Prima parte
Capitolo1
2Udite, popoli tutti! Fa’ attenzione, o terra, con quanto contieni! Il Signore Dio sia testimone contro di voi, il Signore dal suo santo tempio. 3Poiché ecco, il Signore esce dalla sua dimora e scende e cammina sulle alture della terra; 4si sciolgono i monti sotto di lui e le valli si squarciano come cera davanti al fuoco, come acque versate su un pendio. 5Tutto ciò per l’infedeltà di Giacobbe e per i peccati della casa d’Israele.
v.2 Il Signore annuncia il suo giudizio nei confronti di tutti i popoli, anche se è attento particolarmente al suo popolo Israele (v.5). Più che da giudice, esamina tutti in qualità di testimone (le’ed). Il suo intento non è quello di emettere una sentenza di condanna ma di avviare una controversia legale (riv) in vista di ottenere il pentimento e la riconciliazione piena con lui (Cf cap. 6). La testimonianza del Signore è veritiera e incontestabile. Dio conosce il cuore d’ogni uomo ed è l’unico che può verificare il valore reale d’ogni persona.
v.3 Il Signore lascia la sua dimora in cielo, scende e cammina sulla terra mosso dalla necessità di porre rimedio alla malvagità presente sulla terra. Lo preoccupa in modo particolare l’infedeltà del suo popolo all’alleanza stretta con Lui. Un altro caso simile è contemplato nel salmo 50: «Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante. Convoca il cielo dall’alto e la terra per giudicare il suo popolo: “Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l’alleanza”. “Ascolta, popolo mio, voglio parlare, testimonierò contro di te, Israele! Io sono Dio, il tuo Dio!”» (50,3-7). Il Signore convoca il popolo per testimoniare contro di lui. Nonostante debba rimproverarlo, lo considera sempre un contraente di lunga amicizia, con il quale non vuole chiudere il rapporto in modo definitivo.
Al suo incedere, si sciolgono i monti sotto di lui come avviene sempre nelle visite del Signore: «Un fuoco cammina davanti a lui … I monti fondono come cera davanti al Signore» (Sal 97,3-4). Nulla può resistergli, nulla ostacola il suo volere santo. «Tutto ciò che vuole il Signore lo compie in cielo e sulla terra» (Sal 135,6).
Nel futuro ultimo la sua discesa porterà una salvezza definitiva e sarà riconosciuto da tutti gli uomini: «I suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi ed esso si fonderà in due… Il Signore sarà re di tutta la terra. In quel giorno il Signore sarà unico e unico il suo nome» (Zc 14,9). Si adempirà, così la preghiera di Gesù, “Sia santificato il tuo Nome”, cioè tutti ti riconoscano come Dio.
Soffermiamoci sul simbolo del fuoco. Dio si è rivelato in questo elemento sul Sinai, nella stipulazione del patto: «La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna» (Es 19.17).
Il fuoco consuma e purifica, rende un metallo più prezioso. I peccatori si trovano in estremo disagio a contatto con il Signore, come se fossero avvolti da fiamme: «Uno spavento si è impadronito dei malvagi. Chi di noi può abitare presso un fuoco divorante, tra fiamme perenni?» (Is 33,14). I giusti, al contrario, sanno di venire purificati. «In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto» (Sap 2,5-6).
San Paolo riprende il concetto di purificazione mediante il fuoco: «L'opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l'opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco» (1 Cor 13-15). Mentre le opere peccaminose sono consumate dal fuoco, la persona, quale opera di Dio, viene recuperata da lui e sembra che tutti si salvino passando, però, attraverso il fuoco.
La distruzione di Samaria
5Qual è l’infedeltà di Giacobbe? Non è forse Samaria? Quali sono le alture di Giuda? Non è forse Gerusalemme? 6Ridurrò Samaria a un mucchio di rovine in un campo, a un luogo per piantarvi la vigna. Rotolerò le sue pietre nella valle, scoprirò le sue fondamenta. 7Tutte le sue statue saranno frantumate, tutti i suoi guadagni andranno bruciati, di tutti i suoi idoli farò scempio, perché li ha messi insieme a prezzo di prostituzione
Denuncia la pratica del culto delle divinità da parte degli Israeliti del nord (Giacobbe, Samaria) e del sud (Giuda, Gerusalemme). La punizione interessa, per il momento Samaria ma in seguito raggiungerà anche Gerusalemme (1,12).
La cittàdi Samaria, posta sopra un altura, era stata edificate con pietre; è facile rimuoverle e farle scivolare in basso: «Rotolerò le sue pietre nella valle» (1,6). Già Amos si era pronunciato contro Samaria: «Poiché voi schiacciate l’indigente e gli storcete una parte del grano, voi che avete costruito case in pietra squadrata, non le abiterete» (Am 5,11). La distruzione della città, ormai prossima, sarà totale: «Scoprirò le sue fondamenta» (1,6).
Saranne sbriciolate le statue erette per il culto delle divinità e cesseranno i guadagni iniqui: «Tutte le sue statue saranno frantumate, tutti i suoi guadagni andranno bruciati, di tutti i suoi idoli farò scempio, perché li ha messi insieme a prezzo di prostituzione» (1,7). L’idolatria è paragonata ad una prostituzione dal momento che Israele è la sposa del Signore e i guadagni ricavati da questi culti sono valutati una paga alle prostitute. Così viene descritto in un altro testo il traviamento qui denunciato: «Venerarono altri dèi, seguirono le leggi delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Su ogni altura, bruciarono incenso come le nazioni che il Signore aveva scacciato davanti a loro; fecero azioni cattive, irritando il Signore. Servirono gli idoli, dei quali il Signore aveva detto: “Non farete una cosa simile!”» (2 Re 17,7-12).
La distruzione della città è cominciata già per opera dei suoi abitanti, perché costoro hanno costruito Sion sul sangue e Gerusalemme sull’ingiustizia (3,10).
È l’assenza di fraternità a provocare lo sgretolamento della convivenza: «Non la verità ma la menzogna domina nella terra. Passano da un delitto all'altro e non conoscono me. Ognuno si guardi dal suo prossimo, non fidatevi neppure del fratello, poiché ogni fratello inganna come Giacobbe e ogni amico va spargendo calunnie. Angheria su angheria, inganno su inganno; rifiutano di conoscermi» (Ger 9,2-4).
Un salmista aveva precisato: «Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1). Ora la pietra angolare sulla quale è possibile innalzare una città salda e compatta, è il credente in Dio: «Ecco, io pongo una pietra in Sion, una pietra scelta, angolare, preziosa, saldamente fondata: chi crede non si turberà» (Is 28,16).
Gesù rappresenta la pietra di costruzione della comunità cristiana, la più solida di qualsiasi altra e i fedeli dovranno appoggiarsi su di lui per formare un tempio santo: «Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1 Pt 2,4).
Il lutto del profeta
8Perciò farò lamenti e griderò, me ne andrò scalzo e nudo, manderò ululati come gli sciacalli, urli lamentosi come gli struzzi, 9perché la sua piaga è incurabile ed è giunta fino a Giuda, si estende fino alle soglie del mio popolo, fino a Gerusalemme.
L’anuncio della distruzione di Samaria e la constatazione che il popolo è affetto da una malattia incurabile, provoca un profondo sentimento di dolore nell’animo del profeta. L’invasione degli Assiri è un atto pedagogico necessario, ciò nonostante questa previsione suscita un forte sentimento di sgomento e di compassione.
In un momento storico successivo ma analogo, Geremia ammonisce i suoi ascoltatori a non godere affatto del compiersi della sventura che sta annunciando e dice al Signore: «Io non ho insistito presso di te per la sventura» (Ger 17,16), poiché sapeva che «contro il suo desiderio egli umilia e affligge i figli dell’uomo» (Lam 3,33).
Nei momenti drammatici, i fedeli implorano la misericordia divina assumendo sentimenti e atteggiamenti penitenziali. «Davide saliva l’erta degli ulivi, saliva piangendo e camminava con il capo coperto e a piedi scalzi» (2 Sam 15,30). Soprattutto i capi del popolo e i profeti devono vivere il lutto per la nazione: «“ [Isaia] levati il sacco dai fianchi e togliti i sandali dai piedi”. Così egli fece andando nudo e scalzo» (Is 20,2). «Mettiti poi a giacere sul fianco sinistro e io ti carico delle iniquità di Israele. Per il numero dei giorni in cui giacerai su di esso, espierai le sue iniquità» (Ez 4,4).
Gesù prese le nostre infermità e si caricò delle nostre malattie (Cf Mt 8,17). Si rese in tutto simile ai fratelli (Eb 2,17). Per aver sofferto personalmente, è in grado di aiutare quelli che subiscono la prova (Cf Eb 2,18). Per la grazia di Dio, provò la morte a vantaggio di tutti (Eb 2,9).Paolo soffrì per l’incredulità dei fratelli Ebrei (Rm 9,1-2).
In qualsiasi situazione ma soprattutto quando prevale la malvagità, il giusto non rimane indifferente e neppure diventa un giudice severo ma partecipa al dolore dei fratelli anche se colpevoli, intercede per tutti e si fa carico delle loro infermità.
La piaga del popolo è considerata incurabile (vv.8 e 15). Geremia esprime lo stesso giudizio sconfortante (30,12), eppure il Signore garantisce che troverà sicuramente un rimedio: «Curerò la tua ferita e ti guarirò dalle tue piaghe, poiché ti chiamano la ripudiata, quella che nessuno ricerca» (Ger 30,17).
L’invasione assira e l’esilio
Preannuncio della calata dell’esercito assiro (v.15) che causerà vaste devastazioni e lutti. La marcia degli invasori verso Gerusalemme cominciò da Lachis (v.13).
Il lutto viene indetto per la morte di una persona cara e il lamento di Michea, v.10, richiama quello intonato da David alla morte dell’amico Gionata (2 Sam 1,20-21).
10Non l'annunciate in Gat, non piangete, a Bet-Leafrà rotolatevi nella polvere. 11Emigra, popolazione di Safir, nuda e vergognosa; non è uscita la popolazione di Saanan. Bet-Esel è in lutto; ha tolto a voi la sua difesa. 12Si attendeva il benessere la popolazione di Marot, invece è scesa la sciagura da parte del Signore fino alle porte di Gerusalemme. 13Attacca i destrieri al carro, o abitante di Lachis! Essa fu l'inizio del peccato per la figlia di Sion, poiché in te sono state trovate le infedeltà d'Israele. 14Perciò tu darai un regalo d'addio a Morèset-Gat, le case di Aczib saranno una delusione per i re d'Israele. 15Ti farò ancora giungere un conquistatore, o abitante di Maresà. Fino ad Adullàm arriverà la gloria d'Israele. 16Tàgliati i capelli, ràsati la testa per via dei tuoi figli, tue delizie; allarga la tua calvizie come un avvoltoio, perché vanno in esilio lontano da te.
L’esercito invasore s’avvicina a Gerusalemme senza però entrare in città e, in seguito, dovrà togliere l’assedio all’improvviso (Cf Is 37,36-37).
Le dodici località menzionate, sconosciute per lo più, tengono un nome che richiama il destino che subiscono: Bet-Leafrà richiama la polvere; gli abitanti di Safir, la bella, emigrano nudi e vergognosi; Saanan deriva dalla stessa radice del verbo uscire; Bet-Esel ricorda la necessità di un rifugio; Marot significa amarezza; il nome Moreset, la patria di Michea, è simile al termine dono, con un significato ironico poiché corrisponde all’indennità da versare al re assiro; Akzib, rimanda a bugia perché ingannò il re di Giuda astenendosi dall’aiuto promesso; Maresà, guadagno di terra, sarà in realtà posseduta.
Il Signore, interpretando in modo negativo il significato dei nomi di queste città della Giudea, non compie un atto arbitrario o ingiusto perché le denomina secondo la decisione e l’orientamento di vita che esse hanno già scelto. Egli vede ciò che sono in realtà e sa che il loro agire le porterà alla rovina. L’interpretazione più che un destino assegnato è l’ultimo appello al cambiamento di vita. Osea ed Isaia avevano attribuito un significato simbolico al nome dei figli (Os 1,6-8; Is 8,1-4). Geremia modifica il nome di un suo avversario accanito: «Il Signore non ti chiama più Pascur, ma Terrore all’intorno» (Ger 20,3). Gerualemme, al contrario, riceve un nuovo nome al positivo: «Sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà» (Is 62,2).
I nomi assegnati indicano il futuro delle persone o delle città che li ricevono. Questo fatto sta a significare che il Signore sa valutare ogni situazione e che la vita di tutti sta nelle sue mani. «Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno. Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio!» (Sal 138,15-17).
Gesù, agendo in modo analogo al profeta, scuote le città della Galiea che si mostrano contrarie ad accogliere il Vangelo. Mantengono una durezza di cuore più grave di quella dei pagani e di perire: «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se a Tiro e e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi!» (Mt 11,21-24). Gesù non desidera la distruzione di questi villaggi e la sua minaccia è un’esortazione proprio per evitarla.
Divenuto Signore, il Vivente, rimprovera le sue Chiese raffredate nella fede. Al rappresentante della comunità di Efeso: «Ricorda da dove sei caduto, convertiti e compi le opere di prima. Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto» (Ap 2,5; Cf 2,14; 2,20). Al rappresentante della comunità di Sardi: «Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convertiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te» (Ap 3,1-3). Al rappresentante della comunità di Laodicea: «Tu dici: Sono ricco, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti» (Ap 3,17-19).
Egli ci conosce meglio di noi stessi e sa valutarci con verità. Anzi è l’unico che lo può fare. Incontrando per la prima volta Natanaele, Gesù esclama: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità» (Gv 1,47). «A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode» (1 Cor 4,3-5).
16Tàgliati i capelli, ràsati la testa per via dei tuoi figli, tue delizie; allarga la tua calvizie come un avvoltoio, perché vanno in esilio lontano da te.
Preannuncio dell’esilio. La deportazione di Israele in Assiria (nel 722) e quella di Giuda in Babilonia (nel 597 e nel 587) furono eventi drammatici. In seguito il popolo comprenderà che Dio non abbandona neppure gli esiliati e che saprà ricondurli in patria (cf 2,12-13 e 4,8-8).
Capitolo 2
Avidità e violenza
L’accusa generica pronunciata nel primo discorso, ora si fa più precisa e dettagliata. I capitoli 2 e 3 sono dedicati alla descrizione dei misfatti avvenuti. La contestazione presuppone una conoscenza sicura dei fatti e un coraggio vigoroso nel notificarla in pubblico.
1Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli; alla luce dell’alba lo compiono, perché in mano loro è il potere. 2Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono. Così opprimono l’uomo e la sua casa, il proprietario e la sua eredità. 3Perciò così dice il Signore: «Ecco, io medito contro questa genìa una sciagura da cui non potranno sottrarre il collo e non andranno più a testa alta, perché sarà un tempo di calamità.
Latifondisti disonesti e violenti s’impossessano dei beni dei poveri. Nel corso della notte tramano insidie e di giorno le eseguono. Un salmista descrive bene l’inquietudine insonne dei malfattori: «Oracolo del peccato nel cuore del malvagio: non c’è paura di Dio davanti ai suoi occhi; perché egli s’illude con se stesso, davanti ai suoi occhi, nel non trovare la sua colpa e odiarla. Le sue parole sono cattiveria e inganno, rifiuta di capire, di compiere il bene. Trama cattiveria nel suo letto, si ostina su vie non buone, non respinge il male» (Sal 36,1-5).
Il Signore contrappone a quei tali il suo progetto: cacciati in esilio in Assiria, perderanno tutti i loro possessi, accumulati con avidità irrefrenabile.
I crimini dei latifondisti sono denunciati sempre con rigore: «Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nella terra. Ha giurato ai miei orecchi il Signore degli eserciti: “Certo, molti palazzi diventeranno una desolazione, grandi e belli saranno senza abitanti”» (Is 5,7-9).
Il Signore s’impegna a lottare a favore dei poveri: «Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele. Perché il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante, saranno eliminati quanti tramano iniquità, quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al giudice e rovinano il giusto per un nulla» (Is 29,19-31).
Paolo avverte circa il pericolo morale connesso alla ricerca ossesiva del possesso: «Non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell'inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti» (1 Tm 6,11).
4In quel tempo si intonerà su di voi una canzone, si leverà un lamento e si dirà: “Siamo del tutto rovinati; ad altri egli passa l’eredità del mio popolo, non si avvicinerà più a me, per restituirmi i campi che sta spartendo!”. 5Perciò non ci sarà nessuno che tiri a sorte per te, quando si farà la distribuzione durante l’assemblea del Signore».
Quando Israele era entrato nella terra, ogni appezzamento era stato sorteggiato perché tutti ricevessero la loro eredità da parte del Signore. Ora questo territorio ora viene consegnato agli invasori e i latifondisti li perdono per sempre. Il Signore sta per togliere ciò che aveva donato e non ridarà più ciò che ora toglie, poiché nel rientro dall’esilio, gli avidi possidenti non potranno contare sopra un nuovo assegnamento. Quando l’assemblea d’Israele ridistribuirà la terra con un sorteggio, ai violenti non toccherà nessun terreno.
L’Assiria, però, mostra di agire con avidità e violenza e subirà la stessa sorte che ora sta causando ai popoli devastati. È la previsione di un altro profeta: «La ricchezza rende perfidi; il superbo non sussisterà, spalanca come gli inferi le sue fauci e, come la morte, non si sazia, attira a sé tutte le nazioni, raduna per sé tutti i popoli. Forse che tutti non lo canzoneranno, non faranno motteggi per lui? Diranno: “Guai a chi accumula ciò che non è suo, - e fino a quando? - e si carica di beni avuti in pegno!”. Forse che non sorgeranno a un tratto i tuoi creditori, non si sveglieranno e ti faranno tremare e tu diverrai loro preda? Poiché tu hai saccheggiato molte genti, gli altri popoli saccheggeranno te, perché hai versato sangue umano e hai fatto violenza a regioni, alle città e ai loro abitanti» (Ab 2,5-8). Esiste nella storia quasi una legge del taglione automatica.
Il rifiuto della profezia
6«Non profetizzate!», dicono i profeti. «Non profetizzate riguardo a queste cose, cioè che non ci raggiungerà l’obbrobrio». 7È forse già cosa detta, o casa di Giacobbe? È forse stanca la pazienza del Signore o questo è il suo modo di agire? Non sono forse benefiche le sue parole per chi cammina con rettitudine? 8Ma voi contro il mio popolo insorgete come nemici: strappate il mantello e la dignità a chi passa tranquillo, senza intenzioni bellicose. 9Cacciate le donne del mio popolo fuori dalle loro piacevoli case, e togliete ai loro bambini il mio onore per sempre. 10«Su, andatevene, perché questo non è più luogo di riposo». A causa della sua impurità provoca distruzione e rovina totale. 11Se uno che insegue il vento e spaccia menzogne dicesse: «Ti profetizzo riguardo al vino e a bevanda inebriante», questo sarebbe un profeta per questo popolo.
Falsi profeti, amici forse dei ricchi latifondisti appena denunciati, vorrebbero ridurre al silenzio la predicazione di Michea. Come se gli dicessero: «Smettila di annunciare che saremo colpiti! Il Signore forse ha perso la pazienza? Non parla con bontà a chi agisce con rettitudine?». Il ricorso alla bontà del Signore, diventa una rassicurazione senza alcun fondamento. I falsi profeti proclamano la certezza della pazienza di Dio senza precisare che Egli, nel frattempo, richiede la conversione. Affermano una verità, quella della misericordia divina, per coprire la malvagità. I prepotenti continuano ad opprimere le persone povere, in modo particolare le vedove e i bambini. Si comportano da nemici della gente, allo stesso modo degli invasori.
Paolo, a sua volta, prende posizione contro quelli che vogliono approfittare della misericordia divina: «O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?» (Rm 1,4).
Non profetizzate! La profezia spesso suscita irritazione e viene avvertita come un tormento. Amos accusa coloro che volevano tacitare i profeti (2,12) e lui stesso ricevette l’ingiunzione a non profetare (Am 7,12). Geremia riferisce di alcuni che volevano impedirgli di annunciare la parola: «Non profetare nel nome del Signore, se no morirai per mano nostra» (Ger 11,21).
Il Sinedrio probisce agli apostoli di annunciare Cristo Risorto (At 4,18). Mentre Paolo si trovava ad Antiochia di Pisidia «i giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione» contro di lui e contro Barnaba e «li cacciarono dal loro territorio» (At 13,50). Il libro dell’Apocalisse riferisce di due testimoni qualificati svolgono la loro missione profetica ma «quando avranno compiuta la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso [il diavolo] farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà» (Ap 11,7). Alcuni impediranno che i loro cadaveri siano onorati e gli abitanti della terra faranno festa su di loro «perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra» (Ap 11,10).
Nonostante molti rifiuti il seme della Parola «germoglia e cresce» (Mc 4,26). Se chi annuncia il Regno subisce persecuzione «fino a portare le catene come un malfattore», bisogna ricordare che «la Parola di Dio non è incatenata» (2 Tm 2,9). Le tenebre non vincono (Gv 1,5). Timoteo, il collaboratore di Paolo, viene esortato ad imitare il coraggio di Gesù: «Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Tm 6,1314). «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento» (2 Tm 4,1-2).
Michea preannuncia l’esilio ai falsi profeti rivali che l’hanno ostacolo e rimprovera il popolo di farsi sedurre con grande facilità: «Se uno che insegue il vento e spaccia menzogne dicesse: Ti profetizzo riguardo al vino e a bevanda inebriante”, questo sarebbe un profeta per questo popolo». Alcuni sono affascinati più dalla menzogna che dalla verità e vengono trascinati nel baratro da chi è capace di ingannarli. «Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» (2 Tm 4,3-5).
«Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n'è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!» (Gal 1,6-10).
Il ritorno dall’esilio
12Certo ti radunerò tutto, o Giacobbe; certo ti raccoglierò, resto d’Israele. Li metterò insieme come pecore in un recinto sicuro, come una mandria in mezzo al pascolo, dove muggisca lontano dagli uomini. 13Chi ha aperto la breccia li precederà; forzeranno e varcheranno la porta e usciranno per essa. Marcerà il loro re innanzi a loro e il Signore sarà alla loro testa.
Dopo aver prospettato la deportazione e l’esilio (1,16), Michea parla della certezza del ritorno che sarà possibile grazie all’opera di Dio. La Parola di Dio non si limita mai al solo rimprovero. Compare una parentesi di grazia nel preannuncio di sventure.
Il Signore agisce come pastore e come re; le due figure sono assimilabili perché da sempre il re doveva mostrare una cura pastorale. Raccoglierà tutto il resto degli scampati, proteggendolo come un gregge all’interno di un recinto. Se la città che li tiene prigionieri porrà molti ostacoli per impedire d’uscita da essa, il Signore aprirà una breccia nelle mura, anzi riuscirà a farli passare per la porta. Il gruppo degli esuli rimpatriati saranno come un esercito vittorioso in marcia.
«Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli» (Ger 23,3). «In quel tempo - oracolo del Signore - io sarò Dio per tutte le famiglie d'Israele ed esse saranno il mio popolo. Così dice il Signore: Ha trovato grazia nel deserto un popolo scampato alla spada; Israele si avvia a una dimora di pace. Da lontano mi è apparso il Signore: “Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele”… Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dall’estremità della terra… Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni perché io sono un padre per Israele» (Ger 31, 1-3; 8,9).
La riunnione dei figli di Dio dispersi è un evento che sta ancora avvenendo. Gesù ritiene che la popolazione da lui incontrata si trovasse allo sbando: «Vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6,34). Si propone, allora, di agire da buon Pastore (Gv 10,11). «Egli chiama le sue pecore, ciacuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce» (Gv 10,3-4). Alla fine della sua missione, Gesù muore «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52). Non li raduna soltanto in un luogo o in una istituzione, ma li riporta nella comunione con il Padre, in una unione simile a quella che egli ha con lui: «Padre, voglio che coloro che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io» (Gv 17,24).
Capitolo 3
Autorità perverse e profeti avidi
1 Io dissi: «Ascoltate, capi di Giacobbe, voi governanti della casa d’Israele: Non spetta forse a voi conoscere la giustizia?». 2Nemici del bene e amanti del male, voi togliete loro la pelle di dosso e la carne dalle ossa. 3Divorano la carne del mio popolo e gli strappano la pelle di dosso, ne rompono le ossa e lo fanno a pezzi, come carne in una pentola, come lesso in un calderone. 4Allora grideranno al Signore, ma egli non risponderà; nasconderà loro la faccia, in quel tempo, perché hanno compiuto azioni malvagie.
Riprendono le denunce e le minacce. Rimprovera in modo aspro e coraggioso i governanti della nazione. Essi dovrebbero promuovere la giustizia ma invece favoriscono l’oppressione e la violenza. Sono come dei cannibali che si cibano della carne delle loro vittime. Nel momento in cui sperimenteranno la grave sofferenza dell’esilio e supplicheranno nell’angoscia ma non verranno ascoltati dal Signore.
Ezechiele pronuncia una critica simile: «Di’ a Gerusalemme: Tu sei una terra non purificata. Dentro di essa infatti i suoi principi, come un leone ruggente che sbrana la preda, divorano la gente, s'impadroniscono di tesori e ricchezze, moltiplicano le vedove in mezzo ad essa. I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni» (Ez 22,23-27).
In questa situazione devastante, il Signore continua a manifestare la sua presenza luminosa e a richiamare la verità anche se non viene ascoltato. È la verità suggerita da Sofonia in situazioni analoghe: «Guai alla città ribelle e impura, alla città che opprime! Non ha ascoltato la voce, non ha accettato la correzione. Non ha confidato nel Signore, non si è rivolta al suo Dio. I suoi capi in mezzo ad essa sono leoni ruggenti, i suoi giudici sono lupi di sera, che non hanno rosicchiato al mattino. In mezzo ad essa il Signore è giusto, non commette iniquità; ogni mattino dà il suo giudizio, come la luce che non viene mai meno, ma l'iniquo non conosce vergogna» (Sof 3,1-3).
Allora grideranno al Signore, ma egli non risponderà. Diversi passi della Sacra Scrittura parlano del mancato esaudimento da parte del Signore: «Vi ho chiamati ma avete rifiutato, ho steso la mano e nessuno se ne è accorto. Avete trascurato ogni mio consiglio e i miei rimproveri non li avete accolti. Allora mi invocheranno, ma io non risponderò, mi cercheranno, ma non mi troveranno» (Pr 1,23-28). «Il Signore mi disse: «Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, non volgerei lo sguardo verso questo popolo. Allontanali da me, se ne vadano!» (Ger 15,1).
In via ordinaria Dio, per la sua promessa, esaudisce ogni invocazione. «Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto» (Gc 5,16-18). Qualora non intendesse esaudire ciò che gli verrebbe richiesto, perché sarebbe sbagliato farlo, probisce d’invocarlo (Ger 7,16; 11,14).
La preghiera crea e consolida una comunione d’amicizia e l’amicizia rende uguali. Se questa comunione d’intenti non si realizza e l’uomo vuole imporre a Dio qualcosa di sbagliato, Egli non ascolta. «Se nel mio cuore avessi cercato il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato. Ma Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia» (Sal 66, 17-20). «Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni. Gente infedele! Non sapete che l'amore per il mondo è nemico di Dio?» (Gc 4,2-4).
Vera e falsa profezia
5Così dice il Signore contro i profeti che fanno traviare il mio popolo, che annunciano la pace se hanno qualcosa tra i denti da mordere, ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra. 6Quindi, per voi sarà notte invece di visioni, tenebre per voi invece di responsi. Il sole tramonterà su questi profeti e oscuro si farà il giorno su di loro. 7I veggenti saranno ricoperti di vergogna e gli indovini arrossiranno; si copriranno tutti il labbro, perché non hanno risposta da Dio.
I profeti annunciano promesse rassicuranti ma false. Annunciano ciò che piace sentire a quelli che li pagano ma dichiarano guerra a chi li trascura.
In genere la profezia falsa, anziché esortare il popolo alla conversione, offre certezze infondate. Se la parola profetica risulta disgutosa ai malvagi, allora mostra la sua veridicità. Se invece si conforma al modo di pensare prevalente, si rivela falsa. «Questo è un popolo ribelle. Sono figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore. Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” e ai profeti: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d'Israele”» (Is .
I falsi profeti si rendono complici dei colpevoli; coprono con l’intonaco e con materiali inadeguati le crepe di muri: «I suoi profeti hanno come intonacato con fango tutti questi delitti con false visioni e vaticini bugiardi e vanno dicendo: Così parla il Signore Dio, mentre invece il Signore non ha parlato» (Ez 22,28). Geremia ritiene sospetta la profezia rassicurante e così si rivolge al falso profeta Anania: «I profeti che furono prima di me e di te dai tempi antichissimi profetizzarono guerra, fame e peste contro molti paesi e regni potenti. Il profeta invece che profetizza la pace sarà riconosciuto come profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà» (28,7-9; Cf 14,13-15). Gesù ha vissuto il dramma di chi annuncia la verità e denuncia il male: «Il mondo odia me perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive» (Gv 7,7).
8Mentre io sono pieno di forza, dello spirito del Signore, di giustizia e di coraggio, per annunciare a Giacobbe le sue colpe, a Israele il suo peccato.
Lo Spirito investiva alcune persone (Gedeone, Jefte, Sansone, Saul) per renderle capaci di affrontare qualsiasi scontro e sconfiggere i nemici (Gdc 6,34; 11,29; 14,19; 1 Sam 11,6). Davide ricevette un’investitura regale: «Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giono in poi» (1 Sam 16,13).
Dio dona la stessa forza ai profeti perché affrontino la lotta per la verità all’interno del popolo di Dio. La sua chiamata è irresistibile: «Ruggisce il leone: chi non temerà? Il Signore Dio ha parlato: chi non profeterà?» (Am 3,8). «Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, mi sforzavo di contenerlo ma non potevo» (Ger 20,9). Il Signore chiede a Geremia: «Stringi la veste ai fianchi, alzati e di’ loro ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro» (Ger 1,17).
Spesso il compito dei profeti è quello di denunciare il peccato: «Grida a squarciagola, non avere riguardo, alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti» (Is 58,1). Giovanni Battista richiese con forza la conversione (Lc 3,7-8). Gesù viene denominato come il «Testimone fedele» (Ap 1,5).
La primitiva comunità dei discepoli di Gesù, in un momento di grave difficolta, riceve dallo Spirito l’energia per proclamare la risurezione di Gesù: «Tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza» (At 4,31). Paolo dice di sé di essere un lottatore per la verità: «In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza, con la parola di verità, con potenza di Dio, con le armi della giustizia» (2 Cor 6,4.7).
9 Udite questo, dunque, capi della casa di Giacobbe, governanti della casa d’Israele, che aborrite la giustizia e storcete quanto è retto, 10che costruite Sion sul sangue e Gerusalemme con il sopruso; i suoi capi giudicano in vista dei regali, i suoi sacerdoti insegnano per lucro, i suoi profeti danno oracoli per denaro. Osano appoggiarsi al Signore dicendo: «Non è forse il Signore in mezzo a noi? Non ci coglierà alcun male». Perciò, per causa vostra, Sion sarà arata come un campo e Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine, il monte del tempio un’altura boscosa.
Riprende l’accusa precedente contro i governanti che commettono ingiustizie e violenze. Sacerdoti e profeti si mostrano avidi di denaro e offrono false rassicurazioni. Fanno credere, grazie alla presenza del Signore nel suo tempio, non accadrà alcun male alla nazione. Tempo addietro, gli Israeliti avevano portato con sé l’arca in battaglia contro i filistei, come fosse un talismano ma furono sconfitti e l’Arca fu catturata (1 Sam 4,10-11): l’unica rassicurazione è l’obbedienza a Dio e la fedeltà nei suoi confronti.
Michea predice la distruzione di Gerusalemme che avverrà in seguito per opera dei Babilonesi. All’epoca di Geremia, mentre la città era sotto assedio, egli suggerì la resa per evitare la distruzione della città, ma fu condannato per disfattismo. Alcuni anziani timorati di Dio, ricordarono questa profezia di Michea e riuscirono a salvare il profeta dalla morte (Ger 26, 17ss).
Promesse di salvezza
Dopo lu dure contestazioni e le minacce, il libro di Michea offre alcune promesse di salvezza: il pellegrinaggio dei popoli che opera la pacificazione (4,1-5), il raduno dei dispersi (4,6-8), l’annuncio della liberazione dalla deportazione (4,9-10) con la sconfitta delle nazioni nemiche (4,11-14), l’insediamento di un principe messianico (5,1-5), la vittoria del “resto” d’Israele (5,6-7) e la purificazione del popolo (5,8-14).
Capitolo 4
Il pellegrinaggio a Sion
1Alla fine dei giorni il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e si innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno i popoli. 2Verranno molte genti e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore e al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. 3Egli sarà giudice fra molti popoli e arbitro fra genti potenti, fino alle più lontane. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. 4Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite e sotto il fico e più nessuno li spaventerà, perché la bocca del Signore degli eserciti ha parlato! 5Tutti gli altri popoli camminino pure ognuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del Signore, nostro Dio, in eterno e per sempre.
La prima parola d’incoraggiamento per il futuro è la descizione d’un pellegrinaggio dei popoli a Sion (la medesima profezia si trova in Isaia 2,2-22).
Molti stranieri, incoraggiandosi tra di loro, decidono di recarsi a Gerusalemme per ascoltare la parola del Signore. Egli non sarà soltanto un maestro ma anche un giudice di riconciliazione. Accogliendo le sue direttive, si stabilisce la pace che prevede la fine delle guerre ma soprattutto un tempo di tranquillità e di benessere. Imitando la decisione dei popoli, Israele conferma la sua decisione di seguire il suo Signore.
Fin dall’inizio, Michea aveva auspicato che tutta la terra ascoltasse la voce del Signore (1,2). Questo preannuncio così sbalorditivo si realizzerà perché la promessa formulata da Dio non ritorna mai a lui senza effetto e senza aver operato ciò che desidera (Cf Is 55,11).
La profezia comincerà a realizzarsi quando molti pagani, divenuti “timorati di Dio” frequenteranno le Sinagoghe, attirati dallo splendore della Parola di Dio.
Il profeta Zaccaria prevede a sua volta: «Così dice il Signore degli eserciti: Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno l'un l'altro: “Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch'io voglio venire”. Così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore. Così dice il Signore degli eserciti: In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: “Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi”» (Zc 8,20-23). Lo splendore che affascina i popoli proviene dal Signore stesso, presente nel suo tempio: «La tenebra ricopre la terra ma su di te risplende il Signore. Cammineranno le genti alla tua luce» (Is 60,2-3).
Il futuro per Israele è ancora più radioso. «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria» (Is 66,18). Isaia non parla soltanto di un pellegrinaggio a Sion, ma prevede che anche i popoli più estranei al Dio d’Israele vengano a far parte del popolo di Dio convertendosi a lui: «Li benedirà il Signore degli eserciti dicendo: “Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19,25). Sofonia, senza neppure prevedere la necessità di uno spostamento, preannuncia che ogni popolo renderà culto al Signore ognuno stando nel proprio territorio. Dio farà sparire le divinità «mentre a lui si prostreranno, ognuna sul proprio suolo, tutte le isole delle nazioni» (Sof 2,11).
Con la venuta nel mondo di Gesù, il Messia, il raduno dei popoli non avviene a Gerusalemme ma attorno a Lui (Cf Mc 3,7-8). Dio aveva rivelato: «Davanti a me si piegherà ogni ginocchio» (Is 45,23). Gesù compie questa promessa: «Nel nome di Gesù Signore ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua proclami che il Signore è Gesù, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,10-11).
Dopo la sua risurrezione, non sono i popoli ad incamminarsi verso la città di Dio ma i suoi discepoli si dirigono verso tutte le genti: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Annunciano loro le «impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8).
Un nuovo regno
4,6«In quel giorno – oracolo del Signore – radunerò gli zoppi, raccoglierò i dispersi e coloro che ho trattato duramente. 7Degli zoppi io farò un resto, dei lontani una nazione forte». E il Signore regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre. 8E a te, torre del gregge, colle della figlia di Sion, a te verrà, ritornerà a te la sovranità di prima, il regno della figlia di Gerusalemme.
Il Signore annuncia la seconda promessa di salvezza che consiste nel raduno dei dispersi e nel ripristino del regno d’Israele. Il profeta aveva minacciato l’esilio (1,16) ma aveva promesso che avrebbe accompagnato il popolo nel doloroso cammino (2,12-13). Ora assicura il ritorno e la restaurazione del regno. Si prenderà cura perfino di coloro che, di per sé, non possono camminare perché zoppi (v.6); una simile delicatezza si trova espressa anche in Isaia: «Allora lo zoppo salterà come un cervo» (Is 35,6); «Porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (40,11).
Il Signore sembra pentirsi delle sventure che ha permesso, come se avesse esagerato: «In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te» (Is 54,8). «Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine» (Ez 34,11-12). «Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te”» (Is 49,14-17).
Il risultato conclusivo della sua azione sarà quello di ripristinare il regno di Israele ma il sovrano di questo regno sarà Lui stesso, non un uomo eletto a questo scopo, e questo regno sarà imperituro (come era già statato promesso a Davide).
Introduce il suo Regno servendosi di uomini che sembrano del tutto inadatti e impossibilitati a fare qualcosa di significativo. «Soccorrerò gli zoppicanti, radunerò i dispersi, li farò oggetto di lode e di fama dovunque sulla terra sono stati oggetto di vergogna» (Sof 3,19).
Il ripristino del regno di Davide comincia di fatto con Gesù: «Dio gli darà il trono di Davide e il suo regno non avrà mai fine» (Lc 1,33). Il Regno di Gesù è formato da poveri: «Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1 Cor 1,26-29).
Presente e futuro
9Ora, perché gridi così forte? In te non c’è forse un re? I tuoi consiglieri sono forse periti, perché ti prendono i dolori come di partoriente? 10Spasima e gemi, figlia di Sion, come una partoriente, perché presto uscirai dalla città e dimorerai per la campagna e andrai fino a Babilonia. Là sarai liberata, là il Signore ti riscatterà dalla mano dei tuoi nemici.
11Ora si sono radunate contro di te molte nazioni, che dicono: «Sia profanata, e godano i nostri occhi alla vista di Sion». 12Ma esse non conoscono i pensieri del Signore e non comprendono il suo consiglio, poiché le ha radunate come covoni sull’aia. 13Àlzati e trebbia, figlia di Sion, perché renderò di ferro il tuo corno e di bronzo le tue unghie e tu stritolerai molti popoli: consacrerai al Signore i loro guadagni e le loro ricchezze al padrone di tutta la terra. 14Ora fatti delle incisioni, o figlia guerriera; hanno posto l’assedio intorno a noi, con la verga percuotono sulla guancia il giudice d’Israele.
Le due profezie appena citate contrappongono un futuro radioso al presente angoscioso. Veniamo a conoscere così la terza promessa di bene.
La nazione, divenuta priva di guide, è presa da angoscia. Certo, una parte della popolazione è deportata a Babilonia ma un giorno potrà uscire dalla prigionia e ritornare in patria. La sofferenza è davvero grande ma un giorno cessarà.
Eserciti stranieri assediano la città e godono nel pensare che la sua rovina sia prossima ma essi, in realtà, nel disegno divino, sono come covoni pronti ad essere trebbiati. Intanto Israele deve resistere all’assedio perché i nemici non mostrano alcun rispetto per le sue autorità.
Queste situazioni, a prescindere da momenti storici precisi, possono essere rivissute in varie epoche e in vari momenti della vita d’ognuno. Le difficoltà, anche estreme, non devono abbattere il credente e condurlo alla disperazione ma esercitarlo nella virtù provata per aprirlo alla speranza.
Isaia prospetta una situazione ancora più drastica. Subendo una umiliazione pedagogica da parte del Signore, Gerusalemme viene ridotta quasi ad una moribonda, senza filo di voce neppure per invocare: «Io [il Signore] mi accamperò tutt’intorno contro di te e ti circonderò di trincee, innalzerò contro di te un vallo. Allora prostrata parlerai dalla terra, e dalla polvere saliranno le tue parole; sembrerà di un fantasma la tua voce dalla terra, e dalla polvere la tua parola risuonerà come bisbiglio... Ma d’improvviso, subito, dal Signore degli eserciti sarai visitata» (Is 29,3-6).
Il cristiano crede all’annuncio della risurrezione e perciò sa che Dio può dare vita ai morti e chiamare all’esistenza le cose che non esistono. Di fronte allo spegnersi della vita, vedendosi come già morto, non si lascia vincere dall’incredulità ma si rafforza nella fede, saldo nella speranza contro ogni speranza (Cf Rm 4, 17-21).
Paolo ha sperimentato proprio questo: «La tribolazione, che ci è capitata in Asia, ci [ha] colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, tanto che disperavamo perfino della nostra vita. Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte, perché non ponessimo fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, e per la speranza che abbiamo in lui ancora ci libererà» (2 Cor 1,8-10). Animato da questa fiducia, sorretto dallo Spirito di Dio, il credente può vantarsi ed utilizzare le stesse tribolazioni a proprio vantaggio. Imparerà la paziena, diventerà una persona matura e diventerà capace di sperare in una maniera sempre più convinta (Rm 5,3-4).
Capitolo 5
Il principe messianico
1E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. 2Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. 3Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. 4Egli stesso sarà la pace!
v. 1 Proprio da Betlemme, una città priva d’importanza, verrà il “dominatore” (moscel) del popolo (ma l’unico re rimanga sempre il Signore). Allora questa località non sarà più la più piccola fra le altre proprio perché avrà dato i natali al principe atteso (Mt 2,6). L’evento è stato designato già da molto tempo, da quando Davide venne consacrato re. Egli proveniva da Betlemme ed era il più piccolo tra i suoi fratelli, disprezzato da loro e dal padre (Cf 1 Sam 16,11). Sembra che Davide riappaia di nuovo dopo tanto tempo.
v.2 Prima della nascita di questo principe, il popolo sarà soggetto ad una dominazione straniera ma dopo la sua elevazione, gli esuli torneranno ed Egli riuscirà ad imporsi sulle nazioni nemiche.
v.3 Il suo dominio non sarà né violento né opressivo ma porterà la pace universale. Isaia aveva parlato di una vergine (LXX) che avrebbe partorito un figlio che sarebbe stato chiamato “Emmanuele”, Dio con noi (7,14). Consoliderà e rafforzerà il trono di Davide con il diritto e la giustizia, «grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine» (Is 9,6).
Le principali caratteristiche del principe messianico sono assegnate a Gesù: nasce a Betlemme (Mt 2,1), riceve il trono di Davide, raduna i figli di Dio dispersi (Gv 11,51-52), pasce con la forza del Sinore (Gv 10,11), procura la vera pace (At 10,36).
«Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,31-33). «[Il Sommo Sacerdote] profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,51-52). «Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti» (At 10,36 Cf Ef 2,14).
Altri riferimenti sul Pastore nel Nuovo Testamento: «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). «Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti» (Eb 13,20-21). «Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime» (1 Pt 2,25). «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1 Pt 5,2-4). «Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,16-17).
Se Assur entrerà nella nostra terra e metterà il piede nei nostri palazzi, noi schiereremo contro di lui sette pastori e otto capi di uomini, 5che governeranno la terra di Assur con la spada, la terra di Nimrod con il suo stesso pugnale. Egli ci libererà da Assur, se entrerà nella nostra terra e metterà piede entro i nostri confini.
Assur e Nimrod, cioè Babilonia, vengono menzionati per parlare di eventuali nemici in qualsiasi momento storico. «I tuoi occhi vedranno Gerusalemme, dimora tranquilla, tenda che non sarà più rimossa, i suoi paletti non saranno divelti, nessuna delle sue cordicelle sarà strappata. Ma è là che è potente il Signore per noi. Poiché il Signore è nostro giudice, il Signore è nostro legislatore, il Signore è nostro re: egli ci salverà» (Is 33,20-32).
Rugiada e forza da leone
6Il resto di Giacobbe sarà, in mezzo a molti popoli, come rugiada mandata dal Signore e come pioggia che cade sull’erba, che non attende nulla dall’uomo e nulla spera dai figli dell’uomo.
7Allora il resto di Giacobbe sarà in mezzo a numerose nazioni come un leone tra le belve della foersta, come un leoncello tra greggi di pecore, il quale, se entra calpesta e sbrana e non c’è scampo. 8La tua mano si alzerà contro tutti i tuoi nemici, e tutti i tuoi avversari saranno sterminati.
Rugiada e pioggia sono percepiti come doni divini, sono fenomeni atmosferici molto desiderati che non si possono provocare ma soltanto attendere e quindi sono simboli della grazia: «Ha forse un padre la pioggia? O chi fa nascere le gocce della rugiada?» (Gb 28,38). «Rimedio di tutto è un annuvolamento improvviso, l’arrivo della rugiada ristora dal caldo» (Sir 43,22). «Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse, frumento emosto in abbondanza» (Gen 27,28).
Ogni re è come rugiada benefica e come leone ruggente: «L’ira del re è come ruggito di leone, come rugiada sull’erba è la sua benevolenza» (Pr 19,12).
Israele non sarà più oppresso dagli altri popoli ma potrà beneficarli con la sua sola presenza, rappresentata dalla rugiada. La rugiada rivela che l’esperienza religiosa d’Israele è un dono per tutte le nazioni, le quali ristorano la loro aridità per mezzo di essa. In Israele è presente il Signore, il vero re che ristora come rugiada (Cf Os 14,6).
L’immagine del leone è più varia e contrastante. Rappresenta la violenza ostile delle potenze nemiche di Israele: «È venuta contro il mio paese una nazione potente e innumerevole, che ha denti di leone» (Gl 1,6; Is 5,28-29). Esse, tuttavia, subiranno una grave sconfitta perché il Signore stesso agirà a favore del suo popolo, egli lotterà come un leoncello che osa sfidare i pastori che l’accerchiano per abbatterlo: «Come per la sua preda ruggisce il leone o il leoncello, quando gli si raduna contro tutta la schiera dei pastori, e non teme le loro grida né si preoccupa del loro chiasso, così scenderà il Signore degli eserciti per combattere sul monte Sion e sulla sua collina. Come uccelli che volano, così il Signore degli eserciti proteggerà Gerusalemme; egli la proteggerà ed essa sarà salvata, la risparmierà ed essa sarà liberata» (Is 31,4-5).
La metafora del leone appare in molte applicazioni. Rappresenta il giusto fiero e tranquillo di sé a motivo della tranquillità della sua coscienza: «Il malvagio fugge anche se nessuno lo insegue, mentre il giusto è sicuro come un giovane leone» (Pr 28,1). Al contrario, rappresenta, il peccato che insidia il peccatore: «Il leone insidia la preda, così il peccato coloro che fanno cose ingiuste (Sir 27,10). In altri casi, raffigura l’uomo che esercita una funzione d’autorità con prepotenza: «Non essere come un leone nella tua casa e capriccioso con i tuoi servi (Sir 4,30).
Talora il giusto può percepire l’operare di Dio nei suoi confronti come un’azione violenta, come se venisse trattato da nemico: «Tu come un leone mi dai la caccia e torni a compiere le tue prodezze contro di me» (Gb 10,16). «Come un leone, così egli stritola tutte le mie ossa. Dal giorno alla notte mi riduci all’estremo (Is 38,13). Accade che, a motivo del loro grave peccato, sia il Signore ad assalire i suoi eletti: «Io li ho fatti pascolare, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno dimenticato. Perciò io sarò per loro come un leone…, li assalirò… Israele, tu sei rovinata e solo io ti posso aiutare! (Os 13, 6-9)
L’angoscia di chi si trova in un pericolo estremo ricorda il terrore di chi s’imbatte in un leone. Ester considera il re che sta per incontrare pericoloso come un leone (Cf EsterG 4,17). Ogni povero si trova davanti al persecutore come una possibile vittima indifesa: «Salvami da chi mi perseguita e liberami, perché non mi sbrani come un leone, dilaniandomi senza che alcuno mi liberi» (Sal 7,2-3).
Paolo ha incontrato numerose situazioni estreme nel corso dell’evangelizzazione: «Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno» (2 Tm 4,217-18) Più ancora questa fiera rappresenta il nemico più pericoloso: «Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare (1 Pt 5,8).
Purificazione
9«In quel giorno – oracolo del Signore – distruggerò i tuoi cavalli in mezzo a te e manderò in rovina i tuoi carri; 10distruggerò le città della tua terra e demolirò tutte le tue fortezze. 11Ti strapperò di mano i sortilegi e non avrai più indovini. 12Distruggerò in mezzo a te i tuoi idoli e le tue stele, né più ti prostrerai davanti a un’opera delle tue mani. 13Estirperò da te i tuoi pali sacri, distruggerò le tue città. 14Con ira e furore, farò vendetta delle nazioni che non hanno voluto obbedire».
Tra due promesse di annientamemto dei nemici (vv. 8 e 14), compare una parola di minaccia contro Israele. Il Signore dichiara guerra al suo popolo. Il suo primo intento è quello di distruggere tutta la potenza militare (v.9); il secondo è annientare le pratiche magiche e il culto delle divinità (v.10). A questo obiettivo dedica la maggiore attenzione. Come mai una minaccia così forte viene calata all’interno di una serie di promesse benefiche? Si tratta in realtà d’un intervento risanatore.
Il risultato è costringere a confidare soltanto in Dio, dal momento che ogni altro sostegno è ormai irreperibile ed inutile. È un’operazione verità che viene a vantaggio degli uomini. Dio sa che l’uomo dura fatica a confidare in lui e sa anche che consuma le sue energie nel crearsi sostegni che poi risultano inconsistenti e deludenti. Soltanto il Signore offre una garanzia sicura. «Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore. È in lui che gioisce il nostro cuore, nel suo santo nome noi confidiamo» (Sal 33, 18.21). In questa battaglia in cui il Signore lotta contro l’uomo, lo fa vincere proprio sconfiggendolo. La sconfitta si trasforma nella sua più grande opportunità.
In modo simile, Isaia ha annunciato con grande energia la guerra decisiva del Signore: «Sì, tu hai rigettato il tuo popolo, perché rigurgitano di maghi orientali e di indovini. La sua terra è piena d’argento e d’oro, senza limite sono i suoi tesori; la sua terra è piena di cavalli, senza limite sono i suoi carri. La sua terra è piena di idoli; adorano l’opera delle proprie mani, ciò che hanno fatto le loro dita. L’uomo sarà piegato, il mortale sarà abbassato» (Is 2,6-9). «Il Signore degli eserciti ha un giorno contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza, per abbatterlo, contro tutti i cedri del Libano alti ed elevati, contro tutti gli alti monti, contro ogni muro fortificato, contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le imbarcazioni di lusso. Sarà piegato l’orgoglio degli uomini, sarà abbassata l’alterigia umana; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno» (Is 2,12-17 passim).
La risposta del popolo, se si convertirà, consisterà nell’alimentare un sentimento di totale fiducia nel suo Creatore: «Ora so che il Signore dà vittoria al suo consacrato; gli risponde dal suo cielo santo con la forza vittoriosa della sua destra. Chi fa affidamento sui carri, chi sui cavalli: noi invochiamo il nome del Signore, nostro Dio. Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi» (Sal 20,7-9). «Solo in Dio riposa l’anima mia. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare. Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore: nostro rifugio è Dio. Non confidate nemlmla violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore» (Sal 62, 6-11).
Seconda parte
Ultimo e definitivo invito all’ascolto
Capitolo 6
Lite giuridica (rib)
1Ascoltate dunque ciò che dice il Signore: «Su, illustra la tua causa ai monti e i colli ascoltino la tua voce!». 2Ascoltate, o monti, il processo del Signore, o perenni fondamenta della terra, perché il Signore è in causa con il suo popolo, accusa Israele. 3«Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. 4Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, ti ho riscattato dalla condizione servile e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria? 5Popolo mio, ricorda le trame di Balak, re di Moab, e quello che gli rispose Balaam, figlio di Beor. Ricòrdati di quello che è avvenuto da Sittìm a Gàlgala, per riconoscere le vittorie del Signore». 6«Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno? 7Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?». 8Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio.
Dio convoca il suo popolo ad una “controversia bilaterale” (rib). Avveniva tra persone coinvolte da tempo in una relazione amichevole, quando essa rischiava di infrangersi a causa del comportamento scorretto di uno dei soggetti coinvolti. L’accusatore non mirava alla ritorsione ma cercava di ristabilire la buona relazione precedente. Per indurre il colpevole al ravvedimento, l’accusatore ricorreva ad una serie di domande che dovevano far riflettere l’altro e richiamava i fatti positivi precedenti che avevano che avevano determinato la buona relazione. È un genere che si trova di frequente soprattutto nella predicazione profetica. Dio è colui che intenta la causa nei confronti di Israele che avrebbe violato i patti. Egli non si presenta come giudice, una figura assente in questo genere di controversie, ma come parte lesa, interessata a ristabilire una relazione soddisfacente. «Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele, perché il Signore è in causa con gli abitanti del paese. Non c’è infatti sincerità né amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue» (Os 4,1).
3«Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. 4Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, ti ho riscattato dalla condizione servile e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria? 5Popolo mio, ricorda le trame di Balak, re di Moab, e quello che gli rispose Balaam, figlio di Beor. Ricordati di quello che è avvenuto da Sittìm a Gàlgala, per riconoscere le vittorie del Signore».
v.3 Il Signore, che impersona la parte lesa, esprime le sue rimostranze e dichiara di aver procurato numerosi benefici al popolo e di non averlo mai oberato con richieste eccessive. Anzi è stato piuttosto il popolo a stancare il Signore: «Tu non mi hai invocato, o Giacobbe; anzi ti sei stancato di me, o Israele. Io non ti ho molestato con richieste di offerte, né ti ho stancato esigendo incenso. Ma tu mi hai dato molestia con i peccati, mi hai stancato con le tue iniquità» (Is 43,22-24; Cf Mal 2,17).
v.4 I ricordi legati all’uscita dall’Egitto, l’invio di Mosè e i fratelli, la protezione assicurata lungo il cammino rischioso verso la terra (le insidie di Balak), l’attraversamento prodigioso del Giordano (Sittim e Galgala) devono far comprendere che il possesso della terra grazie è avvenuto grazie alla bontà di Dio.
6«Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno? 7Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?».
Il popolo, imbarazzato a causa dei torti commessi, sembra disposto a ravvedersi ma non è pentito in verità e anziché dichiararsi disponibile ad obbedire ai comandi del Signore e praticare il bene, pensa di allestire atti di culto assai vistosi. Perfino si propone l’offerta di sacrifici umani, un atto considerato obbrobrioso dai profeti (2 Cr 36,6; Ger 32,35; Ez 16,21; 20,31). La soluzione non è affetto condivisa da Dio e gradita a lui. Più che gesti dispendiosi di culto, egli vorrebbe che il popolo, in obbedienza a lui, esercitasse la corretezza fraterna.
8Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio.
Dio non esige doni materiali ma una qualità diversa di vita. Chiede, in primo luogo, la pratica della giustizia, ossia l’osservanza di tutti gli obblighi sociali a favore della persona povera e disagiata. In secondo luogo esige la fedeltà sincera all’alleanza (amare la fedeltà ) e in terza istanza vivere con fede seguendo il Signore con umiltà. In una parola, il profeta insegna ad evitare l’orgoglio di chi esclude il Signore dalla propria esistenza e poi manifesta questa scelta nefasta nel rifiuto della fraternità. «Chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità» (Rm 13,8-10)
Denuncia delle pratiche criminali
6.9La voce del Signore grida alla città e chi ha senno teme il suo nome: «Ascoltate, tribù e assemblea 10 della città. Ci sono ancora nella casa dell’empio i tesori ingiustamente acquistati e una detestabile efa ridotta? 11Potrò io giustificare le bilance truccate e il sacchetto di pesi falsi? 12I ricchi della città sono pieni di violenza e i suoi abitanti proferiscono menzogna; le loro parole sono un inganno! 13Allora anch’io ho cominciato a colpirti, a devastarti per i tuoi peccati. 14Mangerai, ma non ti sazierai, e la tua fame rimarrà in te; metterai da parte, ma nulla salverai; e se qualcosa salverai, io lo consegnerò alla spada. 15Seminerai, ma non mieterai; frangerai le olive, ma non ti ungerai d’olio; produrrai mosto, ma non berrai il vino. 16Tu osservi gli statuti di Omri e tutte le pratiche della casa di Acab, e segui i loro progetti, perciò io farò di te una desolazione, i tuoi abitanti oggetto di scherno e subirai l’obbrobrio del mio popolo».
Capitolo 7
Corruzione generale
1Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d’estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia. 2L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello. 3Le loro mani sono pronte per il male: il principe avanza pretese, il giudice si lascia comprare, il grande manifesta la cupidigia, e così distorcono tutto. 4Il migliore di loro è come un rovo, il più retto una siepe di spine. Nel giorno predetto dalle tue sentinelle, il tuo castigo è giunto, adesso è il loro smarrimento. 5Non credete all’amico, non fidatevi del compagno. Custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa sul tuo petto. 6Il figlio insulta suo padre, la figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua. 7Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nel Dio della mia salvezza, il mio Dio mi esaudirà.
v.1 Il povero contava sulla spigolatura e sulla racimolatura. «Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lev 19,9). «Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro delle tue mani. Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto; perciò ti comando di fare questo» (Dt 24,19-22. Cf Rut 2,2).
Il profeta immagina d’essere un povero che perlustra il campo già mietuto o una vigna dopo la vendemmia; cerca se può trovare qualche persona giusta che agisce secondo la volontà di Dio, ma con amara sorpresa non trova nessuno.
v.2ss. L’uomo anziché considerarsi custode del fratello, si comporta come se il prossimo, soprattutto il più fragile, fosse una preda da sfruttare. Nessuno può fidarsi dell’altro perfino in ambito familiare. Non bisogna pensare che il profeta si lasci andare in una tirata retorica. In realtà il giudizio di ogni profeta è severo: «[Il Signore] mi disse: “Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito”» (Ez 2,3-4).
Gesù esprime un giudizio simile sulla gente del suo tempo: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno!» (Mt 12,39). «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?» (Mt 17,17). Il Vangelo stesso scatena divisioni familiari dovute alla scelta di fede da parte di qualche membro della famiglia: «Se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12,52-53). L’apostolo Pietro, dopo la Pentecoste, chiede ai suoi ascoltatori di salvarsi da «questa generazione perversa» (At 2,40). Paolo, scrivendo ai Romani, ribadisce lo stesso giudizio e così descrive gli uomini del suo tempo: «Sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia» (Rm 1,29-31).
La prospettiva del profeta cambia quando, distogliendo lo sguardo dalla società e sollevandolo fino a Dio, è sicuro che da lui verrà un soccorso sicuro (7,7).
Il compimento di questa speranza si realizzerà in Cristo: «Ha dato se stesso per i nostri peccati al fine di strapparci da questo mondo malvagio» (Gal 1,4); «Ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2,14).
Confessione del peccato e lode
8Non gioire di me, o mia nemica! Se sono caduta, mi rialzerò; se siedo nelle tenebre, il Signore sarà la mia luce. 9Sopporterò lo sdegno del Signore perché ho peccato contro di lui, finché egli tratti la mia causa e ristabilisca il mio diritto, finché mi faccia uscire alla luce e io veda la sua giustizia. 10La mia nemica lo vedrà e sarà coperta di vergogna, lei che mi diceva: «Dov’è il Signore, tuo Dio?». I miei occhi gioiranno nel vederla: sarà calpestata come fango della strada. 11È il giorno in cui le tue mura saranno riedificate; in quel giorno più ampi saranno i tuoi confini. 12In quel giorno si verrà a te dall’Assiria fino alle città dell’Egitto, dall’Egitto fino al Fiume, da mare a mare, da monte a monte. 13La terra diventerà un deserto a causa dei suoi abitanti, per il frutto delle loro azioni.
v.8 Osserviamo la fiducia nel Signore espressa da un credente. «Colui che cammina nelle tenebre, senza avere luce, confidi nel nome del Signore, si affidi al suo Dio» (Is 50,10). Il versetto ricorda la certezza già testimoniata dal salmista: «Guarda, rispondimi Signore, mio Dio, conserva la luce dei miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte» (Sal 13,3-4). «Di nuovo Gesù parlò loro e disse: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
v.9. È saggio sopportare lo sdegno del Signore perché è limitato nel tempo, non è proporzionato alla colpa, si limita a correggere senza reprimere. «È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore. Poiché il Signore non respinge per sempre. Ma se affligge avrà anche pietà, secondo il suo grande amore» (Lam 3,27.31-32). «Quando l’angelo ebbe stesa la mano su Gerusalemme per devastarla, il Signore si pentì di quel male e disse all’angelo: “Ora basta! Ritira la mano!”» (2 Sam 24,16). «Il Signore corregge colui che ama e percuote chiunque riconosce come figlio» (Eb 12,6).
v.10. Israele avrà la rivincita sui nemici che deridevano la fede del popolo in modo beffardo. La speranza del credente sembra talora del tutto illusoria e si presta ad essere derisa. Lo scherno diventa un grave tormento: «Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: “Dov’è il tuo Dio?”» (Sal 42,11). Un comportamento retto suscita l’ammirazione ma anche il disgusto da parte dei malvagi: «È finito il tempo trascorso nel soddisfare le passioni dei pagani, vivendo nei vizi, nelle cupidigie, nei bagordi, nelle orge, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli. Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione, e vi oltraggiano. Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti» (1 Pt 4.3-5). Nel frattempo, ogni fedele deve provare disagio stando all’interno del mondo: «[Il Signore] liberò Lot, uomo giusto, che era angustiato per la condotta immorale di uomini senza legge. Quel giusto infatti, per quello che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, giorno dopo giorno si tormentava a motivo delle opere malvagie» (2 Pt 2,7-8).
vv.11-12. Le mura di Gerusalemme verranno riedificate. Accadrà che gli esuli ma soprattutto nazioni pagane si recheranno nella città ricostruita, muovendosi dall’Egitto e dall’Assiria. Mentre le loro terre conosceranno l’inaridimento, - l’aridità deriva dal fatto che ognuno raccoglie quello che ha seminato (Gal 6,6) -, essi saranno rinfrancati nel verificare la presenza del Signore in Israele, perciò si dirigeranno verso Gerusalemme. [Il versetto 13 è di difficile comprensione].
14Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. 15Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. 16Vedranno le genti e resteranno deluse di tutta la loro potenza. Si porranno la mano sulla bocca, i loro orecchi ne resteranno assorditi. 17Leccheranno la polvere come il serpente, come i rettili della terra; usciranno tremanti dai loro nascondigli, trepideranno e di te avranno timore.
v. 14 Ora il profeta parla con il Signore e lo invoca perché agisca di nuovo come re e pastore. In quel momento storico il suo popolo vive come fosse isolato in una foresta mentre è circondato da una terra fertile, ma con il suo aiuto potrebbe recuperare gli spazi che possedeva un tempo in Basan e Galaad.
v. 15 Dio può rinnovare l’evento più significativo rappresentato dalla liberazione dall’Egitto. Il ritorno degli esuli rinnova l’uscita dall’Egitto: «Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, e hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti? Ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con esultanza» (Is 51,10-11). «Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”» (Ger 23,7-8).
Il cristiano sperimenta cose prodigiose: «Per mezzo di Gesù abbiamo l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio» (Rm 5,2).
vv.16 e 17 I popoli che volevano annientare Israele resteranno delusi e si pentiranno dei loro scherni. Saranno umiliati e sconfitti, arrendendosi ai loro vincitori. Cominceranno a venerare il Signore che si è reso e si rende sempre presente nella storia. Si è manifestato in Israele, come suo testimone davanti a tutti, perché, attraverso questa storia particolare, tutti gli uomini giungano a riconoscere il Signore e a godere della sua salvezza. «Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno “Città del Signore, Sion del Santo d’Israele”. Dopo essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno passasse da te, io farò di te l’orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni» (Is 60,14-15).
«Il giusto starà con grande fiducia di fronte a coloro che hanno disprezzato le sue sofferenze. Alla sua vista saranno presi da terribile spavento, stupiti per la sua sorprendente salvezza. Pentiti, diranno tra loro, gemendo con animo angosciato: “Questi è colui che noi una volta abbiamo deriso; abbiamo considerato una pazzia la sua vita. Come mai è stato annoverato tra i figli di Dio e la sua eredità è ora tra i santi?”» (Sap 5,1-5).
«Ecco, [il Signore Gesù] viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen!» (Ap 1,7).
18Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. 19Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. 20Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.
v.18 Dopo aver attraversato il mare, gli scampati dal Faraone, uscirono in una lode stupita: «Chi è come te fra gli dèi, Signore? Chi è come te, maestoso in santità, terribile nelle imprese, autore di prodigi?». Ora, preso da uno stupore analogo, il profeta esclama: «Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato?».
La misericordia divina è celebrata sempre con convinzione: «Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe» (Sal 103,10).
v.19 Il Signore, al quale il profeta ha volto lo sguardo come unica possibilità di salvezza, interviene con prontezza non più per punire, neppure per una correzione pedagogica, ma per distruggere i peccati e consolidare l’alleanza, tradita dagli uomini ma alla quale Egli resta sempre fedele. L’azione salvifica del Signore non è motivata dal pentimento degli uomini, dal loro desiderio di riconciliarsi con lui o da loro eventuali meriti, ma si attua in modo esclusivo per la sua bontà immotivata e sorprendente. «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente» (Os 14,5). «Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza» (Ger 31,20).
v.20 Come un tempo si era mosso per liberare il suo popolo dalla schiavitù in Egitto, anche se quest’ultimo non sperava in un suo intervento né lo invocava, così ora interviene per liberarlo dalla tirannia ancora più pesante del peccato. Senza questa azione di grazia, annunciata come certa anche se non precisata nei tempi e nei modi, gli uomini non sarebbero capaci di liberarsi da soli dalla loro iniquità. La fedeltà di Dio costituisce l’unica soluzione, l’unico motivo di speranza. Dio aborrisce il peccato, non può tollerarne la vista, a motivo della sofferenza che esso provoca ma continua ad amare i peccatori. Per questo motivo conserva verso di loro la sua fedeltà e trova il modo per farli uscire dalla loro miseria. «In quei giorni e in quel tempo – oracolo del Signore – si cercherà l’iniquità d’Israele, ma essa non sarà più; si cercheranno i peccati di Giuda, ma non si troveranno, perché io perdonerò al resto che lascerò» (Is 50,20).
La fisionomia del Signore che viene qui delineata è del tutto conforme al messaggio del Vangelo. Ora sappiamo, in modo molto più preciso di quanto poteva fare il profeta, che Dio Padre ha distrutto il peccato, mediante la redenzione compiuta da Gesù (Rm 3,21). «Tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene» (Ef 2,3-9).
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