martedì 9 aprile 2013

La pesca di giovanni cap. 21


Dopo questi fatti. Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. 'Dice loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dicono: «Veniamo anche noi con tè». Uscirono e salirono sulla barca e in quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba Gesù stette in piedi sulla riva, ma i discepoli non sapevano che era Gesù.

Il passo ci fornisce la testimonianza di im'ulteriore manifestazione di Gesù, tipicamente post-pasquale. Egli infatti si rende nuovamente presente ai discepoli, i cui nomi sono elencati questa volta puntualmente, uno ad uno: Pietro, Tommaso, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo Giovanni e Giacomo, e altri due discepoli. Per tale motivo, alla domanda se questo possa essere davvero considerato il resoconto di un'apparizione, è possibile rispondere senz'altro affermativamente.
Il racconto possiede dei risvolti amari, a causa del clamoroso insuccesso dei discepoli nella pesca; tuttavia presenta anche dei lati affascinanti, quali l'ambientazione in cui si svolge la vicenda.
L'espressione «stette in piedi» rappresenta l'effettiva posizione assunta da Gesù in quell'occasione, ma soprattutto, com'è già stato rilevato più volte nel capitolo precedente, simboleggia chiaramente la risurrezione. Sul piano letterale i discepoli non riconoscono Gesù a causa della distanza che li separa da lui, mentre a livello simbolico il riconoscere o meno il Signore allude all'oscillazione dell'esperienza di fede. Nello specifico. Gesù viene poi identificato in quanto tale, ma allo stesso tempo i discepoli si chiedono se la persona comparsa improvvisamente, pur essendo presente ed evidente, sia proprio lui. È questa dunque la conoscenza tipica che caratterizza la comunità cristiana dopo la Pasqua, in una prospettiva delineata prettamente dall'esperienza di fede.

'Gesù quindi dice loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 'Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la quantità dei pesci.

Il «no» secco e perentorio dei discepoli alla domanda del Signore risulta molto efficace anche dal punto di vista letterario, perché manifesta chiaramente tutto il disappunto e l'amara delusione per una notte di lavoro assai faticosa, ma purtroppo priva di frutti. Gesù non si risente affatto di fronte alla risposta negativa piuttosto brusca e fornisce ai discepoli un'indicazione pratica per risolvere immediatamente il loro problema.
Possiamo considerare questo episodio espressamente come un fatto miracoloso? Mendel Nun, un pescatore ebreo divenuto poi autorevole intellettuale, specialista in tutti gli aspetti riguardanti il Lago di Tiberiade, dopo aver effettuato un'analisi precisa e accurata, ha fatto una considerazione interessante in merito al punto esatto in cui attualmente è situata la chiesa del «Primato di Pietro». Va detto che possiamo contare su una tradizione archeologica assai radicata e attendibile, costituita da alcuni gradini, già indicati dalla pellegrina Egeria tra la fine del III sec. e gli inizi del IV, i quali attestano che il fatto sia realmente avvenuto in quel luogo preciso. Ora, egli sostiene che in un certo periodo dell'anno, come in aprile, proprio chi si trova sulla riva riesce a scorgere in controluce i branchi di pesci in movimento, mentre dalla barca non è affatto possibile vederli. Questo ci suggerisce che possa trattarsi di un fatto reale e concreto, e non necessariamente di un miracolo, per cui definire l'episo-dio «pesca miracolosa» è evidentemente improprio.
Considerando invece il testo dal punto di vista simbolico, emergono ulteriori elementi interessanti, tra i quali il fatto che i discepoli ormai siano divenuti «pescatori di uomini» (cf. Me 1,17; Mt 4,19). Anche se in Giovanni non compare esplicitamente questa espressione, Gesù glielo aveva in ogni caso fatto intendere e tutto ciò era certamente noto alla tradizione giovannea. Nell'ambito del periodo successivo alla Pasqua, l'intensa attività di pesca non può essere più paragonata a quella svolta in precedenza, ma diventa simbolo della nuova attività specifica. I discepoli, in quanto «pescatori di uomini», sono chiamati a occuparsi di tutti: è ormai questo l'oggetto principale della loro cura e fatica. Essi devono comunicare all'umanità intera l'inestimabile novità di Cristo.
Questo è il mandato fondamentale della Chiesa post-pasquale. È una Chiesa che già possiede, perlomeno intuitivamente, la preziosissima ricchezza del Risorto che non deve essere gelosamente custodita per sé, ma esige di essere comunicata a tutti; in questo senso, alcuni in particolare - i «pescatori di uomini» - dovranno impegnarsi e prodigarsi
a tal fine. Un simile impegno è estremamente faticoso e la notte di lavoro dei discepoli che apparentemente non produce risultato ne è l'emblema. Lo sforzo e l'impegno della Chiesa nell'atti vita di pesca dedicata agli uomini non è quantizzabile: il lavoro non viene espresso nel risultato, sebbene questo in seguito non tarderà a manifestarsi. Il Gesù che non si vede è comunque sempre presente ed è lui stesso a determinare i tempi e le modalità di concretizzazione, nonché la fruttuosità del lavoro dei pescatori. È dunque evidente che l'impegno apostolico non segue le leggi aziendali o di mercato, dove conta esclusivamente il ricavo economico. Il lavoro degli apostoli può sì apparire a fondo perduto, ma ha una sua sorprendente fecondità nei momenti opportunamente stabiliti da Dio, per cui sfugge alle usuali leggi umane del controllo del profitto.
Questo genere di impegno consiste nel persistere a lavorare con coraggio e fiducia anche nella notte più fosca, pur senza l'immediato conforto della vista del Signore, il quale rimane comunque accanto a noi per sostenerci nelle difficoltà e concederci le forze necessarie al fecondo compimento del servizio pastorale. Se i discepoli si fossero lasciati vincere dallo sconforto e avessero interrotto il loro lavoro ai primi deludenti tentativi, il racconto non avrebbe acquisito una simile pienezza ed essi non avrebbero incontrato il Signore con la fruttuosità scoperta poi ali'alba. Ecco perché, in questo modo, ci viene indirettamente comunicato un messaggio che riguarda l'attività tipica della Chiesa post-pasquale.
Dopo aver riferito l'episodio della pesca, il Vangelo propone una scena aggiuntiva nella quale si verifica il riconoscimento della presenza di Gesù. Egli era con loro fin dal principio, ma nessuno l'aveva percepito e riconosciuto come tale, sebbene lui avesse indicato il luogo preciso in cui pescare. Infine viene descritto rincontro tra Gesù e i discepoli, durante il quale viene conferito il primato a Pietro.
Quindi quel discepolo che Gesù amava dice a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che è il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.
Il riconoscimento della presenza del Signore è compiuto dal discepolo che accetta in pieno l'amore di Gesù. Possiamo quindi affermare che è proprio la logica dell'amore a favorire tale riconoscimento. Innanzitutto si ama, e solo in seguito si potrà conoscere: questo è l'evidente messaggio suggeriteci dal testo. Ciò vuoi dire che anche la presenza di Gesù nell'attività successiva alla Pasqua verrà rilevata in proporzione all'amore che lega i discepoli a lui. Pertanto, per riconoscere davvero il Signore è indispensabile diventare simili al discepolo che Gesù ama.
Anche il gesto di Pietro di correre immediatamente incontro al Signore assume una valenza fondamentale. Esaminando il testo da un punto di vista letterale, il brano sembra qui riportare un semplice atto di riguardo e deferenza nei confronti di Gesù: Pietro, che per pescare più comodamente si era levato gli abiti, ritiene sconveniente presentarsi svestito di fronte a lui; per questa ragione si premura di coprirsi. Se consideriamo il testo da un punto di vista simbolico, invece, intuiamo che l'esigenza di rivestirsi di Pietro deriva dal fatto che la sua condizione di nudità non è solo fisica, ma è soprattutto morale. Pietro desidera fortemente incontrare il Signore, ma si sente inadeguato e spoglio.
Per riconoscere davvero Gesù e incontrarlo pienamente è necessario rivestirsi di un amore autentico, accresciuto e rinnovato, un amore puro e sincero come quello del discepolo prediletto. In tal senso, si può ravvisare di nuovo il legame particolarmente stretto tra Pietro e il discepolo che Gesù ama: costui infatti non rivela a tutti l'identità del Signore, ma si limita a confidarla al solo Pietro, poiché in lui è urgente e sincero il desiderio di porsi in sintonia con l'amore che il discepolo amato già possiede. Quest'ultimo infatti accetta in pieno l'amore di Gesù e Pietro, volendo andare incontro al Signore, si veste non solo materialmente, ma anche metaforicamente, ovvero si ricopre dello stesso amore messo in atto. Egli dunque va incontro al Signore, attivando il suo amore: ecco il motivo per cui Gesù gli chiederà se lo ama più degli altri.

Gli  altri discepoli vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri. 'Quando dunque scesero a terra, videro un fuoco di brace posto là e del pesce sopra e del pane. '"Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso or ora». "Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatre grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò.

In questo passo il testo descrive una sorta di colazione che Gesù ha preparato per i discepoli. Limitandosi a un'interpretazione letterale del testo, sembra doversi escludere il riferimento all'Eucaristia, perché qui, accostato al pane, compare il pesce e non il vino; inoltre il pane e il pesce erano anche i cibi caratteristici delle «moltiplicazioni». In chiave simbolica invece, nello stesso modo in cui la moltiplicazione dei pani rimanda all'Eucaristia, così in questo caso avviene con il pane e il pesce. Naturalmente non possono venire propriamente equiparati all'Eucaristia; tuttavia è evidente l'esplicito richiamo ad essa, per cui può essere legittimo concludere che Gesù si rende effettivamente presente in un contesto eucaristico e, quindi, di celebrazione domenicale.
A prima vista i particolari fomiti da Giovanni sul numero esatto di pesci - centocinquantatre - e sul dettaglio della mancata rottura della rete da pesca appaiono marginali; tuttavia è importante ricordare che in Giovanni nulla è mai casuale. Per questa ragione le indicazioni minuziose forniteci dall'evangelista vanno, come sempre, interpretate. Ciò significa che, in questo caso, i pesci pescati rappresentano tutti gli uomini raggiunti dall'azione apostolica dei pescatori che sono chiamati ad annunciare e rendere presente Cristo. Essi incarnano allora la Chiesa, composta da coloro che accettano pienamente il Signore. È suggestivo sottolineare il fatto che il numero centocinquantatre in ebraico passa sotto il nome di Qehai Adonai, cioè «chiesa di Dio», per cui è un criptogramma chiaramente evocativo. Tale prospettiva simbolica è certamente più vicina a quella di Apocalisse piuttosto che a quella più immediata del Quarto Vangelo; resta il fatto che il valore di questo particolare numero indica davvero, con tutta probabilità, gli uomini che compongono la Chiesa di Dio. In tal senso, la rete è simbolo della Chiesa stessa, la quale potrà contenere tutti coloro che entreranno a farvi parte e non cederà nonostante il loro numero.
In conclusione, il messaggio che queste pagine intendono comunicarci consiste proprio nel rassicurare noi tutti sul fatto che ali'interno della Chiesa non saremo mai considerati troppi, ma anzi, verremo comunque accolti e benvoluti.
"Gesù disse loro: «Venite, fate colazione». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», sapendo che è il Signore. "Gesù viene e prende il pane e lo da loro, e così pure il pesce. "Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
Dopo il faticoso lavoro notturno, i discepoli, comprensibilmente stanchi e affamati, accettano molto volentieri l'invito di Gesù. Va notato che i discepoli, seppur fortemente tentati dal porre domande a Gesù, non osano farlo. Se questa apparizione fosse simile a quelle di cui abbiamo già parlato, non riscontreremmo tale perplessità nei discepoli, poiché essi non avrebbero alcun dubbio in merito ali'identità di Gesù. Nelle prime due apparizioni non vi è alcuna esitazione nel riconoscerlo in quanto tale; in questa particolare circostanza invece ciò non avviene: ecco perché i discepoli sentono insinuarsi in loro stessi un simile quesito che, tuttavia, rimane inespresso.
Del resto, non è altro che l'esperienza di fede della Chiesa post-pasquale, nella quale il Signore si vede, ma allo stesso tempo non è riconoscibile in modo così immediato. Una situazione analoga si verifica pure al giorno d'oggi: talvolta anche noi, attraversando periodi di crisi della nostra fede, o vivendo momenti particolarmente bui e tormentati, siamo tentati di chiedere al Signore se ci sia davvero, ma non osiamo farlo, perché in fondo sappiamo che lui c'è ed è davvero presente accanto a noi in ogni singolo istante. Il desiderio di porgli tale domanda è un chiaro segnale che rimanda
in modo suggestivo all'episodio del cammino sulle acque (cf. Gv 6,16-21) e che è tipico della fede post-pasquale.
Dal testo si evince che Gesù si fa vicino in continuazione e serve i discepoli personalmente. L'insistenza su questo punto induce senz'altro a pensare al servizio eucaristico;
pertanto il dono del pane e del pesce diviene, nello specifico, simbolo del corpo e del sangue di Gesù offerti a noi.
Va evidenziato poi come qui ci troviamo ormai di fronte alla prospettiva di una Chiesa che realizza compiutamente la propria identità, diventando essa stessa quei centocinquanta-tre grossi pesci che simboleggiano il popolo di Dio. La Chiesa si dilata al massimo grado, e una simile apertura non altera affatto la sua identità di fondo, in quanto la rete, nonostante F abbondanza di pesci, non si spezza e rimane integra.
In tal senso, emergono alcuni aspetti alquanto significativi, sui quali è opportuno soffermarsi con attenzione. Innanzitutto notiamo il particolare accostamento di due figure di grande rilievo: quella di Pietro e quella del discepolo che Gesù ama. Tale binomio ha inizio in questo punto e prosegue per l'intero capitolo. Potremmo definirlo come una specie di bipolarità tipica del racconto, che connoterà considerevolmente anche il messaggio veicolato dal testo. Osserviamo inoltre che nel momento in cui le reti si riempiono, il discepolo amato riconosce Gesù, eppure non accenna a muoversi, al contrario di Pietro che si riveste immediatamente per andare incontro al Signore.
Come già precisato in precedenza. Fatto di rivestirsi di Pietro a prima vista può essere considerato semplicemente come un gesto di deferenza, ma ad un livello più alto assume un valore di fondamentale importanza, ovvero sta a indicare che per incontrare personalmente il Signore è essenziale assumere un certo atteggiamento. A questo proposito è opportuno richiamare alla memoria la veste nuziale necessaria per partecipare al banchetto di nozze e menzionata da Matteo (cf. 22,11-14). L'Apocalisse poi ci fornisce diverse indicazioni utili. Nella lettera indirizzata alla Chiesa di Laodicea, Gesù rivolge a essa un rimprovero assai deciso: «Ti consiglio di comprare da me delle vesti bianche per coprire la tua nudità» (ef. 3,18). Nell'Apocalisse le vesti bianche sono il simbolo evidente della partecipazione alla vitalità di Cristo risorto e indicano una specifica qualità della persona che gli altri avranno modo di riconoscere solo in seguito. Gesù, dunque, dice alla Chiesa di acquisire da lui la partecipazione alla novità di Cristo risorto, poiché ne ha urgente bisogno. Essa non può presentarsi agli altri priva di questa vitalità, altrimenti rischierebbe di suscitare imbarazzo, al pari di una persona che cammina per strada senza vestiti oppure di Pietro che lavorava nudo. Per presentarsi degnamente al cospetto di Gesù, la Chiesa di Laodicea ha bisogno di accettare pienamente i doni del Cristo morto e risorto, la sua comunicazione di vita e di risurrezione, e proprio questa acccttazione totale le insegnerà ad amare in senso pieno e autentico. Nella comunità le vesti bianche verranno abbinate ali'oro infuocato, simbolo dell'amore che insegnerà ad amare in maniera profonda e senza riserve. L'episodio di Pietro viene dunque a collocarsi sulla medesima lunghezza d'onda. Il testo è evocativo, ma revocazione ha una ragion d'essere assai radicata, in quanto Pietro per incontrare davvero con tutto se stesso Gesù ha assolutamente bisogno di rivestirsi di ciò che lui comunica con la sua risurrezione, ovvero di attivare pienamente il suo amore. Allora è proprio perché riesce a realizzare tutto ciò che egli si riveste e va subito incontro a Gesù.
C'è un'ulteriore considerazione importante su cui riflettere: quando il discepolo prediletto riconosce Gesù, Pietro non esita a raggiungerlo. Questo indica che è di gran lunga più importante il Signore, rispetto al lavoro che la Chiesa post-pasquale sta svolgendo. Pietro abbandona immediatamente il suo lavoro, e di conseguenza anche la rete piena di pesci, per correre incontro al Signore. Solo in seguito all'invito a mangiare e a portare qualcosa, Pietro completerà il lavoro che ormai gli era addirittura passato di mente a motivo del Signore. Questo particolare costituisce un forte monito alla Chiesa, la quale non può scordare che Cristo è più importante persino dell'opera apostolica e che ha la priorità assoluta su qualunque genere di attività concreta. Il punto di partenza rimane senz'altro il rapporto personale con lui, ed è necessario insistere soprattutto su questa reciprocità piena e sulla totale condivisione della sua vitalità di risorto; tutto il resto poi non tarderà a venire.
Abbiamo già sottolineato il fatto che i discepoli avvertono la forte necessità di domandare a Gesù chi sia veramente, ma si trattengono dal farlo, poiché nell'intimo sanno bene che è il Signore. Una simile considerazione di primo acchito può sembrare priva di fondamento: non vedevano forse coi propri occhi che avevano di fronte il Signore? Dal punto di vista fisico, non aveva affatto cambiato la propria fisionomia. Com'è stato già rilevato, la perplessità che fa sorgere spontanea la domanda sulla sua identità può essere giustificata, a un livello di lettura più approfondito, con l'esperienza della Chiesa post-pasquale che non vede direttamente il Signore, però sa che c'è. Noi stessi potremmo essere protagonisti dì una situazione analoga: in alcuni momenti della nostra vita, infatti, può accadere di provare l'impulso di rivolgergli una simile domanda, tuttavia non dobbiamo cedere ad esso, poiché la nostra scelta di fede di per sé è già una forte garanzia della sua effettiva presenza accanto a noi.

Ugo Vanni, da «Il tesoro di Giovanni», Cittadella editrice, 2010, 240-249

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