venerdì 20 maggio 2011

Cantico 2


Il profumo dell’amato

Sono inebrianti i tuoi profumi. Profumo olezzante è il tuo nome

Nell’intrattenersi con l’amato, alla giovane sembra di gustare la dolcezza del vino e di odorare profumi intensi. La relazione amorosa viene descritta come un’esperienza totalizzante in cui si fondono il senso del gusto e dell’olfatto; essa sembra sviluppare dei nuovi sensi.

L’effusione del profumo

Un profumo dal valore incalcolabile è stato riversato sulla terra. È lo stesso Cristo Signore. Ha potuto effondersi dappertutto quando venne infranto per noi nella sua passione. «Paolo parla di quest’effusione: pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso assumendo la forma di servo (Fil 2,6-7). Ciò che Paolo denomina come annientamento, il Cantico lo chiama effusione» [1]. «Era certamente di buon odore, ossia di pregio, l’unguento composto nell’Antico Testamento conforme alle indicazioni divine, quello con il quale venivano unti i re, i profeti e i sacerdoti. [Tuttavia] l’unguento della Chiesa contiene una tale efficacia, quale profumo ma anche quale medicina, da rendere perfettamente sani tutti i credenti; li costituisce re e sacerdoti e da oriente a occidente il profumo della conoscenza ha pervaso il mondo intero. Quale principio essenziale pensi che possa contenere [questo unguento] se non il nome di Cristo? Per ciò il testo dice: il tuo Nome è un unguento sparso. Uomini chiusi in un luogo dove ci sono dei cadaveri in putrefazione rischiano d’essere infettati; lo stesso avvenne per gli abitanti della terra in seguito alla caduta di Adamo. Quando il Nome dell’unico vero Dio venne introdotto e rinchiuso in un vaso corporeo nel mistero dell’incarnazione e quando questo vaso fu spezzato dai colpi inferti dai chiodi e dalla lancia, il profumo della sua conoscenza ha espulso dal mondo intero il fetore del diavolo» [2].

«Quando venne la pienezza dei tempi, si compì l’effusione del nome [di Cristo] mentre Dio effondeva lo Spirito sull’umanità. Già l’avevano i cieli, già era noto agli angeli. Fu rivelato fuori [sulla terra]. Olio sparso è il suo nome. Sparso davvero, in modo che, non solo ha riempito i cieli e la terra, ma è penetrato anche negli inferi. Splende quand’è predicato, nutre quand’è pensato, invocato lenisce e unge» [3].

Dio vuole, quindi, che anche noi riceviamo le qualità odorose del Cristo. «Il Padre lo ha unto di svariati profumi, lo ha fatto Cristo. Poteva venire altrimenti alla Sposa?» [4]. «Se lo Sposo mi toccherà, anchfio diventerò di buon odore, mi ungerò di unguenti e fino a me giungeranno i suoi profumi, così che potrò dire con gli Apostoli: Siamo il buon odore di Cristo in ogni luogo» [5].

Cristo ha ricevuto molti profumi o nomi. Sono le funzioni o i servizi che egli esercita per noi: è salvatore, luce, maestro, propiziatore. Ogni qualità di Cristo si trasforma in un nostra vantaggio; indicano i modi con i quali possiamo divenire partecipi di Lui. «[O Signore] ogni nome che ti viene attribuito non fa altro che indicare una certa relazione con noi, e ogni relazione con noi indicata da uno dei tuoi nomi non esprime altro che un tuo beneficio verso di noi. Come Signore, domini beneficando; come Gesù salvi, come Cristo, cioè unto re o sacerdote, governi o propizi per noi l'aiuto divino. Anche la relazione del Figlio al Padre per cui sei stato predestinato e costituito Figlio di Dio con potenza (cf. Rm 1,4) la conoscono quelli che hanno imparato a proclamare nello Spirito Santo: Abbà, Padre (Rm 8, 16). Per lo stesso motivo capiscono di essere diventati figli di Dio e tuoi fratelli, e sanno chi sei e quanto olio hai effuso su di noi, tu che proprio per questo ci hai redenti, o buon fratello» [6].

Sensi spirituali

Il Cantico parla di un certo tipo gusto spirituale e di un nuovo tipo di olfatto. L’esperienza mistica ha scoperto anche l’esercizio di sensi spirituali. «In noi esiste una duplice sensibilità, una fisica e l'altra più affine al divino; lo conferma la Sacra Scrittura in un versetto dei Proverbi: Troverai un senso divino (Pr 2,3-5). Esiste una corrispondenza tra le attività e le funzioni dell'anima e i sensi del corpo. Il bacio si avverte col tatto. Nel baciare le labbra si toccano ma esiste anche il tatto dell'anima col quale ella tocca il Verbo e lo sfiora mediante un contatto incorporeo e spirituale. Lo conferma l'apostolo scrivendo: Le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita (I Gv 1,1). Non sono le narici a percepire il profumo dei santi unguenti ma possediamo un organo spirituale capace di assorbire il profumo di Cristo, ispirando lo spirito» [7].

Che cosa sono i sensi spirituali? I mistici nelle loro esperienze dichiarano di sentire o avvertire la presenza di Dio e parlano di una particolare sensibilità con la quale avvertono la sua vicinanza, per quanto Egli si dà a conoscere. Leggiamo un testo del mistico bizantino Callisto Patriarca. Dall’udito, passa a parlare della vista e in seguito del tatto (Cristo ci tocca fino a rivestirci di sé); infine parla dell’odorato e del gusto:

«Come loderò, o Signore, la tua gloria che è inaccessibile, come celebrerò la tua bontà infinita, io che sono uomo, che anzi ho un intelletto ben limitato? Eppure loderò e celebrerò per quanto possibile.

Ecco che giungo in qualche modo alla percezione della tua gloria e bontà e la mia anima con tutta la forza aderirà a te. Udendo te avrò, com'è giusto, timore di te. La mia mente esce di sé per tutto ciò che è in te. Tu, Verbo altissimo, hai bussato alla porta, cioè all'udito della sposa nel Cantico dei Cantici, lei il cui cuore si è turbato a causa tua e che, in estasi, anch'essa ha cercato appassionatamente di vederti, gridando: Mostrami la tua faccia e fammi udire la tua voce, poiché bella è la tua faccia e dolce la tua voce. Infatti, com'è naturale, amava dire ciò che anche Giobbe diceva: Con l'udito... prima udivo di te, ma ora il mio occhio ti ha veduto… Tu rifulgi ineffabilmente, e illumini, per disporre così a vedere realtà soprannaturali, ricchezze della grazia e della verità, e per disporre ad allietarsi mirabilmente. Pertanto, per amore dell'uomo, non solo ti rendi tale da poter essere afferrato dall'udito e dalla vista, ma anche dal tatto. Dice il discepolo diletto: Ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto..., ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno palpato del Verbo della vita... .

Se poi ti fai anche veste per i credenti, è chiaro che raggiungi il loro tatto intellettuale e divino, o Buono. Quanti infatti sono stati felicemente battezzati in te, hanno anche rivestito te… Di quale letizia non è causa vedere te circondare come luce soprannaturale inaccessibile chi è preso da Dio?

Così senza dubbio per l'infinita abbondanza del tuo amore, tu ti rendi anche sensibile all'odorato delle narici spirituali, per quelli che possiedono fede sana, e anche in questo senso dai sollievo ai tuoi perché unguento effuso è il tuo nome…

Ma divieni anche gusto per i credenti, cena, cibo e bevanda vera dell'anima... Mangeranno i miseri e saranno saziati, i poveri in Spirito, e per l'eccesso di soavità di quel gusto loderanno te. Essendo eterno, tu rendi incorruttibili quelli che mangiano te.

Così tu rallegri i tuoi nutrendoli tramite ogni facoltà di percezione spirituale, o Signore amantissimo delle anime, divenendo per loro luce, vita, fruizione svariata di beni sovranostanziali. Benedetto sei, o Gesù, manna spirituale del cielo, che infinitamente nutri in mille maniere. Gloria all'amore ineffabile che hai per noi, alla tua indicibile pietà e tolleranza, o Sovrano. Amen» [8].

Come interpretare l’nsorgenza di una sensibilità spirituale? Seguo i suggerimenti di A. Poulain.

In primo luogo essa non è un frutto della nostra immaginazione grazie la quale possiamo ricordarci colori, suoni e profumi. I sensi spirituali non sono sensi immaginativi ma piuttosto di ordine puramente intellettuale. Inoltre i mistici, parlando di questi sensi, non intendono servirsi di semplici metafore ma piuttosto di analogie strette con la realtà vissuta. Essi non parlano di aver visto Dio realmente ma di averlo sentito, come se manifestasse la sua presenza in una specie di possessione interiore. Anziché evidenziare vista ed udito, i mistici si servono degli altri sensi: gustare, odorare, toccare. Si sentono immersi in lui e nuotano in lui.

Per quanto riguarda la motivazione teologica per la quale si attivano i sensi spirituali e si vive l’esperienza appena descritta, il Poulain dichiara: «Dio può essere non solamente veduto e ascoltato, ma respirato e abbracciato con una dolce stretta. E da ciò vediamo, quanto sarà compiuta, nella vita eterna, la nostra felicità ; giacché Dio non solamente si farà vedere, ma si donerà. Alcuni cristiani si foggiano un concetto 'incompiuto del cielo ; perché essi sanno che vi si vedrà Dio, e che si godrà del magnifico spettacolo della sua natura divina ; ma questo è tutto. Essi se lo immaginano come un principe severo, appartato sul suo trono, che tiene alteramente in distanza i suoi sudditi, ammettendoli solo alla parte di spettatori. Ma ben più di questo farà Iddio; poiché egli vuol essere l'aria imbalsamata, che noi respiriamo; la bevanda, che c'inebrierà; la vita della nostra vita; il nostro amante appassionato. Egli ci darà il bacio della sua bocca e riceverà il nostro ; e non sarà contento finché non sarà compenetrato e quasi identificato con questa cara anima, che si è data a lui; giacché egli vuole la compenetrazione intima e scambievole. Il cielo dunque non è solo la vista di Dio, ma è quasi l'immedesimamento con Dio, nell'amore e nel godimento. E se questo quasi immedesimamento non avesse luogo, l'anima ne sentirebbe una sete insaziabile. E come potrebbe vedersi la bontà divina, senza precipitarsi verso di essa?» [9].

Quella dei sensi spirituali non è tuttavia l’esperienza mistica più importante e il credente deve saper affrontare anche la cosidetta assenza di Dio. Essa, comunque, rivela che Dio vuole donarsi interamente all’uomo e che il rapporto con lui non è riducibile alla sola vista o al solo intelletto. Saremo in Dio, Dio sarà in noi. Anzi siamo già da sempre in Lui ed Egli è in noi.



[1] Gregorio Magno, In Canticum Canticorum, I, 2, 21.

[2] Apponio, Commento al Cantico, I, 23.

[3] Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XV, 2-6, pp. 159-163.

[4] Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, I,3, p. 43.

[5] Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, I,2, p. 41.

[6] Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei cantici, 34, p. 69.

[7] Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici, p. 41.

[8] Callisto Patriarca, Capitoli sulla preghiera, 64-65, Filocalia 4, pp. 372-375.

[9] A. Poulain, Delle grazie d’orazione. Teologia mistica, p. 104.

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