mercoledì 1 ottobre 2025

Lettera ai Galati

 

Prima di cominciare la lettura spirituale (lectio divina) della lettera ai Galati, è opportuno comprendere il motivo per il quale è stata scritta, il messaggio teologico principale e la struttura generale sulla quale si dipana lo scritto. 

Paolo rimase in Galazia piuttosto a lungo in seguito ad una malattia gravosa e utilizzò questo tempo per evangelizzare i Galati (4,13). Annunciò loro che il Progetto di Dio aveva raggiunto la sua fase definitiva (escatologica) (4,4). Da quando Gesù, morto e risorto, aveva inaugurato il Regno (o la nuova creazione) era giunta ormai «la pienezza del tempo» (to pleroma tou cronou). 

Il Vangelo che predicò fu la riproposta dell’annuncio fondamentale che conduce alla fede (il Kerigma). La prima notizia da sapere era questa: gli uomini ora ritrovano la riconciliazione con il Signore grazie all’obbedienza di Gesù, fino ad una morte in croce. La santità di Gesù ha riparato tutto il male del mondo e rende possibile una svolta nella storia (3,1). 

Grazie ad essa, i credenti in lui ottengono, in modo gratuito, il perdono dei peccati. Non solo, ma ricevono una vita nuova che viene infusa in loro dello Spirito Santo. Lo Spirito, che rappresenta il dono fondamentale di Dio, fa in modo che il credente diventi una cosa sola con Cristo e sia in grado di rivivere la carità con la quale il Cristo lo ha amato. 

Questa ricchezza viene concessa da Dio agli uomini in modo gratuito, senza che essi abbiano fatto qualcosa per meritarla; devono soltanto accoglierla per fede. Si tratta della giustificazione per fede o per grazia. La salvezza inizia con questo atto di fiducia riconoscente e raggiungerà la sua pienezza nella vita eterna. 

Per cominciare a partecipare all’azione di salvezza, è necessaria soltanto la fede. È inutile, meglio impossibile anzi controproducente, cercare di accumulare un bagaglio di meriti tale da obbligare il Signore ad usare benevolenza verso l’offerente (5,4). Dio Padre ci ha già accolti in Cristo quando eravamo estranei e nemici nei suoi confronti. Diventando una cosa sola con Gesù, i battezzati vengono a far parte dell’unico popolo di Dio, Israele; formano l’Israele del tempo della pienezza. La fede in Cristo è sufficiente per essere un membro d’Israele, senza che sia necessario sottoporsi al rito della circoncisione (6,15-16). 

I Galati pagani avevano accolto con grande entusiasmo questo messaggio e si erano volti a Gesù (5,7), apprezzando l’estremo valore della sua morte in croce (3,1). 

Più tardi, le loro comunità ricevettero la visita di alcuni giudeo-cristiani provenienti da Gerusalemme. Costoro, insieme a tutti gli altri Ebrei che avevano creduto in Gesù, continuavano a praticarare le norme della religione ebraica come avevano fatto da sempre, in primo luogo la circoncisione. Non condividevano la mensa con persone incirconcise, per non contaminarsi mangiando cibi immondi. Così vennero a trovarsi in contrasto con Paolo e cercarono di indurre i Galati battezzati a farsi circoncidere. Erano convinti che questo rito fossse necessario per poter appartenere al popolo di Dio, condizione necessaria per ottenere una condizione privilegiata presso Dio. 

I Galati si trovarono a dover scegliere tra due Vangeli che Paolo considerava opposti ed incompatibili tra loro. 

L’apostolo, venuto a conoscenza di questo travaglio di coscienza, scrisse loro una lettera. In essa richiamò il kerigma che aveva già fatto conoscere. Ricordò che la Legge di Mosè non era stata l’ultima rivelazione di Dio agli uomini ma che Egli si era fatto conoscere, in maniera perfetta e definitiva, nella persona di Gesù. Con la venuta di Gesù, era iniziata la nuova creazione. Per essere uomini nuovi era necessario e sufficiente ricevere lo Spirito Santo e diventare una cosa sola con Cristo. Il pagano battezzato diventava figlio di Dio. Non un figlio secondario ma condivideva la stessa dignità dell’unico Figlio Gesù. La comunità dei figli di Dio costituiva l’inizio e un anticipo della nuova creazione. 

Questo è il messaggio essenziale della Lettera. Com’è suddivisa? 

Fin dall’inizio, nel saluto, Paolo mette in evidenza di essere un vero apostolo perché è stato chiamato da Dio, è stato incaricato da Lui ad annunciare il messaggio che ha comunicato anche ai Galati. La sua predicazione è conforme al volere di Dio. Subito dopo fa risaltare il valore incomparabile della missione di Gesù che ha strappato i credenti dalla malvagità. 

Nella prima parte (1,11-2,21), rimprovera i Galati perché stanno abbandonando il Vangelo da lui annunciato. Per confermarne il valore, descrive con maggior precisione come è avvenuta la sua chiamata; fa sapere che gli apostoli avevano approvato la prassi da lui seguita di non imporre la circoncisione ai pagani. Critica Pietro perché, ad Antiochia aveva tenuto un comportamento difforme dal vangelo. 

Nella seconda parte (3,1-4,31, di carattere teologico, espone di nuovo il contenuto del messaggio che aveva esposto in Galazia e dimostra che esso è conforme alla Sacra Scrittura. I Galati hanno ricevuto lo Spirito Santo, principio di vita nuova, per un dono gratuito non perché si erano fatti circoncidere (3,2). Essi hanno imitato la fiducia di Abramo nella generosità di Dio (3,6-9). 

Chi rifiuta la benedizione gratuita, incorre nella maledizione riservata ai trasgressori della Legge, dalla quale Cristo ci ha liberati (3,9-14). 

Del resto, prima di donare agli ebrei la Legge, aveva promesso la salvezza a tutti gli uomini per la sua misericordia (3,19-22). La Legge fu un dono transitorio in attesa dell’opera di Gesù (3,23-25). Ora i battezzati sono figli di Dio, partecipano alla figliolanza di Gesù e costituiscono una nuova umanità (3,28). Non sono più trattati come minorenni bisognosi d’un pedagogo (3,25), ma sono veri figli ed eredi (4,4-6). Essi, come un tempo lo fu Isacco, sono figli della promessa gratuita di Dio (4,21-31). 

Nella terza parte (5,1-6,18), di carattere pratico, insegna che ormai Dio apprezza chi crede in lui ed opera nella carità. I battezzati, mediante l’influsso dello Spirito, riproducono lo stile di vita di Gesù che volle agire da servo (5,13). Lo Spirito produce in loro il frutto dell’amore e li aiuta a superare le opere dell’egoismo (5,16-24). In questo modo potranno ereditare la vita eterna (6,7-8). 

Nella conclusione, Paolo ricorda che ora ha valore soltanto la nuova creazione introdotta dalla Pasqua di Gesù (6,15). 

In sintesi, la lettera pone Gesù Cristo al culmine della storia della salvezza. Tutti si salvano per mezzo di Lui e i battezzati si salvano inserendosi in Lui. La novità del Vangelo consiste nella persona di Gesù che, abitando nei nostri cuori, si riproduce nella nostra esistenza. Questa è l’unica e vera garanzia che ci consente d’essere approvati da Dio. Diventiamo graditi a lui non grazie alla nostra santità, ma grazie alla santità di Gesù, alla quale ci viene dato di partecipare. La fede ci rende graditi a Dio (giustificati) perché, per mezzo di essa, accogliamo il dono mirabile del Figlio. 

Saluto con augurio

1Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, 2e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia: 3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, 

«Dio ha risuscitato [Cristo], liberandolo dai dolori della morte» (At 2,24). La nuova immagine del Padre è “Colui che fa risorgere anche dalla morte”: «Crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore» (Rm 4,24). Come Abramo, perciò, il cristiano rimane «saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). 

Paolo, per volontà e per opera di Dio, è stato chiamato da Cristo Risorto, non da qualche uomo. Anania gli disse: «Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini» (At 22,14-15). Egli stesso riconobbe: «Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento» (1 Tm 1,12-13). 

E tutti i fratelli che sono con me… La lettera è scritta con altri fratelli, è un’opera comunitaria, e viene inviata ad altre comunità o Chiese. Paolo preferisce usare il plurale perché la Chiesa universale è l’insieme delle singole Chiese che la rendono concreta. 

4che ha dato se stesso per i nostri peccati al fine di strapparci da questo mondo malvagio, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, 5al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Di Gesù si ricorda in primo luogo la sua morte perché è il fatto decisivo della sua missione: «Ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,6). Cristo, entrando nel mondo dice: «“Ecco, io vengo a fare la tua volontà”. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre» (Eb 10, 9-10). «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture» (1 Cor 15,3).

Per strapparci da questo mondo malvagio: «Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno» (1 Gv 5,19). Tuttavia Cristo ha pregato così: «Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno» (Gv 17,15). L’argomento della lettera sarà mostrare in che modo Cristo ci ha strappato dal male. 

Paolo, vero apostolo di Cristo

6Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. 

I Galati stanno per passare ad un altro Vangelo, stanno per abbandonare quello predicato da Paolo, per accogliere quello suggerito dai giudeo-cristiani, che non è una semplice e possibile variante, ma un vangelo completamente diverso ed incompatibile con esso (5,4). Questi ultimi insegnavano che i pagani che volevano farsi battezzare dovevano, prima, farsi circoncidere e diventare ebrei. 

«Non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia» (5,4).

Come fecero gli Israeliti che «presto dimenticarono le sue opere, non ebbero fiducia nel suo progetto» (Sal 106,13), mostrano di non aver colto la profondità dell’amore di Dio per loro nell’evento di Gesù. «Se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo» (2 Cor 11,4). Tuttavia, una volta che, saremo resi più solidi nella fede, eviteremo ogni sbandamento: «Non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore» (Ef 4,14). 

7Però non ce n'è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 

Alcuni che vi turbano: si riferisce a giudeo-cristiani che volevano imporre la circoncisione ai pagani che erano diventati credenti in Cristo (gli etno-cristiani). 

«Ora alcuni, venuti dalla Giudea [ad Antiochia], insegnavano ai fratelli: “Se non vi fate circoncidere secondo l'usanza di Mosè, non potete essere salvati”. Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione… [Gli apostoli precisarono:] Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi» (At 15, 1-2.24). «Vi raccomando poi, fratelli, di guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro l'insegnamento che avete appreso: tenetevi lontani da loro. Costoro, infatti, non servono Cristo nostro Signore, ma il proprio ventre e, con belle parole e discorsi affascinanti, ingannano il cuore dei semplici» (Rm 16,17-18; cfr Tt 1, 10-11). 

8Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! 9L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 

I Galati sono invitati a restare fedeli alla predicazione ricevuta, come dovevano fare sempre anche tutti gli altri credenti: «Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse» (1 Cor 11,2). «Rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti» (1 Ts 2,13). «Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica» (Fil 4,9). 

Gli oppositori di Paolo (e degli altri apostoli) «sono falsi apostoli, lavoratori fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere» (2 Cor 11,13-15). 

10Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!

Se Paolo avesse accolto le imposizioni dei giudeo-cristiani avrebbe evitato tanta opposizione da parte loro e da tutti gli altri ebrei e avrebbe ricevuti consensi ed applausi, ma la sua intenzione era quella di piacere a Dio, anche a costo di irritare gli uomini: «Come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori» (1 Ts 2,4). Gesù, da parte sua, aveva cercato l’approvazione del Padre suo e non quello degli uomini: «Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio?» (Gv 5,43-44). 

In ogni circostanza tutti dobbiamo cercare di piacere a Dio: «… non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini» (Ef 6,6). 

11Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; 12infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. 

Paolo, in un racconto autobiografico, ricorda come è stato scelto dal Signore come suo inviato e come sia in pieno accordo con gli apostoli di Gerusalemme. I suoi avversari sono in errore quando non lo considerano un vero apostolo. La sua predicazione è stata veritiera e continua ad esserlo. 

L’apostolo ha ricevuto tale Vangelo da Cristo stesso; il Risorto, però, non l’ha lasciato solo ma ha fatto in modo che venisse accolto nella comunità, inviando a lui Anania: «Saulo, fratello, mi ha inviato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso» (At 9,17). La rivelazione diretta alla persona non esclude ma esige la comunione con gli altri fratelli credenti. Ciò che l’apostolo apprese da Gesù era lo stesso messaggio annunciato dagli apostoli in tutte le Chiese. 

La fede nasce sempre da una rivelazione del Signore ad ogni singolo credente, anche quando non presenta una caratteristica straordinaria come avvenne per Paolo. Gesù disse: «Nessuno può venire a me, se non l’attira il Padre che mi ha mandato… Chi ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui viene a me» (Gv 6,43.45). Lo vediamo nel caso di Lidia: «Ad ascoltare c'era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). 

13Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, 14superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 

«Io ritenni mio dovere compiere molte cose ostili contro il nome di Gesù il Nazareno. Così ho fatto a Gerusalemme: molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con il potere avuto dai capi dei sacerdoti e, quando venivano messi a morte, anche io ho dato il mio voto. In tutte le sinagoghe cercavo spesso di costringerli con le torture a bestemmiare e, nel colmo del mio furore contro di loro, davo loro la caccia perfino nelle città straniere» (At 26,9-11). 

15Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque 16di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, 17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.

Dio Padre non trattò Paolo secondo i suoi peccati ma secondo la sua misericordia e lo strappò dal male. Egli divenne come la porzione scelta di un sacrificio, quella consacrata, la parte riservata al sacerdote (che doveva essere consumata in un luogo puro) (Lv 10,14-15). 

Fu scelto per grazia come un tempo lo furono i profeti: «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita» (Is 49,1-2). «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1,5). 

«Ultimo fra tutti [Cristo Risorto] apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1 Cor 15,8-10). Dio «ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità» (2 Tm 1,9). 

La conversione dell’apostolo, da persecutore a discepolo di Gesù, è stata, guardandola in profondità, l’atto con cui Dio ha rivelato il suo Figlio “in lui”. In pratica, da allora è cominciata una comunione di vita continua tra l’apostolo e Cristo. 

Il compito specifico assegnatogli è quello di annunciare il Vangelo ai pagani, per aggregarli all’unico popolo di Dio: «Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità [di Israele], a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo... A me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,6-8). 

18In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; 19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. 20In ciò che vi scrivo - lo dico davanti a Dio - non mentisco. 21Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. 22Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». 24E glorificavano Dio per causa mia. 

Tre anni dopo la visione avuta a Damasco, Paolo ritenne necessario stabilire una relazione profonda con Pietro, il capo del collegio degli apostoli e testimone della vita di Gesù. Allude poi ad un impegno missionario presso Antiochia di Siria e a Tarso. I giudeo-cristiani di Gerusalemme, che ora diffidano di lui e lo accusano perché non vuole circoncidere i pagani, in un primo tempo erano ammirati della sua conversione. 

Capitolo 2

1Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: 2vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. 

In una nuova rivelazione, il Risorto lo esortò a recarsi all’assemblea di Gerusalemme dove avrebbe ricevuto la conferma a proseguire la missione presso i pagani. Assieme a lui andò anche Barnaba che condivideva il suo progetto missionario e neppure lui obbligava i pagani a farsi circoncidere. In pratica i pagani che si convertivano non erano costretti a farsi ebrei prima di ricevere il battesimo cristiano. Volle confrontarsi con gli apostoli della Chiesa madre per essere certo della correttezza della sua predicazione. 

3Ora neppure Tito, che era con me, benché fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere; 4e questo contro i falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi; 5ma a loro non cedemmo, non sottomettendoci neppure per un istante, perché la verità del Vangelo continuasse a rimanere salda tra voi. 

Tito, suo collaboratore, pur essendo di origine pagana, non fu obbligato a farsi circoncidere. Lo stesso può e deve valere ora per i Galati provenienti dal paganesimo. Purtroppo alcuni giudeo-cristiani, convinti che gli etno-cristiani dovessero farsi circoncidere e sottoporsi anche a tutte le altre norme ebraiche, si erano recati presso le comunità della Galazia per osservare se i suoi membri accettavano di adempiere i doveri del buon ebreo. Si erano infiltrati con false motivazioni e li avevano spiati con scrupolo. Quando s’accorsero che le norme tradizionali erano disattese, protestarono vivacemente ma Paolo resistette alle loro pretese. Lo stesso fece ad Antiochia: «Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro» (At 15,2). Per riportare la pace, divenendo una cosa sola grazie all’adesione alla verità, fu convocata un incontro a Gerusalemme. 

6Da parte dunque delle persone più autorevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non guarda in faccia ad alcuno - quelle persone autorevoli a me non imposero nulla. 7Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - 8poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti - 9e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. 10Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare. 

Gli apostoli e le personalità più auterevoli della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, dopo aver esaminato la questione, decisero che era giusto non imporre la circoncisione ai pagani convertiti (mentre i giudeo-cristiani avrebbero continuato a praticarla). Stabilirono inoltre che Paolo continuasse ad evangelizzare i pagani e Pietro gli Ebrei. Si salutarono con un gesto che era un segno di accordo. Chiesero, inoltre, che gli evangelizzatori raccogliessero del denaro per soccorrere i cristiani di Gerusalemme che, abbandonati dagli altri ebrei a motivo del dissidio religioso, erano diventati sempre più poveri. 

11Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. 12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?». 

Concluso l’incontro di Gerusalemme, Paolo, rasserenato, ritornò ad Antiochia, la comunità in cui risiedeva abitualmente. Ad Antiochia vigeva l’usanza del pasto comune tra giudeo-cristiani ed etno-cristiani. Questa prassi era un superamento delle norme tradizionali ebraiche perché agli ebrei non era lecito mangiare insieme ai pagani, per non contaminarsi assumendo cibi impuri. La comunità di Antiochia era convinta di dover accogliere la venuta del Regno, la nuova creazione inaugurata dalla Pasqua di Cristo. 

Pietro volle visitare Antiochia, la chiesa più grande e significativa dopo quella di Gerusalemme. In un primo momento, accettò la nuova prassi dei pasti comuni, senza sollevare obiezioni. In seguito, tuttavia, dopo l’arrivo di giudeo-cristiani rigorosi, provenienti Gerusalemme, dove la comunione di mensa era ancora considerata inamissibile, nel timore di suscitare scandalo e di provocare fratture nella comunità, smise di partecipare alla mensa comune. I giudeo-cristiani ripreso a consumare i pasti soltanto tra loro, com’erano soliti fare da sempre, ma, con questo agire, crearono una divisione nella comunità. 

Questo nuovo fatto provocò la reazione sdegnata di Paolo. Egli criticò Pietro in modo molto vivace, in pubblico, per l’ambiguità del suo comportamento. Nelle sue scelte pratiche sosteneva e ripudiava la comunione di mensa. Se Pietro, mangiando insieme a loro, aveva accettato di vivere come i pagani, ora non poteva costringere i pagani a diventare giudei. 

La giustificazione per fede

15Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, 16sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. 

Lo scontro sulla leicità della comunione di mensa offre a Paolo l’occasione per riproporre il suo insegnamento più rilevante, che è anche il nucleo di questa lettera. Ai giudeo-cristiani della Galazia ricorda ciò che aveva già insegnato in un primo tempo e che era stato condiviso da tutti. Il discorso, però, è rivolto anche ai suoi avversari venuti da Gerusalemme. 

La parola dell’apostolo è molto sintetica perché non sta esponendo per la prima volta questo suo messaggio ai suoi intelocutori e, quindi, presuppone che fosse già conosciuto da loro. Da parte nostra, per capirlo, dobbiamo svolgerla in un discorso più articolato. 

Perché i pagani vengono definiti peccatori? Lo possiamo comprendere facendo riferimento ad un passo della Lettera ai Romani. Essi potevano conoscere il volere del Signore soltanto mediante i suggerimenti della loro coscienza, ma spesso questi venivano trascurati (Rm 2, 14-15; 1,32). Gli ebrei, invece, grazie al dono della Legge, conoscevano la volontà di Dio con maggiore accuratezza, e quindi, di fatto, non erano peccatori come i pagani. Ciò nonostante, neppure loro osservavano la Legge come il Signore avrebbe voluto, a motivo della loro debolezza umana (Rm 2,25; 7,5). Tutti gli uomini, quindi, pagani o ebrei, non potevano certo dichiararsi innocenti e pretendere di godere dell’approvazione di Dio ed essere considerati giusti da Lui. Al contrario: «Giudei e Greci, tutti sono sotto il dominio del peccato» (Rm 3,9).

Dio Padre, di conseguenza, prendendosi cura di tutti (anziché punirli), mandò il Figlio a convidere la nostra umanità. Egli fu totalmente santo e gradito a Dio. Ora ci viene data la possibilità di unirci a lui, formando con lui un solo essere (come tralci alla vite) (cf Rm 8,3-4). La novità del Vangelo consiste nella persona di Gesù che, abitando nei nostri cuori, si riproduce nella nostra esistenza. Questa è l’unica e vera garanzia che ci consente d’essere approvati da Dio. Diventiamo graditi a lui non grazie alla nostra santità, ma grazie alla santità di Gesù, alla quale ci viene dato di partecipare. La fede ci rende graditi a Dio (giustificati) perché, per mezzo di essa, accogliamo il dono mirabile del Figlio. 

17Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! 18Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come trasgressore. 

La frase è poco chiara; forse significa questo: se i cristiani della Galazia, convinti dagli avversari di Paolo, tornano a cercare l’approvazione di Dio (la giustificazione) in base alla loro fedeltà alla Legge, mettendo da parte l’opera di Gesù, distruggono il dono ricevuto. Rischiano di trovarsi di nuovo in balia della loro debolezza. Se tornano così a peccare, non è per colpa di Gesù, ma a motivo della debolezza della loro adesione a Lui. 

19In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, 20e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. 21Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano. 

Ribadisce il contenuto del suo Vangelo che ha richiamato or ora: Cristo, per amore degli uomini (di ogni uomo), per annullare la loro disobbedienza, ha obbedito a Dio Padre fino ad accettare una morte in croce. Ora Egli vuole e può vivere in loro per riprodurre in essi la sua santità. Offre questa possibilità a chi si affida a Lui, anche se non può vantare d’essere stato una persona retta e d’aver compiuto opere buone. Rifiutare questa novità straordinaria e continuare a cercare di realizzare una rettitudine personale rende inutile il dono di Dio. 

Seguiamo il vesetto in modo più attento:

 «Io»: mettendo il risalto la sua persona, vuole mostrare di essere coinvolto personalmente nella verità che comunica a tutti. Ciò che comunica agli altri, vale in primo lugo per lui. 

«Sono morto alla Legge»: non cerca più di essere gradito a Dio in base alla sua osservanza della Legge, ma afferrando la nuova possibilità che il Padre ha reso possibile a tutti. Soltanto unendoci a Gesù diventiamo capaci realmente di vivere per lui, totalmente obbedienti a Lui. Paolo sa d’aver ottenuto la «morte» dei suoi peccati, in seguito all’obbedienza di Gesù sulla croce. In questo senso è stato crocifisso con Lui. Inoltre riceve con lui la vita nuova della risurrezione. Ora Cristo vive in lui e lo rende partecipe della sua Pasqua. Di conseguenza, non vuole più contare su di sé ma sull’amore soprendente di Gesù che ha dato a lui tutto se stesso ed è pronto a rivestirlo di sé. La novità di Dio è Cristo che vive in ogni credente. Dopo aver esposto questo principio di vita essenziale, l’apostolo cerca di scuotere i suoi fedeli perché non disistimino questo dono mirabile. 

Capitolo 3

Il ruolo dello Spirito

1 O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! 

I fedeli della Galazia, turbati, quasi ammaliati dalle rimostranze dei giudeo-cristiani venuti da Gerusalemme, rischiavano di consentire alle loro opinioni. Se l’avessero fatto, sarebbero stati davvero insensati. Disistimare il valore supremo della morte del Signore costituirebbe per loro un danno fatale. Soltanto grazie ad essa, infatti, hanno ottenuto il perdono delle loro colpe e la possibilità di una vita santa. Cristo crocifisso «è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24).

Eppure Paolo, da subito, aveva esposto loro, con accuratezza, la passione di Gesù, la carità che mostrò nella sua sofferenza, la sua totale dedizione a Dio e agli uomini. Come dirà ai Corinzi: «Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1 Cor 2,2). 

Egli annuncia e dona a tutti Gesù. Considera l’annuncio della sua morte come il nucleo incandescente del Vangelo (cf 1,23). Gesù non è prima di tutto o soltanto un maestro ma è colui che ha dato tutto se stesso agli uomini, attraversando il peggio della situazione umana. Ha inaugurato l’unica vera svolta della storia, a motivo della sua obbedienza al Padre. Anziché mettere in ombra la passione, l’apostolo, vincendo ogni imbarazzo, la pone in piena evidenza. Nulla infatti manifesta l’amore di Gesù per Dio e per gli uomini quanto essa. «Ecco i segni dei chiodi, ecco le ferite! Io ho sofferto tutte queste cose per te che sei stato ferito con molti colpi e trascinato da molti nemici in una dura schiavitù. Ma io, nella mia bontà, sono venuto a cercarti per liberarti, giacché dall'inizio ti ho fatto a mia immagine» (PseudoMacario, III, 3,1,5-3,2).

2 Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? 

Continua, con una certa enfasi, a far riflettere i suoi fedeli titubanti. Quando i Galati divennero credenti, il Signore diede una prova certa del suo perdono arricchendoli con segni evidenti della presenza dello Spirito Santo, tra loro e in loro. Le molteplici manifestazioni dello Spirito Santo garantivano la verità dell’annuncio dell’apostolo. Ricevettero queste prove di benevolenza di Dio senza che si fossero fatti circoncidere. Quindi sarebbe disastroso per loro, se essi, non comprendessero più la gratuità della cura di Dio nei loro confronti. Sarebbe disastroso se cercassero di costringere Dio ad amarli, in seguito al cumulo dei loro meriti. 

Gli Atti degli apostoli narrano dell’effusione dello Spirito su persone pagane aperte al Vangelo: «Pietro stava ancora [parlando], quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: “Chi può impedire che siano battezzati nell'acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?”. E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo» (At 10,44-48). 

3 Siete così privi d'intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? 

Grazie alla loro fede in Gesù, i Galati ricevettero lo Spirito Santo e furono rafforzati dalla potenza di Dio. Non devono, allora, «finire nel segno della carne». Che significa? Non devono ritornare alle situazione in cui si trovavano prima di accogliere il Vangelo. Allora avevano sperimentato la povertà dell’essere carne, ossia debolezza che affligge ogni uomo per la quale nessuno è in grado di sfuggire al peccato. Se ora non si affidassero più all’opera del Signore, ma si appoggiassero alla loro buona volontà, finirebbero col diventare preda del Peccato. 

Parlando di alcuni cristiani che avevano abbandonato la via della fede, l’autore della seconda lettera di Pietro avverte: «Se, dopo essere sfuggiti alle corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, rimangono di nuovo in esse invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso» (2 Pt 2,20-21). La situazione dei Galati è simile a questa denunciata nella lettera. 

4 Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! 5 Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede?

Accadeva che coloro che aderivano alla fede in Cristo venissero perseguitati. Così esorta l’autore della Lettera agli Ebrei: «Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo» (Eb 10,32-33). Anche i Galati avevano sopportato sofferenze e ostilità ed ora rischiano di vanificare gli sforzi fatti, anzi di rendersi colpevoli nei confronti di Dio. Ripete di nuovo la domanda: lo Spirito lo avete ricevuto perché avete creduto in Gesù o perché vi siete fatti circoncidere?

6 Come Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia, 7 riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. 

I Giudeo-cristiani e i Galati pagani che avevano frequentato la Sinagoga come timorati di Dio, conoscevano la Bibbia. Paolo, per rendere più credibile il suo messaggio, fonda le sue asserzioni sulla Sacra Scrittura e cita la vicenda di Abramo. Questi, quando fu chiamato da Dio, era ancora pagano. Il Signore non lo scelse per i suoi meriti, ma per un atto d’amore gratuito e il patriarca fu gradito a lui soltanto perché si fidò delle sue promesse. Dio lo chiamò per una sua decisione misteriosa e gratuita, a prescindere dalle sue opere. Quanto accadde un tempo ad Abramo, si è ripetuto ora con i Galati. Essi, quando erano ancora pagani, hanno imitato l’atteggiamento di fede di Abramo e in questo modo si sono rivelati suoi figli, non per discendenza umana, ma per la loro affinità spirituale con il patriarca. 

8 E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. 9 Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. 

Dio ha chiamati al Vangelo i fedeli della Galazia per un atto d’amore, non perché doveva ricompensarli per i loro meriti ed essi si sono fidati della bontà di Dio e hanno creduto alle sue promesse. Hanno verificato, così, la verità della promessa che Dio aveva formulato ad Abramo, quella di benedire tutti i popoli per mezzo di lui, come ricompensa della sua fede in lui. Il caso di fede di Abramo si è moltiplicato perché adesso molti imitano la sua fiducia in Dio. Grazie a questa fiducia in Dio hanno ricevuto la benedizione, che consiste ora nel poter vivere la fede cristiana. 

10 Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. 11 E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. 12 Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. 

Gli uomini che vogliono diventare graditi a Dio grazie alle loro scrupolose osservanze, trascurando l’opera compiuta da Gesù a loro favore, rischiano la rovina. È impossibile infatti che siano talmente obbedienti al Signore da non commettere dei peccati. Peccando, tuttavia, cadono nella maledizione prevista per i trasgressori. La maledizione non è la vendetta di Dio ma è sperimentare l’amara conseguenza di una scelta sbagliata. È come voler andare ad abitare in una terra arida dove non è possibile vivere. Bisogna piuttosto credere che Dio soccorra i peccatori e diventare una cosa sola con il Figlio suo Gesù. Questo è il progetto del Signore. 

13 Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, 14 perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito. 

Cristo ci ha liberati per sempre facendosi uscire dalla terra arida della invivibilità, dalla maledizione, in cui c’eravamo cacciati. Ha fatto questo perché è entrato nella terra inabitabile e deserta del peccato. Ha provato su di sé l’orrore della maledizione ma in quel luogo ha fatto fiorire la benedizione per tutti. 

Mentre prima della sua venuta soltanto gli ebrei potevano partecipare alla benedizione elargita ad Abramo, ora invece essa è estesa a tutti coloro che condividono lo stesso sentimento di fiducia in Dio del patriarca. Gesù ci porta la benedizione del Padre e questa benedizione corrisponde all’effusione in noi dello Spirito Santo. Grazie allo Spirito diventiamo un solo essere con Cristo e possiamo cominciare a vivere un’esistenza gradita a Dio. 

Il testo biblico, a cui Paolo si riferisce, dichiara: l’uomo «appeso [ad un albero] è una maledizione» (Dt 21,23). Cristo ha sperimentato la maledizione ma non è stato maledetto lui, come persona. A motivo della sua innocenza, non doveva conoscere la maledizione ma ha voluto sperimentarla per liberare gli uomini da essa. 

La Sacra Scrittura attesta due possibilità diverse tra loro. Da una parte proclama che la vita verrà concessa soltanto a chi osserva le leggi («Osserverete dunque le mie leggi e le mie prescrizioni, mediante le quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il Signore [Lv 18,5]», dall’altra promette che il giusto «potrà vivere grazie alla sua fede» (Ab 2,4). Il popolo ha sperimentato l’amarezza della tragressione ma ha sempre sperato in una misericordia più ampia della vastità del peccato e ha atteso l’intervento liberatore di Dio: «Quale dio è come te, che toglie l'iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi» (Mi 7,18-20). Dio ha gettato in fondo al mare i nostri peccati grazie all’obbedienza di Gesù in croce. 

La promessa e la Legge

15 Fratelli, ecco, vi parlo da uomo: un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. 16 Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furono fatte le promesse. Non dice la Scrittura: «E ai discendenti», come se si trattasse di molti, ma: E alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo. 

Continua a cercare nella Sacra Scrittura un fondamento del suo annuncio e torna a riflettere sulla figura di Abramo e sul ruolo del suo Discendente. Ricorda che esistono degli atti giuridici definitivi, come, ad esempio, un lascito testamentario dopo la morte del testatore. La promessa di Dio ad Abramo deve essere considerata come un atto legale di questo genere. Dio gli promise che avrebbe benedetto il suo «seme». Il termine «seme» può essere inteso in senso collettivo (una discendenza) o personale (un figlio). Nelle interpretazioni successive, il seme al quale era destinata la benedizione venne inteso come un riferimento al Messia. Paolo, convalida questa interpretazione aggiungendo che il Messia è Gesù. Nel Messia/Gesù Dio ha benedetto tutti i popoli. 

17 Ora io dico: un testamento stabilito in precedenza da Dio stesso, non può dichiararlo nullo una Legge che è venuta quattrocentotrenta anni dopo, annullando così la promessa. 18 Se infatti l'eredità si ottenesse in base alla Legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece ha fatto grazia ad Abramo mediante la promessa.

L’eredità, ossia la salvezza, si ottiene in base alla promessa scaturita dall’amore gratuito di Dio. Egli decise di benedire gli uomini che si fidavano di lui, anche se erano peccatori nel momento di riceverla (in seguito, questa benedizione li avrebbe resi uomini giusti, capaci di obbedire al Signore). 

Quattro secoli dopo questa decisione, la Legge di Mosè stabilì, invece, che soltanto gli uomini retti, osservanti dei precetti, potevano essere benedetti. Questa nuova disposizione, molto più restrittiva, tuttavia, non poteva annullare la promessa precedente di Dio, ormai ratificata. Come mai il Signore permise questo contrasto? Perché venne promulgata una Legge che non era per nulla rassicurante rispetto alla promessa?

19 Perché allora la Legge? Essa fu aggiunta a motivo delle trasgressioni, fino alla venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa, e fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore. 

Dio non ha adempiuto la sua promessa subito dopo averla formulata, cioè non ha inviato subito il suo Messia. In un primo tempo, ha voluto soccorrere gli uomini mediante un provvedimento provvisorio e in parte poco efficace, ossia con la Legge mosaica. Per mezzo di essa arginò l’impeto del male. Mentre la promulgava, però, pensava sempre al dono che avrebbe fatto più tardi e che sarebbe stato risolutivo, cioè l’invio del Messia. Intanto voleva educare gli uomini facendo capire loro che non erano in grado da soli di liberarsi dal peccato e che avrebbero dovuto ricorrere a Colui che avrebbe donato loro, il Messia/Gesù. La Legge, quindi, contrastava il male senza poter sconfiggerlo in maniera definitiva. Aveva soltanto uno scopo pedagogico. 

La Promessa della benedizione era stata formulata da Dio stesso, in modo diretto, nel dialogo con Abramo. Al contrario, la Legge non fu promulgata direttamente da Lui ma da alcuni angeli [che si rivolsero ad un mediatore; l’apostolo non precisa chi sia stato, forse un Arcangelo oppure Mosè]. All’epoca, per garantire la trascendenza divina, si diceva che Mosè, sul monte Sinai, avesse incontrato degli angeli. Con questi accorgimenti, Dio voleva accreditare la sua Legge ma anche evitare che essa venisse considerata l’aiuto definitivo. Bisognava accoglierla ma intanto rimanere in attesa d’un bene molto migliore. 

20 Ma non si dà mediatore per una sola persona: ora, Dio è uno solo. 

Versetto di difficile interpretazione. Una persona può agire da sola, direttamente, senza servirsi di intermediari e questo modo di fare è più consono a Dio, quello preferito da lui. Egli infatti è un Dio unico, più grande di quasiasi creatura che possa fungere da mediatore. 

21 La Legge è dunque contro le promesse di Dio? Impossibile! Se infatti fosse stata data una Legge capace di dare la vita, la giustizia verrebbe davvero dalla Legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo. 

Dio non è come gli uomini che cambiano parere e perciò non ha mai ritirato la sua promessa. La sua intenzione è rimasta sempre la medesima: trovare un modo per perdonare gratuitamente l’uomo peccatore e renderlo santo, con un atto di misericordia decisivo. La Legge, pur essendo santa, non infondeva nell’uomo la forza necessaria per vincere il male e ottenere la vita. Anzi essa dichiara in maniera chiara che tutti gli uomini sono rinchiusi come prigionieri da un tiranno che li domina, ossia il Peccato. L’intervento risolutore è stato la missione del Figlio Gesù, come aveva promesso ad Abramo. È lui il discendente del patriarca designato da Dio a comunicarci la benedizione. Soltanto accogliendo lui, ci liberiamo dal peccato. Se la Legge fosse stata in grado di renderci giusti, in seguito alla nostra osservanza delle norme, Dio non avrebbe escogitato un altro intervento ancora più qualificato. 

23 Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. 25 Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. 

Paolo continua a ridimensionare la Legge non perché la consideri negativa, ma perché non può essere paragonata all’efficacia della fede. La Legge rinchiude, proprio come fa il Peccato. È quest’ultimo, però, il vero tiranno che rende prigionieri gli uomini servendosi di essa. 

La Legge custodiva gli uomini allo stesso modo d’un pedagogo, il severo sorvegliante dei ragazzi. Questi non aveva la funzione né la possibilità di persuadere ma soltanto di sorvegliare, con moniti severi e punizioni. Ora l’umanità non è più corretta dalla disciplina della Legge, ma viene persuasa e rafforzata dal Signore Gesù che ci riveste di se stesso. 

26 Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. 29 Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.

Paolo precisa ancora meglio il significato della giustificazione per fede. Dio Padre riveste del suo stesso Figlio gli uomini che si fidano della sua volontà di perdono. È questa la vera svolta nella storia della salvezza. La veste non indica un elemento esteriore ma segnala un vero cambiamento interiore. 

Non bisogna pensare ad automatismi miracolistici. L’annuncio del Vangelo proclama il volere di Dio di riconciliarsi con gli uomini ed assicura che, grazie all’obbedienza di un uomo solo, Cristo, tutti gli uomini sono perdonati. Chi crede a questo messaggio ed accoglie questo invito, prima di tutto si pente del suo peccato e decide di ritornare a Dio Padre che lo attende. Chi accoglie l’annuncio del Vangelo e si fa battezzare, riceve in sè il Figlio stesso che comincia a trasformarlo perché diventi come lui. Chiedendo l’aiuto di Gesù, apprende col tempo a pensare e ad agire come lui. Il battezzato diventa realmente figlio di Dio quando comincia a pensare e ad agire come l’unico vero Figlio. La nascita di Cristo in noi è paragonabile ad un parto doloroso (cfr. 4,19). 

Negli uomini che vivono in Cristo compare la nuova creazione, si manifesta il Regno di Dio. Esso non appare soltanto in singole persone rinnovate, ma in comunità che vivono al loro interno il messaggio del Vangelo. In esse comincia a realizzarsi il futuro (escatologico) che prevede il superamento di tutte le discriminazioni e le violenze che segnano in maniera pesante il cammino dell’umanità. Ormai vale soltanto che Cristo sia tutto in tutti. 

«Pensa, ti prego, che Nostro Signore Gesù Cristo è il tuo vero capo, e che fai parte delle sue membra. Egli ti appartiene come il capo al corpo. Tutto ciò che è suo, è tuo: il suo spirito, il suo cuore, il suo corpo, la sua anima, e tutte le sue facoltà… Non solamente egli ti appartiene, ma vuole essere in te, vivendo e dominando in te come il capo vive e regna nelle sue membra. Egli vuole che tutto ciò che è in lui viva e domini in te: il suo spirito nel tuo spirito, il suo cuore nel tuo cuore, tutte le facoltà della sua anima nelle facoltà della tua anima, …perché la vita di Gesù si manifesti in te… Non c’è vera vita per te se non in lui solo, che è la fonte esclusiva della vera vita» (Dal trattato «L’ammirabile Cuore di Gesù» di san Giovanni Eudes Lib. 1, 5). 

«Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa». Credendo a Gesù e accogliendolo in se stesso, ogni uomo diventa discendente di Abramo, viene ad appartenere al popolo di Dio, acquisisce la stessa dignità di Israele, senza sottomettersi alla circoncisione. Anzi diventa Figlio di Gesù come lo è Lui. 

Capitolo 4

1 Dico ancora: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, benché sia padrone di tutto, ma 2 dipende da tutori e amministratori fino al termine prestabilito dal padre. 3 Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo schiavi degli elementi del mondo. 

Tutto intento a far conoscere la grande novità del Vangelo, Paolo si serve di un altro esempio prese dal mondo giuridico. Un erede, finché è un fanciullo, non può avvalersi di tutti i diritti di cui gode come figlio naturale, finchè non lo decida il padre. Israele fu custodito dalla Legge, come se essa fosse stata il suo tutore e, nel frattempo, non potè godere di tutti i vantaggi che derivano dall’essere figli di Dio (anche se si definiva tale). Afferma inoltre che la sua situazione non era dissimile da quella di uno schiavo poiché la Legge non lo liberava dalla schiavitù al Peccato. 

Bisogna precisare, però, che Dio non trattò mai il suo popolo se come fosse uno schiavo senza diritti, anzi se esso fosse stato uno schiavo, non avrebb mai potuto diventare figlio. Paolo precisa che questa situazione precaria ed infelice del popolo di Israele era anche la sua. Con gli altri Israeliti, era schiavo degli elementi del mondo, senza chiarire che cosa essi siano. 

4 Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. 6 E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». 7 Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Annuncia la grande svolta nella storia della salvezza. Finalmente è giunta la pienezza del tempo, l’ora tanto attesa dell’adempimento del progetto di Dio. Gesù aveva già annunciato il compimento dell’attesa e l’inizio del Regno di Dio (Mc 1,15; Lc 10,18; 11,20). Egli è entrato nel mondo non perché fosse giunta l’ora prevista da Dio, quasi fosse stata stabilita una scadenza nel calendario celeste, ma è stata la sua missione nel mondo a realizzare la pienezza del tempo, la fine dell’attesa. 

Paolo ricorda che Gesù è nato da donna, ossia è stato uomo come noi. Aggiunge che è nato sotto la Legge, cioè nacque come ebreo e si sottomise alle prescizioni della Legge. 

Tuttavia la missione di Gesù prevedeva la creazione di qualcosa di più grande. Non volle soltanto di dare un esempio di obbedienza o di stabilire una nuova interpretazione della Legge. Egli divenne la nuova ed ultima rivelazione di Dio, secondo la promessa annunciata nella Sacra Scrittura. Al posto della vigna infruttuosa di Israele, crebbe Lui come nuova vigna piantata dal Padre, rigogliosa e colma di frutti e diede a noi la possibilità di inserirsi in lui come tralci. 

Questo inserimento in Cristo, Paolo lo chiama riscatto dalla Legge e adozione a figli. In pratica l’humus dal quale attingiamo l’alimento non è più la Legge ma Cristo che ha obbedito al Padre con un amore di dedizione ben superiore alla lettera della Legge. Il riscatto dalla Legge non è stato un inserimento nel terreno dell’arbitrio o del capriccio, ma in quello della libertà e dell’agire da figli. Non facciamo perciò il bene per obbligo, per paura, ma perché lo vogliamo fare per agire da figli. Noi possiamo nutrire questa intenzione e poi attuarla perché siamo mossi dallo Spirito Santo come lo fu Gesù. Il dono del compimento prevede, infatti, come bene insuperabile, l’effusione dello Spirito Santo il quale forma in noi lo stile di vita di Gesù e ci infonde la sua stessa confidenza di figlio. Essa ci induce a chiare Dio con titolo di «Abba», proprio come faceva Gesù (Mc 14,36). Egli è, per così dire, il figlio naturale e noi i figli adottivi. L’adottato non diventa un figlio di seconda mano ma possiede tutti i diritti del figlio naturale. Infatti riceve l’eredità, non da Abramo ma da Dio stesso. 

8 Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, voi eravate sottomessi a divinità che in realtà non lo sono. 9 Ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire? 10 Voi infatti osservate scrupolosamente giorni, mesi, stagioni e anni! 11 Temo per voi di essermi affaticato invano a vostro riguardo. 12 Siate come me - ve ne prego, fratelli -, poiché anch'io sono stato come voi. 

Nuovo invito a non ritornare alla situazione precedente al Battesimo, quando i Galati erano schiavi delle pratiche idolatriche e servivano divinità inesistenti. Come non riprendono quest’ultime, così non hanno alcuna necessità di assumere le pratiche del giudaismo, altrimenti resterebbero in un regime di schiavitù ed egli li avrebbe evangelizzati inutilmente. Quando erano pagani, a differenza di Israele, non conoscevano Dio, nel senso che non vivevano in un rapporto d’alleanza con Lui mentre ora godono della riconciliazione che Egli ha voluto stabilire con loro per un dono gratuito; sono stati conosciuti da Lui. 

Non mi avete offeso in nulla. 13Sapete che durante una malattia del corpo vi annunciai il Vangelo la prima volta; 14quella che, nella mia carne, era per voi una prova, non l’avete disprezzata né respinta, ma mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù. 15Dove sono dunque le vostre manifestazioni di gioia? Vi do testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darli a me. 16Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? 

Dopo aver esposto il rapporto stabilito da Dio stesso con i Galati, ricorda la relazione amorevole che si era creata tra lui e loro. Inizia il discorso assicurando che egli non si sente offeso dal fatto che sono stati presi da dubbi circa la verità del suo insegnamento e che, da parte sua, non c’è alcuna intenzione di rottura di rapporti. Ricorda che si era fermato a lungo tra loro a motivo d’una malattia che l’aveva colto a sorpresa. Forse aveva pensato di percorrere la Galazia in modo più celere per recarsi altrove (ad Efeso?) mentre la malattia lo costrinse a restare più a lungo del previsto ed egli era rimasto sorpreso del grande affetto che gli avevano dimostrato. Spera di sperimentare un’altra volta la loro premurosa attenzione nei suoi confronti. 

17Costoro sono premurosi verso di voi, ma non onestamente; vogliono invece tagliarvi fuori, perché vi interessiate di loro. 18È bello invece essere circondati di premure nel bene sempre, e non solo quando io mi trovo presso di voi, 19figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi! 20Vorrei essere vicino a voi in questo momento e cambiare il tono della mia voce, perché sono perplesso a vostro riguardo. 

I giudeo-cristiani di Gerusalemme si mostrano premurosi verso i Galati ma lo fanno animati da una motivazione maligna. Sperano che la loro cortesia li induca ad accettare la loro intenzione di condurli nell’alveo di Israele. Secondo loro, la fede in Cristo non è sufficiente a salvarli ma devono inserirsi anche nel popolo dell’antica Alleanza, accettando la circoncisione e sottomettemdosi a tutte le pratiche religiose ebraiche. Paolo sta soffrendo a causa della loro situazione di incertezza e i suoi dolori soni simili a quelli provati da una partoriente. Infatti egli sta formando in loro Cristo. Anche in questo passo dal tono più sentimentale, l’apostolo non sta difedendo il suo ruolo ma quello di Cristo Gesù.

21Ditemi, voi che volete essere sotto la Legge: non sentite che cosa dice la Legge? 22Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. 23Ma il figlio della schiava è nato secondo la carne; il figlio della donna libera, in virtù della promessa. 24Ora, queste cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due alleanze. Una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, è rappresentata da Agar 25– il Sinai è un monte dell’Arabia – ; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. 26Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la madre di tutti noi. 27Sta scritto infatti: Rallégrati, sterile, tu che non partorisci, grida di gioia, tu che non conosci i dolori del parto, perché molti sono i figli dell’abbandonata, più di quelli della donna che ha marito. 28E voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco. 29Ma come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora. 30Però, che cosa dice la Scrittura? Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio della donna libera. 31Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma della donna libera.

Nel concludere la parte teologica della sua lettera, ricorre ad una ulteriore testimonianza biblica, piuttosto elaborata. Abramo aveva avuto due figli, Ismaele e Isacco. Il primo l’aveva avuto dalla schiava Agar; il secondo dalla moglie Sara, che era una donna libera. Ottenne Isacco in modo miracoloso, in base ad una promessa di Dio, dal momento che Sara era sterile, e questi fu considerato il figlio della promessa. Queste due donne sono un’immagine di due Alleanze. 

Secondo Paolo, distinguendosi dalla tradizione ebraica, Agar, immagine dell’Alleanza antica, rappresenta la città di Gerusalemme, ossia il popolo ebraico che è schiavo della Legge. Sara, immagine della nuova Alleanza, rappresenta invece la Gerusalemme celeste, ossia il popolo di Dio che apparirà nel tempo della pienezza della storia della salvezza. Questo popolo sorgerà in modo prodigioso, come lo fu Isacco, come adempimento di una promessa di Dio. Una persona diventava ebrea perché nasceva da una famiglia ebrea, per discendenza umana. I Galati sono paragonabili ad Isacco perché sono diventati appartenenti al popolo di Dio grazie ad una decisione di grazia del Signore, senza alcun diritto da parte loro.

Ismaele nutrì sentimenti ostili contro Isacco; in modo simile, ora, i discendenti di Agar, cioè gli ebrei e i giudeo-cristiani, vogliono assogettare alle loro disciplina i figli della promessa, cioè i Galati che provengono dal paganesimo. Il loro tentativo di voler assimilare i Galati al popolo ebreo viene inteso come una persecuzione nei loro confronti. Sara chiese che Agar, insieme ad Ismaele, venisse allontanata dalla famiglia. È quello che sta ripetendo Paolo nei confronti dei giudei-cristiani. Devono essere messi nella condizione di non nuocere ai nuovi credenti, che sono in una situazione di fragilità. 

Vita nella libertà

1Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. 

La libertà dell’uomo è il risultato di una liberazione. Cristo ha liberato i Galati e, con loro, tutti i credenti in lui, perché rimanessero liberi dalla schiavitù del peccato.

Li ha liberati anche dalla schiavitù della Legge perché grazie alla potenza dello Spirito di Cristo, diventano capaci non soltanto di obbedire ai comandamenti della Legge ma anche di assomigliare a Gesù che ha amato Dio e i fratelli più di quanto esigesse l’antico ordinamento. Dovrebbero, quindi, apprezzare la loro nuova situazione e rimanere in questa libertà. 

Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero» (Gv 8,36). «Rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore» (1 Cor 15,58) 

2Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. 3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. 4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. 5Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. 6Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. 

Se i Galati, che provengono dal mondo pagano, accettassero l’esortazione a farsi circoncidere per diventare ebrei, questa loro scelta dimostrerebbe che essi non hanno compreso il valore dell’opera di Cristo. Questo sentire li priverebbe del suo aiuto. Una cosa è ricevere il perdono del Padre, in modo gratuito, grazie all’obbedienza di Gesù; un’altra cosa è cercare di diventare graditi a Dio in seguito ad un’osservanza rigorosa. Il battezzato, inoltre, può cominciare una vita nuova a partire dal dono di Dio che lo ha reso suo figlio e l’ha costituito una cosa sola con Cristo. Le due opzioni sono opposte: o accettiamo la grazia o ci procuriamo da noi la salvezza. Paolo, perciò, vuole «… guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,8-9).

La grazia consiste nel poter contare sull’energia dello Spirito; la circoncisione segnala un’appartenenza culturale ma non origina uomini nuovi, né infonde la carità che crea azioni sante. «La circoncisione non conta nulla; conta invece l’osservanza dei comandamenti di Dio» (1 Cor 7,19). 

Paolo non sta giudicando l’ebraismo, ma il comportamento di chi, dopo aver conosciuto e creduto all’opera di Cristo, non apprezza il dono ricevuto come dovrebbe fare e ricorre ad altre soluzioni. L’ebraismo di per sé non è una religione fondata sull’autogiustificazione: l’ebreo sa che la Legge è un dono, l’Alleanza con Dio un evento di Grazia e chiede al Signore la forza di vivere nella sua volontà. L’ebraismo diventa un tentativo di autogiustificazione soltanto se rifiuta, in modo colpevole, l’opera di Gesù: «Rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede» (Rm 10,2-4).

7Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? 8Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! 9Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta. 10Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. 

Ricorda i primi momenti nei quali i Galati avevano acconto con grande fervore l’annuncio di Paolo. Correvano nella strada della verità di Dio ma poi i giudeo-cristiani li hanno fatti inciampare. I dubbi che li attanagiano al presente non vengono dal Signore. Le loro proposte sono come un fermento corrosivo che può rovinare tutto l’impasto. Gesù disse ai discepoli: «“Guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei”. Allora essi compresero che egli non aveva detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei sadducei» (Mt 16,12). L’apostolo, tuttavia, è certo che il Signore li guiderà per impedire che s’allontanino dalla verità. 

11Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. 12Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! 

Qualcuno aveva insinuato che Paolo aveva cambiato opinione e che, ormai, avveva accolto l’idea della necessità della circoncisione. Egli reagisce a questa falsa notizia affermando che se avesse fatto questo, non sarebbe più perseguitato dagli ebrei. Per lui sarebbe stato più comodo tradire il suo Vangelo ma egli vuole restare fedele allo scandalo della croce. 

13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. 14Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 15Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! 

Il battezzato non ha più la Legge come riferimento ultimo ma Gesù. Proprio per questo egli non vive nell’egoismo, per cadere nella schiavitù delle passioni umane. Gesù si era posto come servitore di tutti ed aveva perfino lavato i piedi dei discepoli. In continuità con lui, dovrà considerare il fratello un signore a cui servire e sottomettersi, volontariamente, alle esigenze della carità. È libero chi lascia scorrere dentro di sé le energie dell’amore. Libertà e carità camminano assieme; non c’è l’una, seza l’atra. La Sacra Scrittura contiene numerose norme ma queste possono essere riassunte nell’unico principio del servizio al fratello. In questo sta l’essenza della Legge. Chi non riesce a fare il meglio, cerchi, almeno, di evitare il peggio. 

16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. 17La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. 18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. 

Paolo dedica un paragrafo all’azione dello Spirito. Questa Forza divina, dal carattere personale, crea una comunione di vita con Gesù, infonde in noi le stesse aspirazioni alle quali egli era proteso. Per questo rappresenta il dono massimo di Dio. Cristo, nella sua vita di uomo di carne, ha seguito i suggerimenti dello Spirito, è stato la manifestazione del Padre e dello Spirito. Animati da esso, ci troviamo in una condizione di gran lunga superiore di chi si trova a praticare la Legge sorretto, principalmente, dalla sua buona volontà. 

Parlando di carne, Paolo, qui, non si riferisce al nostro corpo o alle sue pulsioni istintive ma all’uomo concreto incline al Peccato. 

19Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, 20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, 21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. 22Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; 23contro queste cose non c'è Legge. 24Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. 26Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.

Le opere della carne sono le azioni prodotte dall’uomo incapace di vincere il male, neppure se è ammonito dalla Legge. Egli diventa, allora, estraneo al Regno di Dio e alla nuova creazione inaugurata dalla Pasqua di Cristo. Lo Spirito produce un solo frutto, quello dell’amore che si diversifica in molteplici aspirazioni ed opere. 

L’essenza ultima del battezzato, comunque, rimane sempre la sua partecipazione alla morte di Cristo, per la quale egli, prima di tutto, è morto al peccato. 

Capitolo 6

1Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. 


2Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo. 3Se infatti uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso. 4Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora troverà motivo di vanto solo in se stesso e non in rapporto agli altri. 5Ciascuno infatti porterà il proprio fardello. 6Chi viene istruito nella Parola, condivida tutti i suoi beni con chi lo istruisce. 7Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. 8Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. 9E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. 10Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

Raccomandazioni e augurio

11Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, di mia mano. 12Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. 13Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la Legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. 

Paolo aggiunge una firma autografa alla pagina della lettera che aveva dettata ad un tachigrafo, per mostrare una vicinanza con la comunità. 

Ribadisce il messaggio che gli sta a cuore anche in queste ultime raccomandazioni: i fedeli non devono cedere all’invito di farsi circoncidere per avere sul loro corpo un segno di cui andare orgogliosi. Farebbero bella figura nella carne. Qui la parola carne ha un doppio significato: corpo fisico ma anche umanità infedele a Dio. Oltre a contrassegnare il loro corpo, avrebbero motivo di inorgoglirsi per motivi privi di valore, anzi controproducenti: abbandonare il Signore Crocifisso per ritrovarsi nella loro debolezza. Se cedono alle richieste dei giudeo-cristiani, non fanno questo per ragioni di coscienza ma per evitare la disapprovazione di tutto il mondo ebraico. In realtà, aggregarsi alla comunità di Israele non rappresenta alcuna crescita spirituale perché gli Ebrei, nonostante la loro osservanza di certe pratiche, non si mantengono fedeli alla Legge. 

14Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. 15Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. 16E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio. 17D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. 18La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Nel chiudere lo scritto, ripropone l’elemento centrale del suo insegnamento: egli vuole continuare a vantarsi della croce del Signore. È Gesù Crocifisso che lo ha liberato dal peccato e l’ha fatto morire ad esso. Egli può ora usufruire di questo grande dono. Cristo crocifisso lo ha anche liberato totalmente dal mondo non-redento; non ha più nessuna relazione con tutto ciò che si oppone a Dio e questa realtà opaca non ha più relazione con lui. 

Grazie all’opera di Gesù e al dono dello Spirito è diventato un uomo nuovo. Il Regno di Dio inaugurato con la Pasqua di Gesù appare in lui, nuova creatura. 

Augura pace e misericordia sull’Israele di Dio, sul nuovo popolo composto dagli Ebrei e dai pagani che hanno accolto Gesù. 

I Galati dovrebbero riconoscere che egli, nella sua persona, porta vistose cicatrici, ossia le sofferenze causate dal suo impegno missionario. Sono cicatrici di Gesù stesso che continua in lui la sua passione redentrice. 


 David Adler è un ragazzo ebreo a bordo della Global Sumud Flotilla...Un'ora fa ha scritto un messaggio su X che vi propongo...Mi ha colpito molto. 


Saluti dalla Global Sumud Flotilla mentre ci avviciniamo definitivamente a Gaza.

Oggi vi scrivo una lettera molto personale, una lettera su cosa significhi per me essere ebreo e intraprendere una missione che mi porterà nella "Zona Rossa" durante lo Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico.

Non scrivo quasi mai "come ebreo". Condivido la stanchezza di essere costretto a mettere al primo posto i sentimenti ebraici, quando un genocidio è stato commesso in nome dell'"interesse nazionale" sionista e quando gli attivisti sono stati arrestati, torturati e deportati in nome della nostra "sicurezza".

Ma oggi mi sono sentito in dovere di scrivere su quel registro, in quanto uno dei pochi ebrei impegnati in questa missione, che riunisce oltre 500 persone provenienti da più di 40 paesi in tutto il mondo.

Credo che la scelta di questa flottiglia non sia casuale. Al contrario, ritengo sia una benedizione che l'intercettazione si avvicini all'inizio dello Yom Kippur, il nostro giorno annuale di espiazione, che ci invita a riflettere sui nostri peccati e su cosa possiamo fare per ripararli nello spirito del tikkun olam.

Come possiamo espiare ciò che è stato commesso in nostro nome? Come possiamo chiedere perdono per i peccati che si moltiplicano di ora in ora, mentre bombe e proiettili piovono su Gaza? Come potremmo prendere sul serio il nostro mandato di "guarire il mondo" quando lo Stato di Israele è così determinato a distruggerlo?

Se c'è una parte della Torah che ricordo ancora, è questo obbligo che ci impone: "Giustizia, giustizia perseguirai". Come potremmo restare a guardare mentre lo Stato di Israele perverte questo sacro obbligo, sovrintendendo all'olocausto del popolo palestinese?

Mi sono unito a questa flottiglia come qualsiasi altro delegato, per difendere l'umanità, prima che sia troppo tardi. Ma durante lo Yom Kippur, mi viene ricordato che sono qui anche perché la mia eredità ebraica lo richiede.

Da adolescente, mio ​​nonno Jacques Adler (nella foto) si unì alla resistenza parigina contro i nazisti, rischiando la vita per sabotare le loro operazioni, mentre i suoi amici e familiari venivano mandati a morire nei campi di concentramento.

Questa è la tradizione alla quale sono chiamato e la definizione di “giustizia” che sento fedele alla mia identità ebraica, poiché la stessa rabbia genocida che ha preso di mira i miei antenati è ora assunta dalle sue principali vittime.

Yom Kippur è un giorno di digiuno, un modo per manifestare la nostra espiazione in forma fisica. Ma negli ultimi due anni, la popolazione affamata di Gaza non ha avuto altra scelta che rinunciare al pane quotidiano.

Se le forze israeliane ci intercettassero durante lo Yom Kippur, allora vediamo cosa significa la vera espiazione. Non digiunare in tutta comodità mentre si fanno morire di fame i propri vicini. Non pregare in sicurezza mentre si sganciano bombe sulle loro teste. Espiazione significa azione.

Quindi, mentre stasera tramonta il sole e inizia il digiuno, spero che i miei confratelli ebrei si uniscano a me nel ridefinire il loro approccio all'espiazione, insieme alla preghiera silenziosa, e verso un'azione coraggiosa per porre fine a questo orribile genocidio.


G'mar chatima tova.

David Adler 



venerdì 12 settembre 2025

Salmi 1.2.3

 Salmo 1

Il giusto è come un albero fruttifero che prefigura Cristo e tutti i veri fedeli uniti a Lui: «Il salmo tratta lo stesso argomento che è esposto in tutto il salterio: parla di Cristo nella sua totalità, del Capo, e di tutte le membra del suo Corpo, che sono tutti i giusti» (BW 49). 

1Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti. 

Comincia il libro dei salmi proclamando la beatitudine, come farà Gesù nell’annunciare il Vangelo. «Tutti aspiriamo ad essere beati perché la beatitudine è il culmine del bene. Tuttavia molti errano [nel cercarla] perciò la Parola ha indicato chi è veramente beato ed ottiene il bene perfetto che deriva da Dio» (Eu23,76). Al contrario del giusto, l’iniquo entra nel consiglio dei malvagi quando, devia dal retto cammino; resta nel male, quando gode del peccato; si siede quando approva il proprio operato (Cf Ag36,67). 

2Ma nella legge del Signore trova la sua gioia. La sua legge medita giorno e notte. 3

Ha detto ciò che il giusto non deve fare, ma adesso suggerisce ciò che dovrebbe fare. «Chi fissa lo sguardo sulla legge della libertà, troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,25). «Colui che è nella legge, opera [volentieri] in conformità ad essa; chi è sotto la Legge, è costretto a muoversi secondo essa. Il primo è un uomo libero, il secondo è un servo» (Ag36,67). Meditare era leggere ad alta voce un testo biblico (Cf At 8,28-30). «Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma meditalo giorno e notte, per mettere in pratica tutto quanto vi è scritto» (Gs 1,8). «Medita di continuo chi agisce con santità in tutto ciò che opera» (Cs 30).

È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono. 

«Verso la corrente stende le radici; non teme il caldo, le sue foglie rimangono verdi, non smette di produrre frutti» (Ger 17,8). «Il flusso del divino Spirito imita l’irrigazione dell’acqua» (Td 613). 

Tutto quello che fa, riesce bene. 

«Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore, anch’egli vi abbandona» (2 Cr 24,20). «Prima della venuta del nostro Salvatore, non era facile per l’uomo dominare i suoi malvagi desideri ma ora ci è stata aperta da Lui una strada priva di particolari difficoltà» (Crl 91). Il giusto «cresce in se stesso in quanto rimane una persona retta nelle parole e nelle opere. Negli eventi che accadono s’avvantaggia del benessere ma anche dell’avversità. Per i malvagi, perfino un evento favorevole, finisce in una sventura» (Rmg 153). 

4Non così, non così i malvagi, ma come pula che il vento disperde; 5perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio né i peccatori nell’assemblea dei giusti. 

I malvagi non potranno alzarsi in giudizio per difendersi. «Saranno come pula lanciata lontana dall’aia, come fumo che esce dalla finestra» (Os 13,3). «Tutti i malvagi sono peccatori ma non tutti i peccatori sono malvagi» (Cf Ag36,69). «Alcuni sono trattenuti nella Chiesa dalla paura di Dio, ma insieme sono allettati dai vizi. Di qui il giudizio, perché pur amando la Luce, preferiscono ad essa la tenebra (Cf Gv 3,19)» (Ilr 259.260). 

6Poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina. 

«Come un’aquila che veglia la sua nidiata, lo sollevò sulle sue ali» (Dt 32,11). «La via dei giusti è Colui che ha detto: “Io sono la via” (Gv 14,6)» (Eus23,79). «Non vanno in rovina i malvagi ma la loro via. Se si convertono, perdono soltanto la via della malvagità» (Am14,997.998). 

Salmo 2

Il giusto (del salmo precedente) è il re/Messia. Insediato sul trono per volontà divina, viene rifiutato da altri sovrani e dai loro popoli, ma s’appoggia sull’aiuto di Dio che lo ha scelto. «Parla della congiura dei malvagi contro Cristo (At 4,23-29). Questi parla del suo regno invincibile e della sua generazione ineffabile [dal Padre]» (BW 32). 

1Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano invano? 2Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacrato. 3«Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!». 

I rivoltosi dichiarano che l’autorità divina è oppressiva. Servire Dio, invece, è regnare. «Sottomettetevi al suo giogo perché servire a lui è come servire alla luce, servire alla vita, alla verità, alla giustizia, alla santità: tutto ciò è il Signore» (Es23,1240). Gesù si pose a servizio dei discepoli, offrì loro riposo e un giogo soave (Cf Mt 11,28-30) (Bs 700). 

4Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro. 5Egli parla nella sua ira, li spaventa con la sua collera: 6«Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna». 

Dio, conferma la sua decisione ed appoggia il suo consacrato. Che significano riso e scherno da parte di Dio? «Si riferisce a quella forza che Dio dona ai suoi santi» (Ag36,70). Il Signore reagisce al rifiuto, consolidando quanti accolgono il suo regno. 

7Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato.
 

Parla il re designato e ribadisce la decisione divina. L’intronizzazione regale era considerata una generazione filiale. Resuscitando Gesù, Dio lo ha “generato”, l’ha posto accanto a sé come Figlio e Re, in eterno (Eb 1,5; 5,3). Tuttavia Gesù è Figlio di Dio da sempre: «Oggi significa il presente; nell'eternità non c'è alcunché di passato, né di futuro ma c'è soltanto il presente» (Ag36,71). 

8Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. 

Riguardo a Gesù: «Questa è la sua eredità, dare la vita eterna ad ogni uomo, perché tutte le nazioni, istruite e battezzate, siano rigenerate alla vita» (Ilr 280). 

9Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai». 

Lo scettro di ferro indica la potenza invincibile. Gli antichi scrivevano i nomi dei re nemici su vasi d’argilla e poi li frantumavano per anticiparne la fine in modo magico. «Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo» (1 Gv 3,8). «Al vincitore darò autorità sopra le nazioni: le governerà con scettro di ferro, come vasi di argilla si frantumeranno, con la stessa autorità che ho ricevuto dal Padre mio» (Ap 2,26-28). 

Cristo, però, non frantuma gli uomini ma i loro mali, «i desideri dell’egoismo, le relazioni immonde del vecchio uomo» (Ag36,71). Frantuma con la morte, per ricreare in modo più splendido: «Restaurerà il corpo che era stato spezzato, concedendo una bellezza a lui gradita, a partire dalla stessa materia di prima. Non la farà scomparire, ma ne cambierà il modo di essere» (Ilr 285.286). 

 10E ora siate saggi, o sovrani; lasciatevi correggere, o giudici della terra; 11servite il Signore con timore e rallegratevi con tremore. 

«Al timore è stata aggiunta la gioia perchè servire il Signore con timore, non deve infondere afflizione. Tuttavia, per evitare che l’esortazione all’esultanza provochi eccessiva confidenza, ha aggiunto il timore, perché chi ascolta rimanga vigilante» (Ag36,71). «Il timore del Signore non porta alla tristezza ma alla gioia» (Cs 41). 

12Imparate la disciplina, perché non si adiri e voi perdiate la via: in un attimo divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia. 

«Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!» (Lc 13,27). «Chi è vinto da Cristo, ha vinto il male; lo ha distrutto col sottomettersi a lui» (Es23,101). 

Salmo 3

1Salmo. Di Davide. Quando fuggiva davanti al figlio Assalonne. 

Davide, nella ribellione del figlio Assalonne, fu rifiutato anche da molti sudditi (2 Sm 15,13-15), perché credevano che fosse stato abbandonato da Dio (2 Sam 16,7-8). 

«Cristo parla al Padre dei suoi persecutori e invita il popolo fedele a non temere la morte perché, risorgendo, ha fondato la speranza della vera risurrezione» (BW 34). 

2Signore, quanti sono i miei avversari! Molti contro di me insorgono. 

«Giuda, preso un distaccamento di soldati, si recò [da Gesù]» (Gv 18,3). «Ecco oggi io faccio di te come una fortezza, contro tutto il paese. Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,18). «Sarete odiati da tutti a causa del mio Nome» (Mt 10,22). «Ognuno di noi può dire, quando la folla delle passioni tenta di trascinarci: Signore molti insorgono contro di me! Inoltre pensiamo alle calamità che la Chiesa affronterà in tutto il mondo», in ogni epoca (Ag36,77). 

3Molti dicono della mia vita: «Per lui non c’è salvezza in Dio!». 

I nemici possono distruggerlo soltanto corrodendo la sua fede. «Signore, i nemici dicono che non posso contare sulla tua provvidenza. Ritengo, invece, che Tu non mi disprezzi, anche se sono un grande peccatore» (Td 885). 

4Ma tu sei mio scudo, Signore, sei la mia gloria e tieni alta la mia testa. 

«C’è chi è debole e ha bisogno di soccorso, ma gli occhi del Signore lo guardano con benevolenza, lo sollevano dalla sua povertà» (Sir 11,12-13). «Dio solleva il nostro capo, quando guardiamo verso l'alto, e non lo pieghiamo verso interessi meschini» (Crl 728). Il salmista «non attribuisce a sé la forza con cui eccelle, comprendendo che è fedele per grazia del Signore» (Ag36,77). 

5A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua santa montagna. 

Gridare al Signore, significa appoggiarsi soltanto su di Lui. «Li volevo salvare, ma essi non gridano a me con il loro cuore quando gridano sui loro giacigli» (Os 7,13-14). «Coraggio, figli miei, gridate a Dio, ed egli vi libererà dall’oppressione. Una grande gioia mi è venuta dal Santo, per la misericordia che presto vi giungerà dall’Eterno» (Bar 4,21-22). All’orante «viene donato molto di più di ciò che desidera, perché il Benefattore, nel donare, supera l’uomo che può fare il bene secondo le sue limitate possibilità» (Es23,93). 

6Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene. 

Percorre i momenti della sua esistenza in serenità. «Se ti coricherai, non avrai da temere; se ti coricherai, il tuo sonno sarà dolce» (Pro 3,24). «La tua benevolenza, o Signore, è per me un muro inespugnabile e un'armata invincibile» (Crl 725). Il risveglio preannuncia la risurrezione di Gesù: «Sono certo che solleverai dalla morte il Cristo, dopo che si sarà umiliato e avrà accettato il disprezzo, e che lo farai trionfare» (Td 885). «La morte si cominciò a chiamarla dormizione da quando Cristo morì e risuscitò» (Tommaso d’Aquino, Commento a Giovanni, 1495). 

7Non temo la folla numerosa che intorno a me si è accampata. 

«“I dominatori trionfavano [sul popolo] e sempre, tutti i giorni, il mio nome è stato disprezzato. Pertanto il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in quel giorno che io dicevo: “Eccomi!”» (Is 52,5). «Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). 

8Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio! Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici, hai spezzato i denti dei malvagi, 

«Le fiere che, private dei denti, diventano deboli» (Td 888). «Te, beato, Israele! Chi è come te, popolo salvato dal Signore?» (Dt 33,29). 

9La salvezza viene dal Signore: sul tuo popolo la tua benedizione. 

«Il Signore ordinerà alla benedizione di essere con te» (Dt 28,8). «Dio, dopo aver risuscitato il suo servo [Gesù], l’ha mandato a voi per portarvi la benedizione» (At 3,26). «[Cristo dice al Padre:] Hai concesso il dono della risurrezione non soltanto a me, ma anche a tutti quelli che sarebbero diventati il tuo popolo» (Es23,100). 



giovedì 11 settembre 2025

2 Corinzi





1Paolo, apostolo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto e a tutti i santi dell’intera Acaia: 2grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo


Paolo è apostolo di Gesù perché Dio ha voluto rivelargli il suo Figlio Risorto e gli ha affidato il mandato di annunciarlo. «Non sono forse un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro?» (1 Cor 9,1). Egli in seguito preciserà: «[Dio] ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro» (1 Tm 1,9-11). 

La comunità è denominata Chiesa di Dio e i suoi membri sono chiamati santi. Il gruppo dei pagano–cristiani di Corinto ha ottenuto, quindi, la stessa dignità di Israele, che veniva denominato santo, e viene a far parte anch’esso dell’assemblea del Signore. 

Israele si definiva come assemblea: «Sul monte il Signore disse, con voce possente, queste parole a tutta la vostra assemblea, in mezzo al fuoco, alla nube e all’oscurità» (Dt 5,22). «Mentre Esdra pregava, prostrato davanti al tempio di Dio, si riunì intorno a lui un'assemblea molto numerosa d'Israeliti: uomini, donne e fanciulli» (Esd 10,1). 

Il popolo di Dio era chiamato alla santità: «Santificatevi e siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44). «Grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi» (Sap 4,15). «Diede ai santi la ricompensa delle loro pene, li guidò per una strada meravigliosa, divenne per loro riparo di giorno e luce di stelle nella notte» (Sap 10,17). «I santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre» (Dn 7,18). 

La consolazione

Paolo è appena uscito da un periodo di tribolazione ed angoscia, causata dai contrasti con la comunità di Corinto. Ha sperimentato così la consolazione del Signore ma il suo conforto si fa avvertire sempre nella sua vita travagliata di apostolo. 

3Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! 

Padre del Signore Gesù: per Gesù, Dio è Padre in senso proprio. La sua generazione per opera dello Spirito Santo («Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo» (Mt 1,18; cf Lc 1,31.35) conferma questa verità. Gesù sa di avere Dio come Padre: «… la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21); «devo occuparmi delle cose del Padre mio» (Lc 2,49). Lo invoca come “abba” (Mc 14,36), in un rapporto intimo e diretto. Riceve la sua rivelazione: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati» (Gv 5,19-20). «Credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Gv 10,38). I battezzati vengono resi partecipi della figliolanza di Gesù (Cf Gal 4,6). 

Padre misericordioso… «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso (rachum) e pietoso (channum), lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà…» (Es 34,6). Rachum e channum derivano da rehem, utero materno: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).

Esempi di questo sentimento di commozione materna: «Giuseppe si affrettò ad uscire, perché si era commosso nell’intimo (alla presenza di suo fratello Beniamino) e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse» (Gen 43,30). «Dove sono il tuo zelo e la tua potenza, il fremito delle tue viscere e la tua misericordia? Non forzarti all’insensibilità perché tu sei nostro padre» (Is 63,15-16). «Cadiamo nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande, ma che io non cada nelle mani degli uomini» (2 Sam 24,14).

Altro termine per esprimere la misericordia è hesed, amore fedele. «Perdona, ti prego, la colpa di questo popolo, secondo la grandezza del tuo amore, così come hai perdonato a questo popolo dall'Egitto fin qui» (Nm 14,18). «Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collerati ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te» (Is 54,7-8). 

Il Nuovo Testamento annuncia la massima estensione della misericordia di Dio («Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato..» Ef 2,4). Nei Vangeli al posto di «rehem» (utero) compare il temine «splanchna», viscere materne (Lc 1,78). «Vedendo le folle, ne sentì compassione» (Mt 9,36; 14,14) «Vedendola [la vedova], il Signore fu preso da grande compassione per lei…» (Lc 7,13). Gesù è il sommo sacerdote misericordioso (Eb 2,17). 

Dio di ogni consolazione! 4Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. 

Dio consola i suoi ministri perché, a loro volta, possano consolare altri che sono nel dolore. «Io, io [il Signore] sono il vostro consolatore» (Is 51,12). «Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati» (Is 66,13). «Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta…» (Is 40,1). «Molte angosce e sventure mi hai fatto vedere: tu mi darai ancora vita, mi farai risalire dagli abissi della terra, accrescerai il mio onore e tornerai a consolarmi» (Sal 71,20-21). «Ti lodo, Signore; tu eri in collera con me, ma la tua collera si è placata e tu mi hai consolato» (Is 12,1). «Gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (Is 49,13). 

Lo Spirito già da ora consola i discepoli di Gesù: «Vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). 

La consolazione piena è riservata al futuro e corrisponde al dono che speriamo: «Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene» (2 Ts 2,16-17). La conversione vera anticipa la “ricostituzione” definitiva di tutto: «Convertitevi dunque, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù» (At 3,19-21). 

5Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. 

Paolo è una cosa sola con Cristo e nella sua vita rivive la sua Pasqua. Mentre sente il peso della sofferenza, avverte anche un profondo sollievo. «Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,30). «In tutto siamo tribolati, ma non schiacciati… [portiamo] sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2 Cor 4,8.10). 

6Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. 

Ciò che accade a Paolo, è sempre a vantaggio degli altri fratelli: «Io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna» (2 Tm 2,10). «Sempre, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Cristo, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita» (2 Cor 4,11-12).

7La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione.

Anche i suoi fratelli vivono nella loro esistenza le due fasi della Pasqua: sofferenza e consolazione. La consolazione si manifesta nella forza della perseveranza: «L'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui» (1 Ts 1,3). «Insultati, benediciamo; calunniati confortiamo» (1 Cor 4,12).

La consolazione ultima sarà data dalla partecipazione al Regno: «Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l'ha preparato per me» (Lc 22,28). «Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,17-18). «Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4,13). 

8Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione, che ci è capitata in Asia, ci abbia colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, tanto che disperavamo perfino della nostra vita. 

La consolazione donata da Dio è reale. Paolo attesta, a riprova, in che modo concreto sia stato consolato da Dio in una circostanza particolare e fa conoscere una situazione di estremo pericolo vissuta ad Efeso. 

9Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte, perché non ponessimo fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. 10Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, e per la speranza che abbiamo in lui ancora ci libererà, 11grazie anche alla vostra cooperazione nella preghiera per noi. Così, per il favore divino ottenutoci da molte persone, saranno molti a rendere grazie per noi.

Si è trovato in una situazione senza alcuna prospettiva di scampo (At 19,22-40) e questa circostanza lo ha indotto a confidare in Dio in modo più convinto. «Nell’ora della paura io in te confido» (Sal 56,4). «Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi, ero preso da tristezza e angoscia. Allora ho invocato il nome del Signore: Ti prego, liberami, Signore. Pietoso e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso. Il Signore protegge i piccoli: ero misero ed egli mi ha salvato» (Sal 116, 3-6). Lo stesso accadde a Davide: «Fu in grande angustia perché la gente parlava di lapidarlo. Tutti avevano l'animo esasperato, ciascuno per i suoi figli e le sue figlie. Ma Davide ritrovò forza e coraggio nel Signore, suo Dio» (1 Sam 30,6). Lo stesso capitò a Giona: «La terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore, mio Dio. «Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore» (Gio 2,7-8). 

Il maggior titolo di fiducia in Dio è “Colui che risuscita i morti”: «Crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore» (Rm 4,24). Come Abramo, il vero cristiano rimane «saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). 

In difesa del suo comportamento

Ha attestato come il Signore, in modo abituale, venga in soccorso dei suoi inviati e dei suoi fedeli in difficoltà anche estrema. Ora parla della consolazione ricevuta da Dio nella relazione assai tribolata vissuto con la comunità di Corinto. Deve difendersi dall’accusa di essere volubile e spiega il motivo per cui non si è recato presso di loro. 

12Questo infatti è il nostro vanto: la testimonianza della nostra coscienza di esserci comportati nel mondo, e particolarmente verso di voi, con la santità e sincerità che vengono da Dio, non con la sapienza umana, ma con la grazia di Dio. 13Infatti non vi scriviamo altro da quello che potete leggere o capire. Spero che capirete interamente – 14come in parte ci avete capiti – che noi siamo il vostro vanto come voi sarete il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù. 

Si difende appellandosi alla sua coscienza. La grazia di Dio lo aiuta a comportarsi sempre con santità e rettitudine, senza usare sotterfugi o stratagemmi. I suoi scritti non nascondono pensieri nascosti, da cogliere con una lettura più accorta. Paolo si sottopone sempre al giudizio futuro del Signore e vuole che i suoi fedeli siano orgogliosi d’averlo avuto come apostolo e desidera, a sua volta, poter vantarsi dei suoi discepoli. 

15Con questa convinzione avevo deciso in un primo tempo di venire da voi, affinché riceveste una seconda grazia, 16e da voi passare in Macedonia, per ritornare nuovamente dalla Macedonia in mezzo a voi e ricevere da voi il necessario per andare in Giudea. 17In questo progetto mi sono forse comportato con leggerezza? O quello che decido lo decido secondo calcoli umani, in modo che vi sia, da parte mia, il «sì, sì» e il «no, no»?

Richiama i progetti elaborati per avvantaggiare i suoi discepoli, che, però, non ha potuto portare a compimento. Alcuni lo accusavano di incoerenza e incostanza, ma egli confessa di non prendere mai decisioni alla leggera, né di promettere ciò che non prevede di mantenere. Decidere “secondo la carne” – significa: secondo criteri puramente umani, opportunistici, stabiliti senza stabilità interiore. Le sue decisioni, invece, sono guidate da Dio per il bene della comunità.

18Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». 19Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». 20Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria

Si appella ancora una volta alla testimonianza della sua coscienza sotto lo sguardo di Dio. Il Signore si è manifestato come fedele e la fedeltà è una delle sue caratteristiche più notevoli: «Riconosci dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l'alleanza e la bontà per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti…» (Dt 7,9). «Egli è la Roccia: perfette le sue opere, giustizia tutte le sue vie; è un Dio fedele e senza malizia, egli è giusto e retto» (Dt 32,4). «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo ad esserti fedele» (Ger 31,3). 

Inviando Gesù, Dio ha mostrato di aver accolto l’umanità in modo totale e senza rimpianti: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui» (Rm 5, 8-9). Cristo, immagine del Padre, ha vissuto in estrema fedeltà e così parla di sé: «Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero» (Ap 3,14). 

Ora il Signore agisce nell’apostolo per renderlo partecipe della fedeltà del Padre e di quella del Signore Gesù.

21È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, 22ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori. 

Dio conferma l’apostolo come suo inviato, lo rafforza, lo rende suo tramite l’unzione e il sigillo, segni della presenza dello Spirito. Aveva già agito in questo modo con Davide: «Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giono in poi» (1 Sam 16,13). Ogni re d’Israele doveva essere un nuovo Davide: «Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni» (Sal 45,8). 

Paolo e i battezzati partecipano alla fermezza regale di Gesù: «L'unzione che avete ricevuto da lui [da Cristo] rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito» (1 Gv 2,27). «Non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito» (Rm 8,9). «Dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione» (Ef 1,13-14). «Il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta» (1 Pt 5,10). 

23Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi rimproveri non sono più venuto a Corinto. 24Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi. 1Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza. 2Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato? 3Ho scritto proprio queste cose per non dovere poi essere rattristato, alla mia venuta, da quelli che dovrebbero rendermi lieto; sono persuaso, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è quella di tutti voi. 4Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, non perché vi rattristiate, ma perché conosciate l’amore che nutro particolarmente verso di voi. 

Paolo non nega di aver mutato il suo progetto iniziale di recarsi a Corinto, ma esclude di averlo fatto per volubilità di carattere. La modifica del suo progetto ha dato adito a dicerie sulla sua incostanza. I Corinzi, influenzati dalle denigrazioni insinuate dai suoi rivali, si saranno chiesti: se per lui è facile cambiare opinione, sarà davvero affidabile la sua predicazione? Ritiene opportuno, allora, rendere conto di quella sua decisione. La sua intenzione era quella di non rattistare i Corinzi con un'altra visita inopportuna. Il risultato della visita precedente l’aveva deluso e aveva scompigliato la comunità. Aveva dato l'impressione ai Corinzi che egli esercitasse la sua autorità in maniera dispotica. L'apostolo, invece, non vuole turbare o scoraggiare i fratelli ma si propone, piuttosto, di collaborare con Dio per favorire la gioia dei fedeli. 

Dio stesso può testimoniare a riguardo della retta intenzione che lo spinse a sostituire la visita programmata con una lettera scritta nell’angoscia (e recapitata da Tito, suo collaboratore cf 7,5-16). 

5Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma, in parte almeno, senza esagerare, tutti voi. 6Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dalla maggior parte di voi, 7cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte. 8Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; 9e anche per questo vi ho scritto, per mettere alla prova il vostro comportamento, se siete obbedienti in tutto. 10A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché ciò che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto per voi, davanti a Cristo, 11per non cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni. 

Nella tensione con la comunità, era emerso un fatto increscioso provocato dal cattivo comportamento di un singolo. In seguito, dopo la partenza dell’apostolo, la comunità si era schierata dalla parte di Paolo; aveva preso posizione contro il colpevole e lo aveva perfino castigato con durezza. Ora si sente in dovere di suggerire di perdonarlo come egli aveva già fatto. Pur implicato in modo diretto nella faccenda, ricorda l'offesa subita con un certo distacco. Non fa neppure il nome del colpevole e non specifica l'entità della colpa. Contando sulla loro obbedienza, domanda loro di perdonare e di confortare quel peccatore perché non sia divorato da una tristezza eccessiva. L'apostolo teme che il prolungarsi del castigo diventi causa di ulteriore divisione nella chiesa oppure di perdizione di quella persona. È un esempio di perdono sulla parola di Gesù. 

12Giunto a Tròade per annunciare il vangelo di Cristo, sebbene nel Signore mi fossero aperte le porte, 13non ebbi pace nel mio spirito perché non vi trovai Tito, mio fratello; perciò, congedatomi da loro, partii per la Macedonia.

Lasciata Corinto, Paolo si recò a Troade. Gli abitanti di quella città mostrarono un vivo interesse per la predicazione di Paolo, ma egli fu costretto a lasciarli. Confessa che in quel momento era molto preoccupato. Tito, provenendo da Corinto, avrebbe dovuto raggiungerlo a Troade ma non si fece vedere. Paolo decise, allora, di andargli incontro in Macedonia. Il motivo dell’apprensione di Paolo non è precisato ma è quasi certo che egli desiderasse avere notizie sulla chiesa di Corinto e temeva che il suo collaboratore non fosse stato bene accolto in quella comunità irrequieta. 

Con la menzione della partenza per la Macedonia, si conclude la prima parte del racconto delle recenti vicende di Paolo, finalizzate a mostrare come egli si sia comportato nei confronti dei Corinzi sempre con la semplicità e la trasparenza donategli da Dio. Ora egli riconosce che Dio è venuto in suo soccorso, lo ha consolato ancora una volta e che aiuta anche gli altri evangelizzatori, ministri della Nuova Alleanza. Su diffonde in una riflessione sulle loro caratteristiche. 

Ministri della Nuova Alleanza

14Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza!

Paolo ringrazia per le buone notizie ricevute da Tito riguardanti la nuova situazione di Corinto. «Il Signore ha fatto trionfare la nostra giusta causa, raccontiamo in Sion l’opera del Signore» (Ger 51,10). «Tu mi doni la forza di un bufalo, mi hai cosparso di olio splendente» (Sal 93,10-11). Dio trionfa per mezzo dell’azione di Gesù, e i suoi inviati partecipano a questo risultato, perseverando nella lotta e nel travaglio. «Dio avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo» (Col 2,15). «Il Vangelo in tutto il mondo porta frutto e si sviluppa» (Col 1,6). «Come sta scritto: per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno… ma in tutte queste cose siamo più che vincitori grazie a Colui che ci ha amati» (Rm 8,36-37). 

15Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono; 16per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita. E chi è mai all’altezza di questi compiti? 17Noi non siamo infatti come quei molti che fanno mercato della parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo.

Gli evangelizzatori fanno percepire il profumo di Cristo. La Sapienza sparge un profumo intenso: «Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, storace, come nuvola d'incenso nella tenda» (Sir 24,15). I suoi cultori emanano anch’essi un buon effluvio: «Ascoltatemi, figli santi, e crescete come una rosa che germoglia presso un torrente. Come incenso spargete buon profumo, fate sbocciare fiori come il giglio, alzate la voce e cantate insieme, benedite il Signore per tutte le sue opere» (Sir 39,13-14). 

I ministri del Vangelo espandono l’aroma della Sapienza e diffondono ovunque il profumo di Cristo che provoca, suo malgrado, un effetto contrastante di vita o di morte. 

Un vapore sparso viene avvertito come profumo per la presenza in esso della carità: Cristo «ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2). «Sono ricolmo dei vostri doni che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio» (Fil 4,18). 

Capitolo 3

1Cominciamo di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo forse bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? 

Era prassi normale presentare un f7ratello che era di passaggio da una comunità ad un’altra, sconosciuto a chi lo ospitava, fornendolo di un attestato di stima. «Poiché egli (Apollo) desiderava passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti» (At 18,27-28). Paolo, dopo la sua adesione al Signore, venne presentato alla comunità di Gerusalemme ancora diffidente nei suoi confronti, da Barnaba: «Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli... Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore» (At 9,26-28). A sua volta l’apostolo si propone di raccomandare alla Chiesa di Gerusalemme i portatori della colletta raccolta in Macedonia e in Grecia (Acaia): «Quando arriverò, quelli che avrete scelto li manderò io con una mia lettera per portare il dono della vostra generosità a Gerusalemme. E se converrà che vada anch'io, essi verranno con me» (1 Cor 16,3-4). 

Il discernimento era sempre necessario: «[I falsi profeti] vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci» (Mt 7,15). «Perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé» (At 20,30). «Non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio» (1 Gv 4,1). «Verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole» (2 Tm 4,3).

2La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. 3È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani. 

La prova certa che egli è un apostolo autentico è data dall’esistenza stessa della comunità. Questa diventa l’attestato di stima a garanzia dell’apostolo. Lo aveva già suggerito: «Non sono forse un apostolo? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se non sono apostolo per altri, almeno per voi lo sono; voi siete nel Signore il sigillo del mio apostolato (1 Cor 9,1-2). 

La comunità aveva preso origine dal “cuore” dell’apostolo, ossia dalla sua intenzione generosa di predicare il Vangelo anche a Corinto. Anzi, la comunità è una lettera scritta da Cristo stesso. Il Signore ha dettato la lettera (come faceva l’apostolo con le sue missive) e Paolo è stato l’amanuense che l’ha scritta, con la sua abilità e fatica. L’iniziativa, tuttavia, non avrebbe ottenuto alcun risultato se lo Spirito non l’avesse resa una realtà concreta, operando alla maniera dell’inchiostro che rende visibili le lettere sul foglio. Quest’ultimo paragone non è troppo fantasioso o troppo audace perché era previsto che, al tempo della Nuova Alleanza, la Parola di Dio non sarebbe stata incisa su tavole di pietra ma nel cuore degli uomini, grazie all’ispirazione dello Spirito. La comunità è una parola attuale di Dio letta da tutti gli uomini che vengono a conoscerla. 

Paolo si rifà ad alcuni testi dell’Antico Testamento. Dio stesso aveva scritto la sua Legge su tavole di pietra: «Mosé scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole» (Es 32,15). «Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea» (Dt 9,10). 

In seguito Egli avrebbe scritto la sua Legge nel cuore degli uomini: «Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo» (Ger 31,33). Lo Spirito avrebbe fatto comprendere e praticare il messaggio divino scritto nel cuore: «Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme» (Ez 36,27). 

4Proprio questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. 5Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, 6il quale anche ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; 

È Dio, in realtà, che rende gli apostoli capaci di far sorgere delle comunità che vivono ormai la Nuova Alleanza. I fedeli, infatti, ricevono la parola del Vangelo, come insegnamento scritto nei loro cuori e vengono corroborati dallo Spirito per comprenderlo, amarlo e praticarlo. La vera diversità tra l’antica e la nuova alleanza sta proprio nell’azione dello Spirito Santo che trasfoma la parola da proposta scritta a realtà vissuta. 

Anche i ministri dell’Alleanza antica, se fossero stati lasciati da soli, si mostravano incapaci del loro compito: «Mosè disse al Signore: “Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore … ma sono impacciato di bocca e di lingua”. Il Signore replicò: «Chi ha dato una bocca all'uomo? Non sono forse io, il Signore? Ora va'! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire» (Es 4,10-12). Gli evangelizzatori, però, contano sull’azione dello Spirito e sulla grazia di Dio: «Quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10,19). «Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’oera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (Fil 1,6). «Dio suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore» (Fil 2,13). 

perché la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita.

La Legge, nonostante fosse santa, procurò la morte. Ciò accadde perché il Peccato, servendosi della Legge, scatenò negli uomini ogni sorta di desideri malvagi. Il peccato riprese forza servendosi proprio del precetto che, di per sé, avrebbe dovuto contrastarlo. Dominati da esso, ingannati dal diavolo e vittime del loro egoismo, gli uomini non si mostrarono capaci di attuare la Parola come avrebbero dovuto fare (Cf Rm 7). 

Occorreva che desideri santi conducessero con forza l’uomo verso il bene. Questi desideri di santità sono ispirati in noi dallo Spirito di Dio. «Se la Grazia non concede in dono ciò che la Legge comanda, il comandamento non fa altro che risvegliare il peccato» (Gero 736). Senza l’opera dello Spirito, anche il Vangelo finirebbe con l’essere lettera che uccide, occasione di morte. «Attraverso le nostre aspirazioni, Cristo entri nel nostro cuore, si stabilisca completamente dentro di noi, trasformi noi totalmente in lui ed esprima se stesso in noi» (Andrea da Creta, Disc. 9 sulle Palme, PG 97, 100). 

Dio aveva promesso più volte l’elargizione del suo Spirito perché i suoi desideri conducessero l’uomo alla vita e alla pace (cf Rm 8,6): «Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri; cresceranno fra l'erba, come salici lungo acque correnti. Questi dirà: “Io appartengo al Signore”, quegli si chiamerà Giacobbe; altri scriverà sulla mano: “Del Signore»,e verrà designato con il nome d'Israele”» (Is 44,3-5). «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonderò il mo spirito» (Gl 3,1-2). 

7Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu avvolto di gloria al punto che i figli d’Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore effimero del suo volto, 8quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito? 9Se già il ministero che porta alla condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero che porta alla giustizia. 10Anzi, ciò che fu glorioso sotto quell’aspetto, non lo è più, a causa di questa gloria incomparabile. 11Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo. 

Continua a parlare della relazione tra Antica e Nuova Alleanza, rievocando la figura di Mosè. Chiama l’antica Alleanza «ministero della morte» non perché fosse un male in sé ma perché non era in grado di liberare dal peccato gli uomini e a stabilirli nella santità. Questo ministero antico, tuttavia, dal momento che annunciava le grandi opere di Dio e tentava di constrastare il peccato, venne onorato grandemente dal Signore. Mosè, il mediatore, apparve agli Israeliti con un volto talmente splendente da non poter essere fissato, sebbene questo splendore fosse effimero. «Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui» (Es 34,29-30). 

Se Dio ha onorato in tal modo Mosè con il quale aveva messo in opera un’azione ancora incompleta e provvisoria, tanto più onorerà la sua opera di salvezza che realizza in modo pieno la sua volontà, in modo definitivo. A paragone dello splendore di Cristo, la gloria di Mosè appare molto più tenue. «La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,17). «Gesù è diventato garante di un'alleanza migliore. Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore» (Eb 7,22.24-25). «Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore» (Fil 3,8).

12Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza 13e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli d’Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. 

Convinto di aver ricevuto un dono di enorme valore, Paolo si rinfranca. Ribadisce con forza la grandezza del ministero che il Signore gli ha affidato, senza lasciarsi prendere dall’abbattimento o dalla sconforto a motivo delle difficoltà incontrate. Mosè, al contrario, era costretto a verificare il carattere effimero dello splendore del suo volto e non voleva che gli Israeliti venissero a saperlo. Interpreta in questo modo l’azione misteriosa del profeta di velarsi. «Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro (Aronne e i capi d’Israele), si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore» (Es 34,33-35). 

14Ma le loro menti furono indurite; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, quando si legge l’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. 

L’apostolo parla del conflitto che emergeva continuamente tra lui e molti Israeliti. Secondo la sua convinzione, il velo che un tempo aveva coperto il volto di Mosè, continuava ad essere steso sul volto degli Israeliti che rifiutavano il Vangelo. Opponendosi alla rivelazione ultima di Dio donata per mezzo di Cristo, mostravano d’avere un cuore indurito. In ultima analisi, erano incapaci di ammirare la grandezza di Gesù. Chi non ritiene che il libro dell’Antico Testamento sia una preparazione a Gesù e al Regno di Dio da lui introdotto nel mondo, non lo comprende nel significato ultimo in cui dovrebbe essere inteso. Al contrario chi crede in Cristo, coglie in pienezza il contenuto della Sacra Scrittura. L’indurimento di Israele era già stato denunciato dai profeti: «Non sanno né comprendono; una patina impedisce ai loro occhi di vedere e al loro cuore di capire» (Is 44,18 Cf 6,10). «Tastiamo come ciechi la parete, come privi di occhi camminiamo a tastoni; inciampiamo a mezzogiorno come al crepuscolo, nel pieno vigore siamo come i morti» (Is 59,10). 

15Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; 16ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto.

L’israelita che crede in Gesù, vede togliersi il velo dal suo volto e può contemplare lo splendore di Cristo: era quanto era accaduto all’apostolo. Il Signore Dio «strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni» (Is 25,7). «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me» (Gv 6,44-45). «Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: Da Sion uscirà il Liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe» (Rm 11,26). 

17Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. 

Il Signore Risorto è stato interamente trasformato dallo Spirito Santo al punto da poter donare ai credenti la sua stessa vita divina. Gesù fu «costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti» (Rm 1,4). Divenne «Spirito datore di vita» (1 Cor 15,45). Là dove agisce, ossia negli uomini che credono al Vangelo, crea un regime di libertà. Il cristiano è liberato dal Peccato e dall’impotenza della Legge. «La Legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte» (Rm 8,2). «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32). «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 6,63). «Non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!» (Rm 8,15). 

18E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore

Rivela la nuova condizione del cristiano rispetto a quella di Mosè. Egli è come uno specchio che colpito da un raggio solare, riflette una luminosità intensa. Il Signore Gesù lo ha illuminato (con la fede) e da quel momento lo Spirito Santo lo rende sempre più simile allo splendore ricevuto e, quindi, anche sempre più capace irradiare quella luce. Come Mosè visse una relazione unica con Dio, il cristiano gode di una comunione profonda con il Signore Gesù, assimila la sua luce divina ma, a differenza di quel che avvenne al profeta, irradia sempre anche sugli altri, la luminosità ricevuta, senza mai poterla occultare. Non avendo il volto coperto ma libero da ogni velo, può assorbire sempre meglio e poi irradiare attorno a sè la luce che lo rende raggiante. 

«La luce dei giusti porta gioia, la lampada dei malvagi si spegne» (Pr 13,9). «Voi siete la luce del mondo… Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli » (Mt 5,14.16). «Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore» (Ef 5,8). «Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). 

«Il Signore Gesù trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose» (Fil 3,21). «Noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2). 

Altri testi sulla luce: «Se sono caduta, mi rialzerò; se siedo nelle tenebre, il Signore sarà la mia luce» (Mi 7,8). «Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono, li guiderò per sentieri sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce, i luoghi aspri in pianura.Tali cose io ho fatto e non cesserò di fare» (Is 42, 16). «Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te» (Is 60,1). «Beato chi medita queste cose e colui che, fissandole nel suo cuore, diventa saggio; se le metterà in pratica, sarà forte in tutto, perché la luce del Signore sarà la sua strada» (Sir 50,28-29). «Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,19-21). «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). «Ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati» (Col 1,12-14). «Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (1 Ts 5,4-6). «I peccati di alcuni si manifestano prima del giudizio, e di altri dopo; così anche le opere buone vengono alla luce, e quelle che non lo sono non possono rimanere nascoste» (1 Tm 5,24-25). «Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato» (1 Gv 1,5-7).

Capitolo 4

1Perciò, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. 2Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio. 

Approfondisce il confronto tra il ministero di Mosè e il ministero della nuova Alleanza,. I servitori della Nuova Alleanza, nonostante tutte le difficoltà, non si lasciano abbattere da esse perché sono consapevoli di aver ricevuto da Dio un ministero molto più glorioso di quello dello stesso Mosè. Paolo e i suoi collaboratori non solo non si perdono d’animo ma esercitano il ministero evangelico con energia e onestà. Si sofferma a presentare il modo in cui esso è concretamente svolto da lui e dai collaboratori e si raccomanda ad ogni coscienza umana di fronte a Dio. 

3E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: 4in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. 

Nonostante il Vangelo di Cristo sia capace di illuminare la coscienza di ogni uomo, alcuni si rinchiudono nelle tenebre dell’incredulità, condotti dal “dio di questo mondo” ossia il demonio. Questi non può fermare il processo della nuova creazione messo in moto da Cristo ma è ancora in grado di rallentarlo, provocando un accecamento della coscienza in molte persone. 

«Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno» (1 Gv 5,19). «Il mistero dell'iniquità è già in atto… La venuta dell'empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell'iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l'amore della verità per essere salvati. Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna e siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti nell'iniquità» (2 Ts 2,7. 9-12). 

5Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù.

Gli apostoli non annunciano se stessi ma segnalano lo splendore del vangelo di Cristo. Paolo sa di essere stato «scelto per annunciare il vangelo di Dio che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l'obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome» (Rm 1,1-5). «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione» (Col 1,15). «Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Eb 1,3). «Noi annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,23). 

6E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo. 

Rievocando la sua vocazione, coglie una continuità tra la creazione e la nuova creazione in Cristo: «Verso mezzogiorno vidi sulla strada una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni» (At 26,13). Il Dio che creò la luce, rifulse non soltanto attorno a lui, ma soprattutto nel suo cuore perché fosse in grado di contemplare la sua gloria nel modo in cui si manifesta nella persona di Cristo. Soltanto volgendoci a Gesù, è possibile contemplare la gloria divina in tutta la sua magnificenza. Dio, per un dono immeritato, gli ha rivelato la grandezza di Gesù Cristo e lo ha reso suo annunciatore: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). «Noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). 

7Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. 

Il tesoro di inestimabile valore consiste nella conoscenza di Dio che si attua nella partecipazione alla vita di Cristo. Questo tesoro è stato deposto dal Padre in esseri umani imperfetti e deboli, come in vasi fragili, ma essi, comunque, sono in grado di distribuire a tutti il suo prezioso contenuto. In questo modo appare in modo chiaro che la potenza del Vangelo proviene da Dio. I credenti s’appoggiano su di Lui, non sugli uomini. «Non con la spada, infatti, conquistarono la terra, né fu il loro braccio a salvarli; ma la tua destra e il tuo braccio e la luce del tuo volto, perché tu li amavi» (Sal 44,4). È quanto avvenne nel caso di Gedeone: «Il Signore si volse a lui e gli disse: “Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?”. Gli rispose: “Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre”. Il Signore gli disse: “Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo”» (Gdc 6,14-15). 

8In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; 9perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, 

Paolo espone in che modo viene a conoscere la fragilità sua (e quella dei collaboratori) ma anche in quale modo sperimenta, nel contempo, il potente sostegno di Dio. Perfino nelle situazioni più travagliate, essi non vengono abbattuti ma sono soccorsi dalla forza divina. «In tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,37). «Ci vantiamo anche nelle tribolazioni» (Rm 5,3). «So vivere nella povertà come so vivere nell'abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,12-13). 

10portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. 11Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. 12Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.

Nell’apostolo e nei suoi collaboratori si riproduce in permanenza la Pasqua di Cristo. Nel rifiuto, nell’avversione violenta, nelle umiliazioni e nelle percosse, rivivono la passione di Gesù e condividono la sua dedizione d’amore proprio nelle situazioni estreme. Nello stesso tempo, conoscono la vittoria di Gesù perché ricevono in se stessi la vita del Risorto e la diffondono. Tra la passione e la risurrezione non esiste soltanto un rapporto temporale di “prima” e “dopo”, ma un rapporto di causa ed effetto: l’evangelizzatore comunica la vita, proprio perché accetta di vivere la morte. Il nucleo essenziale dell’apostolato della Chiesa sta nel fatto di rivivere la Pasqua del Signore. La vita del Risorto viene già comunicata al presente in modo parziale ma un giorno si manifesterà in pienezza. Lo spiega nei versetti successivi. 

La risurrezione futura

13Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, 14convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. 

Riconoscendo che la vita di Gesù si manifesta nei credenti, esamina con maggior attenzione su questo elemento della fede, di enorme peso. 

Paolo risorgerà con Cristo e con lui risorgeranno tutti i suoi fratelli. «Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell'ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti» (1 Ts 4,13-14). «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1 Cor 15,19). 

15Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio. 

Tutto ciò che capita all’apostolo, accade a vantaggio dei suoi fedeli affinchè si moltiplichi il sentimento di lode e di ringraziamento a Dio. «Sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna» (2 Tm 2,10). «Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28). 

16Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. 

La certezza della risurrezione futura consolida l’apostolo che già ora sente crescere in sé il vigore della vita divina: «Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,28-31). Il Signore crea in noi un nuovo essere, ci dona un’anima di mitezza e di pace: «vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito» (Ef 3,16). «Vi siete svestiti dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato» (Col 3,9-10). «Il vostro ornamento non sia quello esteriore - capelli intrecciati, collane d'oro, sfoggio di vestiti - ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, un'anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio» (1 Pt 3,3-4). 

17Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: 

«Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,11-12). «Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,17-18). «Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell'oro - destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco - torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà» (1 Pt 1,6-7). 

18noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne.

Il credente pone tutta la sua attenzione sulle realtà promesse dal Signore: Mosè «rimase saldo, come se vedesse l'invisibile» (Eb 11,27). «Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza» (Rm 8,24-25). «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio» (Eb 11,1-2). 

«Il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (1 Gv 2,17). 

Capitolo 5

1Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. 

Sulla terra sperimentiamo la precarietà della vita ed è come abitassimo in una tenda. La vita celeste, al contrario, viene paragonata ad un’abitazione solida perché costruita da Dio stesso. «Credo giusto, finché vivo in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo» (2 Pt 1,13-14). «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3). 

2Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste

«Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?» (Rm 7,24). «Anche noi che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm 8,23). «Ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio» (Fil 1,23-24). 

3purché siamo trovati vestiti, non nudi. 4In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. 

Il cristiano vuole trovarsi sempre rivestito d’un corpo e non nudo, cioè senza un corpo. 

Avverte un contrasto: da una parte, da quando ha conosciuto la possibilità di stare sempre con il Signore, Paolo (e con lui ogni cristiano) desidera ottenere questa possibilità, ma dall’altra è inquietato dal passaggio della morte. Desidererebbe, allora, passare dalla vita terrestre a quella celeste, senza vedere la fine dell’esistenza attuale. Non vorrebbe essere spogliato dell’esistenza ma essere rivestito della nuova vita: «È necessario che questo corpo corruttibile si vesta d'incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d'immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15,53-54). 

Alcune persone sante erano state trasferite in Dio senza morire. «Enoc camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l’aveva preso» (Gen 5,24). «Elia salì nel turbine verso il cielo» (2 Re 2,11). Paolo, in un primo tempo, pensava che questa sarebbe stata la sorte dei cristiani che si sarebbero trovati in vita al ritorno glorioso del Signore: «Verremo rapiti nelle nubi per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore» (1 Ts 4,17). Sperava che gli accadesse questo: «Noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati» (1 Cor 15,51). Nel riconoscere la necessità di essere trasformati, ammonisce che l’uomo, nella sua corporeità terrestre, non può essere adeguato alla vita eterna (Cf 1 Cor 15,50). Il nostro corpo deve subire una trasformazione per ricevere una vita che non può più essere spenta. 

Il cristiano, ormai defunto, per rivestirsi della vita eterna, percorre la stessa vicenda di Gesù il quale conobbe la morte, la sepoltura e la risurrezione in un corpo del tutto trasfigurato: «Così anche la risurrezione dei morti: [il corpo] è seminato nella corruzione, risorge nell'incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale» (1 Cor 15,42-44).

5E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito. 

Dio, da sempre, ha pensato per noi una vita immortale e piena; il dono dello Spirito Santo conferma questa intenzione: «Se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). «Non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c'è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Ma gli empi invocano su di sé la morte con le opere e con le parole» (Sap 1,12-16). Dio, quindi, non vuole la nostra morte; ci rende persone giuste per farci immortali: la giustizia è immortale. 

6Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – 7camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, 8siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. 

Il cristiano è un pellegrino che cammina nella fede senza vedere il Signore ancora. «Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto» (1 Cor 13,12). Finché non ha raggiunto il Signore, è come un esiliato lontano dalla sua patria. La nostra patria e il nostro paradiso è il Signore stesso. «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). Alcuni testi suggeriscono che, dopo la morte, avremo un incontro immediato col Signore Gesù: «Oggi con me sarai in paradiso» (Lc 23,43) «Sigore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59) «Ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo» (Fil 1,23). 

9Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. 10Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

Nel frattempo, nel nostro pellegrinare cerchiamo di essere graditi a lui per subire un giudizio leggero. Abitare nel corpo e andare in esilio dal corpo è un linguaggio che sembra rimarcare la distinzione di anima e corpo, ma forse sta ad indicare ancora la differenza tra la vita attuale contrassegnata dalla fisicità terrestre (abitare nel corpo) e quella di una vita in cui conosceremo un nuovo modo d’esistenza (andare in esilio dal corpo). 

L’azione di riconciliazione da parte di Dio

11Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini. A Dio invece siamo ben noti; e spero di esserlo anche per le vostre coscienze. 12Non ci raccomandiamo di nuovo a voi, ma vi diamo occasione di vantarvi a nostro riguardo, affinché possiate rispondere a coloro il cui vanto è esteriore, e non nel cuore. 

Dopo aver parlato del futuro definitivo dei credenti, riprende il discorso sul ministero della Nuova Allenza e presenta i ministri del Vangelo come annunciatori della riconciliazione voluta da Dio. 

Egli attesta di nutrire un forte sentimento di riverenza del Signore. Sa di essere una persona che obbedisce a lui e vive secondo il suo volere e quindi di essere approvata da Dio. Si augura che anche i suoi interlocutori siano convinti della sua rettitudine e lo difendano nei confronti dei suoi avversari. Costoro confidano in abilità esteriori e non agiscono per motivazioni di fede e di carità presenti nel loro cuore. Abilità esteriori o secondarie sono la prestanza fisica (cf 10,10), l’arte oratoria, i doni carismatici (glossolalia). 

13Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo assennati, è per voi. 

Paolo potrebbe affascinare e persuadere rivelando esperienze carismatiche e prodigiose. Qui allude ad esperienze mistiche particolari ma il valore vero di un evangelizzatore consiste nel possedere e nel praticare la carità che si assume impegni gravosi. 

14L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. 15Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. 16Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. 

Se Paolo è tutto proteso al bene dei fratelli, agisce in questo modo perché l’amore che Cristo ha avuto per tutti gli uomini è penetrato nella persona, al punto da esserne dominato e così ama gli uomini con l’amore stesso del Signore. 

In che modo abbiamo verificato l’amore del Signore per l’umanità? Gesù è morto realmente per ottenere, grazie alla sua obbedienza, il perdono e l’annientamento dei peccati, a favore di tutti gli uomini. Così, grazie a questo evento, i battezzati sono morti al peccato. Ormai vivono della vita del Risorto, sono inseriti in lui, come i tralci di una vite partecipano alla vitalità del tronco. 

A motivo di queso profondo cambiamento che ha investito tutta l’umanità, Paolo giudica gli uomini non in base a valutazioni umane ma tenendo presente sempre ciò che Dio ha compiuto per loro. Gli uomini sono quelli avvolti dalla buona volontà di Dio. 

Del resto, egli aveva valutato male anche Cristo, condividendo i pregiudizi dei suoi oppositori ma ora lo ha conosciuto in verità e ha verificato la sua forza salvifica. 

17Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. 

La potente forza salvifica di Cristo si mostra dal fatto che se un fedele crede nel Signore e lo assimila realmente, allora fa apparire nella sua persona la nuova creazione. Mostra che la promessa di Dio è diventata realtà perché il futuro atteso è già cominciato: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio… perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,4-7). «La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno» (Rm 13,12-13). Come nelle guarigioni e negli esorcismi operati dal Signore, diventava evidente e certa la presenza del Regno di Dio, lo stesso avviene nella persona rinnovata da Cristo: egli è il segno inoppugnabile che il Regno di Dio e la nuova creazione sono ormai presenti nella storia. «Se scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (Lc 11,20). 

I profeti avevano annunciato la nuova creazione: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,18-19). «Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio» (Is 65,17-18). «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26). 

«Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito» (Gv 3,5-6). Ciò che conta «è l’essere nuova creatura» (Gal 6,15). «Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo» (Ef 2,10). 

La nuova creazione otterrà la piena realizzazione soltanto alla fine: «Vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,1-2). 

18Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. 

La nuova creazione (che include il perdono e l’annullamento del peccato; ancora meglio: il partecipare alla vita divina, l’essere figli di Dio come il Figlio, vivere già al presente la vita eterna mentre attendiamo la sua piena espansione nel futuro) tutto questo è stato reso possibile da Dio Padre. Quest’opera non è conclusa ma continua nella storia degli uomini grazie ai ministri del Vangelo che annunciano la riconciliazione ed invitano ad accoglierla. Il Regno entra nel mondo per opera di Dio.

19Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. 

Egli ha preso l’iniziativa di riconciliarsi con l’umanità. Di per sé è ovvio che sia l’offensore, il colpevole, a cercare di ripristinare un buon rapporto con la persona offesa. Qui avviene il contrario: Dio che è stato offeso ed osteggiato, prende l’iniziativa di ristabilire un rapporto sereno con i suoi offensori, non per il suo ma per il loro vantaggio. Anziché punire, assolve; non per giustificare il peccato o per consolidare il male ma per consentire agli uomini perdonati di cominciare un’esistenza di rettitudine. «Mi feci ricercare da chi non mi consultava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: “Eccomi, eccomi” a una nazione che non invocava il mio nome. Ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle; essi andavano per una strada non buona, seguendo i loro propositi, un popolo che mi provocava sempre, con sfacciataggine» (Is 65,1-3).

20In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

«Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore» (Is 55,6-8). 

21Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Troviamo esposto, qui, il nucleo più vivo, incandescente, del processo di riconciliazione. Dio fece Gesù peccato, non peccatore; ossia non lo considerò un peccatore facendo gravare su di lui il castigo che sarebbe spettato a noi. Questo sarebbe stato completamente falso ed ingiusto. Gesù divenne peccato quando, uomo come noi, incontrò una società che lo respinse. Quando le tenebre lo assalirono ma nella tenebra fece risplendere la sua luce e, in questo mondo, le tenebre non lo ghermirono. Dio non vuole soltanto che diventiamo giusti, decenti, ma giustizia; ossia che facciamo parità con il suo Figlio Gesù. L’Innocente accettò di farsi peccato, perché noi diventassimo santi ed immacolati nella carità. 

Con Cristo, morto e risorto, «Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce» (Col 2,13-14). «È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,19-20). 

Capitolo 5

1Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. 2Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! 

Ribadisce quanto ha annunciato or ora. Egli è ministro di riconciliazione da parte di Dio che viene incontro agli uomini, anche se malvagi, ostili o indifferenti. La morte di Cristo ha inaugurato il tempo della benevoleza, l’anno di grazia. «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilitocome alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l'eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”,e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”» (Is 49,8-9). «Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, a promulgare l'anno di grazia del Signore» (Is 61,1-2). «Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato» (Eb 3,12-13). 

3Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; 4ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, 5nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni… 

Paolo, per svolgere al meglio il suo ministero di riconciliazione, non soltanto evita di dare scandalo, ma s’impegna con tutto se stesso, a imitazione di Gesù, che affrontò la passione e vinse il male con il bene. «Il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori» (1 Ts 2,3-4). 

Gli apostoli, come gli antichi profeti, entrano i contatto con persone malvagie ed affrontano situazioni estremamente difficili: «Fu verso quel tempo che scoppiò un grande tumulto riguardo a questa Via. Un tale, di nome Demetrio, che era òrafo e fabbricava tempietti di Artèmide in argento, procurando in tal modo non poco guadagno agli artigiani…» (At 19, 23-24). 

Paolo non usa soltanto la fermezza ma combatte il male con un bene sempre più intenso: «Ritengo che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi» (1 Cor 4,9-13). 

6con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, 7con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; 

Lotta contro il bene alimentando il bene: «Siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile» (1 Ts 2,10). 

«Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo» (Ef 6,11). «Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno» (Rm 13,12-13). «Quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8). «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).

8nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; 9come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; 10come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!

«Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui, e alcuni dicevano: «Che cosa mai vorrà dire questo ciarlatano?» (At 17,18). «Richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù» (At 5,40-41). «Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria, che è Spirito di Dio, riposa su di voi» (1 Pt 4,14). «Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?» (Gc 2,5). 

11La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi. 12In noi certo non siete allo stretto; è nei vostri cuori che siete allo stretto. 13Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, apritevi anche voi! 

Paolo non riceve da parte dei Corinzi lo stesso affetto con il quale egli li ama. Ciò nonostante continua ad interessarsi di loro in modo gratuito. Sarebbe vantaggioso, però, per i suoi fedeli rendergli il contraccambio. Pur amandoli in modo unilaterale, egli aspira alla reciprocità. «Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù» (Fil 1,8). «Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo» (1 Cor 4,14-15). «Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari… Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi» (1 Ts 2,8.11)

14Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? 

Animato da sentimenti paterni, torna raccomandare l’elemento più rilevante: che i Corinzi non riprendano il culto delle divinità e tornino a vivere da pagani. «Si mescolarono con le genti e impararono ad agire come loro» (Sal 106,35). «Non accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo campo con due specie di seme né porterai veste tessuta di due specie diverse» (Lv 19,19). Siate «irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita» (Fil 2,15). 

15Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? 16Quale accordo fra tempio di Dio e idoli?

I profeti distoglievano il popolo dall’aderire ai culti idolatrici: «Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all'altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla» (1 Re 18,21). «Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l'esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia» (Os 14,9). I sacrifici offerti alle divinità «quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni. O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?» (1 Cor 10,20-21). 

Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. 

Valorizza l’assembleadei battezzati ricordando che la comunità stessa è un luogo in cui abita il Signore. «In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo» (Ez 37,27) «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi» (1 Cor 3,16-17).

17Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro

Essendo persone consacrate a Dio, devono allontanarsi da tutto ciò che può incrinare la loro comunione con lui: «Fuori, fuori, uscite di là! Non toccate niente d'impuro. Uscite da essa [da Babilonia], purificatevi, voi che portate gli arredi del Signore!» (Is 52,11). «Persino le mura di Babilonia sono crollate. Esci fuori, popolo mio, ognuno salvi la sua vita dall'ira ardente del Signore [contro la città nemica]» (Ger 51,44-45).

Paolo separa i discepoli dagli altri ebrei ostili: «entrato nella sinagoga, vi poté parlare liberamente cercando di persuadere gli ascoltatori di ciò che riguarda il regno di Dio. Ma, poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere, dicendo male in pubblico di questa Via, si allontanò da loro, separò i discepoli» (At 19,8-9). «Udii un'altra voce dal cielo: «Uscite, popolo mio, da essa [dalla città iniqua], per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli» (Ap 18,4). 

E io vi accoglierò e 18 sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente.

Il Signore accoglie come figli i profughi e gli esuli esclusi dalla società pagana: «Non temere, perché io sono con te; dall'oriente farò venire la tua stirpe, dall'occidente io ti radunerò. Dirò al settentrione: Restituisci, e al mezzogiorno: Non trattenere; fa' tornare i miei figli da lontano e le mie figlie dall'estremità della terra, quelli che portano il mio nome e che per la mia gloria ho creato e plasmato e anche formato» (Is 43,5-7). «Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d'acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito» (Ger 31,9).

Capitolo 7

1In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio. 

Certi che saranno accolti da Dio come figli e di costituire un nuovo tempio del Signore, contando su queste promesse, i cristiani devono purificarsi sempre più dal male (al quale un tempo avevavo aderito) e crescere nella santificazione. «Poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente. e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura» (Eb 10,19-22). 

Del resto anche Israele doveva impegnarsi nella santità: «Io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, o casa d'Israele. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l'iniquità non sarà più causa della vostra rovina. Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o casa d'Israele? Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete» (Ez 18,30-32).

2Accoglieteci nei vostri cuori! A nessuno abbiamo fatto ingiustizia, nessuno abbiamo danneggiato, nessuno abbiamo sfruttato. 3Non dico questo per condannare; infatti vi ho già detto che siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere. 

Ha esortato i Corinzi a guardarsi da ogni idolatria, ed ora rinnova loro l’invito ad accoglierlo ristabilendo una relazione non soltanto pacifica ma anche colma di affetto. Del resto egli è il padre della comunità e tutt i suoi membri sono suoi figli. «Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo» (1 Cor 4,14-15). 

Merita il loro affetto perché ha agito nei loro confronti con estrema correttezza come ha sempre fatto anche con altri: «Il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo» (1 Ts 2,4-7).

4Sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione. 5Infatti, da quando siamo giunti in Macedonia, il nostro corpo non ha avuto sollievo alcuno, ma da ogni parte siamo tribolati: battaglie all’esterno, timori all’interno. 6Ma Dio, che consola gli afflitti, ci ha consolati con la venuta di Tito; 7non solo con la sua venuta, ma con la consolazione che ha ricevuto da voi. Egli ci ha annunciato il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me, cosicché la mia gioia si è ancora accresciuta. 

Riprende il racconto del ritorno di Tito da Corinto (cf 2,12-13). In questo modo, oltre ad esortare i suoi fedeli, può anche congratularsi con loro. 

Ci aveva fatto sapere che, mentre si trovava in Macedonia, aveva avuto la gioia di rivedere il suo collaboratore che gli aveva annunciato buone notizie riguardo alla comunità di Corinto. Aveva preso spunto da questo fatto per parlare del trionfo del Vangelo e del significato del ministero della Nuova Alleanza. Ora torna a parlare della vicenda che riguarda i suoi rapporti con i Corinzi e riprende anche l’argomento della consolazione che gli viene dal Signore con il quale aveva cominciato la lettera. 

Ora veniamo a sapere che in Macedonia ha conosciuto travagli molto duri: «da ogni parte siamo tribolati: battaglie all’esterno, timori all’interno». Ciò nonostante, le buone nuove ricevute da Tito lo hanno confortato, e quindi dichiara di trovarsi «pervaso di gioia in ogni tribolazione». Può contare sulla ripresa di una buona relazione con i Corinzi che è stata finora incerta ed altalenante. 

8Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace. E se mi è dispiaciuto – vedo infatti che quella lettera, anche se per breve tempo, vi ha rattristati –, 9ora ne godo; non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi. Infatti vi siete rattristati secondo Dio e così non avete ricevuto alcun danno da parte nostra; 10perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte. 

Paolo aveva rattristato i Corinzi con uno scritto piuttosto schietto ma, ora, si mostra contento di verificare che il suo intervento, più brusco che complimentoso, li ha portati al pentimento. Invita a distinguere tra la tristezza secondo Dio, che induce alla conversione e quindi ad una ripresa di vita, e la tristezza secondo il mondo che, al contrario conduce verso un abbattimento mortifero. Già il saggio aveva ammonito: «Non darti in balìa della tristezza e non tormentarti con i tuoi pensieri. La gioia del cuore è la vita dell'uomo, l'allegria dell'uomo è lunga vita. Distraiti e consola il tuo cuore, tieni lontana la profonda tristezza, perché la tristezza ha rovinato molti e in essa non c'è alcun vantaggio» (Sir 30, 21-23).

La morte di Antioco Epifane manifesta un caso lampante di delusione che affretta la morte: «Il re, sentendo queste notizie [di sconfitte], rimase sbigottito e scosso terribilmente; si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo quanto aveva desiderato. Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire» (1 Mac 6,8). 

C’è una tristezza che, invece, diventa una ripresa di vita: «Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Peccatori, purificate le vostre mani; uomini dall'animo indeciso, santificate i vostri cuori. Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e piangete; le vostre risa si cambino in lutto e la vostra allegria in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà» (Gc 4,8-10). «È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati» (Eb 12,7-11).

11Ecco, infatti, quanta sollecitudine ha prodotto in voi proprio questo rattristarvi secondo Dio; anzi, quante scuse, quanta indignazione, quale timore, quale desiderio, quale affetto, quale punizione! Vi siete dimostrati innocenti sotto ogni riguardo in questa faccenda. 12Così, anche se vi ho scritto, non fu tanto a motivo dell’offensore o a motivo dell’offeso, ma perché apparisse chiara la vostra sollecitudine per noi davanti a Dio. 13Ecco quello che ci ha consolato. 

Riconosce ed enumera gli effetti del pentimento, tra i quali primeggia il ripristino della buona relazione tra lui e i suoi fedeli. Correggendo la persona che aveva offeso l’apostolo, i Corinzi si mostrano innocenti dell’accaduto. Il risultato migliore raggiunto sta nel ristabilimento dell’amicizia. 

Più che per la vostra consolazione, però, ci siamo rallegrati per la gioia di Tito, poiché il suo spirito è stato rinfrancato da tutti voi. 14Cosicché, se in qualche cosa mi ero vantato di voi con lui, non ho dovuto vergognarmene, ma, come abbiamo detto a voi ogni cosa secondo verità, così anche il nostro vanto nei confronti di Tito si è dimostrato vero. 15E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando come tutti gli avete obbedito e come lo avete accolto con timore e trepidazione. 16Mi rallegro perché posso contare totalmente su di voi.

Soprattutto è contento per la gioia provata da Tito che si è sentito accolto ed ascoltato. In conseguenza, egli ha aumentato la sua stima e il suo amore nei confronti dei Corizi. 

Tito, di origine greca, divvenne un collaboratore stretto di Paolo, condividendone lo stesso spirito e mostrando la stessa sollecitudine per le varie Chiese. Tempo prima, chiese di accompagnarlo a Gerusalemme per sollecitare una decisione favorevole per i pagani convertiti alla fede: «Andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. Ora neppure Tito, che era con me, benché fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere» (Gal 2,3-4). 

Visitò la comunità di Corinto per pacificarla con l’apostolo. Sollecitato da Paolo, intraprese volentieri la colletta per i poveri di Gerusalemme. «Cosicché abbiamo pregatoTito che, come l’aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest’opera generosa» (2 Cor 8,6). «Siano rese grazie a Dio, che infonde la medesima sollecitudine per voi nel cuore di Tito! Egli infatti ha accolto il mio invito e con grande sollecitudine è partito spontaneamente per venire da voi… Quanto a Tito, egli è mio compagno e collaboratore presso di voi » (2 Cor 8,16-17. 23). «Vi ho forse sfruttato per mezzo di alcuni di quelli che ho inviato tra voi? Tito vi ha forse sfruttati in qualche cosa? Non abbiamo forse camminato ambedue con lo stesso spirito, e sulle medesime tracce?» (2 Cor 12,17-18). 

In seguito, mentre Paolo era in carcere a Roma, profuse la sua attività missionaria la Dalmazia: «Cerca di venire presto da me; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia» (2 Tm 4,9).  

La colletta per i poveri

Capitolo 8

1Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia, 2perché, nella grande prova della tribolazione, la loro gioia sovrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità. 3Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, 4domandandoci con molta insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a vantaggio dei santi. 

I credenti della Macedonia (Tessalonica, Filippi) hanno ricevuto la grazia di essere generosi. Pur essendo molto poveri e tribolati, sono stati arricchiti dal grande tesoro della generosità. È scaturita dalla loro gioia profonda a motivo della fede: «Voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo» (1 Ts 1,6). Hanno vissuto lo stesso sentimento della vedova povera ammirata da Gesù: «Venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”» (Mc 12,42-44). «Chi è generoso sarà benedetto, perché egli dona del suo pane al povero» (Pr 22,9). 

5Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; 

Nel suo donarsi, il Signore supera ogni nostra attesa: «A Colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù» (Ef 3,20). La solidarietà dei Macedoni sgorga dal loro amore per il Signore; chi si dona a Dio, si dona poi anche al prossimo con maggior impegno. «Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,1). 

6cosicché abbiamo pregato Tito che, come l'aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest'opera generosa. 7E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera generosa. 

Per incarico del suo maestro, Tito aveva intrapreso la colletta; a sua volta Paolo aveva ricevuto tale incarico dagli apostoli di Gerusalemme: «Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare» (Gal 2,10). 

L’attenzione ai bisognosi è raccomandata dalla Scrittura: «I bisognosi non mancheranno mai nella terra, allora io ti do questo comando e ti dico: «Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nella tua terra»» (Dt 15,11). «Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d'Egitto; perciò ti comando di fare questo» (Dt 24,20-22). «Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,9-10).

«Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l'affamato e copre di vesti chi è nudo, se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall'iniquità e pronuncia retto giudizio fra un uomo e un altro, se segue le mie leggi e osserva le mie norme agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, oracolo del Signore Dio» (Ez 18,5-9).

8Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri.

Paolo impartisce degli ordini quando deve proibire il negativo ma riguardo al positivo preferisce limitarsi a mostrare il meglio senza stabilire precetti: «Pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto… Ti ho scritto fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo» (Flm 1, 8.21). «Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio» (Fil 1,9-11). 

9Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. 

La grazia significa l’amore gratuito di Cristo. Egli abbandonò la sua condizione di beatitudine e volle partecipare alla nostra miseria, per poter comunicarci la sua vita divina. «Pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso» (Fil 2.6-7). «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito» (Gal 3,13-14).

Mosè aveva precorso lo svuotamento del Signore: «Divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia di Faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere del peccato» (Eb 11, 24-25). 

«Annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8). «In Cristo Gesù siete stati arricchiti di tutti i doni» (1 Cor 1,5). «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?» (Rm 8,32). «Dalla sua pienezza [di Cristo] abbiamo ricevuto grazia su grazia» (Gv 1,16). 

10E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma anche a volerla. 11Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi.

Donare agli altri è vantaggioso per lo stesso donatore. Egli deve portare a compimento lo stimolo alla generosità ricevuto dal Signore. «Tuttavia sii paziente con il misero, e non fargli attendere troppo a lungo l'elemosina. Per amore del comandamento soccorri chi ha bisogno, secondo la sua necessità non rimandarlo a mani vuote. Perdi pure denaro per un fratello e un amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra. Disponi dei beni secondo i comandamenti dell'Altissimo e ti saranno più utili dell'oro. Riponi l'elemosina nei tuoi scrigni ed essa ti libererà da ogni male. Meglio di uno scudo resistente e di una lancia pesante, essa combatterà per te di fronte al nemico» (Sir 29,8-13). «Figlio, non rifiutare al povero il necessario per la vita, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi. Non rattristare chi ha fame, non esasperare chi è in difficoltà. Non turbare un cuore già esasperato, non negare un dono al bisognoso. Non respingere la supplica del povero, non distogliere lo sguardo dall'indigente. Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo, non dare a lui l'occasione di maledirti, perché se egli ti maledice nell'amarezza del cuore, il suo creatore ne esaudirà la preghiera. Porgi il tuo orecchio al povero e rendigli un saluto di pace con mitezza. Strappa l'oppresso dal potere dell'oppressore e non essere meschino quando giudichi. Sii come un padre per gli orfani, come un marito per la loro madre: sarai come un figlio dell'Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre» (Sir 3,30-4.10). «Chi disprezza il prossimo pecca, beato chi ha pietà degli umili!» (Pr 14,21).

12Se infatti c'è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. 13Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. 14Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: 15Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno.

Ogni donazione deve sgorgare dalla buona volontà. Dio gradisce la disposizione sincera e solidale del cuore. Egli non chiede l’impossibile ma soltanto ciò che ognuno può dare. La misura ideale tra i cristiani è l’uguaglianza. 

«Il Signore parlò a Mosè dicendo: “Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore”» (Es 25,1-2). «Nessuno si presenterà davanti al Signore a mani vuote, ma il dono di ciascuno sarà in misura della benedizione che il Signore, tuo Dio, ti avrà dato» (Dt 16, 16-17). «Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (1 Pt 4,10). «Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l'amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri» (1 Gv 3,17-20). 

16Siano rese grazie a Dio, che infonde la medesima sollecitudine per voi nel cuore di Tito! 17Egli infatti ha accolto il mio invito e con grande sollecitudine è partito spontaneamente per venire da voi. 

Tito ha accolto lo stimolo della grazia di Dio che si è espressa mediante l’invito di Paolo. Soltanto il Signore può intervenire nel cuore delle persone per infondere in esse sentimenti di carità ma per ottenere questo risultato si serve della parola dei suoi inviati. Lo vediamo nel caso di Lidia: «Ad ascoltare c'era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). 

18Con lui abbiamo inviato pure il fratello che tutte le Chiese lodano a motivo del Vangelo. 19Egli è stato designato dalle Chiese come nostro compagno in quest'opera di carità, alla quale ci dedichiamo per la gloria del Signore, e per dimostrare anche l'impulso del nostro cuore. 

La raccolta non avviene in modo spontaneo e libero ma in base ad una organizzazione precisa. Non è soltanto un fatto individuale ma un’opera della comunità. Paolo non invia a Corinto soltanto persone designate da lui ma anche quelle scelte da altre comunità. 

20Con ciò intendiamo evitare che qualcuno possa biasimarci per questa abbondanza che viene da noi amministrata. 21Ci preoccupiamo infatti di comportarci bene non soltanto davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini. 22Con loro abbiamo inviato anche il nostro fratello, di cui abbiamo più volte sperimentato la sollecitudine in molte circostanze; egli è ora più entusiasta che mai per la grande fiducia che ha in voi. 23Quanto a Tito, egli è mio compagno e collaboratore presso di voi; quanto ai nostri fratelli, essi sono delegati delle Chiese e gloria di Cristo. 24Date dunque a loro la prova del vostro amore e della legittimità del nostro vanto per voi davanti alle Chiese. 

Non sarò lui a gestire le somme raccolte perché è attento a non sollevare sospetti, perplessità o supposizioni negative. Non gli basta il consenso della sua coscienza ma vuole che un comportamento libero da ogni sospetto eviti di dare adito a critiche inopportune. 

Capitolo 9

1Riguardo poi a questo servizio in favore dei santi, è superfluo che io ve ne scriva. 2Conosco infatti la vostra buona volontà, e mi vanto di voi con i Macèdoni, dicendo che l'Acaia è pronta fin dallo scorso anno e già molti sono stati stimolati dal vostro zelo. 3Ho mandato i fratelli affinché il nostro vanto per voi su questo punto non abbia a dimostrarsi vano, ma, come vi dicevo, siate realmente pronti. 4Non avvenga che, se verranno con me alcuni Macèdoni, vi trovino impreparati e noi si debba arrossire, per non dire anche voi, di questa nostra fiducia. 5Ho quindi ritenuto necessario invitare i fratelli a recarsi da voi prima di me, per organizzare la vostra offerta già promessa, perché essa sia pronta come una vera offerta e non come una grettezza.

Ogni Chiesa deve essere un esempio per l’altra e cercare di stimolarla. 

Ha scritto ai Tessalonicesi: «Voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne» (1 TS 1,6-8). 

6Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. 

«Chi ha pietà del povero, fa un prestito al Signore, che gli darà la sua ricompensa» (Pr 19,17). «Beato l'uomo che ha cura del debole: nel giorno della sventura il Signore lo libera. Il Signore veglierà su di lui, lo farà vivere beato sulla terra» (Sal 41,2-3). «La persona benefica prospererà e chi disseta sarà dissetato» (Pr 11,25). «Seminate per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà» (Os 10,12). «Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,38). 

7Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.

«Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso, non indurirai il tuo cuore gli presterai quanto occorre alla necessità in cui si trova. Dagli generosamente e, mentre gli doni, il tuo cuore non si rattristi. Proprio per questo, infatti, il Signore, tuo Dio, ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano» (Dt 15,7-8). «Nel fare elemosina, il tuo occhio non abbia rimpianti. Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo» (Tb 4,7). «Maledetto il fraudolento… che mi sacrifica una bestia difettosa» (Ml 1,14). «Chi dona lo faccia con semplicità,chi fa opere di misericordia, le compia con gioia» (Rm 12,8). 

8Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia 

«La benedizione del Signore arricchisce, non vi aggiunge nulla la fatica» (Pr 10,22). «Per chi dona al povero non c’è indigenza, ma chi chiude gli occhi avrà grandi maledizioni» (Pr 28,27). «Sii come un padre per gli orfani, come un marito per la loro madre: sarai come un figlio dell'Altissimo, ed egli ti amerà più di tua madre» (Sir 4,10). 

perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. 9Sta scritto infatti: Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno. 

«A Giaffa c'era una discepola chiamata Tabità - nome che significa Gazzella - la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine» (At 9,36). «Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo» (Ef 2,10). «…possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio» (Col 1,10). 

10Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.

«Onora il Signore con i tuoi averi e con le primizie di tutti i tuoi raccolti; i tuoi granai si riempiranno oltre misura e i tuoi tini traboccheranno di mosto» (Pr 3,9-10). «Portate le decime intere nel tesoro del tempio; poi mettetemi pure alla prova in questo- dice il Signore degli eserciti -, se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi benedizioni sovrabbondanti. Terrò indietro gli insetti divoratori, perché non vi distruggano i frutti della terra. Felici vi diranno tutte le genti, perché sarete una terra di delizie, dice il Signore degli eserciti» (Ml 3,10-12). «L'acqua spegne il fuoco che divampa, l'elemosina espia i peccati. Chi ricambia il bene provvede all'avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno» (Sir 3,30). «È meglio la preghiera con il digiuno e l'elemosina con la giustizia, che la ricchezza con l'ingiustizia. Meglio praticare l'elemosina che accumulare oro. L'elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l'elemosina godranno lunga vita. Coloro che commettono il peccato e l'ingiustizia sono nemici di se stessi» (Tb 12,8-10).

11Così sarete ricchi per ogni generosità, la quale farà salire a Dio l'inno di ringraziamento per mezzo nostro. 12Perché l'adempimento di questo servizio sacro non provvede solo alle necessità dei santi, ma deve anche suscitare molti ringraziamenti a Dio. 13A causa della bella prova di questo servizio essi ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del vangelo di Cristo, e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti. 

L’apostolo invita sempre alla lode e al ringraziamento; tutta la sua azione viene svolta per manifestare tra gli uomini la presenza gloriosa del Signore affinchè lo glorifichino: «Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio» (2 Cor 4,15). «Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguardo a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio?» (1 Ts 3,9). 

«Liberaci dalle genti, perché ringraziamo il tuo nome santo: lodarti sarà la nostra gloria» (1 Cr 16.35). 

«Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non esitate a ringraziarlo» (Tb 12,6). Davide «stabilì che alcuni leviti stessero davanti all’arca del Signore come ministri, per celebrare, ringraziare e lodare il Signore, Dio d’Israele» (1 Cr 16,4). 

La glorificazione di Dio deve coinvolgere anche il nostro agire. «Chi osserva la legge vale quanto molte offerte; chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. Chi ricambia un favore offre fior di farina, chi pratica l'elemosina fa sacrifici di lode» (Sir 35,1-4). 

14Pregando per voi manifesteranno il loro affetto a causa della straordinaria grazia di Dio effusa sopra di voi. 15Grazie a Dio per questo suo dono ineffabile!

L’intercessione a favore dei fratelli è molto praticata nel popolo di Dio. «Disse Samuele: «Radunate tutto Israele a Mispa, perché voglio pregare il Signore per voi» (1 Sam 7,5). «Io [Neemia] prego ora davanti a te giorno e notte per gli Israeliti, tuoi servi, confessando i peccati che noi Israeliti abbiamo commesso contro di te… Ora questi sono tuoi servi e tuo popolo, che hai redento con la tua grande forza e con la tua mano potente. O Signore, sia il tuo orecchio attento alla preghiera del tuo servo e alla preghiera dei tuoi servi, che desiderano temere il tuo nome» (Ne 1,6). «Onia, che era stato sommo sacerdote, uomo onesto e buono, con le mani protese pregava per tutta la comunità dei Giudei» (2 Mac 15,12). «Questi [Geremia] è l’amico dei suoi fratelli, che prega molto per il popolo e per la città santa, Geremia, il profeta di Dio» (2 Mc 15,14). 

«Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Lc 10,2). «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno» (Lc 22,31). «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). Gli apostoli Pietro e Giovanni «scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo» (At 8,15). «Mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12,5). «Avvenne che il padre di Publio giacesse a letto, colpito da febbri e da dissenteria; Paolo andò a visitarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì» (At 28,8). «Il desiderio del mio cuore e la mia preghiera salgono a Dio per la loro salvezza» (Rm 10,1). «In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi» (Ef 6,18).

Nuova autodifesa di Paolo

Capitolo 10

1Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io che, di presenza, sarei con voi debole ma che, da lontano, sono audace verso di voi: 2vi supplico di non costringermi, quando sarò tra voi, ad agire con quell’energia che ritengo di dover adoperare contro alcuni, i quali pensano che noi ci comportiamo secondo criteri umani. 

Questa parte della lettera prevede una intensa apologia di Paolo contro avversari aguerriti che cercano di screditarlo presso i membri della comunità. Un’accusa rivoltagli è quella di mostrarsi battagliero negli scritti ma arrendevole in presenza (questa critica verrà ripresa nei vv. 10-11). In realtà aveva già precisato che egli non voleva agire in modo autoritario, non desiderava di comportarsi come un padrone ma come un collaboratore della gioia dei suoi fedeli (1,24). Desidera, piuttosto, imitare la dolcezza e la mansuetudine di Gesù evitando ogni asprezza. Del resto Dio Padre agisce con dolcezza: «Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini» (Sap 12,18-19). «Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso» (Sir 3,17). 

Il Servo del Signore «non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra» (Is 42,3-4). «Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina» (Zc 9,9). «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29). 

3In realtà, noi viviamo nella carne, ma non combattiamo secondo criteri umani. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, 4ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, 5distruggendo i ragionamenti e ogni arroganza che si leva contro la conoscenza di Dio, e sottomettendo ogni intelligenza all’obbedienza di Cristo. 6Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta.

Pur trovandosi in una situazione di debolezza, agisce come un lottatore, provvisto di armi spirituali molto efficaci, tali da consentigli la vittoria in ogni scontro. L’apostolo che preferirebbe agire con mitezza, dichiara di essere disposto a rintuzzare ogni forma di disobbedienza perché egli intende opporsi in modo risoluto a chi si oppone a Dio e rifiuta il Vangelo. 

«Il saggio assale una città di guerrieri e abbatte la fortezza in cui essa confidava» (Pr 21,22). «Il Signore abbatte la casa dei superbi, ma consolida il confine della vedova. Il Signore aborrisce i pensieri malvagi, ma le parole benevole gli sono gradite. Sconvolge la sua casa chi è avido di guadagni disonesti, ma chi detesta i regali vivrà» (Pr 15,25-27). «L'uomo abbasserà gli occhi superbi, l'alterigia umana si piegherà; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno. Poiché il Signore degli eserciti ha un giorno contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza, per abbatterlo» (Is 2,11-12). «Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio» (Ef 6,13-17). 

7Guardate bene le cose in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che, se lui è di Cristo, lo siamo anche noi. 8In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò da vergognarmene. 

Il tono del confronto comincia a diventare piuttosto acceso. Qualcuno dei suoi avversari riteneva di appartenere a Cristo forse poiché aveva conosciuto Gesù (cf 1 Cor 1,12). L’apostolo replica che anche lui appartiene a Cristo e ricorda di essere stato costituito in autorità proprio dal Risorto. Potrebbe, allora, far valere il suo mandato non per difendere se stesso ma per costruire la comunità. Più avanti dirà di essere un ministro di Cristo molto meglio di tanti altri perché ha affrontato un cumulo di fatiche per amore del Signore (cf 11,23). 

9Non sembri che io voglia spaventarvi con le lettere! 10Perché «le lettere – si dice – sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa». 11Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole, per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza. 


12Certo, noi non abbiamo l’audacia di uguagliarci o paragonarci ad alcuni di quelli che si raccomandano da sé, ma, mentre si misurano su se stessi e si paragonano con se stessi, mancano di intelligenza. 13Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la misura della norma che Dio ci ha assegnato, quella di arrivare anche fino a voi. 14Non ci arroghiamo un’autorità indebita, come se non fossimo arrivati fino a voi, perché anche a voi siamo giunti col vangelo di Cristo. 

Paolo non vuole cadere in una vuota autoesaltazione ma limitarsi a richiamare ciò che Dio ha operato per mezzo di lui. Gesù stesso si era fatto accreditare da Dio Padre: «Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni» (At 2,22). Ora il Signore gli ha dato la possibilità di edificare la comunità di Corinto. Questa è una prova inconfutabile a suo favore. Accreditare se stessi, del resto, non ha alcun valore: «Ti lodi un estraneo e non la tua bocca, uno sconosciuto e non le tue labbra» (Pr 27,2). I suoi avversari assomigliano al fariseo arrogante della parabola di Gesù, dispregiatore di tutti gli altri (cf Lc 18,11). Potrebbe rivolgere a loro i rimproveri mossi da Gesù ai suoi avversari: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole» (Lc 16,15).

15Né ci vantiamo indebitamente di fatiche altrui, ma abbiamo la speranza, col crescere della vostra fede, di crescere ancor più nella vostra considerazione, secondo la nostra misura, 16per evangelizzare le regioni più lontane della vostra, senza vantarci, alla maniera degli altri, delle cose già fatte da altri.

Ha sempre evitato di entrare in concorrenza con altri evangelizzatori e si è sempre proposto di far conoscere Gesù là dove era ancora del tutto sconosciuto: «mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno» (Rm 15,20). Riconosce anche che il protagonista dell’evangelizzazione non è lui ma il Signore stesso: «Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all'obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito» (Rm 15,18-19). Desidera inoltrarsi in terre più lontane, fino a raggiungere la Spagna, come precisa ai Romani: «Ora, non trovando più un campo d'azione in queste regioni e avendo già da parecchi anni un vivo desiderio di venire da voi, spero di vedervi, di passaggio, quando andrò in Spagna, e di essere da voi aiutato a recarmi in quella regione, dopo avere goduto un poco della vostra presenza» (Rm 15,23-24).

17Perciò chi si vanta, si vanti nel Signore; 18infatti non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda. 

«Così dice il Signore: “Non si vanti il sapiente della sua sapienza, non si vanti il forte della sua forza, non si vanti il ricco della sua ricchezza. Ma chi vuol vantarsi, si vanti di avere senno e di conoscere me, perché io sono il Signore che pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, e di queste cose mi compiaccio”» (Ger 9,22-23). «Quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1 Cor 1, 28-29). «Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14). 

Capitolo 11

1Se soltanto poteste sopportare un po’ di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. 2Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta. 3Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. 

Nell’Antico Testamento, il Signore si era presentato come lo sposo della nazione, Israele. Essendo vivamente innamorato di essa, se la sua sposa si rivolgeva ad altri Déi, egli provava vivi sentimenti di gelosia. «Fa’ sapere questo: Così dice il Signore: Io sono molto geloso di Gerusalemme e di Sion… Io di nuovo mi volgo con compassione a Gerusalemme» (Zc 1,14.16). Il profeta Elia aveva provato uno zelo di gelosia, come se avertisse in sé l’amarezza del Signore: «Sono pieno di zelo per il Signore, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza» (1 Re 19,10). 

Paolo ha concluso un fidanzamento tra Cristo e la comunità. «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, …per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,25.27). Purtroppo diventa sempre più probabile che essa si volga ad altri “Gesù”, diversi da quello predicato dall’apostolo. Egli allora prova gli stessi sentimenti di gelosia già vissuti dal Signore nei confronti del suo popolo e provati dai profeti. 

La comunità rischia di riperete lo stesso errore commesso da Eva, quando si lasciò sedurre dal serpente ingannatore (gen 3,1-6.13). Gesù aveva detto ai suoi avversari: «Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità» (Gv 8,44-45).

4Infatti, se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo.

Israele aveva conosciuto l’invito di falsi profeti a scegliere altri dèi: «Qualora sorga in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno e il prodigio annunciato succeda, ed egli ti dica: “Seguiamo dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuto, e serviamoli”, tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore, perché il Signore, vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se amate il Signore, vostro Dio, con tutto il cuore e con tutta l'anima» (Dt 13,2-4). La stessa propensione a tradire il Vangelo ricevuto compare anche presso i Galati: «Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n'è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema» (Gal 1,6-9). 

5Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi superapostoli! 6E se anche sono un profano nell’arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi. 

«Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo» (Ef 3,2-4). «La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza: così vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli è stata data, come in tutte le lettere, nelle quali egli parla di queste cose. In esse vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (2 Pt 3,15-16) «A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro» (Ap 22,18-19).

7O forse commisi una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunciato gratuitamente il vangelo di Dio? 8Ho impoverito altre Chiese accettando il necessario per vivere, allo scopo di servire voi. 9E, trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato di peso ad alcuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire. 10Cristo mi è testimone: nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia! 11Perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio! 12Lo faccio invece, e lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto per apparire come noi in quello di cui si vantano. 

A Corinto, Paolo «trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende» (At 18,2-3). «Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio» (1 Ts 2,9). «Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani» (1 Cor 4,10-12). «Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi» (2 Ts 3,7-8). «Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo» (1 Cor 9,18). 

13Questi tali sono falsi apostoli, lavoratori fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. 14Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce. 15Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere. 

«Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi» (Ap 2,2). «Vi raccomando poi, fratelli, di guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro l'insegnamento che avete appreso: tenetevi lontani da loro. Costoro, infatti, non servono Cristo nostro Signore, ma il proprio ventre e, con belle parole e discorsi affascinanti, ingannano il cuore dei semplici» (Rm 16,17-18; At 15,1.24). «La venuta dell'empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell'iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l'amore della verità per essere salvati» (2 Ts 2,9). 

16Lo dico di nuovo: nessuno mi consideri un pazzo. Se no, ritenetemi pure come un pazzo, perché anch’io possa vantarmi un poco. 17Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare. 18Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch’io. 

Paolo difende se stesso con foga perché teme che, se non avesse replicato alle accuse, avrebbe messo a repentaglio la sua predicazione, a danno del Vangelo. Egli si serve dell’arma del vanto, dell’autoglorificazione; di per sé è un atteggiamento cristiano errato ma egli è costretto a scendere in campo usando le stesse armi degli oppositori. Egli si vanta non per difendere il proprio onore ma per difendere il Vangelo. Del resto ha sempre riconosciuto che le opere di cui può vantarsi sono state dono del Signore che lo ha inviato in missione e lo ha sempre sorretto. 

19Infatti voi, che pure siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. 20In realtà sopportate chi vi rende schiavi, chi vi divora, chi vi deruba, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia. 21Lo dico con vergogna, come se fossimo stati deboli!

«Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal 5,1). 

Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. 22Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! 

Si confronta con gli oppositori ebrei che accusavano l’apostolo di non appartenere in verità al popolo d’Israele, forse perché era vissuto a Tarso e non nella terra promessa. Altrove precisa: «Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all'età di otto giorni, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo» (Fil 3,4-7). 

23Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. 24Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; 25tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. 26Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; 27disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. 

Se, a motivo dei suoi privilegi di nascita, è uguale agli oppositori, come servo di Cristo è superiore a loro a motivo dei disagi sofferti per lui. 

28Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. 29Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? 

In questa lettera, ha mostrato la grande preoccupazione che nutriva per la comunità di Corinto. Egli era sempre angustiato non soltanto per le Chiese ma per l’incredulità che riscontrava spesso presso i suoi fratelli ebrei: «Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne» (Rm 9,1-3). 

Ha sempre cercato di venire incontro ai deboli nella fede, alle persone scrupolose e facili a scandalizzarsi, ammonendo i fratelli di non diventare motivo di afflizzione per altri. «Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo» (Rm 15,1). «Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io» (1 Cor 9,22-23).

30Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. 31Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. 32A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, 33ma da una finestra fui calato giù in una cesta, lungo il muro, e sfuggii dalle sue mani. 

Gli avversari gli rimproveravano di mostrare molteplici debolezze, ma egli aveva già ammesso di essere come un vaso di creta nel quale, però, essere stato depositato un tesoro assai prezioso. Approfitta, poi, di queste accuse per ricordare che Dio si manifesta ancora meglio nei deboli e nei poveri. Tra le «debolezze» ricorda il fatto, quasi ridicolo, di Damasco, a causa del quale poteva apparire anche un codardo. 

Capitolo 12

1Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. 2So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. 3E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – 4fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. 5Di lui io mi vanterò!

Continuando a provare l’imbarazzo a motivo dell’autoglorificazione alla quale ricorre per necessità, si confronta con gli avversari che si gloriavano di aver goduto di esperienze mistiche rilevanti. A questo punto narra di una sua esperienza particolare che visse quattordici anni prima della stesura della lettera. Il contenuto misterioso dell’evento viene espresso in immagini e categorie prese dall’apocalittica. Egli ne parla in maniera sbrigativa, per allusioni. Non comunica il contenuto del messaggio perché esso appartiene all’ineffabile. 

I profeti avevano avuto visioni: «Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò» (Nm 12,6). «Uno spirito mi sollevò e mi portò tra i deportati, in visione, per opera dello Spirito di Dio» (Ez 11,24). «Io parlerò ai profeti, moltiplicherò le visioni» (Os 12,11). «In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi» (Is 57,15). «Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio» (Ap 2,7). 

Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. 6Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me 7e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni. 

Le esperienze estatiche, le rivelazioni sono un dono del tutto gratuito del Signore mentre l’affrontare le tribolazioni sono anche un contributo, una collaborazione meritevole dell’apostolo. «D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stgmate di Gesù sul mio corpo» (Gal 6,17). 

Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. 8A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. 9Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte. 

Dio vuole che Paolo conosca una sofferenza che l’accompagna in continuità, denominata coi nomi simbolici di “spina nella carne” o “schiaffo di Satana”. La sua preghiera insistente ricorda quella di Gesù nel Getsemani durante la passione (cf Mt 26,39.42), percosso anch’egli da Satana, per mano dei suoi persecutori (Lc 22,53). Lo scopo di questo provvedimento, di carattere pedagogico, è quello di impedire all’apostolo di precipitare in superbia, ma non soltanto ciò. L’apostolo potrà verificare come il Signore lo accompagni sempre con il suo amore perché nella sua esistenza si rinnovi la forza del mistero pasquale. Nella debolezza di Gesù in croce, Dio manifestò la sua gloria e quella del Figlio e procurò agli uomini la salvezza. Proprio in quell’evento di estrema debolezza, Dio riversò la sua potenza salvifica. Accogliendo questa rivelazione che gli assicura un sostegno validissimo, Paolo accetta di affrontare i travagli che dovrà incontrare nel corso della sua missione. Sono questi, allora, la “spina nella carne”. Grazie alla sua partecipazione alla passione, potrà ottenere un ministero efficace e comunicare la vita ai fratelli. Riprende il principio basilare che ha già esposto: «Sempre, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Cristo, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita» (2 Cor 4,11-12). 

«Non ti ho forse comandato: “Sii forte e coraggioso”? Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada» (Gs 1,9). «Non temere, perché ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare, poiché io sono il Signore, tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore» (Is 43,1-3). 

«Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza» (Col 1,24.29).

11Sono diventato pazzo; ma siete voi che mi avete costretto. Infatti io avrei dovuto essere raccomandato da voi, perché non sono affatto inferiore a quei superapostoli, anche se sono un nulla. 12Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli. 

Non desiderava affatto difendere se stesso. Glorificare se stessi è una pazzia. Avrebbero dovuto sostenerlo i suoi fedeli che, invece, trascurandolo, si lasciano affascinare da superapostoli che non vivono secondo il suo stile pasquale. Il segni che rivelano il vero apostolo non sono quelli ammirati dai Corinzi (prodigi e miracoli) ma quello mostrato dall’apostolo: la pazienza a tutta prova. Questa pazienza è sopportazione, resilienza che rifiuta di abbandonare il campo di battaglia. 

«Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che sono stati pazienti. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione» (Gc 5,11). «Tu invece mi hai seguito da vicino nell'insegnamento, nel modo di vivere, nei progetti, nella fede, nella magnanimità, nella carità, nella pazienza, nelle persecuzioni, nelle sofferenze» (2 Tt 3,10-11).

13In che cosa infatti siete stati inferiori alle altre Chiese, se non in questo: che io non vi sono stato di peso? Perdonatemi questa ingiustizia! 14Ecco, è la terza volta che sto per venire da voi, e non vi sarò di peso, perché non cerco i vostri beni, ma voi. Infatti non spetta ai figli mettere da parte per i genitori, ma ai genitori per i figli. 15Per conto mio ben volentieri mi prodigherò, anzi consumerò me stesso per le vostre anime. Se vi amo più intensamente, dovrei essere riamato di meno? 

Paolo, con una certa dose d’ironia, si scusa di non aver gravato sui Corinzi. «Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo» (1 Cor 9,18).

Mentre da altre Chiese ha ricevuto sussidi, non ha chiesto nulla a quest’ultimi. «Lo sapete anche voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto» (Fil 4,15-17). Così può affermare che egli non cerca i loro beni ma ciò che è utile a loro. Del resto egli è stato un padre per loro e sono i padri a dover lasciare una eredità ai figli. Riprende l’esortazione già espressa con la quale chiedeva di essere riamato da loro con la stessa premura con la quale ha amato loro e continuerà a farlo. 

16Ma sia pure che io non vi sono stato di peso. Però, scaltro come sono, vi ho preso con inganno. 17Vi ho forse sfruttato per mezzo di alcuni di quelli che ho inviato tra voi? 18Ho vivamente pregato Tito di venire da voi e insieme con lui ho mandato quell’altro fratello. Tito vi ha forse sfruttati in qualche cosa? Non abbiamo forse camminato ambedue con lo stesso spirito, e sulle medesime tracce?

Continua nella sua difesa personale espressa in tono piuttosto drammatico. Personalmente, in modo diretto, non ha sfruttato i Corinzi ma avanza l’ipotesi, subito accantonata, di aver fatto questo, con maliziosa astuzia, tramite qualcuno dei collaboratori. Forse sospettava che qualcuno potesse pensare questo. Tuttavia Tito non potrebbe aver commesso un fatto del genere egli è in profonda sintonia con Paolo, nel modo di sentire e di fare. 

19Da tempo vi immaginate che stiamo facendo la nostra difesa davanti a voi. Noi parliamo davanti a Dio, in Cristo, e tutto, carissimi, è per la vostra edificazione. 20Temo infatti che, venendo, non vi trovi come desidero e che, a mia volta, venga trovato da voi quale non mi desiderate. Temo che vi siano contese, invidie, animosità, dissensi, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini, 21e che, alla mia venuta, il mio Dio debba umiliarmi davanti a voi e io debba piangere su molti che in passato hanno peccato e non si sono convertiti dalle impurità, dalle immoralità e dalle dissolutezze che hanno commesso. 

Ora spiega come mai si sia impegnato in una difesa così diffusa: chiarire qualsiasi malinteso che potrebbe contrastare la costruzione della comunità, parlando sempre con purezza di coscienza, ponendosi davanti a Dio. I Corinzi, così critici, sono invitati caldamente ad esaminare se stessi e a prestare attenzione alla situazione della comunità, piuttosto preoccupante. Non può certo trascurare di recarsi presso di loro per cercare di porre dei rimedi. 

Capitolo 13

1Questa è la terza volta che vengo da voi. Ogni questione si deciderà sulla dichiarazione di due o tre testimoni. 

Nella visita futura, per ristabilire nella comunità una vita cristiana autentica, aprirà dei procedimenti disciplinari com’era stabilito nella Sacra Scrittura e come era prassi presso gli Ebrei. 

«Un solo testimone non avrà valore contro alcuno, per qualsiasi colpa e per qualsiasi peccato; qualunque peccato uno abbia commesso, il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre testimoni» (Dt 19,15). «Prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni» (Mt 18,16). «Non accettare accuse contro un presbìtero se non vi sono due o tre testimoni. Quelli poi che risultano colpevoli, rimproverali alla presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore» (1 Tm 5,19). 

2L’ho detto prima e lo ripeto ora – allora presente per la seconda volta e ora assente – a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò, 

Intende agire con l’autorità di Cristo Risorto, a vantaggio dei fedeli. Il proposito di non perdonare non significa che vuole conservare il rancore o punire per affermare la sua autorità. Significa che potrà decidere di espellere dalla comunità i colpevoli induriti nel male. Egli era premuroso di dare il perdono (2 Cor 2,10-11) ma anche pronto ad espellere gli impenitenti (cf 1 Cor 5,1-5). 

3dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che verso di voi non è debole, ma è potente nei vostri confronti. 4Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio.

Gesù aveva promesso ai discepoli: «Io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere» (Lc 21,15). I fedeli comprendano quale sia «la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l'efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti» (Ef 1,19-20). Cristo «messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito» (1 Pt 3,18). 

5Esaminate voi stessi, se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi?A meno che la prova non sia contro di voi! 6Spero tuttavia che riconoscerete che la prova non è contro di noi. 

I Corinzi sono invitati ad osservare se stessi per verificare se camminano in conformità alla loro fede oppure no. Devono assicurarsi che Cristo sia davvero con loro. Lasciano trasparire la presenza di Cristo nella loro vita di comunità? «Che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori» (Ef 3,17). «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi» (1 Cor 3,16). Spera che dopo questo serio esame possano essere approvati. «Se uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora troverà motivo di vanto solo in se stesso e non in rapporto agli altri. Ciascuno infatti porterà il proprio fardello» (Gal 6,4-5). 

Da parte sua, nella lettera, ha mostrato loro d’aver agito sempre rettamente e quindi è certo di superare il giudizio dei fedeli nei suoi confronti. Si augura che si persuadano della sua rettitudine. 

7Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male: non per apparire noi come approvati, ma perché voi facciate il bene e noi siamo come disapprovati. 

Chiede al Signore che i fedeli di Corinto si liberino da ogni male. Come aveva pregato Gesù: «Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno» (Gv 17,15). Se questo accadesse, mostrerebbe di aver operato in modo retto, d’essere stato un vero evangelizzatore, ma non pensa tanto alla sua giustificazione quanto alla maturazione dei fedeli. Preferirebbe essere disapprovato lui piuttosto che loro. 

8Non abbiamo infatti alcun potere contro la verità, ma per la verità. 9Per questo ci rallegriamo quando noi siamo deboli e voi siete forti. Noi preghiamo anche per la vostra perfezione. 10Perciò vi scrivo queste cose da lontano: per non dover poi, di presenza, agire severamente con il potere che il Signore mi ha dato per edificare e non per distruggere.

Egli non può nulla contro la verità, ossia non ha la facoltà di creare uomini ingiusti ma il contrario. Proprio nell’intento di far prevalere la verità, egli accetta che si rinnovi in lui il mistero pasquale, di sperimentare la debolezza (le sofferenze della sua missione) affinchè i suoi fedeli diventino forti, robusti nella fede. 

Saluti

11Per il resto, fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. 

«Voi, figli di Sion, rallegratevi, gioite nel Signore, vostro Dio» (Gl 2,23). «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4). «Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi» (1 Ts 5,16-18).

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). 

«Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri» (Mc 9,50). «Il Dio della pace sia con tutti voi» (Rm 15,33). «Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelli che faticano tra voi, che vi fanno da guida nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e amore, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi. Vi esortiamo, fratelli: ammonite chi è indisciplinato, fate coraggio a chi è scoraggiato, sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti. Badate che nessuno renda male per male ad alcuno, ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti» (1 Ts 5,12-15). 

12Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. 13La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. 

«Vi salutano tutti i fratelli. Salutatevi a vicenda con il bacio santo» (1 Cor 16,20).