Le forme dell’amore
L’amore è la caratteristica del cristiano. Ma che cosa
significa amare? Vediamo, in un primo passo, che cosa sia amore nella vita
umana.
È desiderio di bene. È un’inclinazione, una tendenza, un
orientamento al bene. Ogni essere, infatti, cerca ciò che gli è conveniente ed
aspira ad ottenerlo.
Il bene però non è univoco ma molteplice. Esiste un bene
sensibile e un bene di carattere più spirituale e quindi anche i desideri che
mirano ad ottenere questi beni sono diversificati.
C’è un desiderio naturale che ci spinge a ciò che è il
nostro bene sensibile, un appetito
avvertito da noi senza che noi lo abbiamo introdotto in noi. Ad esempio,
«esiste un appetito naturale verso il cibo e un appetito naturale verso la
procreazione. Esiste anche un appetito naturale che ci fa tendere alla verità,
e quello che ci ordina al nostro pieno sbocciare, alla nostra felicità» (M. D.
Philippe, 105).
C’è anche un desiderio spirituale che emerge a partire dalla
nostra tendenza alla verità. Il bene spirituale presuppone un libero giudizio
ed attiva la nostra volontà. Questo tipo di desiderio compare, ad esempio,
nell’impegno culturale o nella lotta contro l’ingiustizia.
Per il credente c’è molto di più: il bene spirituale
corrisponde al tesoro che viene dischiuso dalla fede. Se esiste una tendenza
naturale al cibo o alla procreazione, esiste anche una tendenza naturale alla
comunione con Dio, perché soltanto Dio può costituire il bene sommo che
soddisfa la nostra sete di felicità. L’orientamento a Dio, tuttavia, non è qualcosa
di istintivo ma è frutto di una riflessione e di una decisione libera. Si
innesca nel nostro desiderio spontaneo di verità e di felicità, ma implica un
percorso dove esercitano un ruolo decisivo la ragione e la volontà. L’amore per
Dio è il massimo a cui può giungere il nostro appetito umano.
La scelta di Dio avviene nell’atto di fede. Nel suo fondo,
quest’atto significa mi affido a questo Signore che mi è venuto incontro e si è
fatto conoscere per poter donarsi a me. La relazione di fede è simile a quella
sponsale.
Un salmista dichiara: «Ho detto a Dio: il mio Signore sei
Tu; solo in te è il mio bene» (Sal 16,1). Questa dichiarazione del salmista
rappresenta un modo magnifico di confessare la fede. Solo in te è il mio
bene… vale a dire, se mi mancassi Tu, non
avrei più nulla; per quanto ricchi possano essere tutti gli altri possessi,
perderebbero tutti valore e consistenza. «Dio è assai ricco di beni per tutti
quelli che lo invocano, ma non ha da dare nulla di meglio di se stesso»
(Bernardo, Il dovere…,140).
I sentimenti che il salmista rivolge a Dio sono i medesimi
che un innamorato rivolgerebbe all'amata poiché, se manca la relazione d’amore,
nessun possesso appaga. Dio, poi, può conquistare il cuore molto di più di
qualsiasi creatura di rara bellezza.
«Il cuore umano tende a Dio per inclinazione, senza sapere
veramente chi sia; ma quando lo trova alla fonte della fede, e lo scopre così
buono, bello, dolce e così amabile verso tutti e così disposto a donarsi a
tutti coloro che lo vogliono, quanta contentezza e quanti santi movimenti
[sgorgano] nello spirito, per unirsi per sempre a quella bontà così sommamente
amabile! Finalmente ho trovato, dice l'anima così toccata, ho trovato colui che
desideravo, ed ora sono contenta» (de Sales, Trattato…, 233.
De Sales non esita a paragonare la scoperta
della bellezza di Dio all’esperienza umana dell’innamoramento:
Come Giacobbe, vista la bella Rachele, scoppiava in lacrime
di dolcezza per la felicità che provava, così il nostro povero cuore, avendo
trovato Dio, si fonde poi nella dolcezza dell’amore, per il bene infinito che
vede in quella bellezza»(ibidem).
Quella del de Sales non è una testimonianza unica.
«Quando l'anima conosce l'amore di Dio nello Spirito Santo, allora sente
chiaramente che il Signore è nostro padre, il più vero il più vicino, il più
caro, il migliore, e che non c'è felicità più grande dell'amare Dio con tutta
la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima, come ha comandato il Signore,
e amare il prossimo come se stessi» (Silvano dell’Athos, Nostalgia…, 138).
Lo psichiatra V. Andreoli, studiando il fenomeno della
relazione d’amore nell’ambito profano e in quello religioso, ha dedotto che la
relazione con Dio «è forse l’unico caso, l’unica relazione in cul l’amore non
viene mai deluso, e può presentarsi come un’esperienza di fenomeni acuti che si
prolungano nel tempo senza alcun consumo» (L’alfabeto delle relazioni, 184).
La maturazione dell’amore
Ogni esperienza d’innamoramento presenta aspetti positivi e
problematici. Anche l’amore per Dio richiede spazi di maturazione, di
purificazione e di correzzione.
L’amore appassionato è in sé un bene, ma non è privo di
ambiguità e può trasformarsi perfino in una realtà negativa. Può diventare un
tentativo di accaparramento:
«Vi è qualcosa di molto ambiguo quando è rivolto ad una persona, dato che
corriamo il rischio di amarla non più come persona, ma come un bene sensibile
che ci rallegra che ci fa sbocciare; allora significa che cerchiamo noi stessi
attraverso la passione. L'amore passione provoca così una sorta di egocentrismo
dalla potenza straordinaria, di che del resto è proprio nelle passioni: fanno
si che riportiamo tutto a noi» (M. D. Philippe, 105).
L’istinto passionale è soltanto un punto di partenza. La
passionalità non deve essere abolita ma integrata in una prospettiva più ampia
e trasformarsi in benevolenza e oblatività.
Sono molte le forme di amore immaturo anche all’interno
della fede religiosa. Il dono d’amore (apparente) di un donatore può
trasformarsi in veleno per il destinatario. Ciò avviene quando il destinatario
viene obbligato a trovarsi in uno stato di dipendenza, come se venisse
incollato al donatore. Talora la benevolenza che circola all’interno di un
gruppo può acquisire delle forme settarie. Per questo il Vangelo invita ad
amare anche chi si trova al di fuori del cerchio della fraternità (ed appare
perfino ostile al gruppo d’appartenenza) e a diventare prossimi di ogni persona bisognosa e sofferente. L’amore che
non acquisisce il carattere di universalità può alimentare l’avversione verso
il diverso. Accendere roghi per annientare l’avversario non è affatto una forma
di carità, ma espressione di passionalità istintiva ed egoista.
Ora è proprio un sentimento di gratuità che deve germogliare
in noi. È questo l’amore che proviene dallo Spirito. Benché ogni relazione
d'amore presenti elementi di convenienza, i quali pure contribuiscono ad
incrementare la benevolenza tra coloro che si amano, non è certo l'utilità il
vero fondamento della relazione. L’amare non richiede altra giustificazione
oltre se stesso. Tra gli autori spirituali San Bernardo è stato uno di coloro
che ha maggiormente insistito sul valore della gratuità: «Chi confida nel
Signore non perché è buono con lui, ma perché è assolutamente buono, è colui
che ama veramente Dio in nome di Dio e non in vista di se stesso» (Bernardo, Il
dovere…, 146). In un altro testo dichiara:
Dio non è amato senza ricompensa, anche se deve essere amato senza
prefiggersi una ricompensa. Il vero amore è soddisfatto di se stesso. Riceve
una ricompensa, ma è proprio ciò che costituisce il suo amore. Perché se fai la
figura di amare una cosa in vista di un'altra, quella che ami veramente è
quella a cui tende il fine del tuo amore, non quella che rappresenta il tramite
(Bernardo, Il dovere…, 134-135).
L’uomo, tuttavia, non può essere totalmente gratuito
nell’amare come lo è Dio. Mentre questi non ha bisogno dell’uomo, l’uomo
dipende sempre da Lui e gli è estremamente conveniente relazionarsi con Lui.
Inoltre, l’esperienza d’essere stati protetti e insieme la promessa di una
ricompensa, divenendo un’occasione per scoprire meglio l’amore di Dio per noi,
favoriscono la crescita del nostro sentimento di risposta riconoscente.
In ogni caso, pur se sollecitato da motivazioni di
vantaggio, il credente può corrispondere con uno slancio di gratuità sincera.
Anzi i santi hanno scoperto che il fatto d’amare, già in se stesso, è la più
grande ricchezza:
Niente è più dolce dell’amore; niente è più forte, più alto
o più grande: niente, né in cielo né in terra, è più colmo di gioia, più
completo o più buono: perché l’amore nasce da Dio e soltanto in Dio, al di
sopra di tutte le cose create, può trovare riposo (Imitazione di Cristo, 89).
L’autore poi continua l’elogio dell’amore
evidenziando che solo questo modo di essere ci unifica con Dio:
Chi ama vola, corre lietamente; è libero, e non trattenuto
da nulla; dà ogni cosa per il tutto, e ha il tutto in ogni cosa, perché trova la sua pace in
quell’Uno supremo, dal quale discende e proviene tutto ciò che è buono; non guarda a ciò che gli viene
donato, ma, al di là dei doni, guarda a colui che dona (ibidem)
La beatitudine dell'uomo consiste, quindi, nel partecipare
alla carità che è Dio. Soltanto quando la sua carità ci pervade, possiamo
considerarci salvi e ricolmi d’ogni bene. Non potremo mai possedere una
ricchezza più grande di questa. Soltanto la carità ci colma, diventa
beatitudine e pace. Lo conferma un testo attribuito ad Alberto Magno (De
adhaerendo Deo):
Tutto ciò che abbiamo detto e tutte le cose necessario alla salvezza non
possono essere portate a perfezionamento in modo migliore, più celere e più
vantaggioso, che per mezzo dell'amore. L'amore supplisce a tutto ciò che
potrebbe mancarci per la nostra salvezza e ha in sé l'abbondanza di ogni bene (Alberto
Magno, Accostarsi a Dio, 79).
L’autore di questo scritto, poi, sottolinea come la carità
abbia la facoltà di unirci a Dio:
Soltanto per amore noi ci rivolgiamo, aderiamo, ci uniamo a Dio e ci
trasformiamo in lui, per diventare un unico spirito e godere della beatitudine,
qui nella grazia e lassù nella gloria. L'amore infatti non trova riposo che nel
bene amato, ossia nel possesso pacifico e completo. L'amore ha la virtù di
unire e di trasformare l'amante nell'amato e l'amato nell'amante, affinché l'uno
diventi l'altro… È solo la forza dell'amore che conduce l'anima dalla terra
alle sommità del cielo e nessuno può pervenire alla suprema beatitudine se non
viene sospinto dall'amore e dal desiderio. L'amore è la vita dell'anima, la
veste nuziale, la sua perfezione... (Alberto Magno, Accostarsi a Dio, 79 e 82)
Ho stabilito così l’essenza e il traguardo della vita
spirituale. A questo punto è molto chiaro che amare è un incamminarsi verso
l’Amore restando sempre nel suo sentiero: «… camminate nella carità, nel modo in cui anche
Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio
di soave odore» (Ef 5,2). Ad amare s’impara amando: «… che la vostra carità
cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere
ciò che è meglio» (Fil 1,9-10). Le energie aumentano camminando. Parafrasando
un detto latino, possiamo affermare: [Amor] crescit, eundo. Ciò che in un primo
momento risulta impossibile, col tempo apparirà facile.
In
ogni caso, bisogna cominciare ad operare. La spiritualità non consiste
nell’avere convinzioni profonde, nell’alimentare nobili sentimenti, nel parlare
o nello scrivere di realtà sublimi. È un modo di essere, derivato dal nostro
agire.
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