sabato 21 marzo 2020

Cristo immagine di Dio



È apparso sulla terra, al tempo dell'imperatore Cesare Augusto, un uomo destinato a essere l'erede del trono di suo padre Davide, per un regno che non avrà fine (Lc 1,32-33; 2,11). Per questo riceverà il titolo di «Figlio dell'Altissimo» (Lc 1,32). Tutto ciò che il Creatore aveva voluto donare alla creatura umana con «l'alito» soffiato nelle narici di adàm, tutto ciò che i sapienti avevano desiderato e i profeti avevano promesso, ciò che il Salmista aveva ammirato come prodigio riversato sul «figlio dell'uomo» si è realizzato nella persona di Gesù, figlio di Maria. Un uomo fra gli uomini, il vero uomo.
La sua vita è narrata dai Vangeli, che mediante una dettagliata genealogia, iscrivono la sua vicenda nella storia del suo popolo e dell'intero genere umano. Il vangelo di Matteo sottolinea in particolare il fatto che Gesù è «figlio di Davide» e «figlio di Abramo» (Mt 1,1): beneficiario di alleanze nelle quali Dio gratuitamente elegge e dona, questo «figlio» dal cuore umile e obbediente (Mt 11,29; Gv 4,34; 5,30; 6,38) diventa mediatore e artefice di una nuova e più perfetta comunione con Dio; la sua regalità si estende a tutte le genti, la sua benedizione è fonte di vita eterna per ogni uomo (Mt 25,31-34; Ef 1,3.10). Per l'evangelista Luca invece, Gesù è collocato in una completa sequenza di padri che risale fino ad «Adamo, figlio di Dio» (Lc 3,38); tutta la storia umana, non solo quella del popolo ebraico, ha il suo compimento nel figlio dell'uomo che riporta l'umanità allo splendore della sua prima origine.
I diversi episodi evangelici tratteggiano la figura di una persona che si rivela essere il Cristo (Mc 8,27; Lc 9,20; Gv 1,41), il Santo (Lc 1,35; Gv 6,69), il Figlio di Dio (Mt 14,33; 16,16; 27,54; Mc 1,1). Da questa narrazione ci viene insegnato come riconoscere in lui l'immagine di Dio, così da conoscere, attraverso di lui, il Padre (Gv 6,46; 14,7-9), e ottenere la vita eterna (Gv 17,3). Tutto ciò che Gesù ha detto, tutti i gesti da lui operati rivelano Dio al mondo; perché, come il Creatore (Gen 1,31), anch'egli «ha fatto bene ogni cosa» (Me 7,37). In lui sono presenti tutte le qualità che una creatura può desiderare e tutti i doni che Dio può elargire (Ef 3,8; Col 2,3), così che dalla sua incomparabile ricchezza spirituale ognuno possa essere arricchito (Ef 2,7; cfr. 2 Cor 8,9).
Gesù è il vero re, capace di sottomettere tutte le forze nemiche (Gv 10,28-29; 12,31; 16,33; Eb 2,8): nel deserto sta con le bestie selvatiche (Mc 1,13), impone obbedienza agli spiriti immondi (Mc 1,27), e placa la furia del mare in tempesta (Me 4,39-41), anticipazioni queste figurate del suo trionfo finale, «quando consegnerà il regno a Dio suo Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi» (1 Cor 15,24-27; cfr. Ef 1,22; Ap 20,14). Essendo la perfetta realizzazione del dominio promesso ad adam (Gen 1,26), il regno del Cristo non avviene secondo il modello terreno (Gv 18,36); i governanti, del mondo infatti dominano sulla loro gente opprimendola e sfruttandola (Mt 20,25), prendono i beni dei loro sudditi fino a renderli schiavi (1 Sam 8,10-17), mentre il «pastore buono» si mette al servizio dei suoi fratelli (Mt 20,28) e dona la sua stessa vita per loro (Gv 10,11.15.18). Il titolo di re è posto per Gesù sulla sua croce (Gv 19,19-22). È questa la veritiera immagine regale che il Cristo rivela, nel "compimento" della sua vita (Gv 19,30); in risposta al governatore Pilato, egli infatti dichiara: «Tu lo dici: Io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Nella lettera agli Ebrei si dice che il Cristo è stato «coronato di gloria e onore» (cfr. Sai 8,6) «a causa della morte che ha sofferto» (Eb 2,9); Egli è stato «reso perfetto per mezzo delle sofferenze» (Eb 2,10), perché in esse ha mostrato l'amore supremo nei confronti di coloro «che non si vergogna di chiamare fratelli» (Eb 2,11). La medesima dinamica è attestata anche nell'inno di Fil 2,8-11.
Un tale stile di governo, sorprendente o addirittura paradossale, è proprio dello «Spirito»; è infatti quello che caratterizza il governo dell'Altissimo. Principio creatore di ogni bene, il quale esercita la sua sovranità sempre nel rispetto delle sue creature e nella piena mitezza (Sap 11,23-26; 72,18). Gesù di Nazaret è stato «generato» dallo Spirito di Dio (Mt 1,20; Le 1,35), e tutta la sua missione è guidata dallo Spirito che si posa (Mt 3,16) e dimora su di lui (Gv 1,32). «Quello che è nato dallo Spirito è Spirito» (Gv 3,6), e dunque tutto nel Cristo ha natura spirituale, ha cioè potenza divina, infinitamente efficace e al tempo stesso supremamente rispettosa. Dice infatti l'Apostolo: «il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà» (2 Cor 3,17). Se i sovrani della terra impongono il loro dominio con la forza coercitiva, il Cristo al contrario esercita il suo potere, attirando dolcemente con la grazia delle sue parole (Le 4,22; Gv 12,32), con l'umile offerta della verità desiderosa di suscitare il libero consenso. Uno dei titoli frequentemente riconosciuto a Gesù è quello di «Maestro» (Mt 8,19; 19,16; 22,16; Me 9,17; Le 7,40; 11,45; Gv 3,10; 11,28; 13,13; ecc.) o «Rabbi» (Mt 26,25.49; Me 9,5; 10,51; Gv 1,38.49; 4,31; ecc.). Ciò induce a vedere in Gesù una qualità sapienziale, che si dispiega in maniera sistematica nell'ambito dell'insegnamento, cioè nell'offerta della verità che salva. Tuttavia egli non assomiglia ai dottori umani (Mt 7,28-29; Me 1,22), perché il suo sapere è "ispirato" da Dio (Gv 6,63; 12,49-50) e possiede perciò un'autorevolezza unica e universale. La sua è la sapienza del vero sovrano, del re dotato dello spirito di Dio (Is 11,2; 61,1; Sap 9,1-4), è la sola sapienza che vivifica (Gv 6,63.68; Sap 9,18). È insegnando infatti che il Cristo viene in soccorso delle pecore senza pastore (Mt 9,35-36; Mc 6,34), è con la sua voce che le conduce all'ovile e al pascolo (Gv 10,3-4.16).
Poiché Gesù è l'uomo ripieno dello Spirito del Signore, la sua vita sarà quella di un profeta (Mt 21,11; Mc 6,4; Le 4,24; 7,16; 13,33. Tutto nel Cristo è rivelazione del Padre (Mt 11,27), le sue parole esprimono la definitiva e perfetta comunicazione di Dio all'umanità; Egli è, nella carne, lo stesso Verbo che fa conoscere Colui che nessuno può vedere (Gv 1,18). «Consacrato da Dio in Spirito santo e potenza» (At 10,38), rappresenta il vertice spirituale della storia umana, costituisce la realizzazione di ogni attesa (Mt 11,2-6).
Reso "vivente" dallo Spirito, Gesù di Nazaret farà vedere al mondo il principio intimo che lo fa vivere; rivelerà cioè a tutti l'amore del Padre che, in lui, diventa sorgente e motore della sua opera salvifica, definita dall'apostolo Paolo «il glorioso ministero dello Spirito» (2 Cor 3,8). Come Dio il Cristo perdona ai peccatori (Me 2,7.10), come Dio inaugura una nuova alleanza (Me 14,22-24), come Dio «soffia» sui discepoli per comunicare lo Spirito (Gv 20,22), come Dio dona la vita eterna (Gv 10,28). Per questa ragione gli apostoli ed evangelisti attestano che Gesù è «il Figlio di Dio» (Me 1,1; 15,39; Rm 1,4; Eb 1,5; 3,6), «l'Unigenito del Padre» (Gv 1,18), «il primogenito» dei figli di Dio (Rm 8,29; Col 1,15.18); lui e il Padre sono una cosa sola (Gv 10,30). Per questa medesima ragione la tradizione teologica, sviluppata in particolare da Paolo e dalla sua scuola, riproporrà la metafora dell'«immagine di Dio», dando ad essa il suo pieno significato nell'attribuirla a Gesù Cristo (Rm 8,29; 2 Cor 4,4; Col 1,15; Eb 1,3).

Da Pontificia Commissione Biblica, Che cos'è l'uomo? LEV 2019,  p. 55-58. 


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