lunedì 30 maggio 2011

Caino e Abele


4. 1 Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». 2 Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
Eva concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». Eva, nell’esprimere la gioia della maternità, sembra escludere del tutto il marito dalla sua considerazione, come se ormai fosse interessata esclusivamente al figlio. Caino è un figlio molto importante per lei mentre Abele, che in ebraico significa soffio, nullità, appare come un figlio aggiunto al fratello, come se fosse considerato una persona di scarso valore.
«Eva pensò: “Ho ottenuto un figlio per mezzo di Dio. Non è stata soltanto la natura a procurarmi un figlio ma la grazia divina”. Allora di nuovo partorì anche Abele. Essendo stata riconoscente del primo dono, ne ricevette anche un altro. Così agisce Dio: se siamo riconoscenti per un dono che ci ha elargito e riconosciamo il nostro Benefattore, egli ci offre altri benefici» [1].
3 Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; 4 anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5 ma non gradì Caino e la sua offerta.
Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore. «Il nostro Creatore ci ha infuso la sapienza della coscienza. Chi ammaestrò Caino a offrire sacrifici se non la sola voce della coscienza? Era convinto che fosse opportuno offrire a Dio qualche bene. Dio non sente la mancanza di qualcosa ma vuole insegnare il sentimento di riconoscenza. Non ha bisogno di noi ma si adatta alla nostra povertà e accetta questi doni a nostro vantaggio. Aderire a Dio, infatti, diventa uno stimolo per agire in modo corretto» [2].
Anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. «Abele offrì i primogeniti del gregge, ossia ciò che era più prezioso; aggiunse anche il loro grasso, la parte più ricca e desiderabile. Ben diversamente agì Caino che si limitò a presentare dei frutti, quasi presi a caso» [3]. Caino sembra offrire un sacrificio per ottenere la preferenza del Signore ed un vantaggio per sé, mentre l’offerta di Abele appare più spontanea e disinteressata.
Come possiamo anche noi offrire un sacrificio gradito a Dio? «Vivendo sotto lo sguardo di Dio in semplicità e innocenza, noi presentiamo in dono al Signore gli agnelli del nostro gregge; offriamo le più grasse delle nostre pecore, se presentiamo a Dio, opere di misericordia e di pietà» [4].
Il Signore gradì Abele e la sua offerta. Il lavoro da pastore di Abele ottiene buoni risultati. Dio restituisce ad Abele la dignità che i suoi genitori gli avevano rifiutato. «Si realizza in questo caso il detto del Vangelo: i primi saranno ultimi e gli ultimi primi (Mt 19, 30). Caino che si vantava del privilegio della primogenitura fu considerato inferiore al fratello» [5].
Punti di meditazione
Il culto di Abele ci richiama il valore della preghiera, considerata soprattutto come meditazione sulle parole della Sacra Scrittura: «La preghiera frequente produce una certa disciplina nel pregare; la stessa consuetudine ci rende docili a Dio, mentre la negligenza ci fa sordi a Lui. Del resto anche il vigore del corpo è accresciuto dall'esercizio frequente, mentre diminuisce e languisce se non è tenuto in attività. Procuriamo alla nostra mente questo cibo che, triturato e reso farinoso da una lunga meditazione, dia forza al cuore dell'uomo. È necessario triturare e rendere farinose le parole delle Scritture celesti, impegnandoci con tutto l'animo e con tutto il cuore, affinché la linfa di quel cibo spirituale si diffonda in tutte le vene dell'anima» [6].
L’omicidio
Caino è invidioso della prosperità del fratello. Il suo ruolo da persona privilegiata è messo in discussione. Egli, da solo, non costituiva il tutto; pur essendo avvantaggiato, aveva bisogno di integrarsi con il fratello. Dio aveva già detto che non è bene che l’uomo sia solo, isolato e senza relazioni. Egli dovrebbe trasformare la sua sofferenza in un’occasione per un rapporto migliore con Abele. «È proprio questa la sfida di Caino: dominare l’animale per attuare in sé l’immagine di Dio» (Wenin 107). Il peccato, presentato come un animale feroce, accovacciato alla porta, non è mai una fatalità alla quale non sia possibile sfuggire.
5. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. 6 Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? 7 Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo».
Il suo volto era abbattuto. «Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere» (Ger 17,9). «Se potessimo vedere per ciascun peccato come ne resta ferito il nostro uomo interiore! L’anima resta ferita dalla lingua, come resta ferita dai pensieri e desideri cattivi, riceve fratture e si spezza per le opere del peccato. Se noi potessimo vederlo e sentire le cicatrici dell’anima ferita, certo resisteremmo fino alla morte contro il peccato» [7].
Il peccato è accovacciato alla tua porta. «Guariscimi, Signore, e guarirò, salvami e sarò salvato, perché tu sei il mio vanto» (Ger 17,14). «Chi si mette a coltivare la medicina o la filosofia, non sarà subito così perfetto che non capiti che sbagli in qualcosa, eppure è annoverato tra i medici o tra i filosofi. Chi s’impegna nella santità, lo si può chiamare santo per questo proposito. Tuttavia per il fatto che cadrà in molte cose fino a che per la consuetudine sia recisa da lui l’abitudine del peccare, sarà anche chiamato peccatore. I santi fanno penitenza per i peccati, sentono le loro ferite, ricercano il sacerdote, domandano con insistenza la salute» [8].
«Nessuno, quando è tentato, dica: Sono tentato da Dio; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte» (Gc 1,13-15).
8 Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
Nessuno è tutto; sarebbe opportuno ai due fratelli mettere in comune i propri beni. La disparità poteva trasformarsi in generosa collaborazione ma in realtà accade il contrario. Per impadronirsi di tutto, Caino elimina il rivale ma «l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio» (Gc 1,20).
Andiamo, in campagna. «Chiunque odia il proprio fratello è omicida» (1 Gv 3,15). «Le ferite incurabili resistono a tutti i medicamenti, sia a quelli pesanti come a quelli leggeri. Allo stesso modo l’animo incattivito non vuole riflettere su ciò che gli sarebbe opportuno fare; per quante esortazioni lo si ammonisca, non si riesce a smuoverlo. Non è questione di capacità, ma di volontà»[9] .
Caino alzò la mano contro il fratello. «L’uomo è un animale ragionevole degno d’onore quando progredisce nella virtù, ma se inclina al male, finisce con l’imitare la crudeltà delle fiere. Una volta che abbia assunto le caratteristiche della belva, per quanto sia di per sé ragionevole mite, supera molto la loro ferocia» [10].
Gesù si offrirà volontariamente alla morte per liberare dal peccato tutta l’umanità: «In Abele fu anticipata l’immagine affinché in Cristo si manifestasse poi la realtà» [11].
«Voi vi siete invece accostati alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele» (Eb 12,22-24).
«Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello. Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvagie, mentre quelle di suo fratello eran giuste» (1 Gv 3, 10-12).
Punti di meditazione
«Il Signore Gesù è detto agnello perché la sua volontà di bene, con cui ha di nuovo reso propizio Dio agli uomini e ha dato l’indulgenza ai peccatori, è stata per il genere umano come l’offerta immacolata e innocente di un agnello. Sono cessate perciò tutte le altre vittime: questa vittima fu tale che bastò essa sola per la salvezza di tutto il mondo» [12]. Il Signore Gesù, tuttavia, attua la sua mediazione coinvolgendo altri uomini, i quali sono rappresentati negli altri animali, oltre all’agnello, adatti per il sacrificio. «Quando uno dei santi profeti e apostoli intercede per i peccati degli uomini in modo più ardente, può essere considerato come un ariete o un vitello offerti in sacrificio per impetrare la purificazione del popolo. Paolo non sembra forse un ariete offerto per il popolo quando dice: vorrei essere io stesso anatema, separato da Cristo, per i miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne (Rm 9, 3)?» [13].
Le conseguenze del misfatto
9 Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». 10 Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11 Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra».
«Dov'è Abele, tuo fratello?». «Dio si mostra di una bontà unica poiché si degna di dialogare con colui che aveva commesso un delitto così grave. Noi cominciamo a detestare anche un parente qualora sia colpevole. È giusto che agisca così perché Egli è come un medico e un padre amoroso. Finge di non sapere e formulando quest’interrogativo vuole preparare l’assassino e indurlo alla confessione del misfatto » [14].
«Chi odia il peccato quanto i santi? Tuttavia non odiano il peccatore, non lo condannano ma ne hanno compassione, lo curano come un membro malato: fanno di tutto per salvarlo. I pescatori, quando prendono un grosso pesce, se si accorgono che si agita, non lo tirano subito con violenza, ma gli danno corda abilmente e lo lasciano andare dove vuole; quando poi capiscono che non ce la fa più e ha cessato di dibattersi, allora piano piano cominciano a tirarlo indietro. Allo stesso modo fanno anche i santi: con la pazienza e con l’amore attirano il fratello e non lo cacciano via a calci né se ne disgustano» 76.
Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il custode di mio fratello?». Caino diede una risposta impudente. Nasconde il misfatto e conferma l’ostilità e la noncuranza verso il fratello. «Pensi forse di parlare ad un uomo che puoi ingannare? Non hai capito chi sia Colui che ti parla? Non t’accorgi che t’interroga mosso da grande bontà, che desidera trovare un’occasione per dimostrati la sua longanimità? Non sai che, frustrato questo tentativo, non hai alcuna possibilità di sottrarti alla punizione?» [15]. «Hai peccato? Vieni in chiesa a di’ a Dio: ho peccato. In questo non c’è fatica, non c’è bisogno di giri di parole, né di sforzo pecuniario. Pronuncia la parola che mostra i tuoi retti sentimenti sulle colpe commesse. Come può avvenire - obietterai - che io sia prosciolto dal peccato solo con il manifestarlo spontaneamente? Lo dice espressamente la Scrittura: chi l’ha manifestato è stato prosciolto ma chi l’ha nascosto, ha ricevuto la condanna» [16].
La voce del sangue di tuo fratello grida fino a me. «Dio ode i suoi giusti poiché vivono in Lui. Sono considerati viventi perché, anche se hanno subito la morte del corpo, godono della luce eterna. Il Signore ascolta anche il sangue dei giusti, ma allontana da sé le preghiere degli empi; questi sembrano vivere ma portano attorno la loro carne come una tomba, in cui hanno seppellito la loro anima infelice»[17] . «L'origine d’ogni turbamento sta nel fatto che non rimproveriamo noi stessi: per questo proviamo un forte abbattimento, per questo non troviamo mai riposo. In verità, se pure l'uomo facesse diecimila atti di virtù ma non tenesse questa strada, non cesserà mai di affliggersi e di perdere tutte quante le sue fatiche» [18].
Maledetto lungi da quel suolo… «Dio, dopo averlo rimproverato, gli inflisse la condanna: non tanto perché aveva ucciso, quanto perché non mostrava di riconoscere l’infamia commessa» [19].
13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono! 14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». 15 Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. 16 Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.
Gravato dal peso della pena che gli è stata inflitta da Dio, Caino confessa la sua colpa. È paura o vero pentimento? Di fatto egli chiede subito una mitigazione della pena.
Sarò ramingo e fuggiasco. «Dio relegò Caino come nell’esilio di un’abitazione separata, perché era passato dall’umana mitezza alla ferocia belluina. Non volle tuttavia punire l’omicida con un omicidio, poiché vuole il pentimento del peccatore più che la sua morte. Non volle eliminare colui il quale, fino a che fosse giunto al termine naturale della morte, aveva la possibilità di pentirsi» [20].
Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte! Il Signore garantisce la dignità di ogni uomo, anche se malvagio. Nessun uomo può pretendere di sostituirsi a Lui e di diventare giudice di un altro uomo. «L’uomo punisce per mandare in rovina, ma Dio castiga soltanto per correggere. Alcuni intendono la crudeltà come giustizia, e, secondo loro, la somma offesa è massimo diritto; la mia legge e la mia giustizia, invece, consistono nel salvare gli uomini che sono stati corretti» [21].
Il Signore pose su Caino un segno. «Con il segno, Dio volle richiamare Caino e indurlo a pentirsi con il ricordo costante di tale beneficio. Noi, infatti, ci affidiamo più facilmente a coloro che c’assicurano del loro amore» [22].
Caino si allontanò dal Signore. «Se qualcuno sta con fiducia davanti al Signore e non fugge dal suo volto e non evita il suo sguardo per la coscienza del peccato, come invece fece Caino, costui offre un sacrificio davanti al Signore» [23]. «Maledetto l’uomo che allontana il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere» (Ger 17,6).


[1] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[2] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[3] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[4] Cromazio d’Aquileia, Sermoni, 23, 3.
[5] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[6] Ambrogio, Caino e Abele, II, 6, 22.
[7] Origene, Omelie sui Numeri, VIII,1.
[8] Origene, Omelie sui Numeri, X, 1.
[9] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX,1.
[10] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX,1.
[11] Cromazio d’Aquileia, Sermoni, 23, 2.
[12] Origene, Omelie sui Numeri, XXIV, 1 [CTP 329. 331]
[13] Origene, Omelie sui Numeri, XXIV, 1.
[14] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX, 2.
[15] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX, 3,2.
[16] Giovanni Crisostomo, Omelia II, 1. CTP 22, 98.
[17] Ambrogio, Caino e Abele, II, 9, 31.
[19] Giovanni Crisostomo, Omelia II, 1. CTP 22, 99.
[20] Ambrogio, Caino e Abele, II, 10, 38.
[21] Girolamo, Commento a Osea, III, 11, 8-9.
[22] Ambrogio, Caino e Abele, II, 10, 35.
[23] Origene, Omelie sul Levitino, V, 3.

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