lunedì 12 dicembre 2011

L'amore

Nell’esperienza comune
L’amore è in relazione con la nostra affettività. Il bene amato, ossia ciò che noi amiamo (sul piano delle relazioni umane, dell’arte, dei modelli) influisce sul il nostro affetto e lo modifica perché lo attrae a sé. L'amore è proprio questa attrazione subita dalla nostra affettività.
Nell'amore possiamo distinguere diversi aspetti.
Conformità. Il bene affascina, attrae, commuove e trascina l'affetto (perciò si dice che lo modifica). C’è una misteriosa affinità tra chi ama e l'oggetto amato. L'oggetto amato trasforma e adatta il soggetto che ama in modo che ci sia tra di essi una conformità, una connaturalità profonda.
Compiacenza. L’affinità produce una compiacenza amorosa verso il bene amato, che provoca gioia già per se stessa. Tuttavia questa gioia non è sufficiente: l’amante cerca di possedere il bene a cui aspira e non avrà soddisfazione finché non raggiungere il termine del suo desiderio.
Volontà. L’amore è anche un atto della nostra volontà. Le scelte di ognuno sono motivate dall’amore verso qualche bene (a volte soltanto apparente). Ne consegue che la persona umana è orientata all’amore. Noi desideriamo, ci indirizziamo verso il bene e lo amiamo. In questo senso la vocazione dell’uomo consiste nell’amare.
Concupiscenza e benevolenza. Bisogna distinguere, poi, tra amore di concupiscenza e amore di benevolenza.
Nel primo caso si ama qualcosa  in vista di se stessi e si utilizza il prossimo per i propri bisogni o interessi.
Nel secondo caso, si ama considerando la persona come fine, come bene in se stessa. «Nell’amore di benevolenza ciò che mi attrae non è l’utile, né il piacere, ancor meno il dovere. Piuttosto l’altro è amato per il semplice fatto che è lui, per il semplice fatto che c’è e vive» (93-94). Amando in questo modo corretto acquisto, però, un perfezionamento morale, una maturità umana.
L’amicizia è una forma dell’amore di benevolenza. Essa, rispetto ad altre, presuppone sempre la reciprocità. È l’unione di due persone che si amano in modo disinteressato. «Se chi ama desidera essere corrisposto, non è perché fissi a questo prezzo il dono del proprio amore, ma perché vuole suscitare nell’amico un amore di benevolenza» (98).


La carità

Assicura all’uomo la beatitudine del possesso di Dio ma da Dio si volge anche verso il prossimo.
«La carità è quella virtù che ci unisce con Dio nostro ultimo fine, per cui siamo creati… così perfetto deve dirsi il cristiano che arriva a possedere Iddio, essendo questo il suo ultimo beato fine. Il che si fa con la carità, che congiungendo l’animo con Dio, gliene dà il possesso in questa vita e nella vita futura il compimento… La carità, ora ama Iddio per se stesso e gode del suo bene, solo perché è bene suo; e ora ama il prossimo e vuole il suo bene, ma glielo vuole solo per il bene che vuole a Dio, cioè l'ama per amor di Dio, come dice lo stesso Agostino : Caritatem voco motum animi ad fruendum Deo propter ipsum, et se, et proximo propter Deum (de Doctr. Christ. lib. 3. c. 10); perciò si divide questa virtù in carità verso Iddio e in carità verso il prossimo. L'una è mossa dalla bontà di Dio e a Dio termina con i suoi affetti. L'altra è mossa dalla divina bontà, ma termina al prossimo coi suoi atti» (G.B. Scaramelli, Direttorio ascetico, IV, 133-134)
Più ancora, grazie alla carità, «l’anima s’unisce a Dio, partecipa dei suoi beni divini e diviene per partecipazione un altro Dio. Non esagero dicendo così. Infatti è proprio dell’amore cangiar l’amante nella persona amata, sicché divenga egli tale per affetto, quale è quella in effetto, secondo il celebre detto di S. Agostino: “Se ami la terra, sei terra; se ami Iddio, lo dirò pure, sei un altro Dio”. (G.B. Scaramelli, Direttorio…, IV, 135)

Esiste un amore naturale verso Dio. Ogni uomo, e ogni creatura, tende infatti al sommo bene. In modo implicito tende, allora, a Dio. Sales 765-766. 767-769
Più rilevante è l’amore soprannaturale: all’uomo viene data la possibilità di partecipare alla vita personale d’amore propria di Dio. A differenza di qualsiasi altro genere d’amore, la carità è una partecipazione all’amore stesso che possiede Dio. È un bene che supera le nostre capacità naturali. Non può essere acquisita con le nostre forze ma ci viene elargita per un dono gratuito di Dio. Mediante la grazia (ossia la presenza dello Spirito Santo), noi diventiamo partecipi della vita di Dio e, quindi, dell’attività divina dell’amore. La carità, in tutte le sue attività, è preceduta dalla grazia santificante.
Perciò amare Dio sopra ogni cosa non si presenta all’uomo in stato di grazia come un dovere, ma è innanzitutto l’inclinazione fondamentale della sua persona restaurata ed elevata alla grazia. Dio ci vuole elevare all’amicizia con Lui in un vero amore d’amicizia (nonostante la differenza abissale tra Creatore e creatura) e ci spinge a desiderare di manifestare nel mondo la sua perfezione (amore di benevolenza).
«La carità ama Iddio solo per se stesso, e per l'infinito merito che in lui scorge d'essere amato. Questo è quello che la distingue dall'amore di concupiscenza. Per bene intendere ciò, bisogna riflettere che Iddio è buono in sé ed è buono a noi. E' sommamente buono in se perché contiene ogni perfezione ed ogni bene. In lui risiede un'onnipotenza infinita, una somma sapienza, un'immensa bontà, un'impareggiabile bellezza, una provvidenza, un'immensità, una maestà, una grandezza eccedente ogni nostra cognizione, ed ogni nostra idea… Ma questo Dio, che è tanto buono in se stesso è anche sommamente buono verso di noi; perché ha un'infinita propensione a beneficarci e a liberarci dai mali eterni, e a farci partecipi dei suoi sommi beni e della sua stessa beatitudine, dandoci tutti gli aiuti necessari ed espedienti, per giungere al conseguimento di tanta felicità» (G.B. Scaramelli, Direttorio…, IV, 137).


Caratteri della carità

Dio ha reso possibile un amore d’amicizia tra Lui e l’uomo, superando la distanza infinita che si pone tra Creatore e creatura. L’amore di Dio verso l’uomo non è passionale né sensibile ma amore di volontà. L’amore crea una vera amicizia tra noi e Dio.
Lo Scaramelli riprende su questo punto la dottrina di san Tommaso d’Aquino e la espone: «Gran pregio della divina carità è quello che le attribuisce l'Angelico, dicendo ch’essa non è solamente amore verso Iddio, ma è una vera amicizia verso di lui : Dicendum, quod caritas non solum significat amorem Dei, sed etiam amicitiam quamdam ad ipsum, quae quidem super amorem addii mutuam redamationem cum quadam communiicatione mutua (1. 2. q. 65. art. 5. in corp.).
Ricorda poi i motivi per i quali possiamo parlare di un vero rapporto d’amicizia.
In primo luogo tra Dio e gli uomini si stabilisce un sentimento di reciprocità: «Ed ottime sono le ragioni che adduce; perché l'amore scambievole richiesto indispensabilmente per la vera amicizia, ritrovasi nella carità; poiché colui che la possiede ama Iddio ed è riamato da Dio, secondo il detto del Redentore: Qui diligit me, diligetur a Patre meo; et ego diligam eum (Joan. 14. 21), che « amando noi lui, saremo riamati da lui e dal suo eterno Genitore » : e secondo l'attestato che ce ne fa il diletto discepolo: Deus caritas est, et qui manet in cariiate, in Deo manet, et Deus in eo: (1. Joan. 4. 16) che « chi ha carità, sta in Dio, e Iddio sta in lui con reciproco amore».
In secondo l’uomo avviene uno scambio e una comunione di beni: «Inoltre non vi è cosa più propria dell'amicizia, che la comunicazione dei beni, conforme al celebre assioma, amicorum omnia sunt communio. E questa si trova certamente nella carità; poiché Iddio, per mezzo della grazia abituale, (la quale molto probabilmente non si distingue dall'abituale carità) prende possesso delle anime amanti, e le anime amanti prendono un certo possesso di Dio in questa vita, partecipando della sua divina natura, facendosi divinae consortes naturae, come dice il Principe degli Apostli (2 Petr. 1.4) , e per mezzo della stessa grazia e carità acquistano un vero diritto al perfetto possesso dello stesso Dio nella vita futura» /G. B. Scaramelli, Direttorio ascetico…, 141).

Il possesso della carità corrisponde all’acquisto di tutte le virtù. La carità rafforza le virtù naturali già presenti nelle persone o ne crea di nuove. La ragione è la prima sorgente che irriga il nostro giardino e fa sorgere in noi le virtù cardinali:
«Per irrigare il Paradiso terrestre usciva dal luogo di delizie un fiume che si divideva in quattro rami. Ora, l'uomo si trova in un luogo di delizie, dove Dio fa sgorgare il fiume della ragione e del lume naturale per irrigare tutto il paradiso del nostro cuore; e quel fiume si divide in quattro rami, ossia prende quattro direzioni, secondo i quattro settori dell'anima.
Infatti, 1. sull'intelletto che viene detto pratico, ossia quello che distingue tra le azioni che si debbono fare e quelle che si debbono fuggire, il lume naturale effonde la prudenza, che inclina il nostro spirito a giudicare saggiamente del male che dobbiamo evitare ed allontanare e del bene che dobbiamo operare e perseguire;
2. sulla nostra volontà fa sorgere la giustizia, che non è altro che una ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli è dovuto;
3. sull'appetito di concupiscenza fa fluire la temperanza che modera le passioni che vi trova;
4. e sull'appetito irascibile o collerico fa galleggiare la fortezza, che imbriglia e governa tutti i movimenti dell'ira. Ora, questi quattro fiumi, così distinti, si suddividono poi in molti altri, affinché tutte le passioni umane possano essere ben indirizzate all'onestà ed alla felicità naturale».
Oltre a questo fiume, Dio irriga la nostra persona con una seconda sorgente che è la grazia o la carità:
«Oltre a ciò, Dio fa zampillare sulla cima della parte superiore del loro spirito una sorgente soprannaturale che noi chiamiamo grazia, che comprende realmente la fede e la speranza, ma che tuttavia consiste nella carità, che purifica l'anima da tutti i peccati, poi l'adorna e l’abbellisce di una bellezza molto gradevole e, alla fine, riversa le proprie acque su tutte le sue facoltà e operazioni per dare all'intelletto una prudenza celeste, alla volontà una santa giustizia, all'appetito di concupiscenza una santa temperanza ed all'appetito irascibile una devota fortezza, perché tutto il cuore umano tenda all'onestà ed alla felicità soprannaturale, che consiste nell'unione a Dio.
Se questi quattro torrenti e fiumi della carità incontrano in un'anima qualche virtù naturale, la riducono alla loro obbedienza, mescolandosi a lei per perfezionarla, come l'acqua di profumo perfeziona l'acqua naturale quando vengono mescolate insieme. Ma se la santa dilezione così sparsa non trova le virtù naturali nell'anima, allora essa stessa compie tutte le loro operazioni secondo quanto richiedono le circostanze.
Dio ha sparso nelle nostre anime i semi di tutte le virtù, che però sono talmente coperti della nostra imperfezione e debolezza che non si vedono per niente, o molto poco, fino a che il calore vitale della carità venga ad animarli e resuscitarli, producendo per mezzo loro le azioni di tutte le virtù.
Per questo la carità è paziente, benigna, non è invidiosa; non si gonfia d’orgoglio, ma anzi è umile; non è ambiziosa o disdegnosa, ma anzi amabile e affabile; non è puntigliosa nel pretendere ciò che le appartiene, ma franca e condiscendente; non si irrita, ma anzi è pacifica; non pensa mai male, ma anzi è benevola; non gode del male, ma si rallegra della verità e nella verità; soffre tutto, crede facilmente tutto ciò che le si dice di bene, senza alcuna cocciutaggine, contesa o diffidenza; spera ogni bene per il prossimo, senza mai perdere la speranza di potergli procurare la salvezza; accetta tutto, aspettando senza inquietudine ciò che le è promesso. Per concludere, la carità è l’oro fino e infiammato che Nostro Signore consigliava di comprare al vescovo di Laodicea e che contiene il valore di tutte le cose, che può tutto, che opera tutto» (Dal Trattato dell’amor di Dio di Francesco de Sales XI, 8 [795].



Caratteristiche dell’amore verso Dio

Richiamo alcune caratteristiche dell’amore per Dio:
È un amore penitente. Non esiste amore vero verso una persona se non ci affliggiamo d’averla offesa. È necessario cercare di risarcire il male fatto. Si cerca di sopperire ai peccati personali ma anche a quelli di tutti.
È poi una stabile disposizione a cercare una completa conformità alla volontà di Dio. L’amicizia conduce a desiderare o a detestare le stesse cose dell’amico. È volere o non volere la stessa cosa.
L’abbandono fiducioso non riguarda soltanto l’obbedienza alla legge ma anche tutti gli avvenimenti che ci accadono. Tutto è incluso nel piano divino (Ef 1,3-14; Rm 8,28).
È amore di compiacenza. Il giusto gioisce di Dio, si rallegra di ciò che Dio è. Si compiace della sua rivelazione e delle meraviglie da Lui compiute.


Crescita nell’amore

Essendo un dono dato gratuitamente, non  dipende dai nostri meriti o dalle nostre qualità. Dio richiede alcune disposizioni da parte dell’uomo per accogliere il suo dono (ad es. il pentimento nel sacramento della penitenza) ma anche questi sentimenti preparatori sono effetti della grazia che ci previene. Tutto, però, comincia sempre dalla bontà di Dio.
La carità non cresce ma noi possiamo e dobbiamo crescere in essa (Ef 4,15-16; Fil 1,9; 1 Ts 3,12). Le opere buone santificato meritano e dispongono alla crescita della carità ma non operano tale progresso. Mentre attendiamo da Dio un aumento di intensità nell’amore, possiamo invocarlo e sperarlo tramite la preghiera perseverante, i sacramenti (l’Eucaristia), gli atti di carità. Qualsiasi atto d’amore, anche molto debole (un bicchier d’acqua…) merita un aumento di carità.
Non c’è alcun limite nella crescita dell’amore: la misura del nostro amore per Dio è di amarlo senza misura. Non è richiesto, però, che quest’amore sia intensivamente sommo. L’amore sensibile, coinvolgendo la passione, è più forte per quanto riguarda la nostra percezione, a motivo del contatto diretto con il bene amato. Tuttavia, dal punto di vista oggettivo, noi possiamo rinunciare ad un affetto che ci coinvolge in modo forte per amore di Dio. Questo amore, allora, pur essendo meno coinvolgente sul piano emotivo, ottiene il primato sul piano delle scelte concrete.
«In questa vita la volontà umana conserva sempre un’apertura intenzionale infinita che neanche l’amore di carità riesce a colmare. La conoscenza che abbiamo di Dio e del suo amore non soddisfa del tutto la nostra volontà, la quale può, quindi, orientarsi verso beni illusori che ci allontanano da Dio» (Carbone 173).
La carità si perde a causa del peccato. Il peccato più lieve (veniale) offende e ferisce la carità, mentre quello mortale la distrugge. Ogni cosa infatti è cancellata dal suo contrario.

Alcuni mezzi per acquistare la divina carità:
1.   Desiderarla  con ardore e chiederla senza posa nella preghiera.
2.   Cercare di abbattere l’amor proprio che rappresenta il nemico irriducibile dell’amore vero.
3.   Pensare ai motivi che risvegliano la nostra volontà al desiderio del Bene sommo che è Dio. «Acciocché un legno s accenda, non basta che sia disposto ad infiammarsi, e neppure basta che il fuoco sia presente; ma è necessario avvicinarvelo. Così acciocché il nostro cuore concepisca il fuoco dell'amor divinò, non basta che si vada disponendo con la mortificazione e con l'abbassamento dell'amor proprio, ne basta che Iddio sia un fuoco capace di consumare ogni cuore; ma bisogna che l'anima si accosti a questo fuoco divino, con quelle considerazioni e con quei motivi, che a lei lo rappresentano come quel gran Dio che è» (G. B. Scaramelli, Direttorio ascetico..., 162).


Carità e i doni dello Spirito

La carità include i doni dello Spirito Santo.
«Lo Spirito Santo ci da sette proprietà e perfezioni chiamate doni dello Spirito Santo. Ora, non soltanto sono inseparabili dalla carità, ma, ponderando tutte le cose e parlando in modo appropriato, sono le principali virtù, proprietà e qualità della carità. Infatti: 1. la sapienza non è altro che l'amore che assapora, gusta e sperimenta quanto Dio sia amabile e soave; 2. l’'intelletto non è altro che l'amore attento a considerare e penetrare la bellezza delle verità della fede, per conoscervi Dio in se stesso; e poi, discendendo, considerarlo nelle creature; 3. la scienza, al contrario, non è altro che lo stesso amore che ci rende attenti a conoscere noi stessi e le creature, per farci risalire ad una più perfetta conoscenza del servizio dovuto a Dio; 4. anche il consiglio è l'amore in quanto ci rende premurosi, attenti ed abili nello scegliere i mezzi adatti a servire santamente Dio; 5. la fortezza è l'amore che incoraggia ed anima il cuore per attuare ciò che il consiglio ha stabilito si debba fare; 6. la pietà è l'amore che addolcisce la fatica e ci fa impegnare nelle opere che piacciono a Dio nostro Padre, sinceramente, piacevolmente e con affetto filiale; e 7. per concludere, il timore non è altro che l'amore in quanto ci fa fuggire ed evitare ciò che è sgradito alla divina Maestà.
La carità sarà per noi un'altra scala di Giacobbe, composta dei sette doni dello Spirito Santo come altrettanti gradini sacri per mezzo dei quali gli uomini angelici saliranno dalla terra al cielo per unirsi in un abbraccio a Dio onnipotente e scenderanno dal cielo in terra per venire a prendere per mano il prossimo e condurlo in cielo» (Francesco de Sales, Trattato dell’amor di Dio di XI, 15 [831]).


Stati di perfezione

La tradizione parla di tre situazioni tipiche:
La prima è caratterizzata dal sentimento di timore servile proprio dei mercenari e degli schiavi. Il mercenario serve soltanto in vista della ricompensa mentre lo schiavo lavora soltanto per paura. Questi atteggiamenti non fanno parte del sentimento d’amore ma lo precedono.
In ogni caso anch’essi sono utili. Dio lascia in noi il timore servile fino a che la carità diventi perfetta perché in questa vita, in cui la nostra carità non sarà mai così forte da essere esente da pericoli, abbiamo sempre bisogno anche del timore. L’anima spesso viene attaccata da forti tentazioni, e l’amore, pur coraggioso com’è, ha molto da fare per mantenersi padrone della situazione.
Nella seconda fase compare il timore dei principianti, caratterizzato da vero amore ma molto debole.
Nella terza fase risplende il timore perfetto o sponsale. 

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