa. Gli uomini maturi ed equilibrati sono chiamati miti. «In un popolo
maturo ti loderò», come viene detto (Sal 34,18). Sono mansueti quelli che si
fanno condurre per mano. Al contrario consideriamo cattivi gli animali che
rifiutano ogni contatto e non vogliono essere toccati. Dio guida nel giudizio e
insegna ai mansueti le sue vie poiché non permette che tali uomini si
allontanino dalla via della giustizie e della rettitudine. Sono buoni giudici e
giudicano bene coloro che respingono il male e scelgono il bene. Quali sono le
vie del Signore?
Tutte le vie del Signore sono misericordia e verità. Per chi sono state preparate? Per coloro che
cercano la sua alleanza e il suo patto. Su queste strade Egli cammina e su
quelle anche noi muoviamo i passi, così potremo incontrarci, Lui noi e noi Lui.
Avanza su questa strada, chi ama, ricerca ed osserva le testimonianze dei due
Testamenti.
Per il tuo Nome, Signore, perdona il mio peccato, anche
se è abbondante. Qual’é il Nome del
Signore? Il Nome del Signore è Gesù, che significa: Colui che salva. Così
infatti parlò l'angelo alla Beata Maria: «Ecco concepirai e partorirai un
figlio e si chiamerà Gesù» (Lc 1,31). Perché [avrà questo nome]? «Salverà il
suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Il Signore salva i suoi fedeli, li
perdona e usa misericordia con loro a motivo del suo nome, cioè realizzando il
significato del suo nome; è stato chiamato Salvatore per salvare e mostrare la
sua misericordia a chi l'invoca. Nell'affermare che il suo peccato è
abbondante, usa un termine improprio; voleva dire che esso era molto grande.
Chi è l'uomo che teme il Signore? Questi pose una legge nella via che quello scelse.
Dice: chi è l'uomo che teme il Signore? Certamente chi pecca non ha alcun
timore. Si penta, si rallegri ed esulti perché il Signore, nella via in cui
scelse d'andare, pose una legge. L’uomo [protagonista del salmo], invece,
scelse di inoltrarsi nel cammino della verità; nel caso in cui, invece, avesse
prese un'altra strada, avrebbe dovuto ricordarsi che là era stata posta una
legge: si penta e otterrà il perdono.
La sua anima dimorerà tra i beni e il suo seme
possederà la terra. La legge posta da Dio
per soccorrere i peccatori è così efficace, al punto che chiunque la seguirà e
si sarà pentito dei suoi peccati, non sarà privato dei beni eterni; costoro e
il loro seme, ossia i loro imitatori (dobbiamo interpretare così) possederanno
in eredità la terra dei viventi.
In questo versetto è proclamata la grande misericordia di Dio Onnipotente e
viene data ai penitenti una grande speranza.
Il Signore e la sua promessa sono una garanzia sicura
per coloro che lo temono, per manifestarsi a loro. Il Signore, afferma, e
la sua promessa sono una garanzia sicura per tutti coloro che lo temono. Questa
promessa è stata donata a noi affinché per mezzo di essa e in essa si riveli
l'Autore della promessa. Non appena abbiamo conosciuto Dio, otteniamo una
garanzia e una consolazione solida, per poter sperare con fermezza. La casa che è fondata su tale roccia, è
solida e stabile.
I miei occhi sono sempre rivolti al Signore. È come se qualcuno dicesse: mentre tieni sempre gli
occhi rivolti a lui, bada a non mettere, stupidamente, un piede nel laccio. A
questa obiezione, risponde: Egli libererà dal laccio il mio piede. Questo fatto è accaduto spesso ai santi martiri.
Mentre cercavano soltanto Dio e desideravano vederlo e possederlo, riconosciuti
dalle loro parole ed azioni che erano cristiani, subito arrestati, legati e
presi nella rete, erano trascinati alle torture. Il Signore però che non
abbandona mai quanti sperano in Lui, dava loro una fermezza così solida, al
punto che vinsero i loro nemici proprio col subire la morte e non potevano
essere piegati da alcun tormento.
Guarda verso di me ed abbi pietà di me perché sono solo
e povero. La Chiesa afferma di essere sola
e povera. Sola perchè è l'unica fra tutte le nazioni del mondo ad adorare e
venerare l'unico vero Dio; povera nei confronti di quelle ricchezze per le
quali altri uomini sono invece considerati ricchi. Quando è la santa Chiesa ad
esprimersi, nel suo discorso a volte parla a nome dei fedeli che sono perfetti,
a volte invece a nome di quelli che sono ancora imperfetti. In questo versetto
le sue parole convengono con quelli che sono perfetti.
Le mie tribolazioni sono cresciute, liberami dalle mie
necessità. Bisogna distinguere tra i vari
tempi perché tutto ciò che ora dice non si adatta bene a qualsiasi circostanza;
nel benessere non si parla allo stesso modo di quando si è nella ristrettezza.
Ecco ora gli affanni del suo cuore si sono moltiplicati, perchè è perseguitata
dagli eretici e dai tiranni. Per questo aggiunge:
Vedi la mia umiliazione e il mio travaglio, e perdona
tutti i miei peccati. Guarda che i miei nemici si sono moltiplicati e con odio
malvagio mi odiano. Mostra di ricevere
molte umiliazioni da parte dei nemici e di essere tribolata; si lamenta, poi,
perchè i suoi avversari si sono moltiplicati e infiammati d'odio violento.
Perciò non chiede di continuare a vivere, ma soltanto di ricevere il perdono e
la remissione dei suoi peccati. L'apostolo chiede la stessa cosa: «Non voglio
che ignoriate, fratelli, la tribolazione che ci è capitata in Asia, poiché
siamo stati oberati in modo pesante, al di là delle nostre forze, al punto che
non volevamo più vivere» (2 Cor 1,8).
Custodisci la mia anima e liberami, Signore: che io non
sia confuso perché ti ho invocato. La sua
domanda può essere resa in questo modo: non ti prego per il benessere del corpo
e non desidero protrarre a lungo questa vita che mi riserva soltanto dolore. Mi
basta che tu custodisca la mia anima e mi salvi. Signore: che io non sia
confuso perché ti ho invocato. Comprendano i [nemici] almeno una volta, che
l'invocarti non è una cosa vana. Nella Bibbia troviamo scritto: «I giusti
rimanevano fermi di fronte a coloro che li osteggiavano» (Sap 5,1). Allora
s'accorsero che i santi di Dio erano dei saggi, mentre li avevano considerati
stolti e vuoti.
Gli uomini innocenti e retti aderirono a me, poiché
avevo confidato in te. Ecco come sono i
fedeli a favore dei quali ora ti sto pregando: sono uomini senza colpa, sono
persone rette; sono così, coloro che sono degni della tua grazia e della tua
misericordia. Non aderirono a me, spinti da amore carnale o da affetto carnale,
non aderirono a me perchè cercavano me, ma perché avevano visto che speravo in
te.
Liberami, o Dio d'Israele, da tutte le mie angustie. La santa Chiesa sarà redenta e liberata da tutte le
sue angustie quando sarà innalzata sopra i cieli, in modo completo e totale,
con tutti i suoi membri.
Salmo 25
Salmo di Davide. In questo salmo
parla Davide stesso e, insieme a lui, tutti coloro che hanno raggiunto il suo
grado di perfezione.
Giudicami Signore perché sono entrato (nel santuario)
da innocente e, poiché spero in te, non resterò confuso. Il profeta chiede di essere esaminato, poiché sa di
essere nel giusto; non s’azzarderebbe a formulare questa richiesta, se sapesse
di non essere nel giusto. Dichiara di essere entrato da innocente, poiché,
anche se aveva peccato, tuttavia non perseverò nel peccato. Sappiamo bene che
non agì da innocente né quando si recò da Bersabea, né quando uccise Uria.
Tuttavia egli si pentì con sincerità e meritò di ascoltare il messaggio che il
profeta gli rivolgeva da parte del Signore: «Il tuo peccato è stato perdonato»
(2 Re 12,14). A motivo di questo [perdono], poté considerarsi innocente e
giusto, come se non avesse peccato.
In un esempio tanto clamoroso viene offerto ai peccatori
un motivo di conforto: dopo aver compiuto la penitenza, devono considerarsi
salvati dai loro peccati, come se non li avessero commessi. Ritengo che il
profeta abbia pronunciato e scritto queste espressioni, per offrire se stesso
come esempio per animare altri a nutrire una sicura speranza.
... e poiché spero in te, non resterò confuso. Che intende dire con questa affermazione? L’innocenza
e la salute dell’anima di cui ora godo, non le perderò più. Si sente fiducioso
di [ottenere] questo risultato appoggiandosi soltanto alla misericordia di Dio
e non alle sue forze. Di nuovo, dicendo questo, si offre come esempio agli
altri, affinché, compiuta la penitenza, non tornino a peccare.
Esaminami, o Signore, e mettimi alla prova; raffinami
le reni e il cuore. Il profeta non lo dice
in modo diretto, tuttavia soltanto a Dio è possibile e a lui solo compete
esaminare le reni e il cuore. Perciò esprime queste considerazioni più per
donare un’istruzione che per chiedere qualcosa. Lui solo, con un [semplice]
sguardo, esamina e scruta, indaga e conosce che cosa abbiamo nelle reni e nel
cuore, guarda se il nostro intento è positivo e se la nostra conversione
produce frutti. Se è rimasta della ruggine e se c’é ancora qualcos’altro
di[negativo], brucia tutto e ci risana. Lui stesso afferma: «Se il tuo occhio è
semplice, tutto il corpo sarà illuminato» (Lc 11, 36).
La tua misericordia è sempre davanti ai miei occhi e mi
compiacqui della tua verità. Vale a dire:
Se non avessi tenuta presente la tua misericordia e non avessi ripensato al
fatto che, dopo il pentimento, ero stato assolto dai peccati, grazie sempre
alla tua misericordia, non ti avrei mai chiesto di esaminarmi e di scrutarmi.
Aggiunge: mi compiacqui della tua verità. In questa vita Dio è magnificato
perché concede misericordia ai pententi, come aveva promesso di fare.
Non sedetti nel consiglio della vanità e non mi
assocerò con chi fa il male. Ho detestato le riunioni dei malvagi e non sederò
insieme agli empi. I due versetti sembrano
annunciare un’unica verità. Sono degni d’approvazione gli uomini che, prima e
dopo il pentimento, manifestano questa intenzione. Che cosa vi può essere di
meglio di questo? Non acconsentire alla vanità e impegnarsi in futuro ad evitare
questo? L’apostolo conferma tutto ciò con il dire: «Ove abbondò il peccato,
sovrabbondò la grazia» (Rm 5,20). In un altro salmo leggiamo un messaggio
simile: «Beati coloro ai quali è rimessa la colpa e ai quali i peccati sono
perdonati. Beato l’uomo a cui il Signore non imputa alcun male» (Sal 31, 1-2).
Laverò con gli innocenti le mie mani, e girerò attorno
al tuo altare, Signore. Non è possibile
prendere alla lettera queste parole: il re e profeta Davide non poteva avere
relazione soltanto con uomini giusti ed innocenti. Possiamo però dare un altro
senso: egli con la mente e con il cuore rimaneva in relazione con costoro,
mentre con gli altri stabiliva relazioni soltanto a livello fisico. In questo
modo anche noi possiamo essere presenti ed assenti contemporaneamente. Assenti
proprio da quelli con i quali ci troviamo e presenti con le persone dalle quali
siamo lontani. Se non condivido il parere della persona che è con me, sono come
assente da lui; se invece vado d’accordo con la persona che non è con me, sono
insieme a lui, in qualunque luogo egli sia. Dichiara, infatti, l’apostolo: «La
nostra cittadinanza è nei cieli» (Fil 3,20). Con i Corinzii, infatti, diceva di
essere assente o presente con loro. Lava le sue mani assieme agli innocenti,
poiché, a somiglianza di coloro fra i quali e con i quali mantiene una
relazione nel modo di pensare e di sentire, purifica e santifica tutte le sue
opere, raffigurate nelle mani.
Girerò attorno al tuo altare, Signore. Perché? Per ascoltare la voce di chi ti loda e
per raccontare tutte le tue meraviglie. Il
tempio non era ancora stato edificato, ma la tenda, che era stata innalzata da
Mosè già c’era, insieme con l’arca del testamento e l’altare d’oro. Promette di
girare attorno a questo altare e di ascoltare ciò che veniva letto. In quel
tempo venivano letti soltanto i Sette Libri della Legge, poiché quelli
profetici non erano ancora stati scritti. Ascoltava perciò in questi testi, le
testimonianze che inducono alla
lode del Signore e tutte le opere mirabili che abbondano nel racconto di quei
libri. Ora si propone di erompere nella lode, quella che in seguitò espose e
trasmise in tutti questi salmi.
Signore, ho amato la bellezza della tua casa. Oppure parlando in altro modo: il luogo della tenda
della tua gloria. Con queste parole, mostra di aver frequentato a lungo quella
casa e quel luogo, che conteneva la tenda e gli altri oggetti di cui si é
parlato in precedenza. Vi si recava, come ha precisato ora, per ascoltare la
voce di lode del Signore e per raccontare tutte le sue meraviglie. Egli si
propose di edificare il tempio, animato da grande desiderio e da questo intenso
sentimento ci è possibile capire
in modo adeguato quanto abbia amato la bellezza della casa del Signore e
il luogo che conteneva la sua tenda. Predispose tutto il denaro necessario e
con quello il figlio Salomone, in sua vece, innalzò, in seguito, il tempio del
Signore.
Non perdere la mia anima con gli empi, e la mia vita
con gli uomini sanguinari. Non perdere,
dice, la mia anima con gli empi e non accomunarmi nel castigo con coloro dei
quali ho sempre odiato le intese e le macchinazioni malvagie. Mettimi insieme
con gli innocenti, tra i quali sono stato in relazione con il modo di pensare e
di sentire.
La loro destra è piena di regali. È l’equivalente di quanto ha detto sopra: le loro
mani sono protese a fare il male. Dichiara che le loro mani sono piene di doni e d’iniquità, in
quanto questi offrono e ricevono regali per rovinare o opprimere gli uomini
innocenti e poveri.
Ma io sono entrato nella mia innocenza, salvami e abbi
misericordia di me. Io, dice, sono entrato
nella mia innocenza, e, per questo motivo, confido che sarò nella tua
beatitudine insieme agli innocenti. Quest’uomo manifestò davvero una grande
purezza e una grande perfezione; le sue stesse parole lo dimostrano. Del resto
lo stesso Signore indicò questo stesso bene, dal momento che lo raccomandò in
molte occasioni.
Il piede stette in terra piana, nelle assemblee
benedirò il Signore. Troviamo una
spiegazione del discorso appena concluso: sono entrato nella mia innocenza. È
logico che i loro piedi abbiano percorso una via retta, se sono entrati da
innocenti. Quanto al proponimento: nelle assemblee benedirò il Signore, si
tratta d’una raccomandazione a pregare con tutti questi salmi, grazie ai quali
ogni giorno Dio viene lodato e benedetto in tutte le chiese sparse in ogni
luogo.
Salmo 26
Davide parla dell’unzione regale
che ricevette ad Ebron dopo la morte di Saul, quando fu cosituito re. Con ciò
si dimostra che questo salmo fu composto in quella circostanza, quando Saul,
che lo aveva perseguitato con odio ingiusto, rimase ucciso.
Il Signore è mia luce e mia
salvezza. Mi sembra che quando il profeta scrisse questo verso, vedeva in
anticipo, per ispirazione dello Spirito, la morte di Saul e che in breve
sarebbe diventato re. Il titolo lo attesta in modo preciso: Salmo di Davide,
prima dell’unzione.
Il Signore è mia luce:
m’illumina e mi concede il dono di
farmi conoscere i suoi disegni e gli eventi futuri. Grazie all’ispirazione del
suo Spirito che parla in me, mi promette che sarà la mia salvezza e il mio
difensore. Di chi avrò paura? Di nessuno avrò timore, risponde in modo
implicito, poiché mi sento protetto da un sostegno e da un soccorritore molto
forte.
Il Signore è difensore della mia vita: di chi avrò
timore. Mentre mi assalgono i malvagi, e
pensano di aggredirmi per divorare la mia carne... In questa espressione, divorare
la mia carne, mostra in modo chiaro con quale odio fosse perseguitato.
... i miei nemici che mi perseguitano, vacilleranno e
cadranno a terra. Con queste
parole sembra proprio che alluda alla morte di Saul e a quella degli altri
avversari che caddero in battaglia.
Se contro di me si muoveranno eserciti, non temerà il
mio cuore; se sorgerà contro di me
perfino una guerra, anche in questa circostanza, continuerò a sperare. Ho un aiuto e una difesa così potenti da non temere
neppure schieramenti armati che si oppongano a me, nessun esercito nemico,
nessuna aggressione da parte di avversari.
Una cosa ho chiesto al Signore, e questa cercherò. Un dono solo, dice, ho chiesto al Signore e questo
solo continuerò a chiedere, lo preferirò a tutto, al punto che, se mi sarà
concesso, mi sentirò ricco; se non mi sarà concesso, considererò tutto il resto
un nulla. Qual’é?
Abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia
vita. Non possono esprimersi in questo modo
i potenti del mondo, che aspirano agli onori, ai privilegi e alla ricchezza, al
punto che i loro nemici non possono opporsi a loro (Davide aveva tutto questo).
Non si preoccupano affatto di pronunciare questa invocazione perché non amano i
beni eterni ma quelli passeggeri. [Il salmista] chiama casa del Signore la
Gerusalemme celeste, un’abitazione stimata da lui ben più di qualsiasi
ricchezza. Come se qualcuno gli avesse chiesto: Perché desideri così tanto di
abitare in quella casa?.
Per conoscere la volontà del Signore e trovare rifugio
nel suo santuario. In questa vita nessuno
può comprendere in modo adeguato la volontà di Dio e i suoi progetti. Per
questo spesso ci rattrista il fatto che i malvagi godano la prosperità e ai
giusti capitano delle disgrazie. Il profeta desidera trovarsi là dove si può
comprendere la verità intera e dove non ottengono nessun risultato le
macchinazione dei nemici.
Mi ha nascosto nella sua tenda, nei giorni di sventura,
mi ha protetto nel segreto della sua tenda, mi ha stabilito sulla rupe. Ora
alzo la testa sui miei nemici, girerò attorno [all’altare] e immolerò sacrifici
d’esultanza nella sua tenda, canterò e inneggerò al Signore.
Per questo, dice, girerò attorno [all’altare], offrirò
sacrifici, inneggerò al Signore, perché mi ha nascosto nella sua tenda, e tutto
ciò che segue. Ora cerchiamo di comprenderne il senso. Riferendomi a Saul e a
tutti gli altri miei nemici, [affermo questo]: potranno espellere me e i miei
[amici] dalla mia casa e dalla mia tenda, ma non potranno mai espellermi e
cacciarmi dalla vastissima tenda di Dio. Egli considera tenda di Dio questo
mondo il quale, a somiglianza di una tenda, è coperto dal velo del cielo. In
questa tenda Dio lo ha nascosto e custodito così bene, che i suoi nemici non
poterono mai catturarlo né trovarlo.
Giorni di sventura sono quelli nei quali i malvagi
dominano e impongono il loro volere. Lo rivela anche il seguito:
Ora si leva il mio capo sui miei nemici. Ciò si è realizzato. Come se dicesse: Ora che Saul
e gli altri avversari sono morti, e dopo che il Signore ha voluto pormi come re
sul suo popolo, ora, io attesto, il Signore ha levato il mio capo, ossia la mia
forza e la mia potenza su tutti i miei oppositori. Lo riscontriamo leggendo il
libro dei Re. In quel tempo, in quelle regioni, non vi fu nessuno che avrebbe
potuto opporsi al suo dominio e al suo potere.
A motivo di questo beneficio ricevuto da Dio, ora dichiara
a ragion veduta: girerò attorno [all’altare] e immolerò sacrifici d’esultanza
nella sua tenda, canterò e inneggerò al Signore. Abbiamo già parlato a
sufficienza di questa tenda nel salmo precedente. Questa è la tenda costruita
da Mosè e circa la quale l’Apostolo dice: «Fu innalzata la prima tenda nella
quale stava il candelabro, l’arca della testimonianza, la pensa della
preposizione chiamata santa» (Eb 9,2). Essa, in quel tempo, si trovava sulla
terra ma Davide non poté avvicinarsi ad essa in tutto quel tempo in cui fu
perseguitato. Ma adesso, ottenuta la pace, promette di recarsi là, per
sciogliere i viti, per offrire sacrifici di lode e d’esultanza e per cantare a
Dio con i salmi. Segue:
Ascolta, Signore, la mia voce, con la quale ho gridato
a te; abbi pietà di me e ascoltami. Di te ha detto il mio cuore: ho cercato il
tuo volto. Il tuo volto, Signore, cercherò. Non distogliere da me il tuo volto
e non scacciare nell’ira il tuo servo. Così
si esprime il profeta, come se ormai già fosse giunto alla tenda del Signore,
dove si era ripromesso di andare per cantare ed offrire sacrifici d’esultanza.
Il suo discorso lo possiamo volgere in queste parole: Ecco, Signore, sono
giunto nella tua tenda, là dove avevo sempre desiderato recarmi, e adesso sto
vicino a te. Ora ascolta la mia preghiera con la quale avevo gridato a te.
Adesso, abbi pietà di me e ascoltami. A quale supplica si riferisce? Parla di
ciò che aveva detto in precedenza: Una cosa ho chiesto al Signore, e questa
cercherò. Abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita. A
questo desiderio si riferisce quando afferma: A te ha detto il mio cuore: ho
cercato il tuo volto. Il tuo volto, il tuo volto, cercherò.
L’affermazione: il tuo volto, Signore, cercherò,
corrisponde all’altra: una cosa sola ho chiesto al Signore, questo solo
cercherò? Chi può vedere il volto del Signore se non colui che abita nella casa
del Signore? O re molto sapiente e molto più religioso di tutti gli altri
sovrani! Già era disposto a lasciare il regno che aveva ricevuto in quei giorni
e a desiderare con tutto il cuore le gioie del cielo.
Non distogliere da me il tuo volto e non allontanare
nell’ira il tuo servo. Sii tu il mio aiuto, non lasciarmi e non disprezzarmi,
Dio della mia salvezza. Così parla il
profeta, come se il Signore avesse distolto il suo volto da lui e si fosse
mostrato adirato, e gli avesse detto: chiedi una cosa impossibile e ciò che
chiedi non puoi riceverla per il momento. Te lo concederò a suo tempo e non
temere perché non t’abbandonerò e non ti lascerò. Il versetto successivo sembra
confermare questa interpretazione.
Poiché mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, il
Signore mi ha accolto. Chi è questo padre
se non il mondo del quale il Signore dice: «I figli di questo mondo, per la
loro generazione, sono più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,8)? Di questa
generazione parla anche Geremia: «Maledetto l’uomo che annunciò a mio padre: ti
è nato un figlio maschio (Ger 20,15); mia madre invece fu la malvagità, come lo
stesso profeta [Davide] attesta là dove afferma: «sono stato concepito
nell’iniquità» (Sal 50,7). La stessa cosa viene riferita anche del diavolo, che
vede ogni altezza, dal momento che lui stesso è re sopra tutti i figli della
superbia. La superbia dimostra d’essere la madre di tutti i malvagi arroganti.
Il Signore può accogliere soltanto quelli che sono abbandonati da questo padre
e da questa madre.
Signore conducimi nella tua via e guidami nel retto
sentiero, a causa dei miei nemici. Poiché,
ora, la mia richiesta non può essere esaudita, e ancora mi comandi di
incontrare in questo mondo le insidie dei miei nemici, imponimi secondo il tuo
progetto la stessa legge che hai stabilito anche per gli altri. Riguardo a
questa legge, in un altro salmo viene detto: «Chi è l’uomo che teme il Signore?
Stabilì una legge per lui nella via che scelse per lui» (Sal 24,12). Per quale
motivo chiede di essere sottoposto a quella legge alla quale devono sottoporsi
tutti gli uomini, se non perché teme di cadere nel peccato più degli altri, nel
caso in cui, in qualche circostanza, si fosse allontanato dalla via della
giustizia? Riguardo a questo argomento il Signore ha detto: «Il servo che, pur
conoscendola, non avrà compiuto la volontà del suo padrone, sarà battuto con
molte percosse; colui che non l’avrà compita perché non la conosceva, sarà
battuto con poche» (Lc 12,47). Non abbandonarmi nelle mani di coloro che mi
perseguitano. Allude agli spiriti maligni: il loro più vivo desiderio è
trascinare fuori dal giusto cammino gli uomini giusti e farli cadere nel peccato.
Come è stato scritto, sono le loro esche preferite. Ne parla ancora dicendo: Sono
insorti contro di me testimoni malvagi, e la loro malizia viene smascherata. Costoro accusarono il beato Giobbe e
portarono false testimonianze contro di lui e non cessano, giorno e notte, di
accusare i santi presso Dio. Tuttavia la loro perfidia viene smascherata. In un
altro salmo, in modo simile, viene annunciato: «La sua malizia ricade sul suo
capo e la sua iniquità gli piomberà in testa» ( Sal 7, 17).
Credo di poter vedere i beni del Signore nella terra
dei viventi. Sebbene, dica, che falsi
testimoni sorgono contro di me, credo senza alcun dubbio, che la mia preghiera
sarà esaudita e che vedrò i beni del Signore nella terra dei viventi. Ascolto
il Signore parlare in me, ascolto lo Spirito confortarmi e dichiararmi: «Spera
nel Signore, sii forte. Si rafforzi il tuo cuore e spera nel Signore». Questo
corrisponde a ciò che si legge in un altro passo: «Ascolterò il Signore parlare
dentro di me» (Sal 84, 9).
Salmo 27
Il titolo sembra dire che il
contenuto del salmo riporta le parole dello stesso Davide, di Davide stesso,
cioè del Cristo nostro Salvatore.
A te, Signore ho gridato, Dio non stare in silenzio per
me, affinché non sia come chi scende nella fossa. Questa invocazione non è del solo Davide ma di tutti gli uomini che
mostrarono la stessa fede di Davide. Dice: a te, Signore ho gridato, non stare
in silenzio con me. Che significa questo non stare in silenzio se non
rispondimi? Che significa rispondimi se non ascolta la mia preghiera? Se non
agirai, assomiglierò a chi scende nella fossa. In un altro passo se ne parla in
questo modo: «Ha aperto una fossa e l’ha scavata ed è caduto nella buca che
aveva preparata (Sal 7,16).
Ascolta la voce della mia supplica quando ti prego,
quando alzo le mie mani verso le cose sante.
In un altro passo usa la medesima espressione: «Durante le notti alzate le
vostre mani verso il santuario» (Sal 133,1). Le cose sante sono il santuario.
Tutte le volte in cui, pregando, alziamo le nostre mani, le solleviamo sempre
verso il santuario; sebbene non vediamo il tempio, tuttavia con il pensiero del
cuore, ci dirigiamo là.
Non travolgermi con i peccatori e non collocarmi con
gli operatori d’iniquità. È una preghiera
semplice che non richiede spiegazioni ma è facile da capire.
Con quelli che parlano di pace al loro prossimo ma
hanno la malizia nel cuore. Giuda il
traditore si comportò così e tradì il nostro Salvatore con l’inganno, mentre
usava parole di pace. Siano certi che subiranno la stessa sorte, coloro che si
saranno comportati allo stesso modo. è quanto il profeta chiede contro di loro
nel seguito.
Ripagali, Signore, secondo le loro azioni e
retribuiscili secondo l'opera delle loro mani. Da a loro ciò che si meritano. Poiché
non hanno compreso l'agire di Dio e non hanno meditato sulle sue opere. Tutte le azioni di Dio Sono buone. «Vide ciò che
aveva fatto ed era molto buono» (Gen 1,31). Nel nostro operare dobbiamo
guardare all'esempio offertoci da questo grande Operatore, affinché anche tutto
ciò che noi compiamo sia buono. Costoro, invece, hanno fatto il contrario ed
hanno compiuto soltanto ciò che è male. è giusto perciò che accada a loro ciò
che viene detto ora:
distruggili ma non ricostruirli. Una distruzione può essere un vantaggio se è
seguita da una buona ricostruzione. L'apostolo che era stato demolito ma poi
ricostruito, diceva: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo vive in me » (Gal
2,20). Costoro invece subiscono una demolizione simile a quella provata da
quelli di cui si dice: «Come vasi d'argilla li frantumerai» (Sal 2,9).
Benedetto il Signore che ha ascoltato la voce della mia
supplica. Rende grazie a Dio perché vede
che Egli ha compiuto totalmente ciò che aveva gli aveva chiesto di fare contro i malvagi e i traditori. Lo
Spirito che parlava in lui gli fece vedere realizzato all'istante e senza
indugio quei fatti che si sarebbero compiuti in futuro.
Dio è il mio aiuto e il mio Salvatore; in lui ha
sperato il mio cuore e ho ricevuto il soccorso.
Gli dispiace insistere nel discorso contro di loro, vedendoli demoliti e
condannati molto miseramente. Tuttavia si rallegra dell'aiuto e della
protezione ricevuti da Dio e continua il ringraziamento che aveva cominciato.
Rifiorita è la mia carne e gli renderò grazie
volentieri. Possiamo cogliere qui un
riferimento alla penitenza e al Battesimo, per i quali l'uomo nella sua
interezza ringiovanisce e viene rinnovato. Affermando, gli renderò grazie
volentieri (lo confesserò) parla di quella lode che è molto lodevole che non
viene emessa a forza ma viene espressa in modo spontaneo, sgorgando dall'amore,
dalla carità e dalla dilezione.
Il Signore è la forza del suo popolo. In un altro passo esprime lo stesso concetto in
questo modo: «Questi nei carri e quelli nei cavalli, noi ci gloriamo nel Nome
del Signore nostro Dio» (Sal 19,8). La nostra forza è il Signore [Gesù] che ha
detto ai suoi discepoli: «Senza di me non potere, far nulla» (Gv 15,5).
Protettore delle opere di salvezza del suo Consacrato. Vale a dire: il Padre protegge e custodisce gli
uomini che sono stati salvati da Cristo e redenti con il suo sangue. Le opere
di salvezza sono i fedeli da lui salvati. Infine il profeta si rivolge a Dio
affinché salvi, benedica, guidi ed onori il suo popolo e la sua eredità. Così
invoca: Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità, e onorali per sempre.
Salmo 28
Salmo di Davide. Per la fine
della tenda. Questa tenda è la Santa Chiesa. Essa raggiunse la sua perfezione e
il suo completamento, quando il nostro Salvatore, stando sulla croce, emise il
suo spirito. Quando gli diedero da bere aceto misto con mirra, egli l’assaggiò
ma non volle berne e disse: «Tutto è compiuto. Dopo aver chinato la testa,
trasmise lo spirito» (Gv 19,30). La mia tenda, dice, è compiuta e resa
perfetta. In essa, dal tempo della mia incarnazione fino ad ora, non ho smesso
di faticare.
Offrite al Signore, figli di Dio, offrite al Signore,
figli degli Arieti. Chi sono i figli di
Dio? Lo precisa l’Evangelista: «A coloro che lo hanno accolto, diede la
possibilità di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo Nome» (Gv
1,12). In un altro passo della Bibbia leggiamo: «Carissimi, siamo figli di Dio
ma ciò che saremo non è ancora stato manifestato» (1 Gv 3,2). Gli arieti
rappresentano gli Apostoli e i dottori: nel gregge della Chiesa sono le
autorità e tengono il primo posto; con l’acqua e con lo Spirito Santo generano
al Signore agnelli e non capri. Lo dica il profeta e assieme a lui, qualsiasi
fedele: Ecco la tenda è completata ed è molto adatta affinché offriamo al Dio nostro
dei doni da consumare interamente. Quali doni? I figli degli Arieti. Questi
senza dubbio sono gli agnelli, sono gli uomini innocenti, semplici e miti. Così
dobbiamo interpretare. Ogni giorno vescovi e sacerdoti offrono a Dio i doni del
figlio di Dio. Comprendiamo allora l’invito di Gesù. «Date a Cesare ciò che è
di Cesare e a Dio, ciò che è di Dio» (Lc 20,25).
Date al Signore gloria e onore: date al Signore la
gloria del suo Nome. Offrono a Lui gloria
ed onore, coloro che lo annunziano e lo celebrano con le parole e con le opere.
Rendono a lui la gloria del suo Nome, coloro che lo ringraziano, lo glorificano
e lo benedicono per la salvezza che ha ottenuto per noi. Il suo Nome infatti è
Gesù, che significa: Colui che salva.
Adorate il Signore nel suo atrio santo.
Ecco, afferma, la tenda è stata edificata e la casa di Dio, ossia la Chiesa
(come bisogna interpretare) è terminata: lì adorate, annunciate e magnificate
il Signore. Il profeta, mentre diceva queste parole, vide in spirito gli
Apostoli e gli altri predicatori lodare e annunciare Dio ovunque tra le genti;
una moltitudine immensa s’affrettava alla fede di Cristo e alla Chiesa.
Commosso da profonda gioia, esclama: La voce del Signore sulle acque, il Dio di
gloria tuonò (come si deve aggiungere) sulle acque, il Signore tuonò sulla
distesa delle acque. L’estensione delle acque significa la molteplicità dei
popoli, come è scritto. La voce di Dio risuona in modo penetrante quando i
predicatori annunciano la parola di Dio nella Chiesa. Non sono loro a parlare
ma lo Spirito Santo parla in loro e per questo è scritto: il Dio di gloria
tuonò sulla distesa delle acque. Alla distesa delle acque possiamo dare un
altro significato e pensare a quelle del battesimo. Su di esse si fa sentire
ogni giorno la voce di Dio che benedice mediante le parole dei sacerdoti.
Sembra che qualcuno gli avesse rivolto questa domanda: Quale prova mi porti per
dire che fosse la voce di Dio il tuono che risuonò sull’acqua? Il profeta
aggiunge:
Voce del Signore nella forza, la voce del Signore nella
magnificenza. Se non fosse stata la voce
del Signore, egli replica, quel suono non avrebbe avuto quegli esiti né sarebbe
stata così efficace. Si può fare qualcosa di più meraviglioso e glorioso
dell’illuminare i ciechi, purificare i lebbrosi, risuscitare i morti e
santificare all’istante grazie all’acqua battesimale uomini malvagi e
peccatori? La voce divina mandò in rovina i templi delle divinità, frantumò gli
idoli, cacciò via i demoni, abbassò dall’altezza della loro superbia le più grandi
potenze di questo mondo e li convertì alla fede di Cristo. Se consideri questi
fatti, comprendi ciò che annuncia di seguito: spezzò i cedri, divise la fiamma,
percosse i deserti, comandò ai cervi, si rivelò dalla nube. Di certo è provato
che si sia trattato della voce del Signore che viene annunciata da tanta
potenza e magnificenza. Di quale Signore?
Voce del Signore che schianta i cedri, schianta il
Signore i cedri del Libano e li frantuma come fa con il vitello del Libano... I cedri rappresentano i ricchi e i potenti di questo
mondo. Tra questi, alcuni si lasciano frantumare spontaneamente e si lasciano
imporre il giogo di Cristo; questa frantumazione è molto buona. Altri invece
precipitano dall’altezza elevata dell’orgoglio, sulla quale s’erano innalzati;
sono frantumati e gettati nel fuoco. Del resto è scritto: «L’albero che non
produce buon frutto, sarà abbattuto e gettato nel fuoco» (Mt 3,10).
Il Signore schianta i cedri del Libano. Il Libano e i cedri del Libano rievocano
Gerusalemme e i suoi abitanti. Un tempo fu la più nobile fra le altre città e i
suoi abitanti furono persone ricche, potenti, sapienti. Ormai la maggior parte
di loro mi sembra spezzata e frantumata e penso ancora adesso che nel giudizio
riceveranno una pena maggiore. Infatti il profeta Zaccaria annuncia: «Apri le
tue porte, o Libano e il fuoco divori i tuoi cedri» (Zc 11,1). La minaccia si
attuò nel tempo di Tito e di Vespasiano, quando la città fu presa, fu
incendiata al completo insieme con il suo splendido tempio; gli abitanti perirono
miseramente nel fuoco, per fame o per altri tormenti, eccetto quelli che furono
presi dai nemici come prigionieri o schiavi. Nel versetto successivo, parla
ancora di questi:
li frantuma come fece con il vitello del Libano. L’Esodo e il Levitico parlano di questo vitello.
Prima d’essere immolato, veniva squartato e collocato sopra una catasta di
legna. Gli mettevano sotto, poi, delle braci finché era consumato interamente
dal fuoco. Egli minaccia questi cedri dall’orgoglio smisurato: subiranno una frantumazione
identica a quella descritta.
Il diletto è come il nato degli unicorni. Riguardo al diletto, il Signore dichiara: «Questi è
il figlio mio diletto, del quale mi sono compiaciuto» (Mt 12,18). Il Cantico
dei Cantici, riferendosi a lui, annuncia: «Il mio Diletto è bianco e vermiglio,
scelto fra mille» (Ct 5,10). Ancora: «Fuggi sul monte dei profumi, o mio
diletto, imita i cerbiatti e i nati dei cervi» (Ct 8,14). Sarà questo Diletto a
frantumare, spezzare e disperdere un popolo malvagio e ingrato, come il nato
degli unicorni, il quale, nell’ira, calpesta e frantuma ciò che gli capita
sotto i piedi. Questo animale in greco è chiamato rinoceronte il quale, sopra
il naso, ha un solo corno ma di tale forza da poter vincere qualsiasi altro
animale. Il nostro Salvatore è paragonato, in modo eccellente, al rinoceronte.
Di lui si dice: «Il Signore giudicherà i confini della terra e darà il potere
al suo Re e innalzerà il dominio (corno) del suo Cristo» (1 Re, 11,10).
La voce del Signore spegne la fiamma di fuoco, Il
Signore percuote il deserto e fa tremare il deserto di Cades. C’era un muro di fuoco tra ebrei e pagani; ognuno
dei due popoli, acceso d’amore come da un fuoco per la propria legge e
religione, non volevano avere alcuna relazione tra loro. Il beato Pietro fu
rimproverato dagli ebrei, perché era entrato in casa d’un pagano. Allora,
motivando la sua scelta, spense la fiamma, ossia l’indignazione che aveva
riempito i cuori. In questo caso si manifesta in modo chiaro in che modo la
voce del Signore spenga la fiamma del fuoco. Per questo aggiunge:
Il Signore percuote il deserto, ossia i pagani, e fa
tremare il deserto di Cades, cioè i giudei. Gli uni e gli altri, dopo aver
ascoltata la parola della predicazione, colpiti e toccati dal timore del
giudizio futuro, si volsero alla fede in Cristo e cominciarono a pentirsi.
Leggiamo che il beato Giovanni, precursore del Signore, abbia risposto a coloro
che l’interrogavano: «Sono la voce di colui che grida nel deserto: preparate la
via al Signore» (Lc 3,4). E ancora: «Pentitevi perché il regno di Dio è
vicino». Ai giudei diceva: «Chi possiede due tuniche ne dia una a chi non l’ha»
(Lc 3,11). Ai soldati, che erano pagani, diceva: «Non opprimete nessuno, non
spargete calunnie. Siate contenti delle vostre paghe» (Lc 3,14). In questo modo
la voce del Signore colpiva il deserto e faceva tramare la zona desertica:
Quale? Quella di Cades. Cades significa santa; con questo termine viene
prefigurato in modo preciso quel popolo che, radunato da tutte le nazioni, sarà
eletto e santificato da Dio.
La voce del Signore prepara i cervi e rivelerà ciò che
è nascosto e nel suo tempio tutti diranno: gloria! Chi sono questi cervi se non gli apostoli, pronti per la corsa, ben
disposti alla predicazione, uccisori di serpenti, indenni al veleno, desiderosi
delle sorgenti d’acqua? Il Signore li ha preparati per predicare il Vangelo,
per esporre le Scritture e svelarne il contenuto. Per questo aggiunge:
Rivelerà ciò che è nascosto. Mediante gli apostoli Il Signore rivelerà le cose nascoste e i
segreti molto oscuri dell’uno e dell’altro Testamento. L’apostolo Giovanni,
rendendosi conto di tanta oscurità e avendo visto che il libro era sigillato
con sette sigilli, si mise a piangere perché verificava che non c’era nessuno
in grado di aprire il libro e di sciogliere i sette sigilli (Ap 5,5). Il
Signore si è degnato di chiarire tale oscurità prima agli apostoli e poi a noi,
per mezzo di loro. Nel suo tempio tutti diranno: gloria! Non lo direbbero se il
libro non fosse stato aperto e l’oscurità non fosse stata rischiarata.
Il Signore abiterà nel diluvio e siederà il Signore
come Re, in eterno. In precedenza aveva
accumulato molte acque, ma ora non raduna una massa d’acqua ma un diluvio, dove
non manca neppure un rigagnolo. In questa immagine, comprendiamo che tutto il
mondo, prima del compimento e della fine, si convertirà alla fede in Cristo.
Per questo dice: il Signore siederà come Re per sempre. Tutto sarà sottomesso a
lui, tutti i popoli del mondo accoglieranno la fede in Lui. Allora sarà evidente
a tutti che Lui solo è il Re e regnerà in eterno come Signore.
Il Signore darà forza al suo popolo. Ne ha già dato ma ne darà ancora di più perché il
mondo intero sarà giudicato da Lui e per mezzo di Lui. L’Apostolo insegna a
questo riguardo: «Non sapete che giudicherete il mondo? Se il mondo sarà
giudicato da voi, non siete capaci di giudicare cose minime?» (1 Cor 6,1).
Allora, poi, benedirà il suo popolo con la pace. Dove si troverà questa pace?
In Lui, perché «Egli è la nostra pace, che ha fatto dei due un popolo solo» (Ef
2,14). Gli uomini che riceveranno la benedizione, otterranno la vita eterna con
Lui.
Salmo 29
La casa di Davide è la chiesa
che ogni giorno viene edificata e santificata. Allora questo salmo deve essere
cantato ogni giorno, dal momento che doveva essere cantato nella dedicazione
della casa di Davide. La costrizione dura poco ma la dedicazione richiede molto
tempo. Non ci vuole molto tempo per battezzare una persona e farne un
cristiano, ma per tutto il resto della vita, continua ad essere consacrata,
purificata e santificata. Dio ordina a Mosè, riguardo ai sacerdoti, che dopo la
loro consacrazione, le loro mani vengano unte per altri sette giorni. Ciò che
avviene in sette giorni, deve essere ripetuto sempre, perché i giorni non sono
più di sette.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai accolto, e non hai
voluto che i miei nemici godessero per me.
La Chiesa pronuncia queste parole nella sua consacrazione e nella consacrazione
dei suoi figli. Ti esalterò Signore, loderò e magnificherò il tuo nome.
Certamente Dio non può essere esaltato, perché si trova già più in alto di
tutto e la sua grandezza non ha limiti. Tuttavia si dice che viene esaltato da
noi, quando proclamiamo la sua grandezza, potenza e gloria e lo annunciamo a
quelli che non lo conoscono. La frase perché mi hai accolto può essere espressa
in un altro modo: ti offesi a lungo, mi allontanai da te: «lontana è la
salvezza dai peccatori». Mi recai dove non avrei dovuto andare, in una terra
lontana, condussi al pascolo i porci, cominciai a sentire la penuria. Ritornata
in me stessa, ricordando la tua dolcezza, tornai a te per fare penitenza. Tu
che facesti? Mi accogliesti, mi rivestisti, mi facesti bella, mi chiamasti al
tuo convito, mi saziasti con la delizia del tuo corpo e sangue. Memore di doni
così grandi, ora voglio esaltarti.
Non hai voluto che i miei nemici godessero di me. I nostri nemici, gli spiriti maligni, gioiscono
quando noi pecchiamo ma godono e provano grande soddisfazione, quando
continuiamo a peccare. Può allora pronunciare queste parole e cantare l’anima
che si pente subito e smette di peccare. Per questo aggiunge:
Signore, mio Dio, a te ho gridato e tu mi hai guarito;
Signore hai estratto dagli inferi l'anima mia, mi hai guarito fra quelli che
scendono nella fossa. Dice la mia anima era
molto ammalata e ormai ero considerato un morto e dagli spiriti maligni ero trascinato nell’inferno insieme a
quelli che scendono nell’abisso. Quando, ricordandomi di me e di te, benché ne
fossi indegna, mi esaudisti, mi risanasti, allora mi tirasti fuori dagli inferi
e dal gruppo di quelli che scendono nella fossa; mi hai salvato soltanto in
considerazione della tua solidarietà e misericordia. Non vedi quanto tutto
questo convenga alla dedicazione della chiesa?
Salmeggiate al Signore, voi suoi santi e lodatelo al
ricordo della sua santità. La chiesa
invita: salmeggiate al Signore, voi tutti suoi santi, lodatelo, proclamatelo e
magnificatelo nella mia e vostra dedicazione. Così Egli ci ama, ci purifica, ci
risana, ci lava; così ci purifica da ogni macchia dei nostri peccati e ci
santifica. Lodatelo nel ricordo della sua santità, cosi come Egli sempre si
ricorda di noi e non si dimentica mai dei suoi fedeli. Fare questo è necessario
più di qualsiasi altra cosa. Perché mai?
Poiché si sperimenta l’ira nella sua indignazione e
vita nella sua compiacenza. Cercate di
vivere riconciliati con lui e cercate di ottenere il suo favore. Guardate di
non risvegliare la sua collera e il suo sdegno, poiché si sperimenta un ira ardente nella sua
indignazione mentre nella sua benevolenza ci concede la vita eterna. Sembra che
qualcuno gli obietti: ci ordini di salmeggiare e di lodare, ma non pensi alle
insidie dei nemici, pronti a rapirci, a impadronirsi di noi e ad ucciderci. A
questi essa risponde:
Alla sera perdura il pianto ma al mattino la gioia. Questa persecuzione passerà presto, presto la
tristezza si cambierà in gioia. Chi alla sera era nella tristezza, al mattino
sarà nella gioia. Non temete quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere
l’anima (Mt 10,8) Nella sera, che è
la fine del giorno, dobbiamo vedere la morte temporale che rappresenta
il termine della nostra vita, per il quale cessa il pianto dei santi, muore la
tristezza. Giungono subito al mattino, cominciano a godere di quel giorno di
cui e stato scritto: meglio un giorno solo nei tuoi atri che mille altrove (Sal
83,11). Possiamo interpretare la sera come la fine del mondo e il mattino
l’inizio dell’altra vita; allora i santi, abbandoneranno le tenebre di questa
vita ed entreranno nella beatitudine della luce eterna. Con quale cura la santa
madre chiesa consola le sue membra e i suoi figli nel tempo della sua
dedicazione!
Ho detto
nel mio benessere: non sarò mai scosso.
Sono ricco e possiedo ogni bene. Il Signore mi guida e non manco di nulla (Sal
22,1). In questo mio benessere ho già detto e ora lo ripeto: non sarò mai
scosso. «Né morte né vita, né altezza, ne profondità, né presente, né futuro,
nessun’altra creatura ci potrà mai separare dall’amore di Dio, che è in Cristo
Gesù» (Rm 8,39). Incrudeliscano pure i nemici quanto vogliano, minaccino pure
fuoco e croce e tutti i generi di supplizi: sono collocata sopra una salda
roccia, non sarò scossa in eterno.
Signore nella tua benevolenza hai aggiunto splendore
alla mia virtù. Mi avevi già resa bella ma
a questa bellezza hai aggiunto la virtù che ora possiedo. Hai fatto questo non
in base a meriti miei precedenti ma per la tua benevolenza. Per questo
l’apostolo insegna: «non dipende né da chi lo vuole né da chi s’impegna, ma da
Dio che usa misericordia» (Rm 9,16). Che cos’hai che tu non l’abbia ricevuto?
Ogni atto di virtù, di
perseveranza e di fortezza dei santi non proviene da loro ma da Dio. Per questo
aggiunge:
Hai distolto da me il tuo volto e sono rimasto turbato. Il Signore non distoglie il suo sguardo dai suoi
santi ma permette talora che ricevano afflizioni, per metterli alla prova e si
manifestino per quello che valgono. Ma se si lasciano turbare e non riescono a
sopportare le loro sofferenze, subito s’affretta a proteggerli e a consolarli,
e così capiscono che non possono lottare con le loro forze. Infatti altri
dichiarano: con Dio faremo cose grandi ed egli annienterà chi ci opprime (Sal
59,14). Che cosa devono fare i santi quando s’accorgono di essere turbati in mezzo
ai tormenti? Lo suggerisce il versetto che viene:
A te, Signore, griderò e invocherò il mio Dio. Ecco in che modo e con quali armi la Madre santa
insegna ai figli come combattere. Del resto anche il nostro Salvatore, nel
tempo della sua passione, ha ammonito i suoi discepoli con queste parole che
leggiamo: « Pregate per non entrare in tentazione: lo spirito è pronto ma la
carne è debole» (Mt 26,39). I santi non pregano per sfuggire alla morte, ma per
evitare che le sofferenze li inducano ad agire contro Dio. Per questo prosegue
col dire:
Quale utilità ricavi dal mio sangue, ora che mi sto
corrompendo? Vale a dire: che cosa mi giova
aver versato il sangue e aver affrontato tanti patimenti, se adesso i miei
nemici mi possono corrompere e farmi deviare? Possiamo pensare anche al sangue
di Cristo, che la Chiesa considera suo, in quanto è stato versato per lei.
Forse potrà lodarti la polvere o annunciare la tua
fedeltà? Un altro passo parla di questa
polvere, quando afferma: «polvere dispersa dal vento dalla faccia della terra»
(Sal 1,4). Se i santi finiscono in questo modo e, per timore dei tormenti,
lasciano che s’incrini la sincerità della loro fede, chi loderà il Signore? Chi
celebrerà e annuncerà ancora la sua fedeltà? Prosegue dicendo:
Il Signore ha ascoltato e ha avuto pietà di me, il
Signore è stato il mio Salvatore. Queste
parole pronunciate o piuttosto pensate nella mente, dalla Chiesa o dai martiri
santi nel tempo della loro persecuzione, sono state ascoltate dal Signore, che
consola l’afflitto e diede loro un conforto necessario e meritato. Per questo
aggiunge:
Hai cambiato il mio pianto in gioia e mi hai cinto di
letizia. Il Signore faceva questo quando
liberava i suoi santi dai tormenti o quando dava loro la forza di sopportarli
con fermezza.
Hai sciolto il mio sacco e mi cingesti di gioia. Pensiamo che questo sacco sia il corpo mortale e
corruttibile, nel quale l’anima è contenuta e chiusa come in un sacco molto
povero. Se esso non sarà spezzato e l’anima non avrà spiccato il volo, libera
da esso, i santi di Dio non potranno godere la perfetta letizia.
Canterò a te mia gloria senza più provare compunzione. Dice: Signore, mia gloria, tu mi hai donato tutti
questi beni, hai cambiato in gioia il mio pianto, hai stracciato il mio sacco,
mi hai cinto di letizia, affinché possa intonare a te un cantico di letizia e
d’esultanza, in sicurezza e libero da qualsiasi angustia, senza più sentire
compunzione. Non può esserci compunzione là dove non c’è più peccato, né il
timore di peccare ancora.
Signore Dio, confesserò a te. La confessione, come si nota in molteplici passi, sta per la lode.
Con essa tutti i santi gioiscono davanti a Dio con una gioia e una letizia
ineffabili, insieme agli angeli, nella Gerusalemme celeste.
Salmo 30
Per
la fine. Salmo di Davide. Spesso ho spiegato che cosa significhi per la fine e
che cosa significhi salmo di Davide. «Siamo noi quelli per i quali è giunta la
fine dei secoli» (1 Cor 10,11). È la Chiesa a parlare in questo salmo e poiché
essa accoglie tutti, può esprimere l'invocazione di tutti. Ora intercede per
gli apostoli, e per gli altri dottori della Chiesa, ora per i martiri, ora per
i confessori, ora per i perfetti, ora per gli imperfetti, ora per alcuni e
altre volte per tutti. Se talora prega per lo stesso capo, non è cosa
sconveniente: la testa è una parte del corpo, anzi è la principale e più
importante. Per questo nel salmo precedente aveva detto: «Che vantaggio hai dal
mio sangue?», cioè dal sangue versato per me.
In te, Signore, ho sperato, non rimanga confuso in
eterno, liberami nella tua giustizia e salvami. Porgi verso di me il tuo
orecchio, affrettati a liberarmi. Sii il mio protettore, un luogo di rifugio
per salvarmi. La nostra madre, la Santa
Chiesa, ci insegna con quale costanza dobbiamo insistere e perseverare nella
preghiera, dal momento che ripete spesso la stessa esortazione. L'apostolo, a
sua volta, dichiara: «Pregate senza posa» (1 Ts 5,17). Il Signore dichiara nel
Vangelo: «Chiedete e riceverete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto»
(Mt 7,7). Parla anche, in una parabola, dell'uomo che chiedeva all'amico tre
pani (Lc 11,5); questi per tutta la notte non volle alzarsi ma l'altro per
tutta la notte non smise di chiederglieli, così, esasperato da tanta
insistenza, alla fine si alzò e gli diede ciò che reclamava per necessità. In
te, Signore, ho sperato... e poiché ho confidato in te, non sarò confuso in
eterno. Lo conferma l'Apostolo: «La speranza non delude» (Rm 5,5). Rimarrebbe
confuso se avesse continuato a sperare senza mai ricevere nulla. Nulla è peggio
della disperazione e niente è meglio della speranza. L'espressione liberami
nella tua giustizia e salvami potrebbe equivalere a quest'altra: fa come
comanda la tua giustizia. La frase successiva insegna la stessa cosa. Sii il
mio protettore, un luogo di rifugio perchè fuori di te non ho altra protezione,
sicurezza o rifugio. So che è maledetto l'uomo che confida nell'uomo e pone la
sua speranza nel suo braccio e il suo cuore s'allontana da Dio. Per il tuo nome
guidami e nutrimi. Il nome del Signore è Gesù: significa salvatore. È ovvio
allora che, a motivo del suo nome, protegga, conduca e nutra i suoi fedeli; è
chiamato in quel modo per fare proprio questo e se non lo facesse, non si
chiamerebbe così.
Tirami fuori da questo laccio che mi hanno teso di
nascosto, perché sei il mio protettore, Signore. Chi potrebbe contare tutte le trappole nascoste dai tiranni, dagli
eretici e dagli spiriti maligni, per danneggiare i santi e i fedeli di Cristo?
Inoltre egli usa il singolare, parla di laccio, perché, sebbene le modalità di
inganno siano molte, si tratta sempre dello stesso tentativo di imbroglio. Lo
stesso lo leggiamo altrove: «L'anima mia, come un passero, è stata liberata
dalla trappola dell'uccellatore» (Sal 123,7); e ancora: «Mi ha liberato dal
laccio del cacciatore e dalla parola dura» (Sal 90,3).
Tu sei il mio protettore e nelle tue mani affido il mio
spirito. Temo, - dichiara -, il laccio dei nemici, temo le loro insidie
nascoste e maliziose; facciamo del mio corpo ciò che vogliono, ma il mio
spirito lo affido a te. Si legge la stessa cosa a proposito del beato Giobbe:
il Signore permise a Satana di poterlo dominare ma lo obbligò a salvaguardare
la sua anima. Del resto lo stesso Salvatore nostro, innalzato sulla croce,
affidò al Signore il suo spirito, per insegnarci che cosa dobbiamo fare in
simili casi.
Mi hai redento, Signore, Dio di verità. A te, dice, affido il mio spirito perchè mi hai
sostenuto in modo ineccepibile, al punto da redimermi a prezzo del tuo sangue e
compisti tutto questo affinché il mio spirito non morisse. Lo chiama Dio di
verità, e in questo modo mostra di avere un maggior motivo di sicurezza, perché
Egli non può trascurare la sua promessa. Aveva garantito: «Non vi lascerò e non
vi abbandonerò» (Gv 14,18). «Sono con voi tutti i giorni sino alla fine del
mondo» (Mt 28,20). Ancora: «Non temete quelli che uccidono il corpo, ma non
possono far morire l'anima» (Mt 10,8). «Ho odiato quanti seguono invano la
vanità» (Sir 1,1). Riguardo all'inutilità, Salomone attesta: «Vanità delle
vanità, tutto è vanità». L'apostolo afferma: «Ogni creatura è sottoposta alla
vanità, pur non volendolo» (Rm 8,20). Nel salterio, il profeta proclama:
«Davvero l'uomo vivente è un nulla» (Sal 38,6). Nessuno è libero dalla vanità
ma ora egli parla di chi vive la vanità in modo totale. Vuole farci capire che
noi dobbiamo detestare soltanto costoro che vivono in modo del tutto vano, e
vogliono fare così e non quelli che, come insegna l'Apostolo, sono sottomessi
alla vanità senza volerlo. I primi si lasciano dominare dalla vanità in modo
totale perchè a loro piace agire così e non abbandonano mai questo
comportamento. Sono gli uomini che fino alla fine continuano a vivere nella
malvagità.
Continuerò a sperare nel Signore, esulterò e gioirò
nella tua misericordia. Chi parla così
mostra chiaramente di non far parte di coloro che si lasciano dominare
totalmente dalla vanità.
Perché ha guardato alla mia miseria e mi salvò dalle
mie angustie, né permise che cadessi nelle mani dei nemici. Hai posto al largo i miei passi. Dice, esulterò e
gioirò della tua misericordia per me perché so che essa è grandissima e
smisurata. L'ho provato perché, quand'ero oppresso, hai guardato alla mia
situazione di miseria e liberasti la mia anima da molte angustie. Mentre il nemico pensava di avermi
preso, ingannato e quasi vinto, mi hai liberato e non mi hai consegnato nelle
sue mani, ma hai posto i miei piedi in un luogo spazioso; ho potuto dilatarmi
quando credevano di avermi ristretto e ridotta al nulla. Mai la Chiesa aumentò e
crebbe tanto come quando fu perseguitata. Chi veniva ucciso, convinceva altri,
a motivo della sua fede e della sua fermezza, ad abbracciare la fede.
Pietà di me, Signore, sono nell’affanno. Perché? Il mio cuore è turbato nell’ira, l’anima
mia e il mio ventre. Qualcuno si stupisce che la Chiesa a volte affermi di
trovarsi nella gioia e di essere stata ascoltata, di essere stata liberata da
tutte le sue angustie e necessità, a volte invece afferma di essere turbata,
afflitta, rattristata e assediata da molte difficoltà. Essa parla in tempi
differenti. I santi talora godevano di una pace concessa loro dal Signore,
altre volte erano assaliti da così tanti problemi da provare noia della stessa
vita, come anche l’Apostolo ha confessato (2 Cor 1,8). Anche ora dice: «Pietà
di me, Signore, perché sono nell’affanno». Ora, mostrando il motivo della sua
sofferenza, aggiunge: Turbato è nell’ira il mio occhio, l’anima mia e il mio
ventre». Chi è l’occhio della Chiesa? Gli apostoli e i dottori: illuminano gli
altri e mostrano loro la via della verità, li avviano sulla strada dei
comandamenti e non permettono che cadano nell’errore. Parlando di anima si
riferisce ancora ad essi, perchè costoro danno vita ad altri; sono nella Chiesa
allo stesso modo con cui l’anima è nel corpo. Il ventre rappresenta, invece, i
fedeli deboli e imperfetti. La Chiesa è formata da tutti costoro. Essa, nella
sua totalità, afferma di trovarsi in pieno turbamento a motivo dell’avversione
e dell’ostilità dei malvagi, così che occhio, anima e ventre si sentono
sconvolti.
Viene meno nel dolore la mia vita e i miei anni nel
gemito. Ci fa conoscere il motivo per il
quale la Chiesa è turbata e per il quale tutti i giorni della vita trascorrono
nel dolore e nel pianto e così vengono meno.
La mia forza si è indebolita per la povertà e le mie
ossa sono sconvolte. La povertà degli
uomini vale di più della ricchezza. Per questo la Chiesa dichiara di essere
povera, quando in qualche circostanza perde i figli. Si è indebolita a motivo
di questa mancanza, perché, essendo venuti meno, non c’è più chi sia in grado
di difendere la verità. Per questo dice che le sue ossa sono sconvolte; in queste vediamo i
fedeli più forti che sorreggevano e sostenevano le altre membra.
Più che da
parte di tutti i miei nemici, sono diventato oggetto di disprezzo da parte dei
miei vicini e in modo pesante e motivo di timore ai miei conoscenti. In qualche circostanza gli stessi amici e
conoscenti hanno rattristato e deriso i santi più degli altri che erano nemici.
Sappiamo in che modo gli amici si sono comportati con Giobbe. Era diventato
motivo di timore per quelli che, pur appartenendo alla stessa religione, non
avevano raggiunto la stessa perfezione; più volte avevano timore ad
avvicinarlo, per paura d’essere arrestati e assieme a lui. Nicodemo agiva così, recandosi da Gesù
non di giorno ma di notte (Gv 3,1). Ecco perché prosegue col dire:
Chi mi vedeva all’esterno fuggiva da me, venni
dimenticato come un morto. Chi mi vedeva,
ossia chi desidera incontrarmi, non appena mi scorgeva, fuggiva via per il
motivo che ho detto, al punto che i miei amici mi avevano quasi dimenticato.
Lo ripete: uscii dal loro cuore come fossi un morto e
dal loro ricordo. Fui come un vaso
destinato alla rovina, proprio perché mi considerarono un empio, una persona
nociva da eliminare. Il Signore, infatti, dice nel Vangelo, a conferma: «Verrà
il momento in cui, coloro che vi uccideranno, penseranno di dare onore a Dio»
(Gv 16,2). Molto spesso nella Bibbia i vasi significano gli uomini; l’apostolo
Paolo è chiamato vaso d’elezione. La Chiesa può esprimersi in queste parole, a
nome del nostro Salvatore, il quale divenne un vaso di perdizione, perché fu
«enumerato tra gli iniqui» (Lc 22,37). Egli udì il disprezzo dei nemici che
l’accerchiavano e che, inginocchiati ai suoi piedi, dicevano: «Tu che distruggi
il tempio di Dio e in tre giorni lo ricostruisci...» (Mt 27,40) e proferivano
molti altri scherni.
Quando si radunarono tutti contro di me, decisero di
catturare la mia anima. I malvagi si
proponevano, - e per questo
s’erano radunati -, di far perire i santi con una cattiva morte, di eliminarli
e di tormentarli con crudeli torture. Costoro, invece, che cosa facevano? Lo
dice la Chiesa:
Io, dice, in te ho sperato, Signore, tu sei mio Dio,
nelle tue mani sono i miei giorni. Liberami
e salvami dalla mano dei miei nemici e da quanti mi perseguitano. Illumina il
tuo volto sul tuo servo e salvami nella tua misericordia. Signore, che io non
resti confuso, quando ti avrò invocato. Queste sono le armi dei santi, così si
difendono, non con le spade ma con le preghiere. I nostri giorni sono nelle
mani di Dio, poiché dobbiamo sottostare al suo volere, per quanto riguarda la
durata della vita e l’ora della morte. Egli fa rispendere su di noi il suo
volto quando si mostra sereno ed ascolta le nostre invocazioni.
Arrossiscano gli empi e siano trascinati nell’inferno,
ammutoliscano le labbra ingannatrici che dicono malvagità contro il giusto e
contro l’uomo cattolico fedele, con superbia e disprezzo. Quanto è grande la dolcezza che ha tenuto in serbo
per coloro che ti temono e hai realizzato per coloro che sperano in te, davanti
ai figli dell’uomo. Nella medesima ora in cui i malvagi arrossiranno e saranno
trascinati nell’inferno, i santi proveranno e comprenderanno per esperienza,
quanto sia grande la tua dolcezza, che tieni in serbo ancora per loro. La
promessa hai realizzato per coloro che sperano in te, davanti ai figli
dell’uomo, ci ricorda ciò che il Signore proclama nel Vangelo: «Chi mi avrà
testimoniato davanti agli uomini, sarà riconosciuto da me, davanti al Padre mio
che è nei cieli» (Mt 10,32). Dopo che il Signore avrà rivelato la grandezza
della sua dolcezza ai suoi santi, ascoltiamo che cosa concederà loro:
Li nasconderai nel segreto del tuo volto dalla congiura
degli uomini, li proteggerai nella tua tenda dal contrasto delle lingue. La tenda di Dio o l’ambito di segretezza nel quale
è possibile vedere il volto e la faccia di Dio, sono la stessa cosa. Dobbiamo
interpretarli come si parlasse del palazzo del regno celeste. Là, in quel
luogo, i santi di Dio, tribolati e affaticati in questo mondo, proveranno una gioia senza fine,
insieme con Dio creatore, senza più sconvolgimenti e contrasti. Per questo la
Chiesa benedice il Signore perché egli ha magnificato in modo splendido la sua
misericordia in quella città fortificata. Ecco le sue parole:
Benedetto il Signore che ha reso grande la sua
misericordia in una città difesa. Qui si
parla di una città difesa, in altre traduzioni si parla di città fortificata.
Giustamente la chiama città difesa perchè è protetta da molti santi e custodi.
Dissi nel mio timore: sono stato cacciato dal tuo
sguardo. Io, dice, la Chiesa, nel tempo del
dolore e della mia enorme afflizione, dissi ciò che avrei dovuto dire. Che
cosa? Sono stato cacciato dal tuo sguardo. Tu, invece, hai ascoltato la mia
preghiera, quando chiedevo aiuto. Per dimostrarmi e convincermi che non ero
stata allontanata dal tuo sguardo, subito dopo la mia invocazione, hai
ascoltato la mia preghiera. A partire dalla sua esperienza, la Chiesa esorta i
suoi ad amare Dio, ad agire con coraggio e a sperare nel Signore. Ascoltiamo le
sue parole dirette:
Amate il Signore, voi tutti suoi santi, perché il
Signore vuole la sincerità e ripaga chi agisce con orgoglio. Agite con coraggio
e rinsaldate il cuore, voi tutti che sperate nel Signore.
Salmo 31
Beati coloro ai quali sono state rimesse le loro
iniquità. [Ascoltiamo la voce della Chiesa]
nella lode [che eleva] dopo la confessione [dei peccati]. Beati coloro che, per
aver confessato i peccati al Signore, hanno meritato di ricevere il [suo]
perdono. Sono beati proprio quelli ai quali, per [il loro] amore,
i peccati sono stati coperti e dimenticati dal Signore. «La carità
infatti copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4).
Beato l'uomo al quale il Signore non ha più imputato il
peccato e nel cui spirito non c'é inganno.
Fra quelli che sono stati rigenerati nell'acqua del battesimo, a nessuno sarà
imputato il peccato d'origine; ogni battezzato sarà beato se nella sua vita non
avrà dato spazio all'inganno.
Finché
tacevo, invecchiavano tutte le mie ossa.
Vuole dire: Ognuno confessi le sue colpe; i peccati, se non vengono ammessi,
acquistano forza. Credete a chi ne ha fatto esperienza. Io tacqui e non
confessai i peccati come avrei dovuto fare; di conseguenza le mie ossa persero
vigore, ossia tutta la mia energia e la mia forza, fu appesantita e schiacciata
dal loro peso.
Mentre gridavo tutto il giorno. Nessuna supplica e nessuna invocazione ha valore se
non viene preceduta dalla confessione.
Giorno e notte la tua mano gravava su di me; la mia angoscia mi ha costretto a cambiare, mentre
la spina [del dolore] diventata penetrante. Visto che continuavo a tacere,
allora la tua mano, il tuo bastone, la tua correzione gravarono su di me, poiché
«chi risparmia la verga, odia il figlio» (Pr 13). Da parte mia, ben presto,
nell'angoscia e nella miseria, sono ritornato a te, mentre il tuo severo
rimprovero penetrava in me come una puntura di spine.
Ti ho fatto conoscere il mio delitto e non ti ho tenuto
nascoste le mie ingiustizie. Dopo che tu,
egli ammette, mi facesti sperimentare la tua ira, uscii dal silenzio e quasi
costretto dichiarai: «Confesserò al Signore la mia ingiustizia, contro di me».
Signore ho peccato molto ma confesso la mia colpa ed ora cessa di torturami. Ti
parlai con questa sincerità e tu perdonasti la malvagità della mia colpa. Mi
confessai sinceramente e la tua misericordia mi concesse il perdono. Confessa
sinceramente chi condanna se stesso e parla contro di sé.
A motivo di questa indulgenza ogni fedele rivolgerà a
te la sua preghiera. Non può esistere un
vero fedele che non implori assiduamente: «Perdona i nostri debiti» (Mt 6).
Nel momento opportuno, cioè in questa vita; per questo ci
viene rivolta questa esortazione: «Finché abbiamo tempo, facciamo il bene a
tutti» (Gal 5).
Nel
diluvio di molte acque, essi non si avvicineranno a lui. I fedeli pregano in modo assiduo per ottenere il
perdono dei peccati. Dal momento che si trovano immersi in un profluvio di
molte acque, dalle quali sono purificati e lavati, i peccati non potranno
avvicinarsi a loro: sono purificati dalle elemosine, dalle preghiere, dai
digiuni, dalle lacrime e dagli ammonimenti delle Scritture. Perché pregano? Per
non essere tentati dal diavolo, come ha chiesto il Signore ai discepoli:
«Pregate per non entrare in tentazione» (Mt 26).
Sei mio rifugio nella tribolazione che mi assedia: parla delle avversità di questo mondo. Sei la mia
esultanza perché gioisco di te. Liberami da quelli che mi assediano: i vizi e
tutti i mali. Ora risponde il Signore:
Ti farò comprendere.
Non temere, dice, ti farò capire e così sarai reso forte e vincerai i tuoi
nemici. Ti istruirò circa le opere buone. Nel cammino che farai, vigilerò su di
te con attenzione affinché nessuno possa nuocerti. Non siate come il cavallo o
come il mulo, privi d'intelligenza; il cavallo simboleggia i superbi e i
lussuriosi, secondo il detto biblico: «Marcirono i giumenti nel loro sterco»
(Gioele 1). Il mulo, invece, rievoca piuttosto gli uomini pigri e
inconcludenti. Potremmo rifare il discorso in questo modo: non essere superbo o
lussurioso, non essere pigro. Questi accampa la scusa del freddo per non arare.
Guarda di non trovarti sterile e privo di virtù.
Col morso e con la briglia si mette un freno alle loro
mascelle, altrimenti non s'avvicinano. È
questo che insegna: se incontri qualcuno che non vorrà accogliere il vangelo e
avvicinarsi a te, costringilo con
il morso e la briglia, correggilo richiamando le frasi dure e minacciose della
Scrittura, in modo che si sottometta al giogo della Chiesa.
I peccatori saranno colpiti da molti castighi. Lascia
allora il peccato e non imitare il cavallo e il mulo ma spera nel Signore.
La misericordia circonda chi spera nel Signore. Rallegratevi nel Signore e non nel mondo, ossia nei
beni caduchi, ed esultate giusti per la misericordia che vi è stata promessa.
Giubilate, voi tutti, retti di cuore: «Chi si gloria, si glori nel Signore» (2
Cor 10).
Salmo 32
Salmo di Davide.
Lo stesso Davide, che ha composto questo salmo, parla
in esso e dice che è una sua composizione. È un testo che detiene una grande
autorità, confermata dalla testimonianza di un uomo così grande.
Esultate giusti nel Signore, agli uomini retti si
addice la lode. In questo mondo, godano
pure alcuni uomini delle ricchezze fallaci e dei piaceri. Queste soddisfazioni
cessano presto. Voi, giusti, godete nel Signore, Egli è un Signore eterno ed
anche la vostra gioia durerà per sempre. Nel Vangelo il Signore dice ai
discepoli: «Ve lo ripeto di nuovo e godrà il vostro cuore e la vostra gioia
nessuno potrà mai togliervela» (Gv 16,22).
Agli uomini diretti si addice la lode: la lode che esce dalla bocca del peccatore non ha
alcun valore. Dio dice al peccatore: perché vai celebrando la mia giustizia?
(cf Sal 49,16). Lo lodano in verità coloro che lo amano, vivono rettamente, e
sollevano in alto il cuore e gli occhi. In che modo lo dovranno celebrare? Con
la cetra e con il salterio.
Lodate il Signore con la cetra e salmeggiate a lui con
il salterio a dieci corde. Davide suonava accompagnandosi con la
cetra e placava il furore di Saul, cacciando da lui il demonio che lo
tormentava. L'apostolo era come un altro citaredo, poiché con la sua parola
rallegrava i filosofi. Suonano il salterio a dieci corde coloro che osservano i
dieci comandamenti della legge. Tutto questo discorso appartiene all'Antico
testamento; ora ascoltiamo il messaggio del nuovo.
Cantate un cantico nuovo, salmeggiate con gioia. Il Nuovo Testamento non ha bisogno di strumenti di
legno; cerca la stessa voce umana e la lingua della persona ragionevole. Il
nuovo cantico è il canto che sgorga dalla nascita di Cristo, dalla passione,
dalla resurrezione e dalla sua ascensione. Celebrano in modo egregio e
salmeggiano con gioia, i credenti che lodano Dio con il cuore e con le parole e
compiono le opere buone che promettono di fare. Per questo aggiunge:
Retta è la parola del Signore, tutte le sue opere sono
nella fedeltà. Una parola retta esige un
annunciatore retto e poiché egli compie tutto nella fedeltà, bisogna annunciare
nella bontà e nella fedeltà.
Ama la misericordia e la giustizia; e della
misericordia del Signore è piena la terra.
È questo il messaggio che dobbiamo cantare, e annunciare a tutti; ciò che il
Signore ama, anche noi dobbiamo amare e compiere opere di misericordia e di
giustizia; soprattutto compiamo opere di misericordia perché egli stesso
preferisce la misericordia alla giustizia, al punto che della misericordia del
Signore è piena la terra. La misericordia si trova ovunque; Dio esercita la
misericordia verso i buoni e verso i malvagi. Il salmista sembra dire:
considera, se ne sei capace, il valore e la grandezza del Signore il quale
riempie la terra della sua misericordia. Aggiunge:
Dalla parola del Signore furono fissati i cieli e tutto
il suo dispiegamento potente con il soffio della bocca. Perciò subito prosegue:
Disse e tutto fu creato; comandò e tutto esiste. Se parlò, parlò al Verbo. Per lui dire è
realizzare. Il Figlio è parola di Dio e volontà di Dio. In questo versetto
viene esposto in breve il mistero della Trinità. Chi è il Signore, la sua
Parola e il suo Spirito se non il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo? Esiste
un unico Dio per mezzo del quale furono creati i cieli. In un altro passo
troviamo scritto: «nel tuo volere tutto è stato fatto e nulla può resistere
alla tua volontà»; tu hai creato ogni cosa, cielo e terra e tutto ciò che è
contenuto nello spazio celeste. I cieli rappresentano gli apostoli: essi furono
creati, consolidati e redenti grazie alla parola di Dio, cioè del nostro
Salvatore, e ricevettero forza e potenza dallo Spirito Santo, come egli aveva
promesso.
Raduna come in un otre le acque del mare e colloca gli
abissi dentro tesori. Abbiamo già spiegato
questo genere di espressione esponendo un altro salmo: magnificando
la salvezza del suo re (Sal 17, 51). Come
in quel passo ha scritto magnificando, magnificherà, ora in questo versetto scrive: radunando,
radunerà e ponendo, pone. Il
Signore raduna come in un otre le acque del mare. Le acque del mare rappresentano tutte le genti del mondo. Dio le ha raccolte tutte in un'unica Chiesa, quella
cattolica e universale, come in un otre. È questo grande bacino a contenere molte acque. I santi apostoli lo
hanno riempito e vi hanno trasferito i tesori di Dio. Per questo aggiunge: Ha
posto gli abissi nei tesori. Mare o abisso
significano la stessa cosa. Infatti non è dall'abisso che sgorga questa
quantità ingente di acqua? Il Signore nel Vangelo parla di un tesoro.
«Accumulate i vostri tesori in cielo». «Dove c'è il tuo tesoro, la ci sarà
anche tuo cuore». «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un
campo». «Vendi ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo». Tra
questi tesori il Signore pone anche gli abissi e le acque del mare. Il Signore
ne parla anche al beato Giobbe: «Forse sei entrato nei tesori della neve, forse
hai visitato i tesori della grandine? (Gb 38,24).
Tema il Signore tutta la terra, tremino davanti a lui
tutti gli abitanti del mondo. Dio non ha
preferenze di persone ma chiunque, fra le genti, lo teme ed opera la giustizia,
è a lui gradito (cf. At 10,34); mare, abissi, grandine e neve li pone nei suoi
tesori. Lo tema tutta la terra, non temi nessun altro perché nessun altro è da
temere o da venerare. Tremino davanti a lui e presso di lui si rifugino tutti
gli abitanti della terra; chi merita questo timore se non colui che ha creato
ogni cosa? Lo riafferma nel seguito.
Egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto esiste. Il Signore annulla i progetti delle
nazioni, rende vani i pensieri dei popoli e disprezza i progetti dei principi. Ammonisce il profeta: non dovete temere nessuno
perché il Signore è con voi. Egli disapprova e annulla tutti i progetti e i
piani degli uomini che vogliono aggredirvi. Il progetto del Signore dura per
sempre e i pensieri del suo cuore per ogni generazione. Come dispose e pensò
ancora prima dei tempi, tutto questo accadrà. Il castigo dei malvagi e la
vostra glorificazione sono già stati preparati e niente potrà modificare questo
progetto. Sono beati coloro che credono in lui e coloro che sono stati
prescelti e predestinati da lui perché in nessun modo potranno perdere la
beatitudine alla quale sono stati destinati. Ora riafferma quanto ha detto.
Beato il popolo il cui Dio è il Signore, il popolo che
si è scelto in eredità. Adesso espone la
elezione e spiega come avvenga.
Il Signore guarda dal cielo e vede tutti gli uomini. Dal cielo, dal progetto misterioso della Sua
maestà, egli guarda, vede e riconosce tutti gli uomini, quelli che ha destinato
alla gloria e quelli che saranno condannati. Per questo l'apostolo insegna:
«Non può forse fare un vaso di fango, un altro destinato ad essere onorato e un
altro ancora a ricevere il disprezzo?» (Rm 9,21). Il Signore, nell'ora del
giudizio, dirà agli uomini retti di ricevere il regno preparato per loro fin
dall'origine del mondo; dirà invece agli uomini malvagi di andare nel fuoco
eterno, che è già stato preparato per il diavolo e i suoi angeli. Osserva bene
le sue parole: ad alcuni è preparato un regno e ad altri un castigo. Da questo
esempio appare certo che nessuno è costretto a fare il male o il peccato ma
tutti sono predestinati alla gloria o alla condanna. Segue:
dall'alto della sua dimora osserva tutti gli abitanti
del mondo. Questo verso è una ripetizione
del precedente.
Egli ha creato i loro cuori ad uno ad uno e conosce
tutte le loro opere. Dio ha creato il cuore
di tutti ad uno ad uno e a nessuno ha dato tutta la sapienza e intelligenza e
neppure l'ha data in misura uguale. Egli comprende tutte le loro opere e poiché
le capisce, darà ad ognuno secondo i suoi meriti. Dal versetto in cui è detto:
dal cielo ha guardato il Signore, fino a questo passo, si svolge un percorso di
sapienza. Ora si deve presupporre l'insegnamento che è stato appena esposto.
Il re non si salverà per la sua grande forza né il
prode per la grandezza della sua potenza.
Si salveranno soltanto coloro che temono Dio e osservano i suoi comandamenti e
sono predestinati alla vita eterna. Gli altri non pongano la loro fiducia nella
qualità della loro forza perché neppure un re potrà salvarsi per la sua potenza
né un prode per il suo valore.
Il cavallo non giova per la vittoria, nella pienezza
della sua forza non potrà salvarsi. Queste
parole non vogliono suggerire nient'altro se non questa verità: solo la
misericordia di Dio può salvare l'uomo e sottrarlo alla condanna. Nessuno
confidi nella velocità del cavallo perché spesso viene meno, cade
all'improvviso e non può salvare né se stesso né il suo cavaliere. Il discorso
che viene fatto riguardo alla re, al prode e al cavallo deve essere esteso a
tutti.
Ecco gli occhi del Signore sono sopra coloro che lo
temono e sperano nella sua misericordia per liberare dalla morte le loro anime
e nutrirli in tempo di fame. È come se
dicesse: coloro che confidano in se stessi, nella loro forza e potenza, non
potranno essere salvati; quelli invece che temono Dio, sperano e confidano
nella sua misericordia, possano sentirsi al sicuro. Dio rivolge sempre su di
loro il suo sguardo e non permette che vadano errando o periscano; li nutre con
cibi spirituali in tempo di fame, quella che invece soffrono gli uomini malvagi
di questo mondo. Il profeta infatti dice: «Darò loro fame, ma non di pane, e
darò loro sete, non di acqua ma di ascoltare la parola di Dio» (Am 8,11). Gli uomini
che patiscono nell'inferno conoscono questo bisogno. Infatti il ricco diceva ad
Abramo: padre Abramo, manda Lazzaro ad intingere l'estremità del suo dito
nell'acqua e possa così rinfrescare la mia lingua perché soffro in questa
fiamma (cf. Lc 16,24).
L'anima nostra attende il signore perché egli è il
nostro aiuto è il nostro protettore. In lui gioirà il nostro cuore e nel suo
santo nome metteremo la nostra speranza.
Esorta se stesso e la sua anima e in se stesso tutti gli altri perché rimangano
tranquilli e attendano con pazienza. Essi hanno un buon maestro e ciò che
sperano e aspettano lo riceveranno senza alcun dubbio. Lo ripete ancora una
volta.
Venga su di noi la tua
misericordia, o Signore, come in te non speriamo. Grande è la virtù della speranza: spesso viene
raccomandata in tutti i salmi. Gli spiriti del male la persero ed ora cercano
con grande impegno di ingannare gli uomini per portarli alla disperazione.
Questo è il peccato che non può essere perdonato agli uomini né in questo
mondo, né in quello futuro. Il salmista usa giustamente il plurale e dice
l'anima nostra. Infatti negli Atti degli apostoli leggiamo: tutti avevano un cuore solo ed una anima
sola (At 4,32). Anche in un altro passo si dice: «L'anima nostra come un
uccello è sfuggita al laccio dei cacciatori»s (Sal).
Salmo 33
Salmo di Davide quando cambiò il suo aspetto al
cospetto di Abimelech. Lo dimise ed egli se ne andò.
La Bibbia non racconta che David abbia cambiato il suo
aspetto davanti ad Abimelech ma piuttosto davanti ad Achis, re di Gat, quando
si finse pazzo, per paura di essere ucciso, dal momento che nel corso del suo
regno aveva ucciso molti. Tuttavia Achis [qui] viene denominato Abimelech
perché quest'ultimo s'impegnò per salvarlo come fece l'altro. Entrambi
permisero che se ne andasse illeso. Davide in quel momento non conobbe che
l'aspetto di Achis era identico a quello di Abimelec, ossia che possedeva il
suo stesso sentimento e volere. In seguito Abimelech fu ucciso da Saul con
tutti i suoi poiché non trattenne Davide presso di sé e lo lasciò fuggire. Così
è vero che David nascose la sua identità sia ad Achis come ad Abimelech.
Davanti ad Achis perché simulò di essere un pazzo; davanti ad Abimelech
perché,quando questi gli chiese se era venuto da solo, gli rispose: sto obbedendo
ad un ordine del re e non gli permise di venir a sapere altre cose. In questa
circostanza fece sapere chiaramente che non si sentiva sicuro in quella casa.
Di conseguenza in questo salmo egli loda Dio e lo ringrazia per averlo
custodito quando si trovava in casa di Abimelech e in casa di Achis.
Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca
sempre la sua lode. Il profeta ci spiega in
quale maniera dobbiamo benedire lodare il Signore: non soltanto in qualche
circostanza ma in ogni tempo, nella prosperità e nell'avversità.
Nel Signore si glorierà l'anima mia, ascoltino gli
umili e si rallegrino. Loderò il Signore in
ogni tempo perché tutto ciò che ho e sono, l'ho ricevuto da lui mentre in me
stesso non trovo nulla che sia degno di lode. A lui devo ogni mia virtù: la
fortezza, l'umiltà, la sapienza, la pazienza e tutto ciò che è buono in me.
Ascoltino gli umili e i mansueti questo mio messaggio e si rallegrino e non si
pentano di essere sempre stati umili e mansueti. In un altro passo, dice una
cosa simile: «Ricordati, Signore, di Davide e della sua mansuetudine» (Sal 131,
1).
Celebrate con me il Signore ed esaltiamo sempre il suo
nome. Il profeta è buono e cerca altre
persone, esorta anche altri a glorificare Dio. Sa che tutti coloro che
parteciperanno alla lode e alla glorificazione di Dio riceveranno in futuro una
ricompensa.
Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni
tribolazione mi ha liberato. Così dicendo
ci offre una prova del suo sentimento benevole nei nostri confronti poiché ci
insegna come dobbiamo ad agire quando siamo tribolati. Egli attesta che nelle
sue tribolazioni ha cercato il Signore ed è stato esaudito; ci stimola a fare
lo stesso per essere anche noi esauditi. È questo lo scopo del suo discorso.
Avvicinatevi a lui e sarete illuminati e il vostro
volto non sarà confuso. Perché? Questo
povero ha invocato e il Signore lo ha esaudito e da ogni angoscia lo ha
liberato. Dice di essere un povero poiché,
sebbene fosse ricco, non confidava nelle sue ricchezze e considerava nulla i
beni di questo mondo. Avvicinatevi a lui per mezzo della penitenza poiché vi
siete allontanati a causa della disobbedienza. Allora sarete illuminati.
Infatti egli «è la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo»
(Gv 1,9). Mosé ha detto a questo riguardo: «Chi si avvicina a lui, riceverà il
suo insegnamento» (Dt 33, 3). Certamente il suo insegnamento illumina l'uomo
interiore. Coloro che saranno stati illuminati in questo modo, nel giudizio non
si troveranno confusi. Per questo dice: i vostri volti non
arrossiranno.
Il Signore manda il suo angelo attorno a coloro che lo
temono e li salva. L'apostolo insegna: «Gli
angeli sono i ministri dello spirito inviati a servizio di coloro che devono
ereditare la salvezza» (Eb 1,14).
Gustate e vedete quanto è buono il Signore, beato
l'uomo che spera in lui. Il salmista che
ora sta parlando aveva già gustato questa dolcezza. Lo mostra in quel passo in
cui dice: «Quanto sono dolci al mio patto le tue parole, più del miele e di un
favo alla mia bocca» (Sal 118, 103). Quali sono le promesse che suscitano così
tanta gioia nei santi? Scorri il Vangelo e troverai: «Quando sarò innalzato
alla tarda, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). «Chi crede in me ha la vita
eterna» (Gv 6,47). «Dove sono io, là sarà anche il mio servo» (Gv 12, 26). «Chi
crederà e sarà battezzato, sarà salvo. Chi viene a me, non lo rifiuterò» (Mc
16, 16). «Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Mt 5,12).
Queste parole e altre simili ci permettono di gustare, poiché per mezzo di esse
possiamo vedere e conoscere quanto sia buono e soave il Signore. Beato
l'uomo che spera in lui. Per questo
leggiamo in unaltro passo: «Spera in lui, assemblea del popolo! Versate davanti
a lui il vostro cuore perché il Signore è unadifesa per sempre» (Sal 61,9).
Beato colui che ha nel Signore unaiuto che non viene meno.
Temete il Signore suoi santi, poiché non manca nulla a
coloro che lo temono. Salomone conferma
questo messaggio dicendo: «Temi il Signore e osserva i suoi comandamenti» (Sir
12,13). L'uomo è stato creato a questo scopo: temere Dio e osservare i suoi
comandamenti. Chi teme Dio, non trascura nulla. Lo ha appena detto: temete il
Signore, voi suoi santi. Con questo discorso abbraccia tutti i comandamenti
della legge e dei profeti e non avrebbe potuto dire nulla di più comprensivo.
L'uomo che, spinto dall'amore, prova timore di lui, desidera fare ciò che gli
ha chiesto e vuole tralasciare ciò che ha proibito. Chi possiede un amore come
questo, non è lontano dalla perfezione. Lo conferma il versetto successivo: Nulla
manca a coloro che lo temono. «Principio
della sapienza è il timore di Dio» (Sir 1,16).
I ricchi sono divenuti poveri e affamati, ma quelli che
cercano il Signore non saranno privati di alcun bene. Quante sono le cose che mancano ai ricchi e quelle di cui soffrono
grandemente la mancanza? I santi invece possiedono tutto ciò che vogliono
avere. Ciò che ancora non possiedono nella realtà, lo possiedono nella
speranza. Non potrebbero essere beati, se mancasse loro qualcosa. L'apostolo dichiara:
«non possiedo nulla ma ho tutto» (2 Cor 6, 10). Come potrebbero sentire la
mancanza di qualcosa, coloro che in Dio già possiedono tutto?
Venite, figli, ascoltatemi e vi insegnerò il timore del
Signore. In precedenza aveva detto che
bisognava temere il Signore, ora spiega in che modo dobbiamo temerlo. Venite,
dice, è ritornate a me perché, peccando, vi siete allontanati da me. Dopo
averli raccolti e radunati in unità, chiede:
C'è qualcuno che vuole la vita e desidera sperimentare
il bene? Come se qualcuno avesse risposto:
ci sono io, egli prosegue il discorso dicendo: allontana la tua
lingua del male e le tue parole non dicano cose ingannevoli. Allontanati dal
male e fa il bene, cerca la pace e perseguila.
In queste poche parole troviamo un'istruzione completa sul timore del Signore e
una dottrina perfetta di religione cristiana. Egli riassume in cui tutto ciò
che dobbiamo evitare e ciò che dobbiamo fare. «Chi non pecca con la lingua, è
un uomo perfetto» (Gc 3,1). «Chi custodisce la sua lingua, conserva la sua
vita» (Pr 13,3). Cerca la pace e la conserva, il credente che ama tutti e non
odia nessuno. Anche l'apostolo suggerisce: «Per quanto dipende da noi, siate in
pace con tutti» (Rm 12, 18). Leggiamo in un altro passo: «Con chi odiava la
pace, continuavo ad essere uomo di pace; mentre parlavo a loro amichevolmente,
mi odiavano senza motivo» (Sal 119,7).
Gli occhi del Signore sono sopra i giusti e le sue
orecchie sono attente alle loro preghiere. Il volto del Signore guarda coloro
che compiono il male per cancellare dalla terra il loro ricordo. Ha detto quello che dobbiamo o non dobbiamo fare.
Ora aggiunge ed io osserva ed esamina il comportamento di ogni persona. Guarda
il giusto per esaudirlo, osserva il malvagio per toglierlo dalla terra dei
viventi. Per questo aggiunge:
I giusti lo hanno invocato e il Signore li ha esauditi
e li ha liberati da ogni tribolazione. Che
cosa c'è di strano che li abbia ascoltati e liberati da ogni tribolazione,
Colui che è sempre con loro e non si allontana mai da loro? Conferma questo
fatto:
Il Signore è vicino a colui che ha il cuore ferito e
salva gli umili di spirito. Il Signore non
disprezza il cuore contrito e umiliato. Parla di umiltà di spirito perché vuole
fare una distinzione. Ci sono persone, infatti, che sono umili soltanto
nell'espressione esteriore, che ostentando umiltà ma non la possiedono nel loro
interno. Agiscono da ipocriti: soltanto lo spirito Santo è capace di creare
l'umiltà di spirito. Il Signore salverà questi uomini che sono veramente mentre
guarderà da lontano gli altri: «La salvezza sta lontano dagli spettatori» (Sal
118, 155).
Molte sono le sofferenze dei giusti ma da tutte li
libera il Signore. Dichiara che sono già
liberi, coloro che sicuramente saranno liberati.
Signore custodisce tutte le loro ossa, neppure uno sarà
spezzata. Abbiamo letto che molte volte le
ossa dei santi sono state spezzate, non soltanto spezzate ma anche bruciate e
ridotte in cenere. Tuttavia, leggiamo in un passo: il Signore ti custodirà da
ogni male. Subito dopo pietra che cosa dobbiamo capire: il Signore custodirà la
tua anima. Ora anche in questo passo noi non dobbiamo pensare alle ossa del
corpo ma a quelle dell'anima. Le ossa dell'anima sono la fede, la speranza, la
carità, l'umiltà, la misericordia e tutte le altre virtù senza le quali è
debole e non può correre nella via dei comandamenti. Queste sono le ossa
custodite dal Signore al punto da non permettere che nessuna di esse venga
spezzata: se si colpisce un membro, si è colpevoli verso tutto il corpo.
La morte dei peccatori è molto amara e chi odia il
giusto commetterà un crimine. È molto amara
quella morte che procura la rovina del corpo e dell'anima. Chi odia
il giusto, commetterà un crimine. Se i
malvagi non commettessero nessuna altra colpa, soltanto per aver odiato il
giusto, ciò basterebbe loro per ricevere la condanna. Nel giusto dobbiamo
vedere il nostro Salvatore che nel Vangelo parla in questo modo di sé e dei
suoi avversari: Mi hanno odiato senza motivo. Il salmista dice in modo opportuno che costoro commettono
un crimine perché fino ad oggi non smettono
di peccare contro Cristo e non smetteranno di farlo fino alla fine del mondo.
Il Signore redime le
anime dei suoi servi e non abbandona coloro che sperano in lui.
Pensiamo a quella redenzione che il Signore compì spargendo il suo sangue e non
è prevedibile che Egli abbandoni coloro che redense ad un prezzo così alto.
Salmo 34
A Davide.
Il re e profeta Davide dedica questo salmo al grande
Davide, cioè al nostro Salvatore, il quale giustamente merita il nome di
Potente nell'agire. È dunque il nostro Salvatore a parlare in questo salmo ma,
come ho detto spesso, parla nella sua umanità.
Giudica, Signore, coloro che mi fanno del male,
combatti coloro che mi combattono. Giudica,
Signore, gli uomini che mi avversano e rendi loro ciò che meritano. Combatti
coloro che mi aggrediscano, affinché non riescano resistere ai loro nemici.
Queste parole sono dirette contro quegli uomini che si sono manifestati
incapaci di conversione e continuarono a persistere nella loro malizia. Invece,
a favore degli altri [di quelli erano disposti a cambiare vita], il Signore
pregò per loro mentre era in croce e disse: «Padre, perdona loro perché non
sanno quello che fanno» (Lc 23, 14). Non è una cosa sconveniente che a volte
preghi a favore, mentre a volte preghi contro, perché sono persone ben diverse
quelle per le quali intercede e quelle contro le quali supplica.
Afferra le armi e lo scudo e sorgi in mio aiuto. Il Signore non ha bisogno di armatura perché egli
può annientare i nemici soltanto con un cenno. Tuttavia che che quella gente
sia dispersa con le armi perché così era stato stabilito. Chiama questo
intervento un aiuto dato a lui perché vuole sconfiggere i Giudei con queste
armi. Perciò così prosegue:
Afferra la spada e rinchiudi contro coloro che mi
perseguitano; di all'anima mia: sono io la tua salvezza. La spada rappresenta l'imperatore Tito e Vespasiano
e tutto l'esercito romano dai quali il popolo dei Giudei fu combattuto e
sconfitto in molti modi. Afferra la spada contro coloro che mi perseguitano e rinchiudili, nella città di Gerusalemme. Leggiamo infatti questo fatto: nel giorno di Pasqua
quando, secondo la consuetudine, tutto il popolo si era radunato, un esercito,
giungendo di sorpresa, li rinchiuse e nessuno poté fuggire. Ciò avvenne secondo
il giusto giudizio di Dio; vennero assediati proprio in quella circostanza
festiva nella quale non esitarono a catturare Cristo il nostro Signore. Osserva
però come la potenza di Dio aveva aspettato per quaranta due anni per vedere se
poteva perdonarli, in seguito al loro pentimento. Essi però continuarono nella
loro malizia e così alcuni perirono per la fame e la sete, per la spada e per
il fuoco, mentre altri furono consegnati a tutte le nazioni in una schiavitù
disonorevole. Dì all'anima mia: sono io la tua salvezza mentre quelli dicevano a suo riguardo: per lui non
c'è salvezza in Dio» (Sal 3,3).
Siano confusi e tornino indietro quelli che cercano la
mia. Tornino indietro e rimangano svergognati quelli che hanno pensato di farmi
del male. Queste parole, se vengono prese
alla lettera, sono facili da capire. Riflettendo bene, dobbiamo comprenderle
nel loro senso letterale perché, già in questo ambito, presentano un
significato completo. Non dobbiamo considerare strano, se colui che parla e
coloro ai quali parla, colgono il futuro come se fosse una realtà presente e
non fanno alcuna differenza tra ciò che ora accade e quello che accadrà in
seguito.
Diventino come polvere al soffio del vento e l'angelo
del Signore li disperda. Come la polvere
non può opporre resistenza alla forza del vento, così quel popolo non potrà
opporsi all'impeto dei nemici e verrà disperso ovunque tra le genti. L'angelo
del Signore che li punisce può rappresentare tutti i loro nemici i quali,
agendo in quel modo, sono al servizio del Signore oppure può essere proprio un
angelo inviato appositamente per affliggerli. In un altro versetto troviamo una
rappresentazione di questi angeli [vendicatori]: «Fece scatenare contro di loro
lo sdegno della sua ira, la collera e lo sdegno, inviati loro per mezzo di
angeli» (Sal 77, 49).
La loro strada sia buia e scivolosa e l'angelo del
Signore li incalzi. Il Signore parlava di
questa strada, quando diceva: «Guardate che la vostra fuga non avvenga
nell'inverno o di sabato» (Mt 24,10). Se interpretiamo questo passo in senso
allegorico, possiamo ricavare ciò che segue: la polvere che viene calpestata da
tutti e che viene dispersa al soffio del vento, rappresenta il popolo dei
Giudei. Le loro vie sono tenebrose e scivolose perché, accecati dalla loro
malizia, vivono sempre nell'inganno e si dirigono in fretta verso le tenebre e
la condanna. Cadono sempre e sempre operano il male; non sono capaci di
rialzarsi per compiere il bene. Non c'è da meravigliarsi che un angelo di
sventura del Signore li perseguiti perché questi sempre già li spinge a fare il
male.
Senza ragione mi hanno teso il loro laccio di rovina,
senza motivo hanno insultato l'anima mia.
Senza alcun motivo e senza alcuna ragione, hanno nascosto per me un laccio di
rovina e di inganno. Giuda, il traditore, impersona bene questo laccio:
offrendo un falso bacio di pace, permise che [Gesù]venisse legato e catturato.
Invano hanno insultato la sua anima che era del tutto santa collocandola tra
gli empi e i peccatori, come troviamo scritto: sono stato considerato un uomo
iniquo (cf Lc 23,37). Lo insultavano dicendo contro di lui: «Questi è reo di
morte. Se non fosse un malfattore non te lo avremmo consegnato. Secondo la
legge deve morire perché si è fatto figlio di Dio» (Gv 18, 30).
Li sorprenda un laccio che non conoscono e il tranello
che hanno teso, li catturi e cadano in quel laccio, proprio in quello. Come sta scritto: «Chi prepara una fossa al suo
fratello, cadrà in essa per primo» (Sir 27,29). «Con la misura con cui avrete
misurato, sarà misurato anche avuto» (Mt 4,24). Ai Giudei avvenne proprio
questo e un laccio che ignoravano, venne su di loro. Nel Vangelo leggiamo
queste parole: «Mentre avvicinava a Gerusalemme, Gesù, vedendo la città, pianse
di essa dicendo: se tu avessi conosciuto (sottintende: avresti pianto); ma ora
è nascosto ai tuoi occhi» (Lc 21,1). Il futuro è nascosto proprio nello stesso
senso con cui si parla ora: un laccio che non conoscevano bene su di
loro e la cattura, che avevano occultato, li prese. Caddero nella loro stessa
trappola. Questo accade nello stesso
momento, per tutti. Da queste parole comprendiamo che il motivo della loro
rovina e perdizione, è stato unicamente l'aver condannato Cristo.
L'anima mia esulterà nel Signore e gioirà della sua
salvezza. Preannunzia la gioia della sua
resurrezione che avvenne all'improvviso il terzo giorno, dopo che il Salvatore
nella sua anima aveva svuotato il regno dei morti ed era risorto dal sepolcro
con il suo corpo.
Tutte le mie ossa dicano: Signore, chi è come te? Tu
liberi il povero dalla mano del più forte, il misero e l'indigente da chi li
rapisce. Nelle ossa di Cristo vediamo un
simbolo degli apostoli e di tutti quelli che nella Chiesa sono uomini robusti,
dai quali il corpo della Chiesa è portato e sostenuto. Tutti costoro celebrano
e magnificano Dio, perché ha liberato il nostro Salvatore dalla mano degli
nemici, che sembravano più forti e più potenti di lui, procurandogli un grande
trionfo. Egli fu, veramente indigente, povero, e misero, quando, nel momento della
sua passione, aveva bisogno di aiuto e nessuno glielo aveva prestato.
Si sono alzati testimoni ingiusti, mi interrogavano di
cose che non conoscevo. Mi rendevano del male al posto del bene e sterilità
alla mia anima. Come si legge nel Vangelo,
vennero molti falsi testimoni davanti a lui, le cui testimonianze non erano
concordi. Infine vennero alcuni che lo interrogavano dicendo: non hai detto
forse che avresti distrutto questo tempio costruito dalle mani dell'uomo e che,
dopo tre giorni, lo avresti riedificato di nuovo? L'evangelista racconta questo
fatto alla terza persona e non dobbiamo dubitare che sia stato detto nella
terza e nella seconda persona. Costoro mentivano e poiché Dio ignora la
menzogna, dice bene in questo versetto: mi interrogavano ciò che
ignoravo. Mi rendevano del male
al posto del bene, come dichiara il
Signore: «Molte opere buone ho compiuto tra voi; per quale di queste mi volete
uccidere?» (Gv 10,25). E in un altro passo simile: «Se ho parlato male,
dimostralo; se ho parlato bene, perché mi percuoti?» (Gv 18,23). Restituivano a
lui la loro sterilità, poiché come alberi cattivi infruttuosi non potevano
presentargli un buon frutto. Sono quella vigna scelta che diede aceto al posto
del vino e che, mentre avrebbe dovuto produrre uve, produsse frutti acerbi (Is
5).
Quando mi maltrattavano, indossavo il cilicio e
umiliavo nel digiuno la mia anima e pregavo nel mio intimo. L'apostolo parla di questo cilicio, quando afferma
che egli è apparso nella somiglianza della carne di peccato per condannare il
peccato nella carne (cf Rm 8,3). Nel cilicio vediamo la carne di Cristo; quando
egli la prese su di sé, venne considerato un peccatore, bisognoso del cilicio.
Nel tempo della sua passione volle mostrare soltanto il suo cilicio, poiché
nascondeva sotto di esso la sua potenza divina. Umiliò la sua anima nel
digiuno, poiché, sebbene pregasse per loro e avesse voluto rivestirsi del loro
corpo, in quei giorni unì e incorporò a se soltanto poche persone. Anche Pietro
patì un digiuno simile quando ricevette dal Signore quest'ordine: uccidi e
mangia. Ciò che mangiamo, lo trasferiamo nella nostra sostanza e diventa una
sola realtà con noi. Perciò il Signore dice: «Chi mangia la mia carne e beve il
mio sangue, rimane in me e io in lui». Preghiamo dunque affinché egli ci
assimili e ci trasformi nella sostanza del suo corpo, affinché non possiamo più
separarci da lui. L'espressione successiva, la mia preghiera usciva dal mio
intimo, suggerisce in modo chiaro che, nel suo cuore, pregava per i suoi nemici
affinché non perissero. Con questa preghiera certamente ha salvato, di quel
popolo, quelli che furono salvati. Da parte mia io penso che quella preghiera,
uscita dall'intimo del Salvatore, è stata dilatata in questo modo: tutti coloro
che, appartenendo a quel popolo, si convertivano, a tutti costoro, non veniva
imputata la sua morte. Quelli, però, che perseveravano nella loro malizia,
sarebbero stati puniti in questa e nell'altra vita.
Come fossero vicino, come un fratello, così li trattavo
con amore; come in lutto e mestizia, così mi umiliavo. Li trattavo con amore e mi piaceva stare con quel
popolo come si fa nei confronti di un amico o di un fratello. Si può
riformulare così la frase che dal punto di vista grammaticale non può andare
bene. E, al contrario, come in lutto e mestizia, così mi umiliavo. Non fa altro che riformulare quello che dice in un
altro passo: mi rendevano male per bene, mi contristavano (Sal 37,21).
Eppure hanno gioito contro di me e si sono radunati,
sono stati radunati su di me flagelli e non hanno conosciuto. Tutto questo si è realizzato alla lettera. Quanto
all'espressione non hanno conosciuto, l'apostolo la spiega così: «Se l'avessero
conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della della gloria (1 Cor 2,
2).
Si sono dissolti e non si pentirono. Mi hanno tentato e
deriso, digrignarono i denti contro di me.
Si sono dissolti perché non sono tenuti insieme dal vincolo della legge. Fanno
ciò che vogliono e seguono le brame del loro cuore, non si sono pentiti di un
crimine così grave, quello di avermi mandato a morte. Mi hanno messo alla
prova, mi hanno deriso, contro di me hanno digrignato i denti. Non possiamo
dubitare che i Giudei non l'abbiano compiuto contro Cristo questi ed altri mali
ancora.
Signore, quando volgerai lo sguardo verso di me?
Reintegra l'anima mia dalla loro perfidia, da leoni la mia unica. Signore, quando guarderai verso di me? Quando
verrai a rendermi giustizia? Quando libererai la mia anima dalle loro
malefatte, la mia unica anima da questi leoni che mi aggrediscono in modo così
crudele? Finora, sembra dire, non hanno smesso di perseguitarmi; ancora adesso
mi tormentano con bestemmie e con ingiurie; ancora adesso, per quanto sta in
loro, uccidono la mia anima perché negano la mia resurrezione. Ancora adesso
infatti i Giudei non credono che Gesù abbia ripreso la sua anima.
Ti celebrerò, Signore nella grande assemblea, tra un
popolo numeroso ti loderò. Ecco ho
abbandonato la sinagoga, ho lasciato la stoltezza e la leggerezza dei Giudei;
adesso ti celebrerò e ti loderò per mezzo dei miei fedeli in una grande chiesa,
nella chiesa cattolica, diffusa in tutto il mondo. Ti loderò stando tra un
popolo numeroso che non viene sollevato dal vento dell'orgoglio e della vanità.
Non esultino su di me quelli che mi odiano in modo iniquo,
e mi hanno odiato senza motivo
ammiccando con gli occhi. Dal
momento che il mondo intero crede in Cristo, forse per questo i Giudei non
possono e non osano insultare Cristo. Essi però, mentre ammiccano cogli occhi,
nascondono la malizia nel cuore ed intanto ostentano benevolenza
nell'espressione del volto e degli occhi. I Giudei fecero questo [gioco] più
volte quando lodavano l'insegnamento del nostro Salvatore; con gli occhi e con
l'espressione del volto annuivano alle sue parole ma poi cercarono di
sorprenderlo [in fallo] in quello che diceva. E così prosegue:
Parlavano di pace ma nutrivano pensieri di odio. Covavano rancore nel cuore ma non volevano
manifestarlo. Non gli bastava essere in collera ma, a motivo di tale odio, si
proponevano di fargli del male, fino al punto di ucciderlo.
Hanno spalancato contro di me la loro bocca. Hanno
detto: bene, bene; abbiamo visto. I Giudei
hanno dilatato la loro bocca e hanno parlato contro il Signore con arroganza
finché non videro che aveva emesso l'ultimo respiro. Allora andarono da Pilato
e dissero: «Signore, sappiamo che questo seduttore da vivo ha detto: dopo tre
giorni risorgerò. Comanda che la sua tomba sia sorvegliata affinché non vengano
i discepoli, trafughino il corpo e poi dicano al popolo che è risorto; questa
fandonia sarebbe peggiore di tutte (Cf Mt 27, 63). Ecco in che modo i giudei
hanno dilatato la bocca: lo hanno chiamato seduttore e hanno dichiarato che non
sarebbe mai risorto. Aggiunsero: bene, bene, un'espressione che viene usata da ogni popolo,
secondo la propria lingua, dopo aver ottenuto una vittoria. Abbiamo
visto con i nostri occhi. Vale a dire:
tempo fa abbiamo visto e abbiamo conosciuto chi è veramente e come ingannava il
popolo con tranelli; affermava di essere figlio di Dio: ecco ora è morto e non
può liberare se stesso dalla morte. Dicevano queste cose. Tu, Signore, che hai
udito questi discorsi, frutto della loro superbia e che hai visto il loro
agire, non tacere ma restituisci a questi stolti secondo la loro
malvagità. Signore, non allontanarti da me,
ma vieni in mio aiuto, disperdili nella tua forza e annientali perché se il mio
protettore, o Signore.
Risvegliati, o Signore, attendi mio giudizio, o mio Dio
e mio Signore, in mia difesa. Intervieni
subito, dà inizio al mio giudizio e alla mia causa; comincia ad esaminare
quanto sia stato condannato ingiustamente e da parte del popolo e io ho amato
tanto, per il quale ho compiuto tanti benefici, che ho liberato dalla schiavitù
d'Egitto, per il quale ho aperto il mare Rosso, che ho nutrito di manna per
quarant'anni, e ho introdotto nella terra promessa; ancora di più: sono venuto
nel mondo e ho assunto la carne a loro favore. Lui stesso ha detto: «Non sono
venuto che per le pecore perdute della casa di Israele» (Mt 15, 24).
Giudicami secondo la tua grande misericordia, Signore
mio Dio, e non mi insultino i miei nemici e non dicano in cuor loro: bene, bene
per noi. Non dicano: l'abbiamo inghiottito.
Giudicami secondo la tua grande misericordia che è così vasta da abbracciare il
mondo intero e da non trascurare nessuno che sia degno di ricevere
misericordia, per il quale farai giustizia nei confronti del suo avversario.
Giudicami, porta a compimento il giudizio e, verificando la loro distruzione e
condanna, comprendano di essere stati condannati. Non mi insultino e non dicano
ciò che sono soliti dichiarare: bene, andiamo proprio bene! S'accorgano
piuttosto che la spada della tua vendetta pende ormai sopra le loro teste.
Si vergognino e tornino indietro coloro che godono
della mia sventura, si coprano di vergogna e di rispetto coloro che hanno
parlato male di me. Questo si è già
verificato parzialmente ma sarà compiuto del tutto nel giorno del giudizio.
Esultino e gioiscano quelli che vogliono la mia difesa
e dicano sempre: Grande il Signore che vuole la pace del suo servo. Molto opportunamente, dopo aver parlato della
distruzione e della disillusione degli iniqui, ordina a coloro che sperano di
vedere la giustizia, di rallegrarsi e di godere. Sempre glorifichino il
Signore, coloro che possiedono la pace di Cristo e desiderano conservarla,
perché senza la pace, è impossibile piacere a Dio.
La mia lingua mediterà la tua giustizia, tutto il
giorno, la tua lode. Il Salvatore parla
nella sua umanità. Dichiara di meditare la giustizia di Dio perché la ricorda
sempre senza mai dimenticarla.
Salmo 35
Per il compimento. Per il figlio di Dio. Salmo di
Davide.
È dedicato a quel Bambino del quale è stato scritto:
«Un bambino è nato per noi, un figlio è stato donato a noi» (Is 9, 6). Riguardo
a questo Figlio di Dio, Davide, re e profeta, così dichiara: «Uomini e animali
tu salverai, signore». Che cosa significhi per il compimento e salmo di Davide,
l'ho già spiegato più volte.
L'uomo malvagio pensa in se stesso di fare il male; non
c'è timore di Dio davanti ai suoi occhi. Il
malvagio ha riflettuto in se stesso, questo ha pensato nel suo cuore, questo ha
predisposto nella sua mente: fare il male. Che cosa fa in concreto? Ruba,
uccide, si dà alla fornicazione, allo spergiuro per procurare rovina. Vuole
ingannare il fratello e compiere altre opere inique. Infatti: non c'è
timore di Dio davanti ai suoi occhi. Se
avesse rispetto per Dio, non si proporrebbe di fare queste cose.
Egli si illude davanti a se stesso di trovare la sua
iniquità e odiarla. Da questo si capisce
che non c'è timore di Dio davanti ai suoi occhi: egli agisce con inganno
davanti a lui; non solo si propone il male ma anche lo compie. Sarebbe
opportuno che conoscesse la sua iniquità e la detestasse. Con quella misura con
cui ha misurato, sarà misurato a lui.
Le parole della sua bocca sono iniquità e l'inganno;
non ha voluto comprendere per fare il bene.
Ha meditato cose inique nel suo letto, ha rifiutato la via del bene,
non ha odiato la perversione. Chi agisce
così merita davvero il nome di uomo malvagio. Il versetto è chiaro e non c'è
bisogno di dare spiegazioni.
Signore, nel cielo è la tua misericordia e la tua
vderità fino alle nubi. Il profeta si
meraviglia che gli uomini manifestino voleri così molteplici diversificati:
mentre alcuni con grande brama si lasciano andare ai vizi, altri invece seguono
con impegno la virtù. Nessuno può rovinarsi se non per la superbia, nessuno può
salvarsi se non per la misericordia. Signore, dice, la tua misericordia non può
essere conosciuta interamente sulla terra, in modo completo, ma sarà conosciuta
perfettamente soltanto nel cielo. Tutti coloro che si trovano là, sono stati
salvati grazie alla misericordia di Dio. Come insegna l'apostolo: «Mentre
eravamo tutti peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,3). Questo è stato fatto
soltanto dalla sua misericordia. Perciò giustamente si dice: «Buono è il
Signore verso tutti e la sua misericordia si riversa sopra tutte le sue
creature» (Sal 114,9). Se chiedessimo a qualcuno dei santi che si trova in
cielo o che si troverà là dopo il giudizio: in che modo sei venuto qui o in che
modo hai potuto entrare? Che cosa potrebbe rispondere? La misericordia mi ha
condotto fino a qui. Signore, nel cielo la tua misericordia, e poi continuò dicendo: la tua verità
fino alle nubi. Se la misericordia è nel
cielo, si trova e si conosce in cielo, dove si scorge la tua verità? Vuol
sentire dove essa è? Nelle nubi.
Le nubi rappresentano i profeti e gli apostoli, i vescovi, i sacerdoti e tutti
i maestri della chiesa. Costoro fanno piovere sopra la chiesa e irrigano la
terra intera con gli scrosci della loro dottrina spirituale. Fino a tale
altezza giunge la verità di Dio, rappresentata da costoro, perché essi hanno
meritato di ricevere l'intelligenza della sacra scrittura.
La tua giustizia è come i monti di Dio e i tuoi giudizi
sono un abisso profondo. Se avesse detto la
tua giustizia è come i tuoi monti, si sarebbe espresso in modo molto facile.
Tuttavia questo modo di parlare si trova di frequente nella Scrittura divina.
In altri scritti si trova raramente o per nulla. Un altro esempio: Dio
da al re il tuo giudizio e la tua giustizia al figlio del re (Sal 71,2). Avrebbe dovuto dire: al figlio tuo perché
era lui il re al quale stava parlando. Ha detto che la tua verità è
fino alle nubi, ora porta il motivo perché
arriva fino alle nubi e non sale più in alto. Sembra voler dire: la verità di
Dio non scade in basso perché la giustizia di Dio, il giudizio di Dio che sono
costituiti e intessuti di verità, sono molto elevati ed è arduo avvicinarsi ad
essi; sono molto elevati come lo sono i monti di Dio; penetrano molto in basso
come gli abissi più profondi. Con i termini, monti e abissi,
vuole significare la stessa cosa. Un salmo menziona questi monti con questo
detto: «Alzo gli occhi verso i monti, da dove verrà il mio aiuto» (Sal 120,1).
L'abisso chiama l'abisso con la voce delle tue
cateratte. Nei monti e negli abissi dobbiamo vedere i libri dell'uno e dell'altro Testamento. Essi sono
così elevati e profondi che soltanto pochi credenti riescono a penetrare il
loro messaggio. Questi libri, che contengono la giustizia e i giudizi di Dio,
partecipano alla sua altezza e profondità. È evidente allora che la verità di
Dio, la sua giustizia e i suoi giudizi, e i libri dell'uno e dell'altro
Testamento, sono inaccessibili e non possono essere sviscerati dalla mente
dell'uomo. Per questo l'apostolo dice: «O profondità della sapienza e della
scienza di Dio, quanto sono incomprensibili i suoi giudizi e inaccessibili le
sue vie» (Rm 11,33). Rallegriamoci che la verità di Dio raggiunga l'altezza
delle nubi, perché da costoro che si trovano nelle nubi, distilla qualcosa fino
a noi. Sono miseri i Giudei dal momento che le nubi hanno ricevuto il divieto
di far piovere su di loro: «Dice il Signore: darò ordine alle mie nubi di non
far cadere la pioggia» (Is 5,6).
Uomini e bestie tu salvi, o Signore; quanto hai
moltiplicato i tuoi gesti di misericordia!
Gli uomini rappresentano le persone sapienti, ragionevoli e giuste; gli animali
invece raffigurano quelle stolte, vane, libidinose e dedite ai piaceri della
carne. Quanto gli uomini si differenziano dagli animali, altrettanto i primi si
differenziano dai secondi. Il Signore però salva questi e quelli perché non è
venuto a chiamare i giusti ma i peccatori a penitenza. Abbiamo visto molti
condurre nei monasteri una vita santa e religiosa, i quali, un tempo, erano
stati come un cavallo o un mulo, privi di intelligenza. Il profeta si
meraviglia che Dio usi una misericordia così grande ed esclama: con quali modi,
con quale misura e con quale abbondanza hai moltiplicato i tuoi atti di
misericordia, o Dio!
I figli dell'uomo sperano all'ombra delle tue ali! Le ali di Dio sono la misericordia, la fedeltà, la
fede, la speranza e la carità e tutte le virtù senza le quali egli non viene
fino a noi e noi non possiamo elevarci fino a lui. Che cosa lo ha spinto a
venire fino a noi se non la carità e la misericordia? Nella protezione di
queste ali sperano i cristiani perché non possono contare su qualche altra
forza che li difenda dai vizi e dagli spiriti del male. Chiama costoro figli
degli uomini per distinguerli da coloro che aveva denominato animali.
Si saziano dell'abbondanza della tua casa e si
dissetano al torrente delle tue delizie.
Qui, ora, nella chiesa, i santi si saziano all'abbondanza delle tue delizie e
in futuro, nella celeste Gerusalemme; di esse possono godere pienamente, ora e
nel futuro. Gli apostoli santi, quando parlavano le lingue di tutti gli uomini,
erano inebriati in questo modo, benché i Giudei li considerassero ebbri di vino
e non di Spirito Santo.
Presso di te è la fonte della vita e nella tua luce,
vedremo la luce. Non soltanto saranno
inebrianti, ma saranno anche illuminati perché presso di te c'è la fonte della
vita e la luce della vita. Luce di vita e fonte di vita è il Cristo che
illumina e nutre i suoi fedeli. Chi avrà attinto a questa fonte, non sentirà
più la sete. È questa la luce che illumina ogni uomo che viene in
questo modo. Anche il Padre è luce,
tuttavia non ci sono due luci ma un'unica luce. Per questo dichiara: nella
tua luce vedremo la luce perché non
possiamo andare da lui [Dio Padre] se non per mezzo di te [il Figlio]. Il
Signore stesso dice: «Io sono la via, la verità, e la vita: nessuno viene al
padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6).
Estendi la tua misericordia quelli che ti conoscono e
la tua giustizia su quelli che hanno il cuore retto. È come se dicesse: affinché possiamo giungere a quella luce, manda la
tua misericordia su coloro che ti conoscono: ci guidi, ci accompagni e ci porti
fino allo splendore di quella luce. Invia la tua giustizia a coloro che sono
retti di cuore perché è giusto che siano guidati dalla giustizia gli uomini che
osservarono i comandamenti di giustizia.
Non mi raggiunga il piede di superbia e la mano dei
peccatori non mi trascini. La tua
misericordia e la tua giustizia mi facciano da guida affinché non mi porti il
piede della superbia e la mano del peccatore non mi trascini. La superbia non
mi faccia da piede perché con questo piede caddero tutti gli operatori di
iniquità. Questo piede portava il diavolo quando diceva: salirò in
cielo al di sopra degli astri di Dio, e costruirò la mia reggia, sederò sul
monte del testamento e sarò simile all'altissimo. Giustamente furono espulsi dalla beatitudine del cielo e non poterono
più rimanere in quel posto perché avevano mani pronte all'iniquità e venivano
portati da questo piede.
Salmo 36
Salmo dedicato a Davide. Il salmo viene dedicato a
Davide che ne è l'autore e parla anche in esso.
Non invidiare i malfattori e non imitare gli operatori
di iniquità. Non invidiare, non imitare gli
operatori di iniquità e non ti piaccia neppure stare insieme a loro. Non fare
come loro, compiendo anche tu il male. Non insegnare a nessuno a comportarsi in
questo modo o a desiderare un tale genere di vita.
Come fieno presto appassiranno e cadranno in fretta
come erba del prato. Per un certo tempo,
mentre intanto continuano a compiere iniquità, sembrano fiorire e prosperare.
Tuttavia come il fieno che oggi c'è e domani viene gettato nel fuoco, inaridiscono
velocemente. Come steli d'erba cadono a terra in fretta e non possono più
rialzarsi perché non hanno più la possibilità di pentirsi.
Spera in Dio e fa il bene, abita la terra e ti pascerai
delle sue ricchezze. Spera nel signore e
non nelle tue forze e nell'incertezza delle ricchezze; fa il bene, fa
elemosina, agisci con misericordia e pietà e troverai misericordia. Domina la
tua carne, non lasciare la Chiesa di Dio, rimani in essa, impara, correggi i
tuoi costumi e conforma tutta la tua vita al suo esempio. Ti pascerai
delle sue ricchezze: sono l'insegnamento
che trovi nell'uno e nell'altro Testamento, oppure è il corpo e il sangue di
Cristo. Queste ricchezze sono da preferire a tutte quelle di questo mondo.
Cercare la gioia nel signore e egli esaudirà i desideri
del tuo cuore. Non cercare la gioia nel
mondo, nè nelle vanità o nelle brame del mondo. Il mondo passa insieme a tutte
le sue brame, ma piuttosto poni la gioia del Signore; che egli sia tutto il tuo
bene, tutta la tua gioia e ti donerà quanto desideri intensamente. Chi cerca la
gioia nel signore, rimane sempre con lui e vuole abitare con lui. I santi
riceveranno questo dono poiché vivranno con lui per sempre.
Manifesta al Signore la tua via, spera in lui ed Egli
agirà. Come posso fargli conoscere ciò che
egli già sa e comprende meglio di me? Egli conosce i pensieri dell'uomo e
esamina le reni e cuore. Gli faremo conoscere le nostre vie, se non
nasconderemo i nostri peccati, non li nasconderemo quando li distruggeremo con
le lacrime e con la penitenza. Il versetto, manifesta tua via, può avere anche un altro significato. Se nel tuo
cuore c'è un desiderio di bene, non esitare, ma cerca di attuare subito ciò hai
desiderato fare. Poni in lui la tua speranza e sarà lui a realizzare, porterà a
conclusione ciò che tu temi ed esiti ad incominciare.
Farà sorgere come luce la tua giustizia e come il
meriggio il tuo diritto. Spera in lui,
seguilo, dirigerà la tua via, la illuminerà con la sua luce splendente e non
permetterà che tu vada errando. L'opera di giustizia tu desideri fare e il tuo
giudizio, con il quale ti prepari a giudicare se stesso, li farà conoscere agli
angeli e agli uomini; li farà risplendere come fossero 1 luce o 1 meriggio.
Rimani sottomesso al Signore e invocalo. Hai bisogno di 1 cosa sola, ossia di stare
sottomesso a Dio, e se accadrà qualche avversità, non dimenticare di invocarlo.
Ci esorta a servire Dio e a condurre 1 vita migliore e in 1 modo tanto bello e
persuasivo! Non invidiare chi gode di prosperità nella sua vita. Si riferisce
all'uomo malvagio. Cerca di imitare l'uomo che prospera nella via di Dio, che è
premuroso nel servirlo, non quello che prospera nella sua via che corrisponde
all'iniquità. La via dei malvagi corrisponde alla stessa malvagità. Certamente
abbiamo verificato che molti uomini che agiscono male nella loro vita, per un
certo tempo sembrano prosperare ma non dubitiamo che finiranno male.
Desisti dall'ira e deponi lo sdegno, non invidiare chi
compie il male. L'ira è un breve mutamento
dell' animo, mentre il furore è un'ira che si prolunga nel tempo. Entrambi sono
da fuggire perché adirarsi con frequenza è un peccato che non può verificarsi
senza provocare scandalo al fratello. Che cosa dire riguardo al furore se non
che è un sentimento molto vicino all'odio? Non invidiare questo modo di agire
perché non farlo anche tu. Imita gli altri uomini per il bene che fanno ma non
seguire nessun comportamento errato.
Coloro che agiscono in modo iniquo, saranno sterminati.
Sterminare significa andare oltre i confini. Gli uomini che saranno trovati
oltre i confini, non entreranno nell'eredità promessa ai santi. Riguardo a
questa eredità ora precisa:
Coloro che sperano veramente nel signore, riceveranno
in eredità la terra. Si tratta di quella
terra di cui parla anche in quest'altro passo: «Sono certo di vedere i beni del
Signore nella terra dei viventi» (Sal 37,20). Come dobbiamo aspettare il
Signore, ce lo insegna lui stesso: «Vigilate perché non conoscete l'ora nella
quale il Signore vostro verrà» (Mt 25,12). Chi aspetta il signore deve vigilare
ossia perseverare nelle buone opere.
Ancora un poco e più non sussisterà il peccatore,
cerchi il suo posto e non lo troverai. La
vita dell'uomo è breve e all'improvviso, anche coloro che l’amano, escono da
questa vita e insieme a loro passano tutti i loro beni. In seguito, se qualcuno
cerca il loro posto, - perché in questo mondo tengono un posto -, non lo
troverà più.
I miti possederanno la terra e godranno di una grande
pace. Anche il signore nel Vangelo dice la
stessa cosa: «Beati i miti perché possederanno la terra» ( Mt 5,5). Allora
potranno godere di 1 grande parte mentre su questa terra solo qualcuno, a
stento, può goderla in modo pieno e perfetto, perché lo spirito ha desideri
contrari alla carne e la carne ha desideri contrari allo spirito (cf Gal 5).
Il peccatore osserva il giusto e digrigna i denti. Dio
ride di lui e che vede arrivare i suoi giorni.
Questo versetto riguarda gli altri che erano osservati dagli iniqui per farli
cadere nel loro tranelli. Volevano arrestarli per sottoporli alle torture.
Mentre digrignava i denti contro di loro, li uccidevano sottoponendoli a
crudeli e raffinate torture. Il signore si faceva beffe di loro e li
considerava degne di irrisione perché predisponevano il momento e il giorno
favorevole i santi e disastroso per gli altri.
I peccatori sfoderarono la loro spada, tesero il loro
arco, per ingannare il misero e uccidere il
retto di cuore. Questo versetto si riferisce in modo molto chiaro ai tiranni
(persecutori) dei martiri ma può essere anche applicato agli eretici. I primi
hanno ucciso molti santi con armi materiali mentre questi altri con la spada
dei loro tranelli. Per questo aggiunge:
La loro spada penetri nel loro cuore e il loro arco sia
spezzato. La spada usata dal tiranno
penetra nel suo cuore perché la stessa spada con cui provocarono la morte di
santi, diventa la causa della loro morte e rovina. L'arco degli eretici viene
spezzato perché ogni loro opinione ingannevole e ogni loro inganno furono
condannati nei molteplici Concilii celebrati.
Il poco del giusto vale più dell'abbondanza degli empi. Possiamo volgere la frase in questo modo: i poveri
sono i santi e si sono privati di ogni bene e dell'onore per il nome di Cristo.
Vale di più il poco di cui sono dotati delle grandi ricchezze possedute dai
peccatori. I poveri hanno poco e questo può è per loro sufficiente. Gli altri
possiedono molti beni ma sono tormentati dal desiderio di possesso e
dall'avarizia.
Le braccia dei peccatori saranno spezzate, ma il
Signore rafforza i giusti. Che cosa sono le
braccia dei peccatori? Sono la forza che viene loro dai possessi. Se li
perdono, per qualche motivo, perdono con essi tutta la loro potenza. Il signore
consolida i giusti perché per loro, al contrario, perdere i beni li fa
diventare più ricchi e più forti. Acquistano il centuplo e ricevono la vita
eterna.
Il Signore conosce la vita degli e la loro eredità
durerà per sempre. Il Signore consolida i
giusti perché conosce le loro vie. Sono coloro dei quali è detto: beati
coloro che sono integri nel loro cammino e camminano nella lettera del Signore. Gli uomini che camminano in questo modo si rendano
degni dell'aiuto del Signore. La loro eredità durerà per sempre. Furono poveri
e perdettero la loro eredità per il nome di Cristo ma la loro eredità sarà maggiore
e il migliore nella vita eterna.
Non saranno confusi nel tempo della sventura. Qual è? Nel tempo preparato per i malvagi, cioè nel
giorno del giudizio, quando i cattivi otterranno cose cattive.
Nei giorni della fame saranno stanziati. Quali sono i giorni della fame? È lo stesso momento
del quale ha appena parlato; come sta scritto, i santi non soffriranno più fame
o sete (Ap 7,16). I malvagi invece partiranno la fame e ogni genere di
sofferenza. Per questo segue:
I peccatori periranno.
Moriranno non solo per il tormento della fame ma anche per ogni altro genere di
afflizione. In seguito comprova questa affermazione.
I nemici del Signore,
non appena i santi saranno stati
onorati e glorificati, svaniranno come fumo. Dicendo, non appena, non intende affermare che la minaccia si attuerà
all'istante ma che avverrà in breve tempo e al suo momento opportuno.
Svaniranno come il fumo è che, sollevandosi a causa dell'orgoglio, si
disperderanno all'intorno quanto più salgono in alto.
Il peccatore chiede in prestito ma non restituisce. Il
ha compassione ed offre in prestito. Ecco
un motivo il quale i peccatori periscono: non restituiscono quanto hanno preso
in prestito. Che cosa possediamo che non ci sia stato prestato? Come insegna
l'apostolo: «Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se lo hai ricevuto,
perché ti vanti come se non avessi ricevuto?» (1 Cor 4,7). Il termine mutuo richiama gli aggettivi mio e tuo. Ciò che si da in
prestito non lo si dona interamente, perché si attende la restituzione. Che
cosa si aspetta da noi il signore in cambio per quello che ci ha donato? «Ciò
che avete fatto ad uno di questi piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40). Il
dono che facciamo ai suoi piccoli, lo diamo a lui anzi, più che darlo, lo
restituiamo. Il giusto ha compassione e da in dono. Il peccatore non vuole restituire ciò che ha
ricevuto in prestito; il giusto, al contrario, restituisce sempre ciò che non è
di sua proprietà, elargisce i suoi beni e usa misericordia.
Coloro che lo benedicono, possederanno la terra, ma
coloro che lo maledicono, saranno dispersi.
Facilmente qualcuno, udendo qualcuna delle cose di cui ho parlato sopra, avrà
già capito che coloro che lo benedicono possederanno la terra. Non soltanto gli
uomini ma ogni creatura benedice il Signore. Se il Signore non fosse benedetto
da ogni creatura, i tre fanciulli posti nella fornace non avrebbero detto:
«Benedite il Signore, opere tutte del Signore» (Dn 3,1). Se ogni creatura
benedice il Signore, chi sono quelli dei quali ora il salmista dice: quanti lo maledicono
saranno dispersi? L'apostolo, rivolgendosi a taluni che agivano male dice: «Voi
siete coloro per colpa dei quali il nome di Dio è bestemmiato tra le genti» (Rm
2, 24). Sono questi a maledire il Signore. Questo rimprovero viene rivolto
particolarmente ai giudei dei quali si dice: «Maledicano, ma tu benedicili, chi
si leva contro di me sia confuso» (Sal 118,26).
Il Signore guida i passi dell'uomo ed è molto attento
alla sua via. Chi è guidato da Dio, può
camminare sicuro. Sono guidati da Dio coloro che non si allontanano dai suoi
comandamenti. Il salmista, in un altro passo, dichiara di aver corso in questa
via: «Ho corso sulla strada dei tuoi comandamenti perché hai dilato il mio
cuore» (Sal 118, 32).
Il giusto, se cade, non rimarrà turbato perché il
Signore lo tiene per mano. Non può accadere
che l'uomo, a lungo andare, non commetta qualche peccato, e nessuno può vivere
esente da colpa. Il giusto cade sette volte al giorno (Pr 24) ma si riprende
sempre. Per questo non rimane turbato in quanto viene sostenuto dal Signore.
Perché si dice che lo tiene per mano? Egli sostiene colui che è caduto e lo
predispone e lo rafforza perché compia opere buone.
Sono stato giovane ed ora sono vecchio e non ho mai
visto un giusto abbandonato né i
suoi figli mendicare il pane. Il salmista,
come a me sembra, vuol comunicare questo messaggio: dal tempo della mia
giovinezza, nel quale Dio ha voluto farmi conoscere questa verità e fino al
termine del tempo, illuminato dallo Spirito Santo, ho ripensato a tutte queste
cose e non ho mai visto un giusto abbandonato e neppure la sua discendenza,
cioè i suoi figli ed imitatori, morire di fame. Muoiono di fame, piuttosto,
coloro che non si nutrono spiritualmente.
Tutto il giorno ha compassione ed elargisce ad altri e
la sua discendenza sarà di benedizione. Se
fosse un misero, non potrebbe andare in soccorso di altri. In questo dimostra
di trovarsi, invece, nell'abbondanza, perché può avere compassione di altri e
soccorrerli e condividere con loro ciò che possiede, ossia beni sia spirituali
e temporali. La sua discendenza sarà benedetto perché sarà sempre in crescita e
in progresso.
Allontanati dal male e fa il bene e avrai sempre una
casa. Questo consiglio è utile a tutti per
ottenere la salvezza. Questa è la regola della perfezione: fuggire il male e
compiere il bene e non allontanarsi dalla Chiesa e dalla comunione con i
fedeli.
Il Signore ama la giustizia e non abbandona i suoi
santi; essi saranno conservati per sempre.
Allontanati dal male e fa il bene. Perché? Il Signore ama la giustizia e darà a
ciascuno secondo le sue opere; non
trascura gli uomini che abbandonano il male e fanno il bene, anzi li conserverà
per sempre. Che cosa farà ai malvagi? Lo espone ora.
Gli ingiusti saranno puniti e la loro discendenza
scomparirà. I giusti riceveranno in eredità
la terra e la abiteranno per sempre. Si riferisce alla Chiesa attuale e alla
terra dei viventi. Ma poiché parla di
secoli dei secoli, è più opportuno vedere un riferimento a quella terra
che non può più essere sottratta e che verrà posseduta per sempre.
La bocca del giusto medita la sapienza e la sua lingua
parla la giustizia. È giusto che l'uomo
retto possieda l'eredità per sempre perché, mentre si trovava nel mondo, si
dedicò soltanto alla sapienza e non si allontanò dalla verità. Parlare di
giustizia significa dire e custodire la verità. Perciò continua:
La legge del suo Dio è nel suo cuore. Come può allontanarsi dalla verità l'uomo che si
conforma alla Parola di Dio e ignora un'altra proposta? Non vacilleranno i suoi
passi. Vacillano i passi di quelli che vengono trascinati verso l'errore e si
allontanano dalla verità. Non provano, invece, alcuna paura i fedeli che
conservano nella memoria e nel
cuore la legge del Signore e la meditano in modo assiduo.
Il peccatore scruta l'uomo giusto e cerca di rovinarlo. Egli esamina, osserva e tende insidie e cerca in
che modo possa rovinarlo e ingannarlo. Il Signore che non abbandona mai chi
spera in lui, non lo lascia in loro potere. Questo peccatore, in realtà, è il
diavolo, il più grande peccatore, che sempre insidia i santi e non smette di
accusarli. Segue:
Non lo condannerà quando li giudicherà. Non ha detto quando lo giudicherà ma quando li
giudicherà perché pensa ad una netta distinzione tra il giudizio di condanna
dei cattivi e quello che donerà un risarcimento e un trofeo di gloria ai buoni.
Spera nel Signore e custodisci le sue vie, ti esalterà
e abiterai la terra. Spera nel Signore, sii
sicuro e non temerai nulla: non verrà a giudicare te ma verrà a giudicare per
te. Custodisci le sue vie, dalle quali il nemico cercherà di trascinarti fuori
per avviarti nelle sue . Ti esalterà a quella suprema beatitudine e tu potrai
abitare quella terra nella quale non temerai né la morte né le insidie dei
nemici. Quando i peccatori periranno, allora potrai constatare come sia un grande sollievo vedere il
castigo e la rovina dei nemici.
Ho visto l'empio trionfante, elevarsi sopra i cedri del
Libano. Sono passato ed ecco non c'era. L'ho cercato e non si trovato più il
suo posto. Il Libano, che significa
candore, rappresenta la santa Chiesa la quale, purificata e lavata dall'acqua
del battesimo, diventa più bianca della neve. I cedri, invece, raffigurano gli
uomini di Chiesa che sono più elevati e più solidi degli altri per la loro
sapienza, santità e per le loro virtù. Vediamo di frequente che gli empi sono
esaltati ed elevati al di sopra di costoro e li calpestano con disprezzo come
se fossero delle umili piante da frutto. La frase, sono passato e non c'erano
più, può avere questo significato: quando ho visto l'empio così glorificato e
celebrato, mi sono messo a considerare, con la mente e il pensiero, ciò che
sarebbe accaduto tra non molto e mi sono reso conto che non ci sarebbe più
stato, non l'avrei più trovato dove era solito stabilirsi. L'ho cercato tra i
fasti illusori dei suoi palazzi senza scorgere il suo posto, che era già stato
occupato da altri e questi non gli rivolsero neppure un cenno di
ringraziamento.
Custodisci la verità e mantieni l'onestà perché c'è un
premio per l'uomo di pace. Osserva la
finezza del suo parlare, ossia come descriva in modo alterno i premi riservati
ai giusti e la rovina degli iniqui, in modo da stimolare i suoi ascoltatori ad
agire bene con questi ammonimenti o per distoglierli dal male con gli altri. Custodisci
la verità e osserva l'equità e non invidiare gli operatori d'iniquità. Non
imitare poi quegli uomini che per un poco sono glorificati ed onorati, ma, in
seguito, in breve tempo, cadono e vengono meno perché sono riservati dei premi
per l'uomo di pace. Sembra dire: all'improvviso costoro perdono se stessi e
tutti i loro possessi mentre i santi, dopo che sono usciti da questo mondo,
diventano più ricchi. A confronto dei premi che sono riservati a loro
nell'altra vita, i beni di cui godettero in questa vita, sembreranno una
nullità.
Gli ingiusti saranno dispersi insieme al resto degli
empi. Secondo il suo stile pone
un'affermazione in contrasto con un'altra ad essa contraria: i beni di cui
godranno gli uomini retti non potranno essere elargiti ai malvagi. La salvezza
dei giusti viene dal Signore: essi non furono presuntuosi delle loro forze e si
appoggiarono sulla sua protezione nel tempo della tribolazione, al punto che
non poterono essere vinti dai nemici.
Il Signore li aiuterà e li libererà, li sottrarrà ai
peccatori e li salverà poiché hanno sperato in lui. Ripetere il concetto e riaffermarlo rende la promessa più sicura;
bisogna osservare ancora una volta quanto sia stimata la virtù della speranza e
come sia raccomandata ovunque.
Salmo 37
Salmo di Davide, per commemorare il Sabato. Sabato
significa riposo. Noi pensiamo al riposo della beatitudine eterna del quale
l'Apostolo dice: è riservato ancora un riposo per il popolo di Dio (Eb 4,9). I
figli della Chiesa, ricordando questo riposo, si pentono dei loro peccati e
fanno penitenza pregando con questo salmo.
Signore, non punirmi nel tuo sdegno e non castigarmi
nel tuo furore. In Dio non esistono questi
sentimenti ma a noi sembra che Egli li provi quando agisce a somiglianza degli
uomini che sono in preda all'ira. Chi sta parlando ora teme il giudizio di Dio
e implora la sua misericordia. è come se dicesse: ho peccato molto. Mentre
leggo i passi che parlano del giudizio e penso a questo evento, ai castighi
riservati ai malvagi, sono preso da grande tremore e timore. Ma tu, Signore, in
quel tremendo giudizio, usa misericordia verso il tuo servo, non punirmi nel
tuo sdegno e non castigarmi nel tuo furore. «Se tu guardi le colpe, Signore;
chi potrà resistere?». «Non entrare in giudizio con il tuo servo» (Sal 142, 2).
Le tue frecce mi hanno trafitto e pesa su di me la tua
mano. Frecce di Dio sono le pene comminate
ai peccatori nell'uno e nell'altro Testamento. Ne abbiamo già udite molte nel
salmo precedente e molte ne possiamo cogliere dalla Sacra Scrittura. Ad
esempio: «La scure è posta alla radice dell'albero. Ogni albero che non produce
buon frutto, sarà sradicato e gettato nel fuoco» (Mt 3,10). L'apostolo avverte:
«Per la tua durezza e per il tuo cuore impenitente, accumuli per te punizioni
nel giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio che
renderà a ciascuno secondo le sue opere» (Rm 2,5). Attesta che tali frecce si
sono conficcate in lui e che il suo animo, colpita da esse e da altre simili, è
pervaso da grande terrore. Ripete la medesima convinzione nel dire: Pesa
su di me, la tua mano. Beati coloro che
avvertono il peso di questa mano e comprendono di essere stati colpiti da tali
frecce. Coloro che non si pentono dei loro peccati, non avvertono che la mano
di Dio sta per posarsi su di loro e che è pronta a colpirli. Continua lo stesso
argomento:
Le mie iniquità hanno oltrepassato il mio capo, come un
grande peso si sono accumulate su di me. In
questo versetto manifesta con chiarezza il motivo della sua grande afflizione.
Mi sento gravemente ammalato perché le mie iniquità mi hanno superato e si sono
accumulate sopra il mio capo. Dicendo capo vuole significare la mente: se la mente è soggiogata a tal punto, non
c'è nulla che possa resistere ad esse. Come un grande peso si sono aggravate
su di me. Parlano in questo modo soltanto
le persone che affrontano una vera penitenza, perché gli altri uomini
considerano i loro peccati non ho colpa grave ma sempre molto leggera e
dilettevole. Il profeta ha messo in evidenza questo penitente affinché gli
altri fedeli imparino in che modo debbano compiere il cammino di conversione.
Sono fetide e imputridite le mie cicatrici a motivo
della mia stoltezza. Dove appaiono
cicatrici è evidente che prima ci sono state ferite o piaghe. Egli dichiara che,
a motivo della sua incuria e insipienza, le sue cicatrici si sono riaperte e
deteriorate. Mentre prima era guarito dalla sua malattia, ora di nuovo si
mostra ammalato. È quello che accade a coloro che, dopo aver compiuto la
penitenza, tornano di nuovo a peccare. Vengono risanati anch'essi dalla
misericordia di Dio ma le loro cicatrici molto difficilmente possono essere
rimarginate in modo completo.
Mi sono ridotto come un miserabile e sono stato piegato
fino in fondo; tutto il giorno mesto mi aggiravo. A motivo dei miei numerosi e gravi delitti, fino in fondo, cioè in
profondità, sono pervaso da completa afflizione, sono turbato e amareggiato.
Mia anima è colma di irrisioni, non c'è nulla di sano
nelle mie ossa. L'anima che è dominata dal
peccato soffre molte illusioni: dopo aver sofferto per moltiplichi e cattivi
pensieri, a volte viene portata [dalla sua angoscia], fino alla disperazione.
Che cosa significa non c'è nulla di sano nelle mie ossa? Mostra di essere travagliata forse a causa dei
digiuni, forse per la debolezza della sua malattia, forse per gli stimoli alla
lussuria o ai piaceri o da altri desideri nefasti.
Sono stato maltrattato e umiliato all'estremo. Molti penitenti si sentono maltrattati e umiliati
ma non fino all'estremo; sebbene attuino una dura penitenza, non smettono di
peccare in qualche circostanza. Ruggivo per il fremito del mio cuore. Nulla è più utile, all'uomo che si sta pentendo,
del gemito e del ruggito di una compunzione profonda. Infatti in un altro salmo
leggiamo: «Un cuore contrito ed umiliato, Dio non disprezza». Oppure: «Davanti
a te sta ogni mio desiderio e il mio gemito a te non è nascosto». Chiunque sia
stato un tempo, e qualunque sia il desiderio dal quale fui dominato, ora tu
vedi quale sia l'aspirazione dalla quale ora sono preso. Non possono restare
nascosti a te questa penitenza, queste lacrime, questo gemito.
Il mio cuore è turbato e la mia forza mi abbandona. Non si può dubitare che sia turbato nel suo intimo
colui che si sta impegnando in una dura penitenza all'esterno. Questo
turbamento è una cosa buona e per essa l'anima malata viene risanata. La
mia forza mi abbandona. Se la forza, che di
per sé è tipica dell'uomo, non lo abbandonasse, non potrebbe vincere i suoi
vizi. Bisogna perciò perseverare nelle lacrime e nelle preghiere finché non
ritorni la forza perduta, e la mente non s'acquieti dal turbamento creato dal
suo fervore. Svanisce la luce dei miei occhi. Egli ritiene che la luce dei suoi occhi sia Dio
stesso, il quale, a motivo dei peccati che ha commesso, giustamente si è
allontanato quanto era giusto, ma di questo si lamenta e si duole.
Fino a questo versetto abbiamo ascoltato il diritto del
penitente; da qui in avanti ascoltiamo il nostro Salvatore parlare della sua
passione. Certamente il nostro Salvatore ha sofferto a vantaggio dei peccatori
ed è per questo che in questo salmo egli sembra ricordare la sua passione, per
offrire il penitente un valido motivo di sostegno.
I miei amici e i miei vicini, davanti a me me si sono
accostati e fermati. Non è nulla, uomo, ciò
di cui ti lamenti, non sono nulla le afflizioni delle quali soffri! Volgi
piuttosto lo sguardo a me che pendo dalla croce, vedi come stia portando su di
me i tuoi peccati, vedi come le miserie del mondo mi feriscano e mi portino
alla morte. Consolati, abbi speranza e non lasciarti travolgere dalle
difficoltà.
I miei amici, ossia
i giudei; sta parlando in modo ironico. Del resto aveva chiamato amico anche
Giuda: «Amico, che cosa sei venuto a fare?» ( Mt 26,50) Ma questi non era un
amico. I miei vicini, in base alla parentela carnale, si sono avvicinati e
fermati. Non si sono avvicinati a lui perché avessero creduto in lui ma per
annientarlo. I miei vicini rimasero lontano da me. È un riferimento ai discepoli i quali, come
leggiamo nel Vangelo, dopo averlo abbandonato, fuggirono via tutti (Cf Mt
26,36).
Agivano con violenza coloro che cercavano la mia vita. Si comportarono con violenza perché lo trascinarono
violentemente dietro di loro e, come ho ricordato poco fa, costrinsero i suoi
discepoli a fuggire. Gli uomini che cercavano il mio male, hanno
parlato in modo vano. Contro di lui i
giudei dissero cose ingiuste. Erano adirati contro di lui, erano infuriati,
gridavano che fosse crocifisso, portavano falsi testimoni, lo dileggiavano con
insulti e bestemmie. Tutto il giorno pensarono inganni. Dal momento che, come sta scritto, non trovavano
alcun motivo per condannarlo, allora si misero a tramare tutto il giorno per
vedere in che modo potevano accusarlo e mandarlo a morte.
Ma io come un sordo non ascoltavo. Dichiara che non aveva sentito nulla, in quanto non
volle rispondere alle loro bestemmie e alle loro domande. Spesso facciamo così
anche noi, ossia fingiamo di non aver sentito le domande a cui non vogliamo
rispondere. Infatti qualcuno di loro gli disse: «Non senti quante accuse
muovono contro di te?» (Mt 26,42). Come un muto non aprii la mia
bocca. «Come un agnello condotto al
macello, e come un muto, non aprì la sua bocca» (Is 53,7). Poi aggiunge:
Divenni come un uomo che non sente e non ha repliche
nella sua bocca. Sebbene avesse potuto
scrutare i loro segreti e rimproverarli per tutti gli errori che avevano
compiuto, sopportava con enorme pazienza tutte le loro accuse, come se non
sapesse rispondere o non avesse argomenti da contrapporre.
In te, Signore ho sperato, tu mi esaudirai Signore mio
Dio. Non ho voluto né rimproverarli, né
difendermi in alcun modo, perché non ho sperato in me stesso ma nel Signore,
sapendo che gli ha pieno potere e competenza su di loro e su tutti gli eventi,
e che è in grado di difendermi in modo completo. Ho detto: tu mi
esaudirai Signore e mio Dio. Questo
discorso potrebbe essere volto in questo modo: mi bastava sapere che egli mi
avrebbe ascoltato assecondando i miei desideri. Perché avrebbe dovuto parlare,
rispondere, affaticarsi per intraprendere qualche altra forma di difesa, quando
gli bastava volere qualche cosa e pregare con il cuore?
Ho detto: non continuino per sempre ad insultarmi i
miei nemici. Questa era la sua volontà,
questa preghiera faceva sgorgare del suo cuore: non essere sempre insultato dai
suoi nemici. L'espressione: non continuino per sempre, ci fa pensare agli avvenimenti dopo la sua passione
e resurrezione, ma nel frattempo, durante quei tre giorni, fu data loro la
possibilità di fare ciò che volevano. Infatti lui stesso ha detto: «Questa è
l'ora vostra e il potere delle tenebre» (Lc 22,33). È in un altro passo: «Come
Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così rimarrà il
figlio dell'uomo nel cuore della terra» (Mt 12, 40), ossia nel sentimento di
odio e nella volontà di Giudei affinché facessero contro di lui ciò che
volevano fare. Dopo la passione e la resurrezione, i Giudei non avrebbero più
potuto infierire, anzi, a motivo di questo loro peccato, furono dispersi
ovunque, mentre venivano predicati in ogni luogo il nome e la gloria di Cristo.
Mentre vacillavano i miei piedi, mi hanno accusato in modo grave. I piedi di Dio furono gli apostoli che diffusero
nel Vangelo in tutto il mondo. Un profeta profetizzò su di loro: «Quanto sono belli
i piedi di coloro che annunciano la pace, che annunciano cose buone» (Rm 10,
15). Questi i piedi cominciarono a muoversi quando il Signore disse: «Se
cercate me, lasciate che costoro se ne vadano» (Gv 18,8). In seguito i malvagi
giudei, come si legge nel racconto della passione, scagliarono contro il
Signore accuse gravi e ingiuste, in modo stolto e disonorevole.
Sono pronto ai flagelli, e il mio dolore mi sta sempre
davanti. Non mi sono preparato ad oppormi,
ma a ricevere i colpi. Avrebbe potuto opporre resistenza e disperdere
facilmente tutti i suoi nemici, se lo avesse voluto. Lo ha detto al beato
Pietro che voleva combattere e difenderlo con la spada: «Rimetti la tua spada
nel fodero. Non pensi che potrei pregare il Padre mio ed Egli metterebbe a mia
disposizione dodici mila legioni di angeli? Come allora si compirebbe la
Scrittura secondo la quale deve compiersi tutto questo?» (Mt 26,52). Sembra
voler dichiarare: Se non faccio così, non posso liberare il genere umano dal
dolore che viene da parte del potere del demonio e dalla rovina. Per questo
dice: il mio dolore mi sta sempre davanti. Sempre: finché non avrò vinto per mezzo della mia morte e
non avrò liberato gli uomini che erano tenuti prigionieri.
Io paleserò la mia iniquità e sarò pensieroso per il
mio peccato. È come se dicesse: mi
condannano e mi giudicano come se fossi una persona iniqua, un peccatore e uno
che bestemmia contro Dio. Da parte mia dichiarerò e farò conoscere quale sia la
mia iniquità e il mio peccato: ho voluto che il mondo fosse salvo e liberare
l'umanità dal potere del demonio. È questo il mio peccato e su questo
rifletterò, se sarà necessario.
I miei nemici vivono e si sono rafforzati, si sono
moltiplicati coloro che mi odiano. Dobbiamo
pensare che sia una domanda rivolta con una certa indignazione. I miei nemici
sono molto vivi? Non vivono affatto ma spariranno e moriranno, ora, nel tempo e
nella vita eterna. Si sono rafforzati su di me? Niente affatto, ma saranno
umiliati e dispersi. Si sono moltiplicati coloro che mi odiano? Non si sono
moltiplicati per nulla ma, come meritavano, si sono ridotti ormai a poco.
Certamente, come possiamo verificare, quella gente non aumentò affatto mentre,
prima della passione di Cristo, cresceva e si diffondeva come l'erba.
Quelli che mi rendevano male per bene, mi calunniavano. Il Giudei gli resero male per bene e il Signore
fece loro notare questo fatto dicendo: «Ho compiuto in mezzo a voi molte opere
buone, per quale di queste mi volete uccidere?» (Gv 10,32). Non è necessario
che io documenti le loro accuse perché sono conosciute: rifiutarono di fare
giustizia.
Non abbandonarmi,
Signore mio Dio, non stare lontano da me. Vieni in mio aiuto, Signore, Dio
della mia salvezza. Il nostro
Salvatore ci insegna che coloro che sono dalla parte della giustizia possono
sperare con fiducia nel soccorso di Dio e riguardo a questo offre se stesso
come esempio: dal momento che aveva cercato la giustizia, non sarà abbandonato
dal Signore.
Salmo 38
Idithun significa colui che oltrepassa. Davide compone
questo salmo per onorare gli uomini che oltrepassano coloro che proferiscono
malvagità nei loro confronti e cercano, a motivo della loro leggerezza, di
provocarli allo sdegno. Li oltrepassano come se neppure li avessero sentiti.
Possiamo vedere in costoro gli uomini perfetti che scelgono di rimanere in
silenzio per evitare di peccare, trascinati da qualche debolezza. Anche il
profeta Geremia parla di costoro: è buona cosa che l'uomo porti il gioco fin
dalla sua giovinezza: siete solitaria e rimane in silenzio (Lm 3,27).
Ho detto: custodirò le mie vie per non peccare con la
mia lingua. Ho detto, o meglio: mi sono
proposto nella mente, ho stabilito nel cuore, ho formulato il fermo proposito
di custodire le mie vie e le mie azioni, in modo da non peccare con la lingua.
«Chi non pecca con la lingua è un uomo perfetto» ( Gc 3,2).
Ho messo una custodia alla mia bocca mentre il
peccatore stava davanti a me. In un altro
passo leggiamo: «Cingi le tue orecchie con una siepe di spine e metti alla tua
bocca una porta e delle altre spine». È questo ciò che devono fare gli uomini
santi quando le loro parole provocano più scandalo che utilità. Anche il
Signore ha detto: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le perle ai
porci» (Mt 7,6). Evitiamo di rivolgere discorsi a coloro che non si lasciano
edificare dalle nostre parole ma piuttosto vengono provocati a lanciare
bestemmie e insulti. Perciò aggiunge:
Sono rimasto in silenzio e mi sono umiliato, ho taciuto
cose buone e il mio dolore si è rinnovato.
Poiché il peccatore stava davanti a me per fare resistenza e contraddire la
verità, mi sono accorto che le mie parole non potevano essere utili, né a lui
né ad altri. Allora mi sono messo in silenzio e mi sono umiliato, e così non
potei confutare la sua insipienza. Ho taciuto cose buone perché smisi di
spargere e disseminare parole sante e cattoliche tra i porci. Anche l'apostolo
si comportò nello stesso modo quando, non potendo convincere i Giudei, disse a
loro: «A voi per primi sarebbe stato necessario rivolgere la parola di Dio, ma
poiché la rifiutate e vi rendete indegni della vita eterna, il sangue vostro
cada su di voi e noi ci rivolgeremo ai pagani» (At 13,46). Il mio dolore si è
rinnovato. Ho sofferto per la loro rovina perché si opponevano alla verità in
modo così ostinato e non volevano ricevere la medicina della loro salvezza.
Dentro di me si è infiammato il mio cuore e nella mia
meditazione divamperà un fuoco. Si è
infiammato il mio cuore dentro di me a motivo del calore dello Spirito Santo e,
nel corso della mia meditazione, cominciò a bruciare il fuoco della carità e
dell'amore e da allora fino adesso ho continuato a pregare per loro, finché Dio
non ammorbidisca il loro cuore e li richiami alla conoscenza e alla alla strada
della verità.
Ho parlato con la mia lingua: fammi conoscere, Signore,
la mia fine è quale sia il numero dei miei anni, affinché venga a sapere quanto
mi manca. Non per il loro vantaggio ma per
quello degli altri, gli uomini santi e perfetti, che parlano in questo salmo,
desiderano restare in questa vita. Non potendo più essere di vantaggio agli
altri, pregano per se stessi affinché alla fine siano accolti in quella
beatitudine. Ho parlato con la mia lingua, con la lingua dell'uomo interiore e
ti ho chiesto di farmi conoscere la mia fine. Non sappiamo quanto tempo
resteremo in questa vita e quale traguardo raggiungeremo. Chi è in grado di
dire ciò che ha detto l'apostolo, ossia «desidero morire ed essere con Cristo»
(Fil 1,23), questi, senza dubbio, vuole vedere la sua fine. Desidera vedere il
numero dei suoi giorni, ossia il numero che rimane sempre invariato e che non
ha fine. I giorni attuali non hanno numero perché quando c'è l'uno, l'altro è
già passato mentre il seguente ancora non c'è. Se non c'è, come il suo essere
contato? Si può dire soltanto che fu o che sarà ma non si può dire che ora c'è.
Affinché sappia ciò che ancora mi manca. Chi giungerà alla beatitudine, allora potrà conoscere con certezza quanto in questa vita gli mancava.
Dio sarà tutto in tutti e nessuno sarà privo di qualcosa.
Ecco hai reso vecchi i miei giorni nella mia esistenza
davanti a te è un nulla. Afferma
l'apostolo: «Ciò che invecchia e decade, è vicino alla morte» (Eb 8,13). Così
dicendo allora dichiara che i suoi giorni sono giunti alla fine, perché vede
che sono invecchiati. Questa nostra sostanza temporale davanti a Dio è come un nulla. Non soltanto questo
è vero, ma è vero anche ciò che ci dichiara il profeta: «Tutte le nazioni
davanti a lui sono come 1 nulla» (Is 40,17). Dio è eterno e poiché tutto ciò
che sta vicino a lui è eterno, mentre le cose temporali e transitorie davanti a
lui sono considerate una nullità.
Veramente tutto vanità è ogni uomo che vive. Sebbene
l'uomo cammini come immagine di Dio, tuttavia si agita inutilmente. Sebbene la nostra sostanza sia un nulla, l'uomo
passeggero e vano, si affatica e si turba. Per tutto il tempo in cui vive,
l'uomo rimane sempre una vanità, perché se non si allontana dal mondo e non
muore alle voglie della carne, rimane sempre nella vanità. È buona cosa per
l'uomo morire in questa maniera perché se muore in questa maniera, vive meglio.
È una cosa sbagliata che l'uomo, il quale è stato costituito ad immagine di
Dio, sia tutto intento a compiere cose vane e inutili e sia sempre turbato nel
fare queste. Dovrebbe piuttosto prestare attenzione a colui alla cui immagine è
stato fatto perché non gli mancherebbe nulla, se fosse capace di conservare e
di custodire questa immagine.
Accumula ricchezze ma non sa chi le raccolga. Lavora molto, si affatica nella speranza di
accumulare per se le ricchezze che sono sempre periture, ma non sa per chi le
raccoglierà; spera che passino ai figli o ai nipoti ma cadono nelle mani di
avversari e nemici.
Ora chi è la mia speranza? Non forse il Signore? Sì, il
mio essere è presso di te. Facciano ciò che
vogliono, posseggano tutte le ricchezze che vogliono accumulare: a me non
interessano poiché tutta la mia ricchezza, tutti i miei tesori e la mia
speranza sono nel Signore; se potrò averlo, mi basterà; ogni altro bene lo
considero un nulla perché, come ho detto poco fa, il mio essere davanti a te è
un nulla; ciò che tu consideri un niente, lo considero tale anch'io.
Liberami da tutte le mie colpe e non rendermi scherno per i miei nemici. Ad altri, come ti piacerà, assegna quelle
ricchezze; a me concedi soltanto questo dono: liberarmi da tutti i miei peccati
e non permettere che io faccia parte ancora degli uomini vani e insipienti.
Questa preghiera corrisponde a quanto ha detto un'altra volta: sono
diventato motivo di scherno per gli insipienti.
Per questo sono rimasto in silenzio e non ho aperto la bocca. Gli uomini ai
quali avrei voluto parlare, questi non volevano ascoltarmi, mi bestemmiavano,
mi colpivano, mi schernivano e ti maledicevano.
Sono rimasto in silenzio e non ho aperto la bocca
perché sei tu che mi ha creato. Allontana da me i tuoi flagelli e per la forza
della tua mano, io sono venuto meno. Ha
fatto bene a dire: sei stato tu a crearmi. In questo modo è più facile che Egli
venga in suo soccorso poiché gli ha ricordato di essere stato il suo creatore e
colui che lo ha fatto. Infatti se gli uomini e anche tutti gli animali amano
così tanto la loro prole, per il solo fatto di averla generata, quanto più
Colui che ha creato ogni cosa amerà ogni sua creatura, come noi dobbiamo
credere. Se ama ogni sua creatura, amerà particolarmente quella che gli sembra
migliore. Allontana da me i tuoi flagelli. Queste sofferenze, sembra dire, sono opera tua; sei tu che me le
mandi, attraverso i tuoi angeli cattivi, come un giorno hai consegnato Giobbe a
Satana affinché lo colpisse. Hai
mandato gli spiriti del male nei porci. Ci rivolgiamo a te giustamente
in questo modo: «Non indurci in tentazione, ma liberarci dal male» (Lc 11,4).
In seguito alla potenza della tua mano, che tu hai il permesso che mi
affliggesse, io venni meno a motivo dei tuoi rimproveri e dei tuoi castighi. So
che tu e punisci il figlio che ami e che fai questo per un giusto motivo. Ora
ripete lo stesso insegnamento:
rimproverando la sua iniquità hai castigato l'uomo e
hai dissolto la sua vita come una ragnatela.
La natura umana è stata corrotta fortemente nel primo uomo e non esiste nessun
uomo che, per quello che è, non sia degno di essere punito. Se uno non riceve
alcun castigo, non deve attribuire questo fatto ai propri meriti ma alla
misericordia di Dio. Il ragno in questo passo sembra avere un significato
positivo. Quest'anima si consuma come il ragno: rimanendo costante nell'opera
di Dio, non smette di addolorarsi ogni giorno. Rappresenta tutti coloro che,
dandosi alle veglie, ai digiuni e all'orazione, meditano nella Legge del
Signore, giorno e notte.
Tuttavia ogni uomo che vive è una vanità completa. Questo versetto non si trova in un'altra traduzione
ma mi sembra che possa avere questo significato: sebbene i buoni, lavorando
ogni giorno nel servizio di Dio compiano dure penitenze e si affliggano, i
cattivi non si lasciano attrarre dal loro esempio e persistono a vivere nella
vanità.
Ascolta Signore la mia preghiera e la mia supplica, non
essere sordo alle mie lacrime, non restare in silenzio. In un solo versetto ha parlato di quattro forme di
preghiera, ma esse presentano un unico significato e per esse impariamo
fortemente con quanta premura dobbiamo pregare Dio.
Sono straniero sulla terra e pellegrino come tutti i
miei padri. È giusto ascoltare chi si trova
sulla terra come forestiero mentre con la mente e con lo spirito si trova
vicino a Dio. Il forestiero è colui che non coltiva la sua terra ma quella di
un altro proprietario. Erano così coloro che dicevano: «Non abbiamo qui una
città definitiva ma siamo in cerca di quella futura» (Eb 13,14). È pellegrino chi si trova lontano dalla
patria e si affretta a tornare nella sua patria. Per questo motivo i patriarchi e i profeti si
consideravano dei pellegrini e si affrettavano a ricevere l'eredità promessa,
la quale raffigurava anche la nostra eredità.
Lasciami perché abbia un po' di respiro prima che più
non sia. In quella eredità oppure in quella
città, come sta scritto, non entrerà alcun uomo immondo o impuro. Perciò, prima
di trovarsi là, chiede al Signore di perdonargli tutti i vizi e tutti i
peccati, a causa dei quali l'anima rimane bruciata. L'anima avverte un vero
refrigerio quando percepisce di essere liberata dalla calura dei vizi e delle
concupiscenza della carne. Poi ha detto: più non ci sarò. Che cosa significa? Prima che me ne vada, cioè che
esca dal corpo, se non mi avrai perdonato i miei peccati, non potrò stare
insieme con i tuoi eletti. Quelli che saranno salvati ricevono il perdono di
ogni peccato già in questa vita, ma non tutti gli uomini ricevono anche la
remissione della pena del peccato.
Salmo 39
Per il compimento. Salmo di Davide. Ho già spiegato in
precedenza il significato di questo titolo.
Ho aspettato, ho aspettato il Signore ed egli mi ha
guardato, ha ascoltato le mie preghiere. Mi
fatto risalire dalla fossa della sventura e dalla melma del pantano. In questo
salmo parla la Chiesa le cui membra sono tutti coloro che sono predestinate
alla vita, dal primo uomo fino all'ultimo della storia. Ho aspettato, ho
aspettato il Signore. Tutti i patriarchi, i profeti e tutti quelli che sono
stati illuminati dallo Spirito Santo, hanno aspettato con grande desiderio la
venuta del Cristo. Perciò il Signore stesso dice: «Molti profeti e re hanno
desiderato vedere le cose che voi vedete ma non le videro e udire le cose che
vuole ascoltate ma non le udirono» (Mt 13,17). Sapevano infatti che se non
fosse venuto, non avrebbero potuto essere liberati dal peccato del primo uomo.
Tra questi c'era il giusto Simeone, «il quale aveva ricevuto dallo Spirito
Santo la promessa che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo di Dio»
(Lc 2, 26). Tutti questi santi lo aspettavano e il Signore si volse verso di
loro, ascoltò la loro supplica e mandò a loro nel tempo stabilito Colui che
avevano aspettato così a lungo. Per questo l'apostolo dice: «Quando venne la
pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo, nato da donna, nato sotto la legge
per riscattare coloro che erano sotto la legge» (Gal 4,4). Li fece
risalire dalla fossa della sventura. Si riferisce
al regno degli inferi nel quale tutte le anime dei santi stavano rinchiuse, in
quel tempo di prigionia. Li tirò fuori dalla melma del pantano, ossia della
falsa dottrina dei Giudei. Che cos'é feccia depositata se non ciò che viene
depositato dal vino? Non è veramente vino la dottrina offerta dai Giudei, ma
essa è piuttosto feccia e deposito lasciato dal vino per purificarsi. Il vino
puro della Legge e dei profeti lo bevono soltanto i fedeli che esaminano la
Scrittura secondo il senso spirituale e non si limitano a quello letterale.
Sono tratti fuori da questa melma i cristiani che non seguono la loro dottrina
e il loro errore.
Ha posto i miei piedi sulla roccia, ha diretto i miei
passi e ha messo sulla mia bocca un canto nuovo, un inno al nostro Dio. I piedi, gli occhi, la mano e la lingua della
Chiesa, sono gli apostoli santi e i loro successori. Il Signore ha collocato
costoro sopra quella pietra della quale l'apostolo dice: «La roccia era il
Cristo» (1 Cor 10, 4). In un altro passo troviamo scritto: «Nessuno può porre
un altro fondamento diverso da quello che è stato posto: Cristo Gesù» (1 Cor
3,11). Ecco, Egli ha posto sulla
roccia i tuoi piedi e poi che cosa ha fatto? Ha guidato i miei passi. Ha fatto
altre cose ancora? Ha messo sulla
mia bocca un canto nuovo. Che cos'è questo canto? Un inno al nostro Dio. Egli sviluppa molto bene
il suo pensiero: rafforza i piedi, guida i passi, insegna un cantico, e comanda
di cantare soltanto a Dio. Il canto nuovo, un cantico che finora non era mai
stato udito, è la predicazione del Vangelo nella quale si parla della nascita,
della passione, della resurrezione, e dell'ascensione di Cristo. Riguardo a
questo cantico un altro passo dice: il Signore ha raccomandato di cantare il
canto nuovo. I Giudei invece vogliono ripetere il cantico vecchio. Cantare il
canto vecchio significa voler
restare nella vecchiaia della lettera e rifiutare di camminare nella novità
dello spirito. Cantano dunque il cantico vecchio coloro che vogliono
comprendere la legge soltanto nel suo senso letterale.
Molti vedranno e avranno timore e spereranno nel
Signore. Molti infatti erano ciechi e
sedevano nelle tenebre dell'errore ma, dopo aver ascoltato la predicazione,
furono battezzati nel nome del Signore e furono illuminati. Cominciarono a
temere Dio e a nutrire speranza in lui solo, mentre prima temevano di offendere
le false divinità e ponevano la loro speranza nelle ricchezze incerte.
L'apostolo scrivendo a Timoteo gli raccomanda: «Ordina ai ricchi di questo
mondo di non montare in superbia e di non porre la loro speranza nelle
ricchezze insicure» (1 Tm 6,17).
Beato l'uomo che pone la sua speranza nel nome del
Signore e non si rivolge alle vanità e alle follie bugiarde. Il nome del Signore sia la nostra speranza e in
tutte le difficoltà, ricorriamo a lui nella preghiera, perché come dice
l'Apostolo: «Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvo» (At 2, 21).
Gli altri uomini volgevano la loro attenzione alla vanità e alle follie
bugiarde, poiché onoravano gli
idoli vani, muti e sordi e adoravano false divinità. Possiamo includere tra le
follie bugiarde anche gli oracoli ai quali gli uomini si rivolgevano per
chiedere responsi. Signore mio Dio, tu hai fatto molte cose mirabili
e, per quanto riguarda i tuoi pensieri, non c'è nessuno che possa paragonarsi a
te. Chi potrebbe contare le meraviglie di
Dio? Dio non fa nulla che non sia degno di ammirazione. Ma l'opera di suscitare
maggior stupore è il fatto di essersi umiliato, di aver preso la nostra carne,
di aver sopportato le nostre miserie. Ma è degno di meraviglia ancora di più il
fatto che, in questo modo e per mezzo di queste opere, abbia convertito il
mondo e lo abbia allontanato dall'antica superstizione. Chi avrebbe potuto
immaginare cose del genere? Chi con la mente concepì un' opera di misericordia
così grande? Chi sarebbe stato capace di umiliarsi in questo modo non dico a
favore dei suoi servi malvagi ma a favore dei figli carissimi? Dica allora la
Chiesa, dicano gli apostoli: Tu hai fatto molte cose mirabili e hai donato a noi
la forza efficace per portarne l'annuncio e hai sottomesso ogni cosa ad un
ministero così fragile. Ora ripete lo stesso insegnamento.
Ho annunziato, ho parlato, e si sono moltiplicati in
gran numero. Quando gli apostoli si misero
ad annunziare e a predicare la fede di Cristo, i fedeli si moltiplicarono e la
moltitudine dei credenti divenne così grande che, come avviene per le stelle
del cielo, non era possibile farne il computo. Si moltiplicarono in modo da non
poter essere contati, poiché il numero delle persone battezzate era superiore
al numero degli eletti, secondo quanto il Signore dice nel Vangelo: «Molti sono
i chiamati ma pochi gli eletti» (Mt 20, 16).
Non hai voluto né sacrificio né oblazione, un corpo
invece viene preparato. «Il compimento
della legge, - come insegna
l'apostolo - è Cristo, che ottiene la giustificazione di ogni uomo che crede»
(Rm 10,4). Nel Vangelo si dice: «La legge e i profeti giungono fino a Giovanni»
(Lc 16,16). I sacrifici e le offerte ebbero valore fino al tempo di Cristo,
poiché prefiguravano la passione di Cristo. In seguito non furono più
necessari, perché l'ombra doveva cedere al sopraggiungere della verità. Allora
il profeta ha detto bene: Non hai voluto né sacrificio non è oblazioni, perché
ciò che fu annunciato per primo nella prefigurazione, cominciò ad essere
operante all'avvento della verità. Lo ribadisce il discorso successivo: Un
corpo mi hai preparato. Al posto di tutti quei sacrifici che venivano celebrati
in quel tempo, hai dato a me il tuo corpo e il tuo sangue.
Non ha chiesto olocausti per il peccato. Come avrebbe potuto richiedere ancora olocausti per
il peccato Colui che distrusse tutti i peccati mediante il suo sangue? Si
chiama olocausto il sacrificio in cui la vittima veniva bruciata interamente
perché questo tipo di offerta veniva consumata dal fuoco per il Signore, in
modo completo. Allora ho detto: ecco io vengo. Fin qui ha parlato la Chiesa ma
da ora in avanti parla il nostro Salvatore e per prima cosa fa suo il versetto
di questo salmo; è come se dicesse: tu mi ha aspettato a lungo e hai desiderato
la mia venuta, allora io ho detto: ecco, adesso vengo, rivesto la carne e mi
affretto a liberarti.
Sul rotolo del libro di me è scritto di compiere il tuo
volere, Dio mio, lo voglio e la tua legge è al centro del mio cuore. Ha detto poco fa il nostro Salvatore parlando nella
sua divinità: ecco io vengo. Ora invece, dopo aver congiunta la sua umanità
alla divinità, promette ad essa rispetto e obbedienza dicendo: sul rotolo del
libro di me è scritto di compiere il tuo volere; da parte mia, mio Dio, sembra
dire con grande desiderio: questo
ho voluto fare e questo ancora lo voglio e sono pronto a eseguire, in tutto e
per tutto, quando mi chiederai. All'inizio di questo libro [dei Salmi] abbiamo
trovato scritto: nella legge del Signore è tutto il suo compiacimento; questa
dichiarazione corrisponde all'attuale: voglio fare la tua volontà. Il suo
proposito dichiarato: nella sua legge medita giorno e notte, corrisponde a ciò
che ora si ripromette: l'attuale legge è al centro del mio cuore. Queste
dichiarazioni si corrispondono in modo perfetto. La divinità e l'umanità del
nostro Salvatore parlarono tra sé usando queste poche espressioni affinché
fossimo consolati. Con la sua venuta diede compimento a ciò che aveva promesso
e rimanendo obbediente a queste intenzioni e portando a compimento il suo
volere, per mezzo della sua morte ci redense. Ora ritorniamo a considerare le
parole degli apostoli e ascoltiamo ciò che vogliono comunicarci.
Ho dato bene l’annunzio della giustizia nella grande
assemblea; ecco, non terrò chiuse le mie labbra. Nei versetti precedenti la Chiesa oppure il coro degli apostoli
avevano detto: ho portato a l'annunzio, ho parlato, si sono moltiplicati in
grande numero. Ora aggiunge non soltanto di aver portato l'annuncio ma di
averlo fatto in modo egregio. Ho annunciato bene perché ho realizzato
nell'agire ciò che avevo predicato. Ho annunciato bene perché non ho mostrato
preferenza di persone. Questo è avvenuto nella grande chiesa, nella chiesa cattolica,
diffusa in tutto il mondo. Non tengo chiuse le mie labbra. Sembra dire: nel
corso della predicazione non ho nulla se non le mie sole labbra, tutto il resto
appartiene a te e tu me lo hai donato. «Apri la tua bocca e la riempirò» (Sal 80,11). Tu mi hai
comandato di non preoccuparmi di ciò che avrei dovuto dire, in quanto non siamo
noi a parlare ma è lo Spirito tuo che parla in noi. Allora comincia a parlare
perché da parte mia non impedirò alle mie labbra di esprimersi e non avrò alcun
timore a comunicare ciò che mi avrai ispirato.
Signore, tu lo sai, non ho nascosto la tua giustizia
nel mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho nascosto la tua misericordia e la tua verità
alla grande assemblea. Abbiamo la prova per dire che ha annunciato molto bene
la giustizia di Dio nella grande Chiesa. Per questo chiama Dio come testimone
perché non ha nascosto la giustizia ma ha proclamato le parole di verità e di
salvezza, senza nascondere la misericordia e la verità. Chi annuncia in questa
maniera, annuncia in modo corretto e non potrebbe fare meglio.
Da parte tua, Signore non dilazionare a lungo le tue
azioni di misericordie per me. Come sei
solito fare sempre, mentre sto parlando, vieni ad aiutarmi e proteggimi dagli
avversari che sorgono contro di me. Aveva promesso che non avrebbe impedito
alle sue labbra di comunicare. Sapendo bene che, dopo la predicazione, deve
affrontare opposizioni violente,
chiede che la misericordia sia sollecita e non resti lontana da lui. Il fatto
che abbia detto: la tua misericordia e la tua verità mi hanno sempre aiutato,
dimostra l'audacia della sua predicazione o piuttosto mostra che ha sempre
parlato con grande fiducia, poiché [aveva visto] che la misericordia e la
verità di Dio non lo avevano mai abbandonato. Il Signore stesso lo aveva
promesso loro: «Non vi lascerò e non vi abbandonerò» (Gv 14, 18). «Ecco io sono
con voi sino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Perché mi circondano mali innumerevoli. Lo conferma anche l'apostolo: «Non voglio che
ignoriate o fratelli la tribolazione che ci è capitata in Asia. Abbiamo patito
al di sopra delle nostre forze a tal punto da non volere più vivere» (2 Cor 1,
8).
Le mie colpe mi hanno afferrato. Il giusto comincia sempre ad accusare se stesso.
Questo è lo stile dei santi: pensano che i mali che capitano a loro siano
dovuti ai loro peccati e non accusano gli altri uomini.
Non posso più vedere.
Non ho potuto girare lo sguardo per vedere se, oltre a nemici e avversari, ci
fosse accanto a me un amico. Allora prosegue:
Si sono moltiplicati più dei capelli del mio capo e il
mio cuore mi abbandonò. I grammatici
chiamano iperbole questo modo d'esprimersi. Lo riscontriamo con una certa
frequenza nella letteratura profana ma anche nella Sacra Scrittura. Il mio
cuore mi ha abbandonato. Diciamo che il nostro cuore ci ha abbandonati quando,
per l'intensità della paura, siamo fuori di noi e sentiamo che il nostro vigore
diminuisce. Il nostro vigore è costituito anche dai nostri amici e vicini.
Possiamo interpretare, allora, in quest'altro modo, tenendo conto di quanto è
detto: «Avevano tutti un cuore solo e un'anima sola» (At 4,32). Se in seguito
avviene una divisione, ognuno può avere questo sentimento: «Il mio cuore mi ha
abbandonato».
Piaccia a te, Signore, di liberarmi. Signore, volgiti a
me per venire in mio aiuto. Piaccia a te,
perché è piaciuto anche a me, di venire a salvarmi, perché senza il tuo aiuto,
non posso essere liberato.
Siano confusi e insieme svergognati quelli che cercano
l'anima mia per toglierla. È quello che
fanno spiriti del male, gli eretici e i tiranni che cercano di uccidere l'anima
più ancora che il corpo. Questo versetto, però, può anche essere interpretato
in senso positivo: si vergognino dei peccati e ritornino al Signore. Aggiunge
infatti:
Siano respinti indietro e svergognati quelli che
vogliono farmi il male. Tornino indietro
dalla loro cattiva intenzione per la quale si affrettano al male; ascoltino
l'apostolo che dice: «Quale frutto raccoglievate da quelle cose in cui ora vi
vergognate?» (Rm 6,21). Questo
genere di vergogna è molto positivo.
Rimangano confusi all'istante quelli che dicono: bene,
bene. Parlano in questo modo gli uomini
arroganti che vogliono insultare ed avere la meglio. Queste frasi però, come le
precedenti, possano essere interpretate in senso negativo oppure positivo.
Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano,
Signore e dicano sempre: sia glorificato il Signore quelli che amano la tua
salvezza. I malvagi vanno incontro al
dolore e alla tristezza mentre i santi riceveranno gioia e letizia eterna, dal
momento che amano Cristo nostro Signore e, per quanto è loro possibile, lo
esaltano e lo celebrano.
Io sono misero e povero ma il Signore si prende cura di
me. I santi erano uomini miseri e poveri
perché erano privi non solo delle cose necessarie, ma anche di qualsiasi aiuto
e protezione che provenivano dagli uomini. Vivevano in questo modo per amore di
Cristo il quale, pur essendo ricco si era fatto povero (2 Cor 8,9). Il Signore
tuttavia si prende cura di loro perché egli è ricco per tutti coloro che lo
invocano.
Mio aiuto e liberatore
sii tu, o Signore; non tardare.
Invoca il Signore e gli chiede di non tardare a venire, di non fare più alcun
indugio ma di affrettarsi a giudicare, a soccorrere e liberare i suoi santi:
essi non dovranno più patire le molteplici sventure di questo mondo.
Salmo 40
Per il compimento, Salmo di Davide. Il salmo ha per
tema il compimento; parla, infatti, di Cristo che è il Principio e la Fine.
Beato chi comprende il testo [biblico] e lo riferisce
al misero e al povero. Io, il profeta,
compongo il salmo ma non bisogna pensare che il suo contenuto si riferisca a
me. Beato l'uomo che riferisce al Misero e al Povero i salmi e tutti gli altri
testi della Scrittura. Il Signore stesso infatti ha detto: «Era necessario che
si adempisse tutto ciò che stava scritto di me nella legge, nei profeti e nei
salmi» (Lc 24,44). Il Giudei avrebbero dovuto almeno accorgersi che i titoli
dei salmi parlano di un compimento.
Se il profeta avesse voluto parlare di se stesso, non
avrebbe fatto menzione di un compimento. Afferma che il nostro Salvatore è un
misero e un povero poiché egli divenne misero e povero per rendere ricchi i
suoi fedeli. Infatti volle che i suoi discepoli fossero dei poveri, dietro al
suo esempio e per questo chiede al loro: «Chi non abbandona tutto ciò che
possiede, non può essere mio discepolo» (Lc 12,44). Anzi «dopo aver lasciato
tutto, lo seguirono» (Mt 4,24). Segue il versetto:
Nel giorno cattivo il Signore lo libera. Il giorno cattivo è quello del giudizio nel quale i
malvagi saranno puniti. In quel giorno si troveranno nella sicurezza coloro che
accolsero la fede di Cristo, credettero nei profeti e negli apostoli e
applicarono a Cristo il contenuto delle Sacre Scritture. Riferendosi a lui,
dice nel seguito:
Il Signore lo conservi, gli dia vita, lo renda beato,
purifichi in terra la sua anima e non lo consegni ai nemici. Il profeta, avendo visto, per mezzo dello Spirito
Santo, il nostro Salvatore approssimarsi alla passione e avendo visto che i
Giudei si radunavano da ogni parte per aggredirlo, formula questa invocazione
che ora stiamo meditando: il Signore lo conservi da tutti i pericoli
e dalle trame dei suoi nemici e gli rende la vita il terzo giorno. Non avrebbe scritto queste cose se non avesse
previsto che sarebbe morto, perché nessuno può ritornare alla vita se prima non
l'ha lasciata nella morte. Lo rende beato collocandolo sul suo trono, alla sua
destra. Dichiara l'apostolo: «Egli è lo splendore della gloria, l'impronta
della sua sostanza e siede alla destra della maestà nel cielo» (Eb 1, 3). Purifichi
in terra la sua anima. Non trovo questo
versetto in un’altra versione. Come poteva essere purificata l'anima di Cristo?
Soltanto dal falso e pervicace sospetto dei, Giudei che lo consideravano un
seduttore.
Non lo consegni nelle mani dei nemici. Questo nemico è il diavolo del quale il Signore ha
detto: «Viene il principe di questo mondo ma non può nulla contro di me» (Mt
14,30). Ma se il Signore fosse stato consegnato in suo potere, non avrebbe
potuto sottometterlo.
Il Signore lo aiuti sul letto del suo dolore; tutto il
suo giaciglio ha rivoltato nella sua malattia.
Il letto e il giaciglio rappresentano la carne del Salvatore nella quale la sua anima Santissima, riposava con
la sua divinità come in un letto nobilissimo. Tuttavia ora la chiama letto di
dolore perché egli, soffrendo per noi, sopportò soltanto nella sua carne tutti
i patimenti. Se ora viene precisato che tutto il suo giaciglio fu rivoltato,
questo particolare ci dice che tutto il suo corpo, dalla pianta dei piedi fino
alla testa, fu sconvolto e turbato. In questo modo egli attesta che la condanna
alla croce è la più dura di tutte le sofferenze.
Ho detto: Signore, abbi pietà di me, risana la mia
anima perché ho peccato contro di te.
Mentre sono così addolorato e condannato ad una morte vergognosa, mi rivolgo a
te e ti dico: Signore, abbi pietà di me, risana l'anima mia che non può essere
guarita con nessuna altra medicina, se non mediante questa passione per la
quale ora sto soffrendo. Risanala poiché ho peccato contro di te; questo
versetto richiama l’altro: contro di te solo ho peccato (Sal 50,6), riferendosi a quel peccato che commise
nel caso di Uria e di Betsabea. In quella circostanza scrisse il salmo che
inizia con l'espressione: pietà di me o Dio. Anche ora formula la stessa invocazione: Signore,
abbi pietà di me. In quel tempo avevo detto
e anche adesso lo ripeto: Signore abbi pietà di me. Fin qui ha parlato il profeta ma da qui in avanti
parla il Signore.
I miei nemici dicevano cose cattive contro di me:
quando morirà e perirà il suo nome?
Espressioni simili le troviamo anche in un altro salmo dove è ancora la persona
del nostro Salvatore a parlare in maniera diretta: i miei amici e i
miei vicini si avvicinarono contro di me.
In questo versetto sono chiamati col loro vero nome di nemici quegli uomini che
invece là erano stati chiamati amici, ma in senso contrario. I nemici hanno
pensato cose cattive contro di me mentre discutevano tra loro in che modo
avrebbero potuto uccidermi. Così infatti leggiamo: «I sacerdoti e i farisei si
radunarono in consiglio per catturare Gesù e ucciderlo» ( Gv 11,47). Uno di
loro, di nome Caifa, diceva: «Voi non capite come sia meglio che uno solo muoia
a favore del popolo e non tutta la nazione» (Gv 11, 47). Questo proposito
corrisponde a quello che leggiamo qui ora: quando morirà e perirà il suo nome?
Da quel giorno cominciarono a pensare in che modo avrebbero potuto ucciderlo,
racconta l'evangelista (Gv 11, 53). Dal momento che pensavano di ucciderlo, fanno
la stessa cosa del dire: quando morirà e perirà il suo nome?
Entravano per osservare; il loro cuore pronunciava
parole vane, radunarono la loro iniquità.
Il nostro Salvatore descrive come avvenne il suo tradimento. Non c'è alcun
dubbio che essa si sia verificata in quell'ordine in cui è raccontato ora. Si
facevano avanti alcuni per venire a sapere ciò che i capi dei sacerdoti e le
altre autorità avevano ordinato e stabilito e con quale morte avevano pensato
di ucciderlo. Che cosa trovarono? Il loro cuore pronunciava parole
vane. È vano pensare di ucciderlo e di far
perire il suo nome. Radunarono la loro iniquità perché la loro malvagità si
radunò nella loro testa. Uscivano all'esterno e parlavano. Dopo essere stati istruiti e dopo aver conosciuto
per intero il progetto di quelli malvagi, uscivano all'esterno e gli altri, che
erano partecipi del tradimento e
del loro desiderio malvagio, venivano messi a conoscenza di ciò che avevano
deciso stando all'interno. E questi in che modo agivano? Sussurravano
insieme. In questo modo mostra in maniera
sufficiente quanto erano concordi nell'uccidere il Salvatore e perciò aggiunge:
tutti i miei amici e i miei avversari, pensavano cose cattive contro
di me. Nessuno faceva obiezione, erano
tutti d'accordo, volevano tutti la stessa cosa: eliminare la salvezza del
mondo. In conformità al loro disegno, il nostro Salvatore venne catturato,
legato, flagellato, giudicato, condannato, coronato di spine, condotto al
patibolo della croce. Fu una parola iniqua quella che pronunciarono
contro di me. Fu una parola iniqua quella
con cui gridarono crocifiggilo,
tutti insieme, con una sola voce.
Forse chi dorme potrà mai risorgere? Questa frase corrisponde a quello che è detto in un
altro versetto: mi sono addormentato, ho preso sonno ma mi sono
rialzato. La morte di Cristo fu un sonno;
dormì quando volle dormire; se non avesse voluto, non si sarebbe mai
addormentato. Perfino l'uomo della mia pace, nel quale confidavo e
che mangiava il mio pane, ha pensato contro di me una grande trama. Guai a te, o Giuda, al quale sono rivolte queste
parole! Con un bacio di pace tu hai tradito il Signore e Maestro che tempo
prima aveva nutrito su te grande speranza e che ti aveva scelto come gli altri.
Ti aveva nutrito con il suo alimento spirituale e temporale e per mezzo di te
aveva battezzato e compiuto prodigi. Tu, uomo misero, hai pensato contro di lui
una grande trama; spontaneamente lo ha tradito e gli ha detto: «Che cosa mi
volete dare, perché io ve lo consegni?» (Mt 26,15) Furono soltanto il diavolo e
la tua avarizia a spingerti a questo tradimento.
Tu Signore abbi pietà di me, risuscitami e li ripagherò. Questa preghiera, propria dell'umanità di Cristo,
Egli la pronunciò in segreto, nel cuore, con la sua sola volontà perché non
aveva la necessità di pregare avendo tutto a disposizione del suo volere. Sono
state scritte per noi e se non fossero state scritte non le avremmo conosciute.
Fu necessario che queste cose e molte altre ancora, simili ad esse, venissero
preannunciate dai profeti affinché, non appena fossero avvenute e compiute, si
credesse più facilmente e i giudei e gli eretici venissero confutati. Credano i
Giudei, anche da questo versetto, nella risurrezione di Cristo e da questo
evento comprendano di aver già ricevuto la loro retribuzione.
Da questo fatto ho conosciuto che tu mi ami: il mio
nemico non potrà godere di me. Ho
conosciuto, ossia coloro che leggeranno e ascolteranno questo discorso verranno
a conoscere questo amore che hai per me. Troviamo un modo di parlare simile
nell'episodio di Abramo: «Ora so che temi Dio» (Gen 22,12). Chi rappresenta il
nemico? Sono il diavolo e il popolo dei giudei i quali non poterono rallegrarsi
della morte di Cristo perché in quella circostanza persero del tutto il loro
potere.
Mi hai amato per la mia innocenza e mi ha confermato
alla tua presenza per sempre. L'innocenza è
una grande virtù che viene raccomandata molto dal Signore stesso, al punto da
ricordare che la sua umanità è piaciuta a Dio grazie alla sua innocenza.
L'umanità [di Gesù] fu creata in modo tale da non essere contaminata da alcuna
macchia di peccato. Se non fosse stata così, come avrebbe potuto essere gradita
a Dio al di sopra di tutto? Mediante queste parole il Signore ci esorta
all'innocenza ed esorta gli altri
discepoli ai quali dice il Vangelo: «Se non vi convertirete e non
diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18, 3).
Benedetto il Signore Dio
di Israele da sempre e per sempre. Amen, amen. È una cosa giusta che il nostro Salvatore benedica Dio per la
resurrezione della sua natura umana, per la sua ascensione al cielo e la sua
sessione alla destra del padre. Israele, di per sé significa l’uomo che vede; non rappresenta i Giudei ma i cristiani. Quelli
diventarono ciechi mentre gli altri, furono illuminati perché potessero vedere
e conoscere. Perciò il Signore dice: «Sono venuto in questo mondo per provocare
un giudizio, perché quelli che non vedono, possano vedere e quelli che vedono,
diventino ciechi» (Gv 9,39).
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