venerdì 28 maggio 2010

Salmi (Raccolte)


Nel salterio i singoli salmi non siano stati riposti a caso, uno dopo l’altro. Essi sono divisi in cinque libri (sono forse un pentateuco di lode?) ma ogni libro, a sua volta, è suddiviso in altre sezioni. T. Lorenzin ha scritto un commento al salterio in cui propone la suddivisioni più accreditate. Alcune sezioni sono tradizionali e fortemente caratterizzate (Salmi di conversione; Salmi della regalità; Canti di Pasqua; Canti per le salite; Lode conclusiva), altre sono più congetturali. Offrono comunque almeno il vantaggio di stimolare a cercare delle assonanze tematiche tra composizioni attigue, evitando di isolare un salmo dal suo contesto.

Libro primo:

Introduzione: il giusto e il Re-Messia (1 e 2).
Il Re messia (2) rivive l’esperienza propria del giusto (1). Sperimenta come il Signore vegli sul suo cammino, mentre la via dei malvagi che si oppongono a lui, vada in rovina.

Prima raccolta del povero (3-14)

In realtà il termine povero compare di frequente soltanto nel salmo 9/10 (9/10,13.17.23.30.38-39; 11,5; 13,6). L’orante tuttavia vive la povertà e si esprime conforme allo spirito religioso del povero. È una persona che, perseguitata da altri, confida in Dio e invoca protezione e giustizia.
Il salmo 8 funge da divisorio in questa sezione, suddividendola in due parti. Nella prima parte (3-7), prevale la supplica individuale. Angosciato per le trame dei nemici, il salmista conferma la sua fiducia in Dio che si rivela come l’unico valido aiuto. Nella seconda parte (9-13) la preghiera è rivolta in modo prevalente a favore di una collettività. I poveri sono un gruppo religioso angariato da violenti che sono anche sprezzanti verso Dio. Nella società sembra prevalere la corruzione e il giusto avverte la sua situazione come estremamente difficile. La sua fedeltà a Dio è il risultato di una deliberazione tenace.
Il salmo centrale (8) presenta la povertà come iscritta nella natura dell’uomo. L’uomo è di per sé una nullità ma, amato da Dio, acquista una dignità regale. Di nuovo è ripetuto lo stesso messaggio: soltanto la fiducia in Dio rende possibile il superamento della nostra misera situazione.

L’esperienza del giusto (15-24)

Ho già esposto il contenuto di questa composizione. Il salmo centrale è il 18, dove il giusto è simboleggiato dal sole, radioso e forte. L’uomo diventa solido e raggiante, solare, quando vive la comunione con Dio conservando la fedeltà alla sua Legge. I salmi della prima parte (15-18) corrispondono a quelli della seconda (20-24) in modo quasi parallelo (15-24; 16-23; 17-22; 18-20.21). La corrispondenza tra i due gruppi può essere tracciata così: Il giusto vive un rapporto solidale con il prossimo, e soltanto in questa relazione benevola acquista mani innocenti e cuore puro (15 e 24). Vive poi una comunione gioiosa con Dio (16 e 23), ma è toccato dalla prova (17-22). Perseverando nella fede può vincere la situazione negativa e recuperare la sua condizione felice (18 e 20-21).

L’esperienza della comunità (25-34)

Anche di questa raccolta ho già fatto cenno. Il salmo centrale è il 29: il raduno del popolo nel tempio che riceve pace e salvezza nelle situazioni tempestose della sua esistenza. Nella prima parte, in cui è espresso il desiderio di recarsi al tempio, prevale la supplica e nella seconda, che presuppone come adempiuta la visita al santuario (descritta nel salmo 29), s’innalza il ringraziamento. I salmi della prima parte rinviano a quelli della seconda in modo parallelo: desiderio di redenzione (25) e ringraziamento per la redenzione ottenuta (34); desiderio di innocenza (26) e ringraziamento per il perdono (32); desiderio di protezione nella difficoltà (27) e ringraziamento per la liberazione (31); desiderio di liberazione dalla morte (28) e lode per la risurrezione sperimentata (30).
Il salmo 33, l’unico fuori dello schema (non ha nessun sottotitolo), presenta la caratteristica essenziale del pellegrino: è colui che spera nell’amore di Dio il quale, a sua volta, ama verificare la presenza di questo sentimento. La speranza si manifesta come rinuncia a procurarsi la salvezza da soli: «Un’illusione è il cavallo per la vittoria, e neppure un grande esercito può dare salvezza. Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore» (18-20).

Seconda raccolta del povero (35-41)

Riprende i temi della prima raccolta con approfondimenti. Il povero del salmo 35 e 41, si era comportato in modo solidale con i suoi attuali nemici e così prefigura lo stile di Gesù (35,14; 41,10). Il salmo 36 contrappone il malvagio oppressore, dominato dal peccato (2-5) a Dio che, al contrario, è dominato da amore smisurato (6-7). Nei salmi 38, 39, 40 e 41, il povero che sta supplicando si considera anche peccatore. Il peccato aggrava la nostra condizione di miseria e non ci esclude dalla misericordia divina. È particolarmente significativo il salmo 40: l’orante porta al tempio un rotolo in cui ha scritto il suo vivo desiderio di conformarsi al volere di Dio; egli ritiene che questa intenzione valga di più dell’offerta di sacrifici. Così egli prefigura il sentimento di Gesù che ci ha santificati grazie a questa sua volontà di obbedire al Padre (Eb 10,10). In questa raccolta il povero sta acquistando la fisionomia di Gesù che porta su di sé il cumulo dei nostri peccati.

Libro secondo:

L’amore fedele di Dio (42-49)

Il primo movimento è un canto di nostalgia rivolto a Dio che rimane come assente alle implorazioni (42-43). Lo stesso sentimento è espresso dalla comunità che, pur rimasta fedele a lui, si sente dimenticata da Dio (44). Dopo questo esordio doloroso, i salmi successivi sono una risposta all’interrogativo angoscioso che percorre l’orante ma anche tutta la comunità. Il Signore è lo sposo amoroso che non dimentica la sua amata, ossia il popolo d’Israele; per ricordare questo dato di fede viene descritta una festa nuziale (45). Dopo questa rassicurazione cambia il tono delle preghiere che passa dalla tristezza alla fiducia serena. Gerusalemme non deve temere: Dio è in mezzo ad essa e non potrà vacillare. Nessun rivolgimento naturale o storico potrà annientarla (46). I popoli che ora osteggiano Israele si raduneranno insieme con i principi d’Israele per celebrare con gioia l’unica regalità del Signore (47). La presenza di Dio nella città santa è fonte di gioia e di sicurezza per tutti (48). L’ultimo salmo (49) è una meditazione sapienziale in cui si invita a leggere i fatti dell’esistenza con la fede. Non ha legami diretti con i precedenti ma richiama quello iniziale (42-43): l’anima abbandonata è riscattata da Dio (50,16).

La conversione (50-51)

La breve raccolta presenta due salmi che hanno per oggetto la conversione.

La convivenza impossibile (52-60)

I primi quattro salmi (52-55, sottotitolati maskil) presentano l’implorazione di un individuo, oggetto di violenza gratuita, che rappresenta tutta la nazione. L’argomento è riassunto nel versetto: Stranieri contro di me sono insorti e prepotenti insidiano la mia vita; non pongono Dio davanti ai loro occhi. Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita. Ricada il male sui miei nemici, nella tua fedeltà annientali (5-7). Compare, nella richiesta di protezione, la preghiera contro i nemici, ormai irrecuperabili e insopportabili.
Il secondo gruppo di cinque salmi (56-60, sottotitolati miktam) suggeriscono la preghiera di chi vive in una situazione impossibile. In mezzo ai leoni devo coricarmi (57,5). Sarebbe opportuno fuggire: Dentro di me si stringe il mio cuore, piombano su di me terrori di morte. Mi invadono timore e tremore e mi ricopre lo sgomento. Dico: «Chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo? Ecco, errando, fuggirei lontano, abiterei nel deserto» (5-8). L’orante innocente ha sperimentato il tradimento da parte d’un amico (56,13-15). Si fanno più insistenti le richieste di giustizia ma soprattutto i sentimenti di abbandono e confidenza in Dio: Affida al Signore il tuo peso, ed egli ti sosterrà (55,23); Nell’ora della paura, io in te confido (56,4); I passi del mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro (56,9);Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te si rifugia l’anima mia; all’ombra delle tue ali mi rifugio finché l’insidia sia passata (57,2).

Speranza (61-64)

Troviamo quattro salmi in cui emerge soprattutto un sentimento di speranza. L’orante manifesta un sentimento profondi di comunione con Dio: Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza. Confida in lui o popolo in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore (62, 6.9); A te si stringe l’anima mia e la forza della tua destra mi sostiene (63,9); Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza: si glorieranno tutti i retti di cuore (64,11). Contro il complotto dei malvagi, non si deve contare sulla violenza, sulla ricchezza o la rapina. Dio giudicherà ognuno secondo le sue opere.

La lode (65-68)

I quattro salmi presentano occasioni diverse di lode e ringraziamento a Dio.

In attesa di redenzione (69-72)

Ho già presentato la raccolta. Il salmista espone un bisogno urgente di salvezza (68-70) e a questa richiesta risponde il salmo 71 che celebra la sovranità del Re –Messia.

Libro terzo

Appello a Dio giudice (73-83)

La situazione della comunità credente è assai dolorosa: il tempio è stato incendiato (74,7) e Gerusalemme ridotta in macerie (79,1); la vigna, immagine della nazione, è come un podere rimasto priva di cinta di riparo ed esposto ad ogni abuso (80,13-14). Il fedele, preso dall’angoscia, non comprende il senso degli avvenimenti ed invidia i prepotenti (73,2-3) oppure dubita che Dio continui ad amare Israele. Non avrà deciso di rompere l’alleanza stabilita? (77, 8-11).
Altri salmisti, invece di reclamare con Dio, contestano il popolo. Israele ha una lunga storia di ribellione, di disobbedienza e di sfiducia in Dio, mentre il Signore ha usato nei suoi confronti una pazienza tenace (77). Se il popolo accogliesse la parola di Dio, Egli potrebbe donarsi senza alcuna riserva, poiché sarebbe sua intenzione nutrirli con fiore di frumento e saziarli con miele dalla roccia (81,17).
Nella raccolta i salmisti innalzano suppliche ardenti al Signore perché venga in soccorso. Evidentemente non pensano che tutto sia finito. Essi si considerano dei poveri oppressi che fanno appello al giudice (74,20-21; 82,2-3). Il mondo non è in mano dei violenti ma Dio è il giudice (75,8), ed è l’unico che può togliere il respiro ai potenti (76,13).

La caduta del regno di Davide (84-89)

In questa sezione, il salmo più significativo è l’ultimo (89). È una accorata lamentazione sulla caduta della dinastia di Davide. Tutta la nazione si sente perduta, coinvolta nella triste sorte del re. S’insinuano anche dubbi di fede: se Dio è fedele (la qualità della fedeltà è fortemente risaltata), come mai non sostiene più la casa di Davide a cui era stata promessa una durata eterna? La tristezza che pervade il salmo è come anticipata in quello precedente (88) dove una persona espone a Dio la sua sofferenza acuta e prolungata. È il salmo più pervaso di tristezza ma anche da enorme fiducia: Io sono sazio di sventure, la mia vita è sull’orlo degli inferi. Ma io, Signore, a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera. Perché, Signore, mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto? (88,3.14-15).
Il credente può affrontare questi fatti dolorosi perché prima ha avuto un’esperienza di Dio molto felice. In un periodo di crisi, in un viaggio al tempio (soltanto immaginato?) il salmista aveva supplicato per re (84,10). Alla richiesta insistente affinché Dio ristabilisca tempi felici (paradisiaci) (85) e liberi dall’avversione di uomini ostili (alla fede), il Signore aveva risposto con una promessa di grande respiro: tutti i popoli sarebbero confluiti a Gerusalemme e si sarebbero gloriati di appartenere a quella città. Per ora questa speranza è contraddetta. Cala la tenebra. Quali possibilità si aprono per il credente? La risposta viene nelle raccolte successive del libro quarto: Dio resta sempre il custode provvidente di tutto il popolo; Egli ora funge da re ed è il vero Sovrano. Sarà possibile un giorno ricostruire la nazione.

Libro quarto

Dio provvidente (90-94)

Il quarto libro (90-106) affronta la crisi della monarchia e l’esperienza dolorosa dell’esilio. I primi cinque salmi (90-94) ripropongono la fede in Dio nell’amarezza della catastrofe nazionale: Beato l’uomo che tu castighi, Signore, e a cui insegni la tua legge, per dargli riposo nei giorni di sventura; poiché il Signore non respinge il suo popolo e non abbandona la sua eredità, il giudizio ritornerà a essere giusto e lo seguiranno tutti i retti di cuore (94,12-15). Israele ricorre a Mosé (posto nel sottotitolo come autore del salmo 90), il grande intercessore dopo la rottura dell’alleanza in seguito alla costruzione del vitello d’oro: anche adesso il popolo si sente colpevole ma spera nella misericordia di Dio (91,14-15). Intanto il credente deve acquisire la forza di un bufalo, consolidandosi nella speranza (92,11). L’opera di Dio è potente e può dominare il fragore dei flutti del mare, ossia qualsiasi tempesta della storia (93,4).

La regalità divina (95-100)

La monarchia non ha più alcuna funzione. In questa circostanza, Israele sperimenta che il vero sovrano è Dio.

Il rinnovamento della nazione (101-106)

Ormai è possibile il rimpatrio. La nazione e la città di Gerusalemme stanno per essere ricostruite (102). Il nuovo inizio si fonda sulla disponibilità del popolo a restare fedele a Dio (100) ma soprattutto sulla fedeltà misericordiosa del Signore (103 e 106). Il rinnovamento sarà come una nuova creazione (104) e un nuovo esodo (105).

Libro quinto

La comunità degli uomini retti (107-112)

I sei salmi interessano la comunità di fede nel suo cammino ordinario che si basa sulla convinzione di essere guidata e soccorsa da Dio nelle situazioni più disparate (107,13). Essa sa che può continuare ad abitare nella terra donata da Dio ma sempre a rischio d’essere occupata da altri; la promessa di Dio si rinnova al presente. Il salmo 109 è una supplica dai toni accesi ed accorati contro ogni possibile oppressore. La comunità sarà soccorsa dal futuro Messia che trionferà in modo definitivo su tutto ciò che la minaccia (110). Nella speranza del tempo messianico, i fedeli perseverano nella lode e nella meditazione dei prodigi divini (111), mentre cercano di vivere nella rettitudine e nella solidarietà (112), secondo il volere divino.

La celebrazione della Pasqua (113-118)

Sono i sei salmi dell’Hallel egiziano, chiamati così perché celebrano l’uscita dall’Egitto, inaugurata dalla Pasqua dell’Agnello. Compare la predilezione di Dio per i miseri e le pietre scartate. Forte è il senso del ringraziamento e della lode al Dio soccorritore.

La celebrazione della Legge (119)

Il salmo suggerisce i sentimenti più adeguati nei confronti del dono della Legge.

Canti per le salite (120-135)

La raccolta raccoglie i salmi che erano cantati nel pellegrinaggio al santuario.
La raccolta dei salmi di pellegrinaggio può essere suddivisa in tre parti; la prima comprende i salmi 120-124.
Si può pensare ad un tragitto ideale concepito in questo modo: il salmista, che abita fra gente malvagia, esprime la sua profonda amarezza per essere costretto a questa convivenza e chiede di poter uscire dalla sua situazione (120). Allora rivolge lo sguardo e il desiderio al monte del tempio e muove i passi verso di là, scortato dal Signore stesso (121). Giunto alla meta sperata, esprime la gioia di trovarsi di fronte alla città tanto cara e ne descrive la bellezza (122). Nel canto successivo condensa la richiesta che ha motivato il pellegrinaggio: ottenere soccorso nella vita impossibile che sta conducendo (123). Persuaso che la sua preghiera venga esaudita, innalza un ringraziamento per il soccorso ottenuto: «Se il Signore non fosse stato con noi…» (124).
La breve raccolta traccia un percorso di vita che possiamo fare con il nostro cuore più che con i nostri passi. Incontrando il Signore, siamo aiutati ad affrontare una vita penosa e rapporti umani difficili. La Chiesa prega con questi salmi per saper affrontare le difficoltà senza lasciarci schiacciare da esse: Troppo tempo ho abitato con chi detesta la pace. «Talvolta l'eccesso stesso delle nostre tribolazioni fa sì che noi siamo esauditi» (G. Cassiano).

La seconda raccolta, composta d’altri cinque salmi, ci suggerisce di consolidare la nostra relazione con il Signore nelle vicende della nostra esistenza, durante la quale sperimentiamo la presenza della grazia nel persistere delle difficoltà (125-129).
Il salmista riafferma l'identità della comunità credente che deve essere una cosa sola con il monte di Sion: chi confida nel Signore è come il monte Sion. L'attuale situazione di prevaricazione degli oppressori non potrà durare, ma i fedeli che tradiscono meritano di ottenere la sorte negativa degli empi (125). La situazione può cambiare all'improvviso, com’è accaduto nell'imprevista liberazione dall'esilio. Se al momento i fedeli seminano pervasi da tristezza, certamente un giorno potranno raccogliere nella gioia (126). Sarebbe inutile progettare ed affaticarsi molto senza tener conto dell'aiuto e del progetto del Signore su noi (127). La sua grazia accompagna con discrezione la nostra vita, donando ad esempio, la serenità di una famiglia prospera ed unita (128). Un giorno la comunità dei fedeli vedrà ripetersi quanto ha sperimentato fino al presente: nonostante le continue persecuzioni, Israele non è distrutto e il disegno degli iniqui, invece, fallisce (129).
La raccolta, quindi, propone un altro tipo di pellegrinaggio ideale che possiamo percorrere in altre circostanze della nostra esistenza. È importante soprattutto conservare la fiducia in Dio. Il credente che conserva la fiducia è come un monte solido. «Il non allontanarsi dal Signore, ma rimanere stabile nell'amore di lui e del prossimo fra gli scandali e le vicissitudini del mondo è cosa così sublime che coloro che rimangono saldi in questa fermezza, ottengono di essere l'immagine del monte Sion. Essi infatti con la fede e la speranza abitano nella Gerusalemme celeste ed eterna» (Prospero d'Aquitania).

Il terzo gruppo di salmi alimenta la speranza che Dio porterà a compimento la sua promessa di redenzione definitiva (130-134)
Il salmista, parlando a nome di tutto il popolo, conta sul perdono di Dio e sul suo intervento di grazia (130): Dal profondo a te grido (1); … redimerà Israele da tutte le sue colpe (8). «Grida dal profondo, cioè dall'intimo del cuore. Grida non con la voce ma con il cuore, non con lo strepito ma con la fede che Dio sa volentieri ascoltare. Pietro, gridando dal profondo, ottenne dal Signore di camminare sano e salvo sulle onde del mare» (Zeno di Verona). «Cristo ha dato la speranza anche a chi giace nell'ultima profondità. Il peccatore, oppresso da qualsiasi peso, ha nel linguaggio di questo salmo il modello di preghiera da seguire per non disperare della sua liberazione» (Prospero d'Aquitania).
La comunità, consapevole della sua povertà, non ha pretese smodate: non vuole fare altro che abbandonarsi al Signore, attendendo tutto da Lui (131; resto quieto e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, v.2). Si reca in pellegrinaggio a Gerusalemme, perché là il Signore ha deciso di abitare, divenendo una sorgente di benedizione. Questo è il mio riposo… Dio adempirà la sua promessa: quella di dare perennità al trono di Davide, facendo sorgere dalla sua progenie un Salvatore (132). Per quanto riguarda l’attesa d’Israele, del salmo 132, essa ora è diventata adempimento. «L'apostolo dice che Cristo abita per la fede nei nostri cuori. Né fa meraviglia se il Signore Gesù abita volentieri in questo cielo che non solo creò con una sola parola, ma si acquistò combattendo e redense con la sua morte. Dopo tanta fatica dice, esprimendo il suo vivo desiderio:Questo è il mio riposo per sempre, qui abiterò perché l'ho desiderato» (Bernardo). «Appare con quanto ineffabile amore Dio ami la sua Chiesa, dal momento che la dice suo riposo» (Prospero d'Aquitania).
Torniamo alla raccolta. Già, al presente, Dio ricolma di gioia e di grazia l'assemblea dei pellegrini, radunati insieme in un'unica famiglia di credenti (133; come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme v.1). I sacerdoti invitano alcuni di essi a benedire il Signore lungo l'intero corso della notte, a nome di tutti, e da questa lode incessante, scenderà una copiosa benedizione per tutto il popolo (134; benedite il Signore… durante la notte, v.1).

La grande lode (135-136)

Sono i salmi del grande hallel o lode solenne: Dio viene celebrato come Creatore e Signore della storia. Si ricordano le grandi meraviglie operate da lui.

I ricordi dell’esilio (137)

Il salmo è isolato. Il canto è stato composto nel periodo dopo l’esilio. Il salmista ricorda la nostalgia degli esuli e il loro proposito di restare fedeli a Gerusalemme.

La lotta del Messia (138-145)

Il nucleo della composizione si trova nei quattro salmi di lotta (140-143). Un re sostiene un combattimento gravoso ma, una volta che avrà vinto, potrà cambiare radicalmente la condizione del suo popolo, che potrà godere dei beni messianici, tanto attesi (144). I salmi di lotta sono preceduti e seguiti da due salmi di fiducia (139 e 144) e da due salmi di ringraziamento (138 e 145).

La lode conclusiva (146-150)

La lode conclusiva, già intonata dal salmo 145, echeggia in altri sei salmi. Predomina il ringraziamento per la cura provvidenziale di Dio nella vita quotidiana. L’ultimo salmo chiede che ogni essere diventi uno strumento di lode della gloria di Dio.

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