sabato 21 marzo 2020

L'uomo a immagine di Dio



Facciamo notare, in primo luogo, che in Gen 1,26 non viene detto
che Dio crea l'essere umano «a sua immagine e somiglianza», come abitualmente ci si esprime, ma letteralmente: «a immagine secondo la somiglianza», il che potrebbe essere reso, con una traduzione dinamica, "a immagine somigliante". Per parlare del medesimo evento, in Gen 1,27 si usa solo il termine «immagine», mentre in Gen 5,1 solo «somiglianza».
Il termine «immagine» (selem) fa riferimento al dipinto o alla statua (1 Sam 6,5.11; Ez 23,14), prodotti che hanno la funzione di rendere visibile ciò che è assente o addirittura invisibile (cfr. Sap 14,15-17). Tale sostantivo ha generalmente una connotazione negativa. Infatti, in diversi passi designa l'idolo (Nm 33,52; 2 Re 11,18; Ez 7,20; 16,17; Am 5,26), realtà che non sente, non parla, non sa agire (Sal 115,5-7), essendo qualcosa di "morto" (Sap 13,18; 15,5); e ciò fa risaltare, per contrasto, la qualità dell'essere umano, che — secondo l'affermazione di Gen 1,26 — è deputato a "rappresentare" Dio proprio perché è vivente e capace di relazione con altri soggetti spirituali. Se è vero che nel Salterio il termine selem è applicato all'uomo nella sua condizione di creatura effimera (Sai 39,7; 78,20), questa sfumatura non contraddice quanto è adombrato dal libro della Genesi; la creatura umana infatti è "figura" di Dio proprio nella fragilità della carne e nella contingenza della storia.                                              
Il sostantivo astratto «somiglianza» (demùt) esplicita il rapporto di similitudine tra due realtà, come avviene appunto tra un determinato soggetto e le sue riproduzioni pittoriche o fittili (Ez 23,15). Quando ricevettero da Dio il privilegio della percezione sensoriale di esseri o eventi sovrumani, gli autori biblici erano costretti a dire che ciò che vedevano era "somigliante" a una realtà terrena (Ez 1,5.26; 10,21-22; Dn 10,16). Ora, Dio è certamente "incomparabile", niente può essere a Lui paragonato (2 Sam 7,22; Is 40,18; Ger 10,6s7; Sai 86,8); eppure — dice la Scrittura — l'uomo porta in sé i tratti del divino. Non pochi commentatori hanno suggerito che il termine «somiglianza» intendesse attenuare il valore dato al sostantivo «immagine», specificando che la copia (l'uomo) non può essere certo considerata identica all'originale (Dio). Pare tuttavia più probabile che con tale termine l'autore di Gen 1 volesse invece sottolineare la privilegiata similitudine tra l'essere umano e il Creatore, che costituisce il fondamento originario del dialogo storico tra i due soggetti. Che Dio abbia voluto fare 'adam a sua immagine, indicherebbe, in altre parole, che Egli ha inteso entrare in una personale relazione di alleanza con lui (Sir 17,12; 49,16; cfr. anche Sai 100,3).
Per quanto riguarda la Bibbia Ebraica, l'espressione «a immagine di Dio» è attestata solo in alcuni passi del libro della Genesi, dove vengono pure suggeriti degli aspetti significativi per il senso della locuzione.
In Gen 1,26 l'annuncio del progetto divino di «fare l'uomo a immagine» della divinità è immediatamente collegato con una frase, tradotta spesso con un imperativo (o iussivo), ma che forse è meglio rendere con una proposizione dal valore consecutivo (o finale): «così che domini sui pesci del mare e sugli uccelli del ciclo e sul bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». In questo testo 'àdàm è visto nella sua qualità di sovrano, perché dotato del potere di governo su tutti gli altri esseri viventi. Questa importante dimensione viene ribadita subito dopo, e quasi con le stesse parole, quale attuazione della benedizione divina (Gen 1,28).
Il dominio degli uomini sugli animali, universale ed esclusivo, non potrà essere identificato con un dispotismo accentratore e violento, sia perché, in questa narrazione paradigmatica, a tutti i viventi è data in cibo l'erba dei campi (Gen 1,29-30), sia soprattutto perché la prepotenza non sarebbe conforme all'immagine di Dio: il Creatore infatti esercita la sua autorità per proteggere e promuovere la vita delle sue creature (Sal 36,7; cfr. anche Gen 7,1-3; Gn 4,11; Sal 145,9; Sir 18,13; Sap 11,24), dando loro esistenza, nutrimento, fecondità e un istinto utile alla loro sopravvivenza. L'uomo, quale figura di Dio sulla terra, riceve dunque il compito di assecondare l'attività divina favorevole agli altri viventi.

Da Pontificia Commissione Biblica, Che cos'è l'uomo? LEV 2019,  p. 43-44


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