venerdì 12 aprile 2013

Pulcheria (Gregorio di Nissa)


Quando muore una bambina....

Omelia funebre per la morte di Pulcheria tenuta da Gregorio di Nissa 

Il nemico delle nostre anime, mediante un inganno, introdusse il male, che non ha di per sé alcuna consistenza. A motivo di ciò, affinché il male, infuso dentro di noi non potesse durare per sempre,  con un atto provvidenziale ancora più significativo, il vaso per un certo tempo viene consegnato alla morte, affinché nella nuova creazione, il male scompaia dalla nostra umanità e la vita ritornata com'era nella sua origine sia del tutto libera dal male. La risurrezione è un rifacimento della nostra umanità secondo il suo modello originario. Non è possibile che la nostra umanità venga plasmata di nuovo, ottenendo il meglio, senza che vi sia la risurrezione. Se la morte non ci sorprende, non è possibile neppure la risurrezione. La morte allora è un evento positivo poiché diventa il principio e il cammino in vista di un cambiamento per il meglio. Fratelli, abbandoniamo allora il lutto per i defunti, adatto soltanto per gli uomini che sono privi di speranza. La nostra speranza invece è il Cristo, al quale sia gloria, potenza, onore e adorazione nei secoli. Amen. 


Un vero terremoto interiore in aggiunta ad un altro sisma

La scomparsa di una persona cara provoca un profondo sconvolgimento
nelle persone, sopratutto se a morire una figlia giovane.
Gregorio paragona la morte di Pulcheria ad un sisma che
ha colpito i genitori (Teodosio e Flacilla, imperatori a
Costantinopoli)
Non so come sviluppare il discorso. Vedo che dovrei trattare due argomenti che sono dolorosi l'uno e l'altro, e se li affronto entrambi, c'è il rischio che mi metta a piangere. L'ultimo accadimento, nel volgere del tempo, come è stato annunciato proprio ieri dal nostro pastore, ci assorbe totalmente. Una sventura è accaduto alla città vicina a noi poiché é stata colpita dal terremoto. Come potrei ricordare questi fatti senza piangere? Tuttavia [Costantinopoli] la città grande ed illustre, che domina  su tutte le regioni della terra, la città splendida, ha dovuto sopportare a sua una volta un vero sisma. Ha perduto un ornamento non trascurabile: una stella che brillava in essa e che aveva contribuito a rallegrare ancora di più la famiglia reale, è scomparsa all'improvviso e questo fatto la rende solidale al lutto dei sovrani.  Queste notizie, voi tutti che formate quest'assemblea, già le conoscete e avete verificato come ha reagito la città in cui ci troviamo e il dolore che l'ha avvolta. Non so a quale dei due fatti sconvolgenti devo volgere l'attenzione, se richiamare quello più recente o quello avvenuto in precedenza. è opportuno soffermarsi sul dolore più acuto e attenuare con un discorso appropriato il dolore che ha colpito proprio questa città cercando di alleviarlo. Se non tutte le persone che sono rimaste colpite dal fatto doloroso sono ora presenti a quest'assemblea, il mio discorso verrà comunicato agli assenti dai fedeli che sono qui presenti. I medici più valenti, del resto, si sforzano di applicare le loro conoscenze curando il dolore più intenso e solo in seguito prestano la loro attenzione al male più leggero. Così affermano gli esperti: se un corpo viene colpito da due malattie, soltanto quella più grave si fa avvertire; il malanno più serio rende il dolore così acuto che il malato non bada alla sofferenza più lieve. Nella circostanza attuale, anch'io mi comporto così. Il dolore più recente che ci ha colpiti  è molto più intenso delle altre sofferenze che ricordiamo. Come potremmo non addoloraci di quanto è accaduto? Chi potrebbe restare indifferente? Chi potrebbe essere così duro da rimanere insensibile all'avvenimento? Sapete che questa giovane, allevata come una colomba nel nido della reggia, non aveva ancora visto crescere le ali per spiccare il nobile volo ma aveva tuttavia delle qualità superiori alla sua età, ci è stata tolta e ha abbandonato il nido. Si è sottratta al nostro sguardo, non appena l'invidia ha deciso di strapparcela. L'ho denominata una colomba ma avrei potuto definirla un fiore appena dischiuso, che non ha ancora mostrato del tutto la corolla. Mostrando qualcosa della sua bellezza aveva suscitato tanta attesa e sebbene avesse rivelato soltanto una piccola parte di sé, già risplendeva nella sua pochezza. All'improvviso è stato strappato via; prima di aprirsi in tutto il suo splendore, quando il fiore non aveva ancora sparso il suo profumo, si è inaridito, si è polverizzato. Nessuno può coglierlo né comporre con essa una corona. La natura ha operato invano. L'invidia colpendo di traverso come una spada ha troncato quel bene nel quale speravamo e ha fatto cadere ogni nostra aspettativa. Quanto è accaduto è un vero sisma, fratelli! Un terremoto non è una sventura più lieve delle altre. Non ha deturpato la bellezza di un edificio materiale, non ha distrutto pitture ragguardevoli né ha gettato a terra dei palazzi in pietra, belli a vedersi, ma uno scuotimento, verificatosi all'improvviso, ha demolito una costruzione vivente che risplendeva per la sua bellezza e era raggiante al suo apparire. 
Avevo visto anch'io il nobile germoglio, la palma elevata (sto riferendomi alla potenza del sovrano). Con le sue virtù sovrane, come se fossero dei rami, copre tutta la terra e accoglie in sé ogni cosa. Ho visto che, mentre emergeva su tutti, soccombeva alla natura e s'inclinava alla caduta del fiore. Ho visto quella nobile vite che si appoggia alla palma, che aveva partorito per noi questo fiore, [allusione alla regina Flacilla madre di Pulcheria] quale dolore, una seconda volta, abbia dovuto affrontare nel suo animo più che nel suo corpo quando le venne strappato il suo germoglio! Chi è stato colpito dalla sventura rimanendo indifferente? Chi non si è lamentato quando ha dovuto subire nella vita una disgrazia? Chi non ha versato lacrime nel dolore? Chi non ha unito la propria voce al lamento universale?

Racconto delle esequie

Sono stato spettatore di un fatto certo che però suscita diffidenza a chi riceve la notizia su questo evento insolito. Ho visto una marea umana, per la moltitudine delle persone riunite, e come un torrente che si diffondeva da ogni parte sotto il mio sguardo; pieno il tempio, pieni gli atri del tempio, piena la piazza antistante, i quartieri, i bivi, le strade trasversali, gli spazi sui tetti; ogni spazio possibile era occupato, come se tutto il mondo si fosse radunato qui, spinto dal dolore. Una visione offerta a tutti era quel santo fiore portato sopra una lettiga dorata. Tutti osservano con sguardo mesto. Molti piangevano e congiungevano le loro mani in preghiera; quanti gemiti si udivano a testimoniare un dolore profondo che saliva dal cuore. Mi sembrò in quel momento (forse a nessun altro dei presenti), che l'oro non risplendesse come il suo solito, nonostante i riflessi delle pietre, gli abiti trapunti d'oro, i riflessi d'argento e la luce del fuoco; un fuoco copioso e vivo derivante dal fatto che molti, secondo il costume, portavano, in qualsiasi punto e direzione, candele di cera. Tutto anneriva conformandosi al lutto e tutto partecipava al cordoglio comune. Allora il grande Davide cantò i suoi inni unendoli ai lamenti e trasformò le sue composizioni gioiose in canti di mestizia e di dolore, e modulò i canti in lamentazioni. Per tutto il tempo del rito funebre, ogni piacere si spense e soltanto le lacrime offrivano sollievo agli astanti.


Necessità di evangelizzare anche il lutto più atroce

Poiché la mente è oppressa dal dolore in modo intenso, per questo è opportuno in questo momento rafforzare, per quanto è possibile, con utili considerazioni, l'anima prostrata. Corriamo un grave rischio se trascuriamo in questa circostanza l'insegnamento dell'Apostolo che critica gli uomini chiusi alla speranza. Afferma infatti, come abbiamo ascoltato poco fa dal lettore,  che non dobbiamo affliggerci riguardo a coloro che si sono addormentati (cf 1 Ts 4,12). Soltanto gli uomini che non hanno alcuna speranza devono addolorarsi. Mi obietterà qualcuno, troppo debole: «Il divino apostolo ci chiede cose impossibili e ci ordina degli atteggiamenti che superano le nostre possibilità umane. Come è possibile ad una persona che vive in questa vita superare il dolore e non essere dominata dal lutto quando osserva un fatto come questo a cui stiamo assistendo? Quando la morte non giunge nell'età della vecchiaia ma mentre[ una persona si trova ancora] in età giovanile la sua bellezza viene spenta dalla morte; l'intensità dello sguardo viene nascosto dalle palpebre chiuse e il rossore delle guance si tramuta in pallore mortale, la bocca viene chiusa dal silenzio e il fiore delle labbra abbellisce. [Sopportare tutto questo] è difficile non soltanto ai genitori, ma anche a chiunque è spettatore di un simile  lutto». Che cosa posso dire in risposta? Non vi espongo un mio pensiero, fratelli,  ma vi presento la parola del Vangelo che ci è stata proclamata. Avete sentito il Signore dire: «Lasciate che i bambini vengano a me e non proibitelo a loro perché il regno di Dio appartiene a costoro» (Mt 19,14). Se a te è stata tolta la bambina, questa è andata in tutta fretta presso il Signore. Ha chiuso gli occhi alla tua vista, ma li ha aperti alla luce eterna; si è allontanata dalla tua tavola, ma si è aggiunta a quella degli angeli; la pianticella è stata sradicata da questa terra  ma è stata trapiantata nel paradiso; è passato da un regno ad un altro regno; si è svestita dell'ornamento di porpora, ma ha indossato la veste del regno celeste. Ti ricorderò di che cosa è fatto l'indumento divino: non è di lino, non è di lana né intessuto di fili di seta. Ascolta Davide quando attesta di quale abito è stato rivestito da Dio: «Mi hai vestito della confessione e della lode», rivestendosi di luce come di un manto (Sal 103,1). Vi siete resi conto della qualità del cambiamento? Ti dispiace di non poter più ammirare la bellezza del suo corpo, ma non riesci ad immaginare la vera bellezza, quella della sua anima che ora sta esultando unita ai cori celesti. Fortunati gli occhi che contemplano Dio! Quanto è dolce la bocca che esulta nel celebrare il Signore: «Dalla bocca di bambini e lattanti hai tratto la tua lode» (SAl 8,3). Quanto sono belle le mani che non hanno operato alcun male! Fortunati i piedi che non possono più camminare nel male né lasciare un'orma sulla strada dei peccatori! Quanto è bello l'aspetto dell'anima: non è adornata di pietre preziose ma risplende per la semplicità e l'innocenza!


Miseria della vita umana

Ti addolori perché non ha raggiunto la vecchiaia? Dimmi: che ci trovi di bello nella vecchiaia? Ti pare bello che la vista si offuschi, che il viso si copra di rughe, che i denti si stacchino dalla bocca, che la lingua si intoppi nel parlare, che le mani tremino, che la schiena s'incurvi a terra, che i piedi avanzino strascicando? Ti sembra bello dover farsi condurre da altri, perdersi nella mente e balbettare e sperimentare tutti gli altri disagi che capitano di necessità?  Sapendo questo, ci adiriamo perché ci è stato impedito di far esperienza di questi mali? Non conviene piuttosto congratularsi con coloro la cui vita non ha provato questi disagi, non hanno sofferto le cose tristi qui questo mondo né hanno conosciuto questi affanni? L'anima di questa [bambina], essendo del tutto senza colpa, non teme la Genna, non viene sottoposta a giudizio; vive senza paura in totale tranquillità poiché, non essendo consapevole di alcun male commesso, evita il timore del giudizio. Sarebbe stato meglio, mi obietti, che almeno avesse conosciuto la giovinezza e avesse potuto godere del talamo nuziale. Il vero Sposo tuttavia ti replica che il è molto migliore il letto celeste, molto più preferibile è il matrimonio che non teme la vedovanza. Dimmi, quali vantaggi ha perduto ora che si è svestita della nostra esistenza di carne? Ti elencherò i vantaggi della vita: dolori e piaceri, fastidi e paure, speranze e attese. Ecco a che cosa andiamo incontro in questa nostra esistenza attuale. Quale svantaggio ha subito nell'essersi sottratta a questa tirannia? Ogni passione, quando diventa veemente, tiranneggia il nostro intimo dopo aver soggiogato la nostra ragione. Ci dispiace che non sia più appesantita dai dolori, che non sia più preoccupata per educare i figli, che non si possa più sottoporre a quelle tribolazioni sopportate dai suoi genitori per lei? Queste cose dovrebbero suscitare delle congratulazioni piuttosto che dei rimpianti. Non sperimentare alcun male è il meglio che possa capitare ad un uomo. Del resto il saggio Salomone, nella sua opera, considera il morto più fortunato del superstite. Anche il grande Davide dichiara che il permanere nella carne suscita lamento e gemito. Sebbene entrambi i nostri splendidi sovrani, abbiano la possibilità per il loro grado di godere dei piaceri della vita, non si sono orientati al godimento dei beni presenti, ma, nutrendo il desiderio dei beni ineffabili che superano la vita terrena, ritengono una sventura la vita nella carne. Di frequente Davide, come lo sentiamo dire nei componimenti sacri dei salmi, desiderando uscire da questa vita che ci opprime attesta in un passo: «Brama e langue di desiderio la mia anima per gli atri del Signore» (Sal 83,2) ; e in altro passo chiede: «Libera dal carcere la mia anima» (Sal 141,8). Ugualmente Geremia considera degno di essere maledetto quel giorno che diede inizio alla sua vita. Nella divina Scrittura spesso sono riportate espressioni simili pronunciate dai santi antichi, i quali, nel desiderio della vita vera, sopportavano la permanenza in questa carne.


L'esempio di Abramo

Così il grande Abramo volentieri offrì in sacrificio a Dio il figlio amato, sapendo che il ragazzo sarebbe passato ad un'esistenza migliore e più simile a quella divina. Chi di voi conosce la storia biblica, conoscete bene ciò che vi è raccontato a suo riguardo. Che cosa afferma la Scrittura? Quando Abramo era ancora giovane ricevette da Dio la promessa che avrebbe avuto un figlio. Intanto il suo vigore diminuiva e se ne andava a causa dell'avanzare degli anni. Ora, proprio quando il corpo era diventato incapace della riproduzione, perché la vecchiaia non riceveva più lo stimolo della passione, allora la promessa si realizzò, contraddicendo tutte le attese umane. Generò il figlio Isacco. Intanto trascorse altro tempo. Quando questi crebbe come un germoglio in bellezza e in statura, e i genitori erano felici di ammirare la sua giovinezza che brillava in tutta la sua bellezza, allora Abramo venne messo ad una prova difficile, se era capace di riconoscere con saggezza quale fosse la bellezza tra le realtà del mondo o se limitava il suo sguardo alla vita presente. Dio gli disse: «Offri il tuo figlio in sacrificio, come olocausto» (). Tutti voi che siete padri e avete dei figli, e che avete appreso in modo naturale a nutrire un grande affetto per i figli, capirete quale potesse essere il sentimento di Abramo  se avesse guardato soltanto a questa vita, se fosse stato asservito alla nauta, se avesse pensato che soltanto nel corso di questa esistenza è possibile cogliere la dolcezza della vita. Perché parlo soltanto di lui, mettendo da parte la sua donna che rappresenta la parte più debole dell'umanità? Se  quella non avesse appreso dal marito le cose celesti, se non avesse pensato che la vita invisibile era migliore di quella che si vede, avrebbe permesso al marito di compiere quel gesto contro il figlio? Sconvolta nel suo sentimento materno,  avrebbe stretto a sé il figlio, lo avrebbe accolto nelle sue braccia prima che ricevesse il colpo mortale. Posso immaginare che avrebbe parlato così ad Abramo: «Risparmia il figlio, o uomo! Non diventare argomento di pessimi racconti; stiamo per divenire un caso paradossale per il futuro,  non togliere la vita a tuo figlio, non privarlo del dolce raggio del sole; i padri preparano ai figli il talamo, non la tomba; offrono la corona di nozze, non una spada mortifera; la lampada nuziale, non il fuoco per la sepoltura. Sono i briganti e i nemici non le mani dei padri a fare questo ai figli. Se questo male è proprio necessario, l'occhio di Sara non veda il figlio Isacco morire. Se la spada deve colpire entrambi, madre e figlio, comincia pure da me. Basta un colpo per uccidere l'uno e l'altra. Avremo entrambi un'unica sepoltura, un'unica iscrizione ricorderà con orrore la comune sventura». 
Se non avesse innalzato lo sguardo a quei beni che rimangono per noi invisibili, Sara avrebbe pronunciato queste parole. Sapeva infatti che la fine della vita nella carne diventa principio di una vita più divina per coloro che compiono questo passaggio. Abbandonano le ombre e ricevono la verità; lasciano tutte le apparenze e gli sconvolgimenti e trovano quei beni che sono superiori all'occhio, all'orecchio e al cuore. Il desiderio non li tormenta né la brama di cose turpi li travia; non si gonfiano per la vanagloria e nessuna passione di cose tristi appesantisce la loro anima. Dio diventa il tutto per loro. Per questo offre a Dio il fanciullo volentieri.


L'esempio di Giobbe

Che cosa dire del grande Giobbe? Quando a lui che era già stato spogliato, all'improvviso, di tutti i beni che aveva, prima che la sua anima si rendesse conto dei colpi ricevuti, gli venne annunziata il dolore più grave, come accolse la notizia della morte dei figli? Aveva tre figlie ed sette figli; era felice di avere avuto questi figli. Pur essendo così numerosi, tutti erano come uno solo grazie all'amore reciproco. Non erano divisi tra loro per il fatto che ognuno voleva vivere da solo, ma tutti si frequentavano tra loro, e continuavano a rallegrare gli altri e a ricevere gioia dagli altri, come in un circolo d'amore. Allora, seguendo questo avvicendamento, il banchetto dei fratelli era stato fissato presso il maggiore. Colmi gli otri, colma la tavola di vivande, i bicchieri in mano: un bello spettacolo e in aggiunta c'erano brindisi, omaggi, scherzi, risate e tutte le altre cose che rallegrano la tavola di un incontro tra giovani. Che cosa accadde allora? Quando il godimento dei momenti più felici era al colmo, crolla il tetto su di loro, e il banchetto diventa una tomba per i dieci figli. Il vino si mescola con il sangue di quei giovani e le vivande si sporcano con il sangue dei cadaveri. Giobbe ricevette la notizia della disgrazia. Seguimi nel mio discorso e guarda a quell'atleta, non soltanto per ammirare il vincitore, sebbene anche questo non sarebbe un guadagno trascurabile,  ma per imitare da vicino quell'uomo. Diventi il tuo allenatore. Il suo esempio di sopportazione e di coraggio unga la tua anima nel giorno della tribolazione. 
Che fece quell'uomo? Fece qualcosa di male come fanno gli uomini meschini, oppure disse parole o fece gesti di protesta? Graffiò con le unghie le guance, si strappò i capelli dal capo, si cosparse di polvere, si colpì con le mani il petto, si rotolò a terra, emise lamenti o chiamò i trapassati, unendo pianti al loro ricordo? Non agì affatto in questo modo. L'annunciatore del male raccontò subito la sventura che era capitata ai giovani.  Non appena l'udì, subito ragionò sulla natura degli esseri, pensando da dove provengono i viventi, da parte di chi giungono all'essere e quale sia colui che domina tutta la realtà. «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto» Gli uomini derivano da Dio e si dissolvono in Lui; presso la sorgente da cui provengono, là concludono la loro esistenza. Dio è Colui che può dare e lui può togliere. Essendo buono, vuole soltanto il bene, essendo saggio, procura ciò che giova. Quanto al Signore è piaciuto fare (a Lui piace tutto ciò che è bene), così ha anche fatto. Sia benedetto il nome del Signore(Gb 1,21 ss). Osserva la vastità della sua grandezza d'animo: trasformò un fatto tragico in ricerca di saggezza sul senso della vita. Sapeva con acutezza che la vita degli esseri dipende dalla speranza e che la vita presente è come un seme della futura. I beni sperati sono molto diversi da quelli attuali, quanto una spiga è del tutto differente dal chicco da cui germina. La vita presente è come un chicco; la vita attesa mostra tutto il suo vigore nella spiga. «Bisogna infatti che ciò che è corruttibile si rivesta d'incorruttibilità, e ciò che è mortale si rivesta di immortalità» (1 Cor 15,55). Guardando a questo traguardo, Giobbe gode insieme con i figli di questo esito felice, non appena si sarebbero liberati dai vincoli della vita. Ne era un segno anticipatore il fatto che avesse ricevuto, al posto dei beni che aveva perduto, il doppio di quanto Dio aveva promesso. Mentre di tutti i beni riceveva come ricompensa un doppio risarcimento, soltanto non ottenne un raddoppiamento dei figli, ma dieci soltanto gli vennero dati al posto dei dieci che gli erano stati sottratti. Poiché infatti le anime degli uomini vivono per sempre, a motivo di questo, ricevette come ricompensa il doppio di quelli che aveva perduto. Infatti l'aggiunta dei dieci deve essere sommata a quelli che aveva generato in precedenza, poiché tutti erano ancora viventi per Dio e coloro che avevano perduto questa esistenza passeggera, continuavano ad essere in vita.


La resurrezione, unica vera speranza

La morte degli uomini è soltanto una purificazione per i loro peccati. La nostra umanità, al principio, era stata creata dal Dio di tutti come un vaso adatto ad accogliere il bene. Il nemico delle nostre anime, mediante un inganno, introdusse il male, che non ha di per sé alcuna consistenza. A motivo di ciò, affinché il male, infuso dentro di noi non potesse durare per sempre,  con un atto provvidenziale ancora più significativo, il vaso per un certo tempo viene consegnato alla morte, affinché nella nuova creazione, il male scompaia dalla nostra umanità e la vita ritornata com'era nella sua origine sia del tutto libera dal male. La risurrezione è un rifacimento della nostra umanità secondo il suo modello originario. Non è possibile che la nostra umanità venga plasmata di nuovo, ottenendo il meglio, senza che vi sia la risurrezione. Se la morte non ci sorprende, non è possibile neppure la risurrezione. La morte allora è un evento positivo poiché diventa il principio e il cammino in vista di un cambiamento per il meglio. Fratelli, abbandoniamo allora il lutto per i defunti, adatto soltanto per gli uomini che sono privi di speranza. La nostra speranza invece è il Cristo, al quale sia gloria, potenza, onore e adorazione nei secoli. Amen

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