mercoledì 30 marzo 2011

Il DIO CHE ACCOMPAGNA esodo 3


La seconda parte, ben più breve della prima, si riveste di un duplice interesse narrativo. «Se da una parte essa funge da "vettore" per trasportare Israele dai confini dell'Egitto alle pendici del Sinai, dall'altra, attraverso le varie tappe di quest’itinerario, mostra gli interventi di questo sovrano a favore del suo popolo. Le esigenze primarie d’Israele nel deserto, quali la sete (cfr. 15,22-27 e 17,1-7) e la fame (cfr. 16,1-36), o quelle belliche, per rincalzare dei nemici (cfr. 17,8-16), sono costantemente soddisfatte da Yhwh. Fin dai primi passi nel cammino di libertà, dunque, al di là delle ribellioni e delle rimostranze del suo popolo (cfr. 15,24; 16,2-3; 17,2-3), Yhwh si rivelerà sovrano fedele, presente e potente» 1


Il percorso verso la terra

Nel percorrere la strada verso la terra, emerge una caratteristica del popolo evidenziata dal libro dell’Esodo: l’incapacità di rispondere a Dio con fedeltà e, al contrario, la stabilità della fedeltà divina. «Il popolo talvolta riconosce la propria debolezza e la necessità dell'aiuto divino; più spesso, però, la risposta a Dio e alle difficoltà della vita presente è inadeguata. Di conseguenza, secondo la tradizione yahwista, l'iniziativa dell'azione appartiene fondamentalmente a Dio; Mosè è un testimone o un messaggero, piuttosto che il protagonista degli eventi, e il ruolo affidato al popolo è espresso dal versetto "siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi" (Es 14,13). La tendenza dell'uomo al fallimento o alla risposta inadeguata si manifesta nell'incredulità, nelle mormorazioni e anche nella ribellione aperta nei confronti del Signore e dei mediatori che egli si è scelto» 2.


Le tappe della Pasqua cristiana

«Fu stabilito che tu uscissi dall’Egitto, fornace di ferro, che tu uscissi da quella condotta di vita? […] Se farai così, e così uscirai dall'Egitto, notte e giorno una colonna di fuoco e una nube ti indicheranno la strada, il deserto sarà più confortevole; il mare si dividerà per te; il Faraone sarà sommerso; Amalec sarà battuto, non solo dalle armi, ma anche dalle mani bellicose dei giusti, che rappresentano la preghiera e, allo stesso tempo, il trofeo invincibile della croce. Per non dilungarmi ulteriormente, ti saranno concesse da Dio tutte le altre cose che oltre a queste e con queste si narrano. Questa è la festa che tu celebri oggi. Queste cose la Legge ha adombrato, queste Cristo ha compiuto. Parteciperemo alla Pasqua, adesso ancora in modo allegorico, anche se, comunque, più aperto rispetto al rito antico; successivamente in modo più perfetto e più puro, quando il Logos berrà con noi quel nuovo frutto nel regno del Padre, svelando e insegnando le cose che finora ha solo in parte indicato» 3.


Le acque di Mara

Cap. 15. 22 Mosè fece levare l’accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. 23 Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara. 24 Allora il popolo mormorò contro Mosè: “Che berremo? ”. 25 Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. 26 Disse: “Se tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce! ”. 27 Poi arrivarono a Elim, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l’acqua.

Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. «Una grande quantità di grazia è sempre unita a una quantità proporzionata di prove. Non spaventarti, allora, se dopo aver vinto incontri l'amarezza: i fedeli che celebrano la vera Pasqua mangiano gli azzimi con erbe amare. I medici, pure, usano un antidoto per rendere innocui gli umori nocivi; il nome l'hanno coniato per la sua amarezza, ma poi la medicina diventa dolce, perché rida la salute. Succede il contrario per la voluttà e la lussuria: finiscono col provocare amarezza» 4.

Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. Il legno è lo spirito evangelico che dobbiamo immettere nella nostra esistenza affinché essa, da amara, diventi dolce: «Sei stato posseduto dalla gelosia e dall'invidia. Getta via ogni malvagità per seguire le tracce salvifiche che portano alla strada della vita eterna. Vomita il veleno dell'odiosità, caccia fuori il fiele della discordia, si purifichi la mente che l'invidia aveva infettato. Sia mitigata dalla dolcezza del Cristo ogni amarezza che aveva preso posto all'interno del tuo cuore. Prendi cibo e bevanda dal sacramento della croce, prendi il legno che simbolicamente presso Mara giovò per ottenere la dolcezza del sapore. Curati partendo dal punto in cui eri stato ferito. Ama quelli che prima odiavi, prova affetto per quelli che invidiavi» 5.


La manna e le quaglie


Mormorazione e promessa

16. 1 Levarono l’accampamento da Elim e tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin, che si trova tra Elim e il Sinai, il quindici del secondo mese dopo la loro uscita dal paese d’Egitto.
2 Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. 3 Gli Israeliti dissero loro: “Fossimo morti per mano del Signore nel paese d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”.
4 Allora il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no. 5 Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che raccoglieranno ogni altro giorno”.
6 Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: “Questa sera saprete che il Signore vi ha fatti uscire dal paese d’Egitto; 7 domani mattina vedrete la Gloria del Signore; poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa siamo, perché mormoriate contro di noi?”. 8 Mosè disse: “Quando il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà, sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni, con le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma contro il Signore”.

La manna è un alimento per conservare in vita e un’occasione per provare la fede degli uomini. Molti si faranno vincere dalla sfiducia oppure, per bramosia, la raccoglieranno in un momento vietato. La manna sarà conservata perché l’uomo ricordi che egli non vive in autonomia ma che ha sempre bisogno della parola che esce dalla bocca di Dio, ossia della sua azione amorevole.

La comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè. Mormorare è un lamentarsi della propria situazione difficile considerando Dio indifferente o ostile a noi (cf. 1 Cor 10,10; Fil 2,14). «Colui che avrà sopportato sino alla fine, questi sarà salvato. Se abbandoniamo tutto a Dio, il quale sa molto più di noi che cosa ci giova spiritualmente e materialmente, non siamo increduli [verso le promesse], ma con pazienza aspettiamo da parte di Dio l'uscita buona e utile all'anima. Ricordiamoci del profeta che dice: I tuoi giudizi sono un grande abisso. Gli israeliti, pur sapendo che dovevano entrare in una terra stillante latte e miele, tentarono molte volte Dio con la loro incredulità» 6.

Gli Israeliti dissero: “Fossimo morti per mano del Signore nel paese d’Egitto”. Gli uomini «dediti agli impegni di questo mondo e abituati a faticare per gli affari temporali, corrono a sottoporsi alle fatiche terrene anche quando potrebbero attendere a se stessi [e stare tranquilli]. [Questo stile di vita così oneroso] è il giogo che il Signore voleva scuotere dal collo dei discepoli, quando diceva: State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano. E ancora: Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Molti però preferiscono gli aspri sentieri dell'orgoglio a quelli dolci dell'umiltà e della mitezza, e considerano una delizia dimorare tra le spine. Quando sono intenzionati a dare la scalata al potere, sono disposti a sopportare dure fatiche come se fossero lievi e piacevoli. Ne è un chiaro esempio il popolo d'Israele, che, mentre riceveva dall'alto il cibo della manna, rimpiangeva la pentola di carne dell'Egitto» 7.

Il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà. «Tutte le creature sono ostili al peccatore. Il giusto, invece, anche se entra nel deserto spaventoso, viene servito del cibo dal cielo. Non meravigliarti, o cristiano, quando ti vengono raccontati questi avvenimenti; a te la parola divina promette cose molto più grandi ed elevate» 8. «Ti pare sì o no che Dio si prenda cura degli uomini quando vedi che si fa in quattro per essi, quando li favorisce di simili doni arrivando a far di un pover'uomo il proprio interlocutore, ad ammetterlo per così dire nella cerchia divina dei propri amici e a fargli mangiare un cibo del cielo? Poteva manifestargli un interessamento più caldo e offrirgli un amore più grande, nell'esercizio del suo governo, di quanto ha fatto, rendendolo già partecipe fin da questa vita di un assaggio della beatitudine futura? Forse qualcuno obietta: Sì, Dio tempo addietro s'era preso cura così degli uomini, ma oggigiorno ha chiuso! […] Ebbene, [gli ebrei] non si comportavano diversamente da quanto facciamo noi adesso: provavano disgusto per ciò che avevano sotto gli occhi e smaniavano per le cose che non avevano. E noi? È un vizio radicato nella nostra testa desiderare sempre, con maggior intensità, ciò che ci manca. È vero quel proverbio: A noi piacciono i beni altrui, agli altri piacciono di più i nostri. Senza contare quel dato caratteristico degli uomini in generale che è l'ingratitudine costante verso Dio, un male radicato e quasi innato che accomuna tutti: svalutare i doni di Dio per non riconoscersene debitori» 9.


La scoperta del pane dal cielo

9 Mosè disse ad Aronne: “Dà questo comando a tutta la comunità degli Israeliti: Avvicinatevi alla presenza del Signore, perché egli ha inteso le vostre mormorazioni! ”. 10 Ora mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il deserto: ed ecco la Gloria del Signore apparve nella nube. 11 Il Signore disse a Mosè: 12 “Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio”. 13 Ora alla sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino vi era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. 14 Poi lo strato di rugiada svanì ed ecco sulla superficie del deserto vi era una cosa minuta e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. 15 Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: “ Man hu: che cos’è? ”, perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: “è il pane che il Signore vi ha dato in cibo.

«Sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli, dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli; esso si adattava al gusto di chi l’inghiottiva e si trasformava in ciò che ognuno desiderava (Sap 16,20-21)».

«La creazione obbedendo a te, suo creatore, s’irrigidisce per punire gli ingiusti, ma s’addolcisce a favore di quanti confidano in te. Per questo anche allora, adattandosi a tutto, serviva alla tua liberalità che tutti alimenta, secondo il desiderio di chi era nel bisogno, perché i tuoi figli, che ami, o Signore, capissero che non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo, ma la tua parola conserva coloro che credono in te» (Sap 16,24-26).

La manna è una anticipazione del vero pane del cielo, il Cristo (Gv 6,32) e del cibo celeste del tempo finale che Dio darà ai vincitori (Ap 2,17).

Vi era uno strato di rugiada... «Dio non diede ai figli d'Israele il cibo celeste, cioè la manna, finché non venne a mancare loro la farina che avevano portato dall'Egitto. Questo ci fa capire che l'anima deve prima rinunciare a tutti i beni creati se vuole attingere l'unione divina. Il cibo degli angeli non è adatto al palato di chi vuoi gustare quello degli uomini. Chi cerca altri gusti estranei e se ne pasce, non soltanto non è in grado di assaporare lo spirito di Dio, ma lo rattrista molto, poiché pretende l'alimento spirituale senza accontentarsi di Dio solo, ma vuole, al tempo stesso, mescolarvi la cupidigia e l'affezione per altre cose» 10.

Vi era una cosa minuta e granulosa. «Anche oggi il Signore fa piovere manna dal cielo: sono celesti questi annunci che ci sono stati letti e sono discese da Dio le parole che ci sono state proclamate» 11. «Se desideri accogliere la parola di Dio, sappi che essa è minuta e sottilissima. Ha in sé qualcosa del legume, con cui può nutrire e rianimare gli infermi. Contiene candore e dolcezza. Che cos’è più splendido dell’insegnamento divino? Che cos’è più dolce e più soave delle parole del Signore che superano il miele e il favo?» 12.

Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: “ Man hu: che cos’è? ”. «L’intelletto guidato dalla grazia verso la contemplazione davvero mangia continuamente la manna spirituale. È sbigottito e dice: Che è questo? Ciò che allieta quand’è contemplato e impingua quand’è mangiato, eccede la facoltà d’intendere in sé, in quanto è divino» 13. «Il dolce cibo che è ricevuto dal cielo si chiama manhu. Noi diciamo ciò quando siamo stupiti di fronte a una cosa sconosciuta. L'animo percepisce la manna celeste quando, elevato mediante la voce della compunzione, rimane stupito di fronte a un nuovo aspetto del ristoro interiore. Ripieno di divina dolcezza, con ragione si chiede: Che è questo? Quando questa voce rompe la sordità del nostro torpore, a un tratto cambia il ritmo della vecchia vita, e così l'animo guidato dallo Spirito santo desidera le cose del cielo che disprezzava e disprezza quelle della terra che desiderava» 14.


La misura della raccolta

16 Ecco che cosa comanda il Signore: Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”. 17 Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto chi poco. 18 Si misurò con l’ omer: colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva preso di meno non ne mancava: avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne. 19 Poi Mosè disse loro: “Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino”. 20 Essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. Mosè si irritò contro di loro. 21 Essi dunque ne raccoglievano ogni mattina secondo quanto ciascuno mangiava; quando il sole cominciava a scaldare, si scioglieva.

«Non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo, ma la tua parola conserva coloro che credono in te. Ciò che infatti non era stato distrutto dal fuoco si scioglieva appena scaldato da un breve raggio di sole, perché fosse noto che si deve prevenire il sole per renderti grazie e pregarti allo spuntar della luce, poiché la speranza dell’ingrato si scioglierà come brina invernale e si disperderà come un’acqua inutilizzabile (Sap 16,26-29)».

Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa. Con l’aiuto di Dio, dobbiamo provvedere a noi stessi senza cadere nell’avidità dei beni e della ricchezza: «Il seme che getta il padrone di casa è grano che serve a fare il pane. Il lusso è la zizzania che il nemico ha seminato in mezzo al grano. La tua natura esige poco; se ti limiti al necessario, la preoccupazione è modesta e leggera. Gli uomini che rifiutano di vivere secondo natura, sono soffocati da preoccupazioni inutili. Se il nostro comportamento ha aperto in noi un’incrinatura, il serpente riesce a trovare una strada fino a noi e dal necessario ti porterà all’ingordigia. L’uomo che trae il cibo dalla sua rapacità non riceve il pane da Dio. Se la tua abbondanza non è frutto di lacrime, se nessuno è stato ridotto alla fame per saziarti, se nessuno geme perché tu sia felice, allora mangi veramente il pane di Dio» 15.

Non obbedirono a Mosè e alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. «Quanti provvedono alle esigenze della vita, non debbono superare i limiti del bisogno. Tutto ciò che la brama di possedere procura più del necessario, nel giorno successivo, nella vita futura, diventerà vermi per chi l’ha conservato» 16. «Se qualcuno pecca dopo aver accolto la parola di Dio, proprio quella parola diventa per lui un verme che sempre scava la sua coscienza e rode i segreti del cuore. Questi sono i vermi generati dall’avarizia a danno di quei ricchi che, vedendo i fratelli nella necessità, chiudono le proprie viscere» 17. «La nostra manna è il Verbo di Dio e per gli uni la parola di Dio diviene salvezza, per gli altri ritorna a castigo. Quanto sarebbe stato meglio per alcuni non ascoltare affatto la parola di Dio, piuttosto che ascoltarla con malizia» 18.

Colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva preso di meno non ne mancava. «Nel corpo dell’uomo, le membra hanno bisogno le une delle altre, e si soccorrono a vicenda. Così avviene anche nel corpo di Cristo, dove tutti sono necessari gli uni agli altri, e siccome nessuno è superfluo, e nessuno basta a se stesso, chi ha di più non ha troppo, e chi ha meno non manca di niente, ma tutti si comunicano gli uni agli altri nella carità» 19. «Gli uomini che hanno in eredità la sapienza divina, ossia la parola di Dio, abitano insieme con quelli terreni affinché dal loro vivere insieme, questi ultimi partecipino grazie a quelli alla sapienza di Dio. Così la divina economia si estense anche ai più piccoli in modo che anche loro meritino di essere illuminati grazie a questa condivisione» 20.

L’omer di Dio. «Chi più ama più è amato, perché Dio ama di più quelli che amano di più. Egli per primo ama noi rendendoci capaci di amare. Come distribuisce a ciascuno secondo la misura della fede, lo stesso fa con la misura dell’amore, della sapienza, della virtù, avendo con sé l’omer che utilizza per misurare quanto distribuisce» 21.


La raccolta in giorno di sabato

22 Nel sesto giorno essi raccolsero il doppio di quel pane, due omer a testa. Allora tutti i principi della comunità vennero ad informare Mosè. 23 E disse loro: “è appunto ciò che ha detto il Signore: Domani è sabato, riposo assoluto consacrato al Signore. Ciò che avete da cuocere, cuocetelo; ciò che avete da bollire, bollitelo; quanto avanza, tenetelo in serbo fino a domani mattina”. 24 Essi lo misero in serbo fino al mattino, come aveva ordinato Mosè, e non imputridì, né vi si trovarono vermi.
25 Disse Mosè: “Mangiatelo oggi, perché è sabato in onore del Signore: oggi non lo troverete nella campagna. 26 Sei giorni lo raccoglierete, ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà”.
27 Nel settimo giorno alcuni del popolo uscirono per raccoglierne, ma non ne trovarono. 28 Disse allora il Signore a Mosè: “Fino a quando rifiuterete di osservare i miei ordini e le mie leggi? 29 Vedete che il Signore vi ha dato il sabato! Per questo egli vi dà al sesto giorno il pane per due giorni. Restate ciascuno al proprio posto! Nel settimo giorno nessuno esca dal luogo dove si trova”. 30 Il popolo dunque riposò nel settimo giorno. 31 La casa d’Israele la chiamò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianca; aveva il sapore di una focaccia con miele.

Quanto avanza, tenetelo in serbo fino a domani mattina… e non imputridì. «In questo giorno, cioè in questa vita, dobbiamo riporre tanto quanto basti anche per il giorno che viene. Se ti procurerai qualcosa di bene, qualcosa di giustizia, misericordia e pietà, questo ti sarà di cibo nel secolo futuro» 22.

Nel settimo giorno alcuni del popolo uscirono per raccoglierne, ma non ne trovarono. Il nostro uscire, ossia il nostro divagare inquieto, segnala la nostra povertà interiore, la mancanza di stabilità in noi stessi e in Dio: «Privo della visione interiore – che è Dio – esci volentieri, anzi non puoi neppure rimanere in te, come se ti trovassi nelle tenebre. Vuoto, ti dedichi ad ammirare le cose esteriori o i pensieri degli uomini. Non incolpare le cose sensibili di trattenerti fuori di te stesso o di turbarti, ma accusa la tua cecità e il vuoto – che è in te – del Bene Supremo» 23.


Il ricordo e la continuità del dono

32 Mosè disse: “Questo ha ordinato il Signore: Riempitene un omer e conservatelo per i vostri discendenti, perché vedano il pane che vi ho dato da mangiare nel deserto, quando vi ho fatti uscire dal paese d’Egitto”. 33 Mosè disse quindi ad Aronne: “Prendi un’urna e mettici un omer completo di manna; deponila davanti al Signore e conservala per i vostri discendenti”. 34 Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè, Aronne la depose per conservarla davanti alla Testimonianza. 35 Gli Israeliti mangiarono la manna per quarant’anni, fino al loro arrivo in una terra abitata, mangiarono cioè la manna finché furono arrivati ai confini del paese di Canaan. 36 L’omer è la decima parte di un efa.

Gli Israeliti mangiarono la manna per quarant’anni. I quarant’anni sono una cifra simbolica per parlare di una lunga durata che coinvolge anche noi: «Ora affrettiamoci ad accogliere la manna celeste: essa prende nella bocca di ciascuno il sapore che ognuno desidera. Ascolta il Signore che dice a quelli che accedono a lui: Ti sia fatta secondo la tua fede. Se accoglierai con ogni fede e devozione il Verbo di Dio che è annunciato nella Chiesa, Egli diventerà tutto ciò che desideri. Nella tribolazione, ti consola dicendo: Dio non disprezza un cuore contrito e umiliato. Se ti allieti per la speranza futura, porta al colmo la tua gioia dicendo: esultate o giusti; se sei iracondo, ti calma dicendo: Cessa dall'ira e abbandona lo sdegno. Nel dolore ti risana dicendo: Il Signore risana tutte le tue malattie; nella povertà ti consola: Il Signore solleva dalla terra il misero e innalza il povero dal letame. La manna della parola di Dio prende nella tua bocca qualsiasi sapore tu voglia» 24.

«Alcuni cercano di curare l'ardore delle proprie passioni con la rugiada celeste della grazia. Per altri, poi, questa tale rugiada è unita a un maggior soccorso divino e si trasforma in manna. Vi sono altri ancora i quali, lungo il cammino, diventano loro stessi manna. Di essi il vangelo dice: Ciò che è nato dallo Spirito è spirito. Questi uomini sono divenuti assolutamente semplici e trasformati in Cristo Gesù Signore nostro» 25.


L’acqua dalla roccia

17. 1 Tutta la comunità degli Israeliti levò l’accampamento dal deserto di Sin, secondo l’ordine che il Signore dava di tappa in tappa, e si accampò a Refidim. Ma non c’era acqua da bere per il popolo. 2 Il popolo protestò contro Mosè: “Dateci acqua da bere! ”. Mosè disse loro: “Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore? ”. 3 In quel luogo dunque il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: “Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame? ”. 4 Allora Mosè invocò l’aiuto del Signore, dicendo: “Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno! ”. 5 Il Signore disse a Mosè: “Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e và! 6 Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà”. Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d’Israele. 7 Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no? ”.

Sperimentando la privazione di beni essenziali, Israele contesta Mosè e mette alla prova Dio e vuole obbligarlo ad agire nell’immediato. Il popolo pretende una manifestazione vistosa del potere divino e alimenta il dubbio: davvero il Signore è il Dio con noi?

In quel luogo dunque il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua. Il monaco san Teodoro Studita, perseguitato dall’imperatore a motivo della sua difesa delle immagini sacre, rileva come la sua comunità monastica sia stata soccorsa dall’intervento provvidenziale di Dio. Essi stanno verificando lo stesso fatto già sperimentato da Israele: «La nostra condizione mi sembra un po' simile a quella d’Israele nel deserto. Oggi sono quattro anni che non seminiamo né mietiamo, eppure Dio non ha mai smesso di procurarci il nutrimento del corpo, non già facendo piovere la manna dal cielo (cf. Es 16,1-36), ma aprendoci i granai dei ricchi, non già facendo sgorgare l'acqua dalla roccia (cf. Es 17,5-6; Nm 20,7-11), ma riversando su di noi le riserve di cantina delle persone pie; e poi tutte le altre cose che non è facile enumerare» 26.

Tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà. I beni materiali ricevuti dall’antico popolo furono un’anticipazione dei doni spirituali che i battezzati ricevono nella Chiesa: «Noi, passando attraverso gli affanni della vita presente come in un deserto arido, aspettiamo l'ingresso nella patria celeste. In questo deserto corriamo il pericolo di venir meno a causa della fame e della sete dello spirito, se i doni del nostro Redentore non ci rinforzano, se i sacramenti della sua incarnazione non ci rinnovano. Egli infatti è la manna che ci ristora con il cibo celeste, perché non veniamo meno durante il cammino di questo mondo; egli è la pietra che c’inebria con i doni dello Spirito, che trafitta dal legno della croce ha fatto scorrere dal suo fianco per noi l'acqua della vita» 27.

La mensa/altare di ogni assemblea liturgica rinnova il prodigio del profeta: «Allora Mosè colpì la pietra e fece uscire fiumi di acqua, ora Cristo tocca la tavola, colpisce la mensa e fa scaturire le fonti dello spirito. La tavola è posta al centro come una fonte, affinché da ogni parte i fedeli, come un gregge, affluiscano a essa e attingano alle acque salvatrici. Qui c'è una tale fonte, una tale vita; la tavola è piena d’infiniti beni e da ogni parte trabocca per noi di doni spirituali: accostiamoci allora con cuore sincero» 28.


La vittoria contro Amalek

8 Allora Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim. 9 Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio”. 10 Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle. 11 Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. 12 Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13 Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada. 14 Allora il Signore disse a Mosè: “Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalek sotto il cielo! ”. 15 Allora Mosè costruì un altare, lo chiamò “Il Signore è il mio vessillo” 16 e disse: “Una mano s’è levata sul trono del Signore: vi sarà guerra del Signore contro Amalek di generazione in generazione! ”.

Un pericolo costante per il popolo, durante la marcia, venne dal conflitto con tribù nomadi del deserto per assicurarsi l’utilizzo dei pozzi d’acqua. Amalek divenne il nemico tradizionale d’Israele. Mentre il popolo combatte, Mosè prega. Tutta l’attenzione è posta sul ruolo del profeta in qualità d’intercessore.

Amalek venne a combattere contro Israele. Quando comincerai a mangiare la manna, cioè il pane celeste della parola di Dio, attenditi la battaglia e preparati alla guerra» 29.

Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte. «Mosè, se innalzava le mani al cielo verso Dio, prevaleva, ma se le piegava, vedeva che Amalek aveva il sopravvento. Applica a te questi eventi. Quando innalzi verso il cielo le mani del tuo cuore e i tuoi pensieri, e vuoi aderire al Signore, Satana è più in basso dei tuoi pensieri» 30. «Non trascuriamo di rinnovarci nello spirito ogni giorno. La sconfitta che ci può capitare nel pensiero, nella parola o nell'azione non diventi occasione di pigrizia. Tutte le volte che subiamo una sconfitta, ritorniamo in noi stessi attraverso il timore dei giudizi di Dio, disarmando le passioni con tutte le nostre forze» 31.

Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. «C'è anche un'altra opera che compie Mosè. Egli non va alla guerra, ma che cosa fa? Prega e, finché prega, il suo popolo vince. Il ministro della Chiesa preghi incessantemente perché il popolo vinca i suoi nemici, ossia i demoni che combattono coloro che vogliono piamente vivere in Cristo» 32. «Anche tu, se vuoi vincere i nemici, innalza le tue opere, grida a Dio, perseverando nell’orazione (Col 4,5)» 33. Il Signore Gesù è un mediatore ben più grande di Mosè: «Se vogliamo uscire dall’Egitto, abbiamo assoluto bisogno di un Mediatore dinanzi a Dio che si interponga per noi tenendo le mani alzate verso Dio, per mettere in fuga l’Amalec della passione. Chi crede di non aver bisogno di nessuno, s’inganna» 34.


Incontro di Mosè con Ietro

18. 1 Ietro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele, suo popolo, come il Signore aveva fatto uscire Israele dall’Egitto. 2 Allora Ietro prese con sé Zippora, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata, 3 e insieme i due figli di lei, uno dei quali si chiamava Gherson, perché egli aveva detto: “Sono un emigrato in terra straniera”, 4 e l’altro si chiamava Eliezer, perché “Il Dio di mio padre è venuto in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone”. 5 Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio. 6 Egli fece dire a Mosè: “Sono io, Ietro, tuo suocero, che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli! ”. 7 Mosè andò incontro al suocero, si prostrò davanti a lui e lo baciò; poi si informarono l’uno della salute dell’altro ed entrarono sotto la tenda. 8 Mosè raccontò al suocero quanto il Signore aveva fatto al faraone e agli Egiziani per Israele, tutte le difficoltà loro capitate durante il viaggio, dalle quali il Signore li aveva liberati. 9 Ietro gioì di tutti i benefici che il Signore aveva fatti a Israele, quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. 10 Disse Ietro: “Benedetto sia il Signore, che vi ha liberati dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha strappato questo popolo dalla mano dell’Egitto! 11 Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dei, poiché egli ha operato contro gli Egiziani con quelle stesse cose di cui essi si vantavano”. 12 Poi Ietro, suocero di Mosè, offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele e fecero un banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio.

Mosè, per iniziativa del suocero, si riunisce con la famiglia che, secondo una tradizione (4,18) aveva abbandonato alla sua partenza per l’Egitto. Nell’incontro sotto la tenda, Mosè, parlando con lui, richiama i fatti prodigiosi a cui ha assistito. È l’essenziale del bagaglio esistenziale e catechetico di tutto il popolo. In seguito Ietro gli consiglia di nominare dei collaboratori nell’esercizio della sua attività giudiziaria.


Istituzione dei giudici

13 Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. 14 Allora Ietro, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: “Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera? ”. 15 Mosè rispose al suocero: “Perché il popolo viene da me per consultare Dio. 16 Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi”. 17 Il suocero di Mosè gli disse: “Non va bene quello che fai! 18 Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo. 19 Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20 A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. 21 Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità e li costituirai sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22 Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23 Se tu fai questa cosa e se Dio te la comanda, potrai resistere e anche questo popolo arriverà in pace alla sua mèta”.

Il suocero di Mosè gli disse: “Non va bene quello che fai!”... Il profeta riceve consigli opportuni dal suocero madianita: «Tutto questo ci permette di capire chiaramente che non c'è sicurezza nelle rivelazioni di Dio. Supponiamo che una persona sia sicura che la rivelazione provenga da Dio, come lo era san Paolo rispetto al vangelo che predicava, tuttavia può sbagliarsi a suo riguardo o in ciò che la concerne. Non sempre Dio, manifestando una cosa, rivela anche le altre [che le sono attinenti], e molte volte non dice neppure come realizzarla. Ordinariamente Dio, pur trattando con familiarità e a lungo con un'anima, non fa né le dice tutto ciò che può essere fatto dall'abilità o dalla prudenza umana. San Paolo conosceva molto bene questo stato di cose, come si è detto; perciò, quantunque sapesse che il vangelo gli era stato rivelato da Dio, andò a conferirne con gli apostoli. Tale verità risulta molto evidente nel libro dell'Esodo (18,21-22). Sebbene Dio trattasse con il profeta con molta familiarità, non gli aveva mai dato quel consiglio così utile che gli venne da Ietro, suo suocero… Dio approvò quel consiglio; ma non l'aveva rivelato a Mosè perché la ragione umana poteva arrivarci da sola. Di solito Dio non concede visioni, rivelazioni e locuzioni; preferisce che ci si muova con la ragione, la quale deve regolare tutte le nostre questioni, eccetto le verità di fede, che superano ogni intelligenza e ragione umana, pur non essendo contrarie» 35.

24 Mosè ascoltò la voce del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. 25 Mosè dunque scelse uomini capaci in tutto Israele e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26 Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. 27 Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò al suo paese.

Mosè scelse uomini capaci in tutto Israele. «Non deve assumere l’onore del comando colui che, davanti ai suoi inferiori, non sa marciare lungo il sentiero di una vita migliore […] Come in una moneta s’indagano il metallo, la figura e il peso, così in ogni dottore ecclesiastico s’investigano lo scopo a cui mira, la dottrina che insegna, il modo con cui vive» 36.

Li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia. «Se noi, combattendo contro i disordini del nostro spirito, riusciremo a sottometterli al nostro potere, sotto il vessillo della croce del Signore, saremo promossi al grado di centurione spirituale, designato misticamente anche per bocca di Mosè: Costituiscili per te capi di miglia, di centinaia…» 37.

«Consideriamo i soldati sotto i nostri capi, con quale ordine, disciplina e sottomissione eseguono i comandi. Non tutti sono proconsoli, né capi di mille, cento, né di cinquanta e così di seguito, ma ciascuno nel proprio ordine esegue i comandi dei re o dei governanti. I grandi non possono stare senza i piccoli e i piccoli senza i grandi; in tutte le cose c'è qualche collegamento e in questo l’utilità. Prendiamo il nostro corpo. La testa non può stare senza i piedi, né i piedi senza la testa. Le più piccole parti del nostro corpo sono necessarie e utili a tutto il corpo; ma tutte convivono e hanno una sola subordinazione per salvare tutto il corpo. Si conservi tutto il nostro corpo in Gesù Cristo e ciascuno si sottometta al suo prossimo, secondo la grazia in cui fu posto. Il forte si prenda cura del debole, e il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero benedica Dio per avergli dato chi supplisce alla sua indigenza» 38.


Estratto da: V. Bonato, L'Esodo nell'Esperienza cristiana, Edizioni Dehoniane



1 F. Giuntoli, Il Pentateuco, in L’Antico Testamento…, p. 119.

2 K. O’ Connel, Libro dell’Esodo, in Il Dizionario della Bibbia, p. 301.

3 Gregorio di Nazianzo, Orazione 45, 1-2.

4 Girolamo, Lettera LXXVIII, 7 a Fabiola.

5 Cipriano, La gelosia e l’invidia, 17, in Trattati, Città Nuova, Roma 2004, p. 143.

6 Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, 382, p. 353.

7 Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, IV, XX, 39-40.

8 Origene, Omelie su Giosuè, IV,1, pp. 82-83.

9 Salviano di Marsiglia, Il governo di Dio, I, 9, 44-10, 47, pp. 59-60.

10 Giovanni della Croce, I Salita, 5,3 in Opere…, p. 166.

11 Origene, Omelie sull’Esodo, VII,5, p. 138.

12 Origene, Omelie sull’Esodo, VII,5, p. 139.

13 Callisto Cataphugiota, L’unione divina, 79, Filocalia 4, p. 456.

14 Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, V, VII, 42.

15 Gregorio di Nissa, Sul Padre nostro, 5-7, in A.G.Hamman, Il Padre nostro nella Chiesa antica, p. 97-103.

16 Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 143, p. 141.

17 Origene, Omelie sull’Esodo, VII, 6, p. 140.

18 Origene, Omelie sui Numeri, III, 1, p. 52.

19 Isacco della Stella, I Sermoni, I, 34,9, p. 263.

20 Origene, Omelie su Giosuè, XVII, 2, p. 241.

21 Isacco della Stella, I Sermoni, I, 34,29, p. 272.

22 Origene, Omelie sull’Esodo, VII,5, p. 139.

23 Guigo Certosino, Meditazioni nel silenzio, 314, p. 76.

24 Origene, Omelie sull’Esodo, VII,8, pp. 144-145.

25 Callisto Cataphugiota, L’unione divina, 85, La Filocalia 4, Gribaudi, Torino 1987, p. 468.

26 Teodoro Studita, Nelle prove la fiducia, 83, p. 356.

27 Beda il Venerabile, Omelie sul Vangelo, I, 6, p. 183.

28 Giovanni Crisostomo, Le Catechesi battesimali, 7,26-27, p. 139.

29 Origene, Omelie sull’Esodo, XI,3, p. 198.

30 Pseudo-Macario, Spirito e fuoco, 50, 2-3, p. 416.

31 Teodoro Studita, Nelle prove la fiducia, 115, pp. 484-485.

32 Origene, Omelie sul Levitico, VI,6, 145

33 Origene, Omelie sull’Esodo, XI,4, p. 201.

34 Giovanni Climaco, La Scala del paradiso, I, 3, p. 43.

35 Giovanni della Croce, 2 Salita…, 22,13, Opere… p. 277.

36 Isidoro di Siviglia, Le Sentenze, III,XXXIV,2 e XXXVI,5, pp. 236 e 239.

37 Giovanni Cassiano, Conferenze ai monaci/1, I,VII,5, pp. 276-277.

38 Clemente Romano, Lettera ai Corinzi, XXXVII, 1-5, p. 74.

39 F. Giuntoli, Il Pentateuco, in L’Antico Testamento…, p. 119.

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