venerdì 22 febbraio 2019

L'amore nell'esperienza umana



Le forme dell’amore



L’amore è la caratteristica del cristiano. Ma che cosa significa amare? Vediamo, in un primo passo, che cosa sia amore nella vita umana.
È desiderio di bene. È un’inclinazione, una tendenza, un orientamento al bene. Ogni essere, infatti, cerca ciò che gli è conveniente ed aspira ad ottenerlo.
Il bene però non è univoco ma molteplice. Esiste un bene sensibile e un bene di carattere più spirituale e quindi anche i desideri che mirano ad ottenere questi beni sono diversificati.
C’è un desiderio naturale che ci spinge a ciò che è il nostro bene sensibile, un appetito avvertito da noi senza che noi lo abbiamo introdotto in noi. Ad esempio, «esiste un appetito naturale verso il cibo e un appetito naturale verso la procreazione. Esiste anche un appetito naturale che ci fa tendere alla verità, e quello che ci ordina al nostro pieno sbocciare, alla nostra felicità» (M. D. Philippe, 105).
C’è anche un desiderio spirituale che emerge a partire dalla nostra tendenza alla verità. Il bene spirituale presuppone un libero giudizio ed attiva la nostra volontà. Questo tipo di desiderio compare, ad esempio, nell’impegno culturale o nella lotta contro l’ingiustizia.
Per il credente c’è molto di più: il bene spirituale corrisponde al tesoro che viene dischiuso dalla fede. Se esiste una tendenza naturale al cibo o alla procreazione, esiste anche una tendenza naturale alla comunione con Dio, perché soltanto Dio può costituire il bene sommo che soddisfa la nostra sete di felicità. L’orientamento a Dio, tuttavia, non è qualcosa di istintivo ma è frutto di una riflessione e di una decisione libera. Si innesca nel nostro desiderio spontaneo di verità e di felicità, ma implica un percorso dove esercitano un ruolo decisivo la ragione e la volontà. L’amore per Dio è il massimo a cui può giungere il nostro appetito umano.
La scelta di Dio avviene nell’atto di fede. Nel suo fondo, quest’atto significa mi affido a questo Signore che mi è venuto incontro e si è fatto conoscere per poter donarsi a me. La relazione di fede è simile a quella sponsale.
Un salmista dichiara: «Ho detto a Dio: il mio Signore sei Tu; solo in te è il mio bene» (Sal 16,1). Questa dichiarazione del salmista rappresenta un modo magnifico di confessare la fede. Solo in te è il mio bene… vale a dire, se mi mancassi Tu, non avrei più nulla; per quanto ricchi possano essere tutti gli altri possessi, perderebbero tutti valore e consistenza. «Dio è assai ricco di beni per tutti quelli che lo invocano, ma non ha da dare nulla di meglio di se stesso» (Bernardo, Il dovere…,140).
I sentimenti che il salmista rivolge a Dio sono i medesimi che un innamorato rivolgerebbe all'amata poiché, se manca la relazione d’amore, nessun possesso appaga. Dio, poi, può conquistare il cuore molto di più di qualsiasi creatura di rara bellezza.

«Il cuore umano tende a Dio per inclinazione, senza sapere veramente chi sia; ma quando lo trova alla fonte della fede, e lo scopre così buono, bello, dolce e così amabile verso tutti e così disposto a donarsi a tutti coloro che lo vogliono, quanta contentezza e quanti santi movimenti [sgorgano] nello spirito, per unirsi per sempre a quella bontà così sommamente amabile! Finalmente ho trovato, dice l'anima così toccata, ho trovato colui che desideravo, ed ora sono contenta» (de Sales, Trattato…, 233.

De Sales non esita a paragonare la scoperta della bellezza di Dio all’esperienza umana dell’innamoramento:

Come Giacobbe, vista la bella Rachele, scoppiava in lacrime di dolcezza per la felicità che provava, così il nostro povero cuore, avendo trovato Dio, si fonde poi nella dolcezza dell’amore, per il bene infinito che vede in quella bellezza»(ibidem).

Quella del de Sales non è una testimonianza unica.

«Quando l'anima conosce l'amore di Dio nello Spirito Santo, allora sente chiaramente che il Signore è nostro padre, il più vero il più vicino, il più caro, il migliore, e che non c'è felicità più grande dell'amare Dio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima, come ha comandato il Signore, e amare il prossimo come se stessi» (Silvano dell’Athos, Nostalgia…, 138).

Lo psichiatra V. Andreoli, studiando il fenomeno della relazione d’amore nell’ambito profano e in quello religioso, ha dedotto che la relazione con Dio «è forse l’unico caso, l’unica relazione in cul l’amore non viene mai deluso, e può presentarsi come un’esperienza di fenomeni acuti che si prolungano nel tempo senza alcun consumo» (L’alfabeto delle relazioni, 184).



La maturazione dell’amore


Ogni esperienza d’innamoramento presenta aspetti positivi e problematici. Anche l’amore per Dio richiede spazi di maturazione, di purificazione e di correzzione.
L’amore appassionato è in sé un bene, ma non è privo di ambiguità e può trasformarsi perfino in una realtà negativa. Può diventare un tentativo di accaparramento:

«Vi è qualcosa di molto ambiguo quando è rivolto ad una persona, dato che corriamo il rischio di amarla non più come persona, ma come un bene sensibile che ci rallegra che ci fa sbocciare; allora significa che cerchiamo noi stessi attraverso la passione. L'amore passione provoca così una sorta di egocentrismo dalla potenza straordinaria, di che del resto è proprio nelle passioni: fanno si che riportiamo tutto a noi» (M. D. Philippe, 105).

L’istinto passionale è soltanto un punto di partenza. La passionalità non deve essere abolita ma integrata in una prospettiva più ampia e trasformarsi in benevolenza e oblatività.
Sono molte le forme di amore immaturo anche all’interno della fede religiosa. Il dono d’amore (apparente) di un donatore può trasformarsi in veleno per il destinatario. Ciò avviene quando il destinatario viene obbligato a trovarsi in uno stato di dipendenza, come se venisse incollato al donatore. Talora la benevolenza che circola all’interno di un gruppo può acquisire delle forme settarie. Per questo il Vangelo invita ad amare anche chi si trova al di fuori del cerchio della fraternità (ed appare perfino ostile al gruppo d’appartenenza) e a diventare prossimi di ogni persona bisognosa e sofferente. L’amore che non acquisisce il carattere di universalità può alimentare l’avversione verso il diverso. Accendere roghi per annientare l’avversario non è affatto una forma di carità, ma espressione di passionalità istintiva ed egoista.
Ora è proprio un sentimento di gratuità che deve germogliare in noi. È questo l’amore che proviene dallo Spirito. Benché ogni relazione d'amore presenti elementi di convenienza, i quali pure contribuiscono ad incrementare la benevolenza tra coloro che si amano, non è certo l'utilità il vero fondamento della relazione. L’amare non richiede altra giustificazione oltre se stesso. Tra gli autori spirituali San Bernardo è stato uno di coloro che ha maggiormente insistito sul valore della gratuità: «Chi confida nel Signore non perché è buono con lui, ma perché è assolutamente buono, è colui che ama veramente Dio in nome di Dio e non in vista di se stesso» (Bernardo, Il dovere…, 146). In un altro testo dichiara:

Dio non è amato senza ricompensa, anche se deve essere amato senza prefiggersi una ricompensa. Il vero amore è soddisfatto di se stesso. Riceve una ricompensa, ma è proprio ciò che costituisce il suo amore. Perché se fai la figura di amare una cosa in vista di un'altra, quella che ami veramente è quella a cui tende il fine del tuo amore, non quella che rappresenta il tramite (Bernardo, Il dovere…, 134-135).

L’uomo, tuttavia, non può essere totalmente gratuito nell’amare come lo è Dio. Mentre questi non ha bisogno dell’uomo, l’uomo dipende sempre da Lui e gli è estremamente conveniente relazionarsi con Lui. Inoltre, l’esperienza d’essere stati protetti e insieme la promessa di una ricompensa, divenendo un’occasione per scoprire meglio l’amore di Dio per noi, favoriscono la crescita del nostro sentimento di risposta riconoscente.
In ogni caso, pur se sollecitato da motivazioni di vantaggio, il credente può corrispondere con uno slancio di gratuità sincera. Anzi i santi hanno scoperto che il fatto d’amare, già in se stesso, è la più grande ricchezza:

Niente è più dolce dell’amore; niente è più forte, più alto o più grande: niente, né in cielo né in terra, è più colmo di gioia, più completo o più buono: perché l’amore nasce da Dio e soltanto in Dio, al di sopra di tutte le cose create, può trovare riposo (Imitazione di Cristo, 89).

L’autore poi continua l’elogio dell’amore evidenziando che solo questo modo di essere ci unifica con Dio:

Chi ama vola, corre lietamente; è libero, e non trattenuto da nulla; dà ogni cosa per il tutto, e ha il tutto in ogni cosa, perché trova la sua pace in quell’Uno supremo, dal quale discende e proviene tutto ciò che è buono; non guarda a ciò che gli viene donato, ma, al di là dei doni, guarda a colui che dona (ibidem)

La beatitudine dell'uomo consiste, quindi, nel partecipare alla carità che è Dio. Soltanto quando la sua carità ci pervade, possiamo considerarci salvi e ricolmi d’ogni bene. Non potremo mai possedere una ricchezza più grande di questa. Soltanto la carità ci colma, diventa beatitudine e pace. Lo conferma un testo attribuito ad Alberto Magno (De adhaerendo Deo):

Tutto ciò che abbiamo detto e tutte le cose necessario alla salvezza non possono essere portate a perfezionamento in modo migliore, più celere e più vantaggioso, che per mezzo dell'amore. L'amore supplisce a tutto ciò che potrebbe mancarci per la nostra salvezza e ha in sé l'abbondanza di ogni bene (Alberto Magno, Accostarsi a Dio, 79).

L’autore di questo scritto, poi, sottolinea come la carità abbia la facoltà di unirci a Dio:

Soltanto per amore noi ci rivolgiamo, aderiamo, ci uniamo a Dio e ci trasformiamo in lui, per diventare un unico spirito e godere della beatitudine, qui nella grazia e lassù nella gloria. L'amore infatti non trova riposo che nel bene amato, ossia nel possesso pacifico e completo. L'amore ha la virtù di unire e di trasformare l'amante nell'amato e l'amato nell'amante, affinché l'uno diventi l'altro… È solo la forza dell'amore che conduce l'anima dalla terra alle sommità del cielo e nessuno può pervenire alla suprema beatitudine se non viene sospinto dall'amore e dal desiderio. L'amore è la vita dell'anima, la veste nuziale, la sua perfezione... (Alberto Magno, Accostarsi a Dio, 79 e 82)

Ho stabilito così l’essenza e il traguardo della vita spirituale. A questo punto è molto chiaro che amare è un incamminarsi verso l’Amore restando sempre nel suo sentiero: «… camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2). Ad amare s’impara amando: «… che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio» (Fil 1,9-10). Le energie aumentano camminando. Parafrasando un detto latino, possiamo affermare: [Amor] crescit, eundo. Ciò che in un primo momento risulta impossibile, col tempo apparirà facile.
In ogni caso, bisogna cominciare ad operare. La spiritualità non consiste nell’avere convinzioni profonde, nell’alimentare nobili sentimenti, nel parlare o nello scrivere di realtà sublimi. È un modo di essere, derivato dal nostro agire. 

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