lunedì 17 marzo 2025

Dio abita la storia del suo popolo

 Dio crea il mondo in sette giorni e dieci parole; vi sono quindi dieci opere distribuite in sette giorni. Fra i giorni sono più importanti: il primo, il quarto e il settimo, vale a dire i due giorni che si trovano alle «estremità» della settimana e quello che sta proprio in mezzo a essa. Nel primo giorno Dio crea la luce, nel quarto gli astri, vale a dire il calendario e l'orologio dell'universo, e nel settimo si riposa. Questi tre giorni hanno un elemento in comune: sono in stretta relazione con il tempo. La creazione della luce inaugura l'alternanza del giorno e della notte, che è il ritmo basilare del tempo. Gli astri hanno come funzione di segnalare «le feste, i giorni e gli anni». Come detto, Dio crea un «calendario cosmico». Infine, nell'ultimo giorno della settimana, il settimo, Dio si riposa. 

 In tutto il brano predomina in ogni caso la dimensione temporale. Il tempo è più importante dello spazio. E significativo, per esempio, che il brano si concluda con la celebrazione di un tempo sacro, il sabato, e non, come in diversi racconti antichi dello stesso genere, con la costruzione di un tempio o di un palazzo per il dio creatore. Il Dio d'Israele non ha un tempio, ma un tempo sacro. Il primo santuario sarà costruito molto dopo, nel deserto (Es 35-40). Mosè riceverà le istruzioni per questa costruzione che, in ogni modo, non è statica ma si sposta con il popolo. Anche qui prevale la dimensione temporale: la presenza di Dio è dinamica perché accompagna il popolo nelle sue peregrinazioni nel deserto, verso la meta finale che è la terra promessa. Il Dio d'Israele abita la storia del suo popolo. Per tornare al nostro brano, il popolo che non ha più santuario può nondimeno venerare il suo Dio perché può contemplare la sua attività durante la settimana e celebrarlo durante il tempo sacro del sabato. 

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