1 Corinti
Capitolo 15
1Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi 2e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!Il Vangelo nel quale restate saldi.
Paolo richiama il Vangelo che ha già annunciato alla comunità e ricorda la loro accoglienza. «Rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti» (1 Ts 2,13). Sono stati e dovranno continuare ad essere semi sparsi sul buon terreno che «ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno» (Mc 4,20).
«Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento e il tuo cuore custodisca i miei precetti, perché lunghi giorni e anni di vita e tanta pace ti apporteranno. Bontà e fedeltà non ti abbandonino: légale attorno al tuo collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore, e otterrai favore e buon successo agli occhi di Dio e degli uomini» (Pr 3,1-3). «Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica» (Fil 4,9).
se lo mantenete come ve l’ho annunciato
«Bisogna che ci dedichiamo con maggiore impegno alle cose che abbiamo ascoltato, per non andare fuori rotta» (Eb 2,1). È possibile essere attratti da una falsa dottrina: «Se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo» (2 Cor 11,4). «Se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema» (Gal 1,8). «Ora egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui; purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo» (Col 1,22-23).
3A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che 4fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture 5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
Richiama la tradizione vivente: ha trasmesso, ciò che anche lui aveva ricevuto. Aveva accolto la tradizione degli apostoli nella Chiesa di Antiochia di Siria di cui fece farte dopo la sua adesione a Cristo (At 11,20-21.25-26). Anzitutto, al primo posto (en protois), richiama il contenuto essenziale della fede, detto Kerygma. «Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale. Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti. Per questo anche il sacerdote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del suo permanente bisogno di essere evangelizzato» (Evangelii gaudium, 164)
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto
Riferisce un evento capitale del passato. «Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio» (1 Pt 3,18). «Ha dato se stesso per i nostri peccati al fine di strapparci da questo mondo malvagio, secondo la volontà di Dio e Padre nostro» (Gal 1,4). «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,4-5). «Consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio…» (At 2,23). «Ecco i segni dei chiodi, ecco le sferze, gli sputi, ecco le ferite. Io ho sofferto tutte queste cose per te che sei stato ferito con molti colpi e trascinato da molti nemici in una dura schiavitù. Ma io, nella mia bontà, sono venuto a cercarti per liberarti, giacché dall'inizio ti ho fatto a mia immagine. Per te, Io, che non conoscevo sofferenza, ho sofferto» (PseudoMacario, III, 3,1,5-3,2).
La menzione della sepoltura, poi, stabilisce il carattere reale e definitivo della morte.
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture 5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. 6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli.
Cerca di usare un linguaggio umano per annunciare un evento superiore: si risvegliò, si alzò. Il verbo non è al passato perché l’evento della Risurrezione è permanente. Cristo non è tornato in vita come altri ma ha vinto la morte; è la risurrezione e la vita (Gv 11,27), è vivente (Lc 24,5), seduto alla destra del Padre (Eb 8,1). Il terzo giorno è quello dell’evento della salvezza: «Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare» (Os 6,2). La Scrittura attesta che la relazione con Dio, garantita dalla sua benevole fedeltà, non può essere spezzata dalla morte: «Per questo gioisce il mio cuore, anche il mio corpo riposa al sicuro perché non abbandonerai la mia vita negli inferi» (Sal 16,9-10).
Richiama l’attestazione di fede dei primi testimoni e fa sapere che sono stati molti. Il Risorto non fu visto ma apparve; come Dio, appare a coloro che chiama. «Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità» (Mc 16,14)..
8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. 9Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. 10Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
L’elenco dei testimoni della risurrezione comincia con Cefa (Pietro), il più importante e termina con Paolo, l’ultimo, totalmente indegno di essere chiamato all’apostolato. «A me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8). Si considera un aborto: era un morto vivente, viveva come uno che non aveva neppure cominciato a vivere. L’amore di Dio è stato così potente non solo da restituirlo alla vita ma a renderlo capace di faticare per il Signore più di tutti: «Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi superapostoli!» (2 Cor 11,5). «… a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un'offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all'obbedienza, con parole e opere, con la forza dello Spirito» (Rm 15,15-18). «Ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna» (1 Tm 1,16).
così predichiamo e così avete creduto
In conclusione, attesta di appartenere in pieno al gruppo degli apostoli. La fede è un processo che ha un inizio e che esige di essere confermato lungo la vita.
12Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? 13Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! 14Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. 15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. 16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; 17ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. 18Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. 19Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
L’annuncio della risurrezione di Cristo è un portale che apre ai credenti la realtà viva di Cristo. Alcuni fedeli, però, negavano la possibilità che ci potesse essere una resurrezione dai morti. Paolo contesta: se non può darsi risurrezione, essa non può essere attribuita neppure a Gesù ed allora l’annuncio cristiano non avrebbe alcun senso. Il cristianesimo, infatti, non consiste nell’applicare gli insegnamenti di un maestro del passato ma è partecipazione della vita «con Cristo in Dio» (Col 3,3); è possesso della vita eterna nell’attesa della participazione alla glorificazione di Cristo. «Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono» (Ap 3,21). Il cristiano cerca di vivere gli insegnamenti di Gesù perché è già lui: è un tralcio che fa parte della vite, è la vite.
Inoltre l’esaltazione di Cristo assicura che il Padre ha concesso il perdono dei peccati, ottenuto per noi da Gesù con la sua obbedienza fino alla morte. «È stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25).
Infine, se Cristo non è risorto e non c'è una vita oltre la morte, allora i cristiani, che spesso affrontano sofferenze, persecuzioni e rinunce per la loro fede, lo fanno invano e sono persino da compatire, perché hanno costruito tutta la loro esistenza su una speranza illusoria. Invece, è vero il contrario: «Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti» (1 Ts 4,14). «Beati i morti che muoiono nel Signore: essi riposeranno dalle lori fatiche, perché le loro opere li seguono» (Ap 14,13). «Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).
20Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. 21Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. 22Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
La primizia (offerta dei primi prodotti) anticipava l’intero raccolto e, quindi, dal momento che Cristo è la primizia, ciò che è accaduto a lui, accadrà anche ad altri; tutti i fedeli morti godranno della stessa sorte di Cristo, perché «Egli è il capo del corpo (kephale), della Chiesa. Egli è principio (archè), primogenito (prototokos) di quelli che risorgono dai morti» (Col 1,18). «Se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).
v. 22 In Adamo tutti muoiono, in Cristo rivivranno. Nella Bibbia, alcuni personaggi, in quanto capi o progenitori, formano una realtà unica con il gruppo di persone che guidano o con i loro discendenti (cf Manzi 223-225). Il rapporto di solidarietà con cui siamo legati a Cristo è ben più stretto della connivenza di morte con Adamo. «Se per la caduta di uno solo [Adamo] la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo» (Rm 5,17).
23Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. 24Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 25È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, 27perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
v. 23 «Il Signore discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore» (1 Ts 4,16-17).
v. 24 La fine della storia corrisponde alla consegna del suo regno, da parte di Gesù, al Padre. Nel frattemo dovrà sbaragliare in modo completo le potenze cosmiche già sconfitte.
v. 25 È necessario: corrisponde al volere di Dio che Gesù dilati e mantenga la sua sovranità finchè non abbia sconfitto tutto ciò che contrasta con il progetto salvifico di Dio, soprattutto la morte. Paolo sembra ispirarsi al salmo 110 ma con delle differenze: nel salmo Dio concede la sovranità al suo Eletto (“Siedi alla mia destra”) ma sarà Egli stesso vincerà i nemici; secondo Paolo, invece, è il Messia stesso ad assoggettare i nemici, per adempiere la missione ricevuta. Il Risorto, quindi, agisce come Dio. Ad essere sconfitti ora non sono soltanto dei nemici ma tutti i nemici. La sovranità del Risorto è totale.
«Davvero l'hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi» (Sal 8,6-7) «Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto» (Eb 2,9).
Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. 28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
Gesù è sottomesso a Dio in quanto adempie totalmente la missione affidatagli dal Padre, affinchè il suo amore colmi ogni realtà (oppure: ricolmi ogni uomo; en pasin= in tutto o in tutti).
29Altrimenti, che cosa faranno quelli che si fanno battezzare per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?
Un passo dal significato incerto. 1. Paolo fa notare che i Corinti, nonostante l’apparente incredulità, si comportano come se i defunti continuassero a vivere dal momento che alcuni si facevano battezzare al posto di un congiunto già defunto. Ricorda loro una prassi cultuale del tutto sconosciuta e non più seguita nel tempo 2. Coloro che si fanno battezzare per i morti, in realtà, sono tutti gli evangelizzatori che si immergono nei travagli della loro missione allo scopo di vivificare gli uomini che sono morti [battezare significa immergere]. Il seguito del discorso, conferma questa seconda ipotesi.
30E perché noi ci esponiamo continuamente al pericolo? 31Ogni giorno io vado incontro alla morte, come è vero che voi, fratelli, siete il mio vanto in Cristo Gesù, nostro Signore! 32Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe?
vv. 30-32 Parlando di sé, testimonia di credere fermamente nella risurrezione altrimenti, a motivo delle sofferenze che affronta, non potendo contare su una nuova vita, avrebbe scelto di essere il più miserabile di tutti gli uomini. Come missionario, ogni giorno affronta la morte e si paragona a chi combatte contro le fiere. «So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni» (At 20,23). «Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,36-37). «Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale» (2 Cor 4,11).
Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. 33Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». 34Tornate in voi stessi, come è giusto, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
L’assenza di speranza in una vita futura, spinge l’incredulo a “mordere la vita” presente, cercando il più possibile il piacere come unica vera risorsa. Questo atteggiamento porta a trascurare ogni altro valore e favorisce la conflittualità di tutti contro tutti. Alcuni fedeli sono stati corrotti da cattive compagnie e si sono dati ad una vita di peccato, tipica di quanti non conoscono Dio.
Paolo assiste a comportamenti già condannati dai profeti: «Vi invitava in quel giorno il Signore, Dio degli eserciti, al [pentimento]. Ecco invece gioia e allegria, sgozzate bovini e scannate greggi, mangiate carne e bevete vino: “Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo!”. Ma il Signore degli eserciti si è rivelato ai miei orecchi: “Certo non sarà espiato questo vostro peccato”» (Is 22,12-14). «La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati… Venite dunque e godiamo dei beni presenti! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia» (Sap 2,1-11).
35Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?». 36Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. 37Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. 38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo.
Il tema della risurrezione fa sorgere in modo spontaneo molti interrogativi. Paolo risponde con una certa ruvidezza forse perché sospetta che queste domande intendano piuttosto alimentare dubbi anziché chiarimenti. Nel tentativo di ribadire la sua fede, recupera indizi dalla natura. Il mondo naturale offre degli elementi d’osservazione che suggeriscono la “naturalezza” della risurrezione: da un chicco che muore, spunta un germoglio che diventa poi una spiga. Il confronto non è tra l’uno (che muore) e i molti (che vivono grazie a questa morte) (come in Gv 12,24), ma tra la morte e una nuova vita. In modo paradossale, è la morte a consentire la vita. Anziché spegnere ogni attesa, da essa può germinare una diversa esistenza, perfino più ricca. Il detto di Gesù specifica questa prospettiva di base. Il processo naturale da morte a vita non accade per una energia che risiede negli elementi, quasi per automatismo, ma perché è Dio ad intervenire per assicurare questo sviluppo. La natura non è soltanto natura ma creazione.
Paolo vi si ispira, poiché il mondo creato rimane sempre la prima rivelazione dell’agire di Dio. Se la risurrezione trascende di gran lunga la vita fisica, tra le due non si pone soltanto discontinuità ma anche una continuità sia pure per semplice analogia, come viene supposto dalla formula creazione e nuova creazione. La prima prepara la seconda che la supera, ma senza l’idea di creazione, parlare di nuova creazione sarebbe incomprensibile. Gesù stesso spiegava la profondità insondabile del Regno, con immagini tratte dal mondo naturale.
39Non tutti i corpi sono uguali: altro è quello degli uomini e altro quello degli animali; altro quello degli uccelli e altro quello dei pesci. 40Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, altro quello dei corpi terrestri. 41Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle. Ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore.
La risurrezione riguarda il corpo e prima o poi bisogna parlare di esso. Di nuovo bisogna ricorrere alla potenza creativa di Dio che dona a tutti gli essere dei corpi differenti, peculiari a ciascuno. Ogni corpo possiede la sua gloria tipica ma alcuni superano gli altri nello splendore. Dio può dar vita a corpi dalla qualità infinitamente superiore a quelli che conosciamo e che formano la nostra umanità.
42Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; 43è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; 44è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale.
La nuova creazione inaugurata dalla risurrezione di Cristo apre agli uomini novità impensabili. Il corpo di Cristo ora è incorruttibile, glorioso, potente, totalmente plasmato dallo Spirito Santo. Il cristiano riceve il dono di partecipare alla sorte del Cristo glorioso. «Trasformerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose» (Fil 3,21). «Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora apparirete con lui nella gloria» (Col 3,4).
Se esiste un corpo animale, cioè terreno (il termine animale non ha nessun senso dispregiativo), può esistere anche un corpo spirituale. La potenza creativa di Dio, scaturisce dalla forza del suo amore gratuito. La dimensione terrena verrà trasformata in una dimensione celeste, ossia pienamente pervasa dall’azione salvifica, completa e definitiva di Dio.
Sta scritto infatti che 45il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. 46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. 47Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. 48Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. 49E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.
La prima creazione, che è quella che conosciamo e sperimentiamo, è sintetizzata nella figura (mitica) del primo Adamo; la nuova creazione è cominciata con Cristo Risorto, il secondo Adamo (personaggio storico).
Cristo è proclamato “Spirito vivificante”. Che significa? Cristo, nell’atto della sua risurrezione, entra in modo pieno nella dimensione divina. Lo Spirito di Dio ha trasformato in modo radicale la sua umanità terrestre. Ora, non soltanto è vivo ma è anche vivificante: Egli comunica ai fedeli la sua stessa vita. «Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel Figlio suo» (1 Gv 5,11). Paolo annuncia la promozione dell’uomo integrale, nella sua componente spirituale ma anche fisica.
L’uomo terrestre viene denominato “animale”, cioè provvisto di un’anima che lo vivifica o “psichico” (il termine greco per parlare di anima). Paolo richiama il secondo racconto della creazione dell’uomo: «Il Signore plasmò l’uomo come polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici e l’uomo divenne un essere vivente» (Gen 2,7). L’espressione uomo fatto di terra, uomo animale o psichico, non contiene nulla di dispregativo. Anzi, nella mistica cristiana, il ritorno alla condizione primitiva di Adamo era considerato un traguardo spirituale di grande valore. «Nuovamente poi, dopo la venuta di Cristo, per mezzo della potenza del battesimo, gli uomini hanno raggiunto la statura primitiva di Adamo, sono signori dei demoni e delle passioni» (Pseudo Macario, Omelia 1,2,1). Gesù stesso, quando prese carne, divenne un “essere vivente”, privo del peccato.
È posta, piuttosto, una differenza qualitativa tra l’uomo della prima creazione, denominato terrestre e quello della novità definitiva di Dio, chiamato celeste. La prima creazione, considerata buona fin dall’inizio, non esaurisce le possibilità dell’amore di Dio il quale vuole aprire una nuova creazione, alla quale i fedeli faranno parte. Essi attingeranno all’acqua della vita eterna: «Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio» (Ap 21,6-7).
50Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità.
L’apostolo si sta opponendo a quanti pensavano che la risurrezione fosse soltanto un semplice ritorno a questa vita. Lo preciserà ancora meglio nel versetto 53: «È necessario che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità». La corporeità non viene esclusa dal Regno, ma ma dovrà essere una corporeità redenta, liberata dalla corruzzione e resa gloriosa grazie alla partecipazione allo splendore del Risorto. «Anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati» (Rm 8,21-24).
51Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, 52in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati.
Mistero non significa, qui, una verità inaccessibile ma è chiamata così l’opera definitiva di Dio che, dopo essere rimasta sconosciuta agli uomini, ora viene rivelata. «A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell'eterno Dio…» (Rm 16,25-26).
È posta in risalto l’azione trasformatrice di Dio il solo che può rendere tutti gli uomini adeguati alla vita eterna. Essa viene inserita in un scenario proprio dell’apocalittica. «Sulla parola del Signore vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore» (1 Ts 4,15-17). Dovranno godere di questa trasformazione sia i defunti, sia quanti saranno ancora in vita.
53È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. 54Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria. 55Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?
Paolo associa la risurrezione all’incorruttibilità. I risorti vivranno in Dio, al modo di Cristo stesso. «Quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli» (2 Cor 5,1). Non saranno diluiti in un oceano divino, ma conserveranno la loro identità, consolidata dall’essere in piena comunione con il Signore e con il prossimo. La morte sarà annientata. «Eliminerà la morte per sempre» (Is 25,8, Cf Os 13,14).
56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. 57Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! 58Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
La Legge non fornisce, a chi si propone d’osservarla, la forza sufficiente per farlo. Nonostante il suo buon proposito, il fedele cade nel peccato che provoca la morte, come se esso fosse il pungiglione d’un insetto mortifero. «In base alle opere della Legge nessun vivente sarà giustificato davanti a Dio, perché per mezzo della Legge si ha conoscenza del peccato» (Rm 3,20). «Sappiamo che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me» (Rm 7,14-17).
Dio, grazie all’opera di Gesù, ha concesso agli uomini il dono di vincere sul peccato e, quindi, anche sulla morte. Questa consapevolezza induce i fedeli a corrispondere alla sua grazia.
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