martedì 22 marzo 2011


Vocazione e invio di Mosè

Il roveto ardente

3. 1 Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. 2 L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. 3 Mosè pensò: “Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia? ”. 4 Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto e disse: “Mosè, Mosè! ”. Rispose: “Eccomi! ”. 5 Riprese: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa! ”. 6 E disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Oltre il deserto. Il deserto richiama solitudine e silenzio; è l’ambito privilegiato in cui Dio si comunica all’uomo. «Quale potrebbe essere la definizione giusta della solitudine? Il tempio senza confini del nostro Dio. Quante volte si è fatto vedere dai suoi santi proprio lì» [1]. «Mosè, quand’era in Egitto, era come sveglio, ossia, distratto, e per questo non poteva ascoltare la voce del Signore. Abbandonato l’Egitto, dopo essere fuggito nel deserto, mentre rimase lì per quarant’anni, si addormentò, ossia perse ogni interesse per i desideri terreni, che sono fonte d’inquietudine e d’affanno. Allora fu in grado di ascoltare la voce divina. Chi s’addormenta nei confronti delle attività esteriori, coglie la profondità delle parole di Dio» [2].

L’angelo del Signore gli apparve. «I Profeti videro [Dio] e non videro, in quanto colsero la realtà infinita secondo le loro capacità» [3]. «Dio apparve a ciascuno dei santi come voleva lui e com’era utile a colui che lo vedeva: in un modo ad Abramo, in un altro a Isacco, a Giacobbe, a Mosè, a Davide. Si fece piccolo, trasformandosi e rendendosi visibile a quelli che lo amavano. Non com’egli è, poiché è infinito, ma secondo la capacità e la potenza di quelli, per la grande e incomprensibile carità che ebbe per loro» [4].

In una fiamma di fuoco. Il fuoco indica la presenza divina, come avverrà nella teofania sul monte (Es 19,18) o in altri racconti di vocazione (Is 6,7; Ez 1,4). «Questo Fuoco che è Dio cerca solo un'occasione (di disponibilità da parte tua): anche se gli offri una piccola fiamma, accendi una fiammata intera di benefici» [5].

L’evento può essere vissuto in modo analogo anche da ognuno di noi. «Vi è un fuoco dello Spirito che rianima l’ardore dei cuori; il fuoco divino é solito illuminare le anime, provarle come oro puro nella fornace, e consumare la malizia come spine o paglia. Il nostro Dio infatti è fuoco che divora (Dt 4,24)» [6].

Vediamo altri modi con i quali è possibile vivere un’esperienza simile a quella del roveto. Una consiste nell’avvertire in noi il fuoco del pentimento: «Se ti capita di sentire una parola di fuoco, e per essa ti senti scottare la coscienza al ricordo del peccato, ricordati allora di chi dice la Scrittura che il fuoco cammina davanti a lui (Sal 97,3), e sta sicuro che egli è vicino. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito (Sal 34,19). Se poi a quelle parole non solo ti compungi, ma ti rivolgerai tutto al Signore, stabilendo di custodire i suoi precetti, sappi allora che egli è ormai presente, soprattutto se ti sentirai infiammare dall'amore di lui» [7]. Un altro modo, più eccezionale, consiste nell’essere avvolti di luce dalla grazia: «Se vedi abbondare in te la grazia dello Spirito Santo che illumina e fa splendere come un sole l’intimo del tuo cuore, si compie in te il prodigio del roveto, cosicché la tua anima brucia per l’unione alla luce inaccessibile e tuttavia non si consuma» [8].

In mezzo a un roveto. La rivelazione di Dio al roveto, preparò la sua manifestazione nella carne del Verbo e a partire da quel tempo la verità ha cominciato a risplendere in un Cespuglio luminoso presente sulla nostra terra, Cristo Gesù: «La Luce si abbassa fino alla natura umana, superando i luminari del cielo con i raggi provenienti da un Cespuglio terreno» [9]. «Dio faceva splendere il fuoco nel roveto senza che questo si consumasse. Una materia così facile a bruciarsi sopportò la violenza della fiamma. Era un simbolo del mistero che indicava come la natura divina del Verbo fosse capace di sopportare i limiti della natura umana» [10].

Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo”. Mosè è curioso, perfino audace. Il Signore lo chiama a sé ma nel frattempo lo educa al rispetto verso di Lui e lo rende consapevole della sua povertà e indegnità. Deve capire che può avvicinarsi non per i propri meriti, in un’eccessiva confidenza, ma a motivo dell’amore generoso di Dio. «Mosè fu impedito di avvicinarsi al roveto finché non si fosse liberato dei calzari. Allora come mai tu, che vuoi vedere Dio, e diventare suo interlocutore, non ti liberi da ogni pensiero contaminato da passioni?» [11]. «Solo i puri di cuore vedranno Dio. Quando Dio si manifestò a Mosè nel roveto, come prima cosa gli ordinò di togliersi i calzari e questo gesto sta a significare la rinuncia ai pensieri morti» [12].

Non avvicinarti! Togliti i sandali, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa. «Il luogo nel quale stava non era di per sé santo, ma dato che il Signore era lì con lui, la sua presenza santificò quel luogo. Anche a noi, se ci accostiamo al Signore con una vita retta e diveniamo degni dell'assistenza divina, viene detto di sciogliere dai piedi dell'anima nostra qualche legame di morte che vi sia aderito. Sono questi i piedi lavati da Gesù e se non li lava, non avremo parte con lui (Gv 13,8). Se sciogliamo dall'anima nostra ogni interesse mortale, Dio si compiacerà di assistere anche noi con la sua presenza» [13]. «Ognuno di noi porta calzari differenti, in quanto ognuno si lega i piedi dentro propri calzari, cioè si fa vincere dalle proprie abitudini. Così si è sciolto chiunque s’era fatto avvincere dall’idolatria, chi s’era legato nell’adulterio, nel furto, nell’avarizia» [14].

Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Dopo l’eccessiva familiarità iniziale, Mosè, avendo compreso la sua indegnità, si vela il viso. Dio ama che noi ci sentiamo inadeguati e incapaci di servirlo. Se conserviamo quest’umile consapevolezza, Egli si avvicina a noi. «Dio stima di più la scarsa soddisfazione di sé in cui l’anima si trova per l’incapacità di servirlo, che non tutte le sue opere. Ciò è quanto accadde a Mosè quando si accorse che Dio gli parlava. Travolto dalla gioia, non pensava ad altro che ad avvicinarsi a Dio, se questi non gli avesse ordinato di fermarsi. Mosè divenne tanto prudente e discreto che non osava nemmeno guardare; infatti, solo dopo aver tolto i calzari, cioè aver mortificato gli appetiti e i gusti, conobbe profondamente la sua miseria di fronte a Dio, cosa necessaria per ascoltare la parola di Dio» [15].

«Dio viene visto da coloro che lo possono vedere, cioè da quelli che hanno gli occhi. Alcuni li hanno annebbiati per i peccati e le cattive azioni. Dio non si mostra a coloro che operano tali cose, se prima non si siano purificati da ogni macchia. Se vuoi, puoi però essere guarito. Affidati al medico, a Dio» [16].

Missione di Mosè

7 Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti; conosco le sue sofferenze. 8 Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo uscire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. 9 Ecco il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. 10 Perciò và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti! ”. 11 Mosè disse a Dio: “Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti? ”. 12 Rispose: “Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte”.

Dio chiama Mosè affidandogli un compito di per sé sproporzionato per le sue capacità ma gli assicura che sarà con lui. Il profeta, pur essendo stato rifiutato da uno del popolo, fu costituito in autorità da Dio stesso: «Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: Chi ti ha costituito capo e giudice?, proprio lui Dio mandò come capo e liberatore, per mezzo dell'angelo che gli era apparso nel roveto. Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d'Egitto, nel Mare Rosso, e nel deserto per quarant'anni» (At 7,35-36). Lo stesso accadrà a Gesù: sarà rifiutato dal popolo ma accreditato da Dio.

Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto. «Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri» (Is 49,13). Mediante l’invio del profeta Dio manifesta la sua misericordia. Sempre si serve di persone da lui scelte per soccorrere altri uomini.

Se si prende cura del popolo, lo fa considerando la sua situazione disperata, non per la rettitudine morale che quello ha dimostrato: «Dio fa le cose nostre non a misura nostra, ma a misura della sua sconfinata misericordia. Non guardiamo allora a noi stessi, ma alla potenza paziente e piena di compassione del nostro Dio e Padre più che buono» [17].

Gesù ottiene la salvezza per altri, usando nei loro confronti la stessa solidarietà compassionevole propria di Dio. «Gesù vide un uomo chiamato Matteo, che sedeva al banco delle imposte e gli disse: Seguimi. Lo vide non tanto con la vista del corpo quanto con lo sguardo della commiserazione interiore; lo stesso con cui guardò anche Pietro che lo rinnegava, perché riconoscesse e piangesse il suo peccato. Con lo stesso sguardo aveva osservato il suo popolo per strapparlo dalla schiavitù d'Egitto da cui era oppresso, quando disse a Mosè: Ho osservato l'afflizione del mio popolo, ho udito i suoi gemiti e sono disceso a liberarlo. Vide Matteo ed ebbe compassione di lui perché era dedito solo agli affari di questa terra. Lo vide seduto al banco delle imposte con la mente avida di guadagni terreni (Mt 9,9)» [18].

Conosco infatti le sue sofferenze. Il Signore ha conosciuto le nostre sofferenze in quanto ha moltiplicato i suoi interventi a favore degli uomini: «Dio li ha posti in questo combattimento della vita terrena, ma non li abbandona, ed è sempre con loro. Si compiace in Abele, biasima Caino; invocato, è vicino a Enoc; fa uscire Abramo, benedice Isacco e Giacobbe, fa uscire dall’Egitto i figli di Israele. Per mezzo di Mosè scrive la Legge della lettera; per mezzo dei profeti completa quello che mancava. Questo significa essere con loro in Egitto» [19].

Sono sceso per liberarloLa liberazione compiuta da Gesù sarà ancora più radicale: «Alla fine dei tempi il Figlio Unigenito è disceso per la salvezza del mondo, fino agli inferi, e di là ha richiamato il primo creato. La parola rivolta al ladrone: Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23,43), devi intenderla non come rivolta a lui solo, ma anche a tutti i santi, per i quali era disceso nel regno dei morti» [20].

per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele «Un popolo carnale, se non riceve il poco, non spera nel molto. Dio, donando dei beni materiali, invita a quelli celesti. Nel ricevere beni invisibili, siamo indotti a sperare in quelli invisibili. Latte e miele significano abbondanza e dolcezza» [21].

Ora và! Io ti mando dal faraone. «Davvero il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende il suo deserto come l’Eden, la sua steppa come il giardino del Signore» (Is 51,3). Nella Chiesa il Signore continua a chiamare e a inviare in missione: «Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: “Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono» (At 13,2). Egli si serve degli uomini non perché abbia bisogno di loro, ma per dare loro dignità di collaboratori e ripagarli del loro operare: «Dio ricerca la collaborazione degli uomini per avere la possibilità, lui che è buono e misericordioso, di riversare i suoi benefici su quelli che perseverano nel suo servizio» [22].

Fa uscire dall’Egitto il mio popolo. Il cristiano «da una parte individua nel peccato la radice profonda dei mali della società, dall’altra si rende conto che la conversione a Dio implica anche serietà d’impegno per una società autenticamente umana. [Il Signore Gesù] chiede ai credenti di non separare la pratica religiosa dall’impegno sociale» [23].

Rivelazione del nome divino

13 Mosè disse a Dio: “Ecco io vado dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Mi diranno: “Qual è il suo nome?” E io che cosa risponderò loro? ”. 14 Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono! ”. Poi disse: “Così dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”. 15 Dio aggiunse a Mosè: “Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.

Mosè chiede a Dio di rivelare il suo Nome. La risposta ricevuta da Lui è stata interpretata in tre modi diversi. 1. Come rifiuto di rivelare il Nome, essendo Dio ineffabile ed inconoscibile (interpretazione mistica); 2. Come affermazione sull’essenza eterna di Dio (interpretazione filosofica); 3. Come affermazione sull’agire di Dio (interpretazione biblica). In quest’ultimo caso il nome divino significa: Io sono colui che sarà con voi nei momenti decisivi (cf Is 52,4-6; Os 1,9; Gdc 6,16).

Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”. «Dio esiste per sempre; se uno vi è unito diventa un solo spirito con lui. A causa di Colui che esiste per sempre si dice che anche l’uomo esiste. Di chi invece sta lontano da lui e non diventa partecipe di lui si dice che neppure esiste» [24]. «I santi, quando progrediscono nella visione di Dio, tanto più riconoscono di essere niente. Abramo infatti dice: Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere. Vedendo Dio, vide anche di essere polvere. Ora, se vogliamo essere qualcosa grazie alla partecipazione all'Essere divino, riconosciamo di essere pressoché nulla» [25].

Io sono” mi ha mandato a voi. Gesù si presenta come «L’Io sono» (Gv 8,24.28; 13,19): Egli parla al modo di Dio e dichiara di essere autorizzato a esercitare i poteri e le prerogative di Dio. Attraverso di Lui, Dio libera l’uomo dal peccato e dalla morte eterna. Egli è il pane della vita (Gv 6,35), la luce del mondo (Gv 8,12), il Buon Pastore (Gv 10,11), la Resurrezione e la Vita (Gv 11,25), la via, la verità e la vita (Gv 14,6), la vera vite (Gv 15,1-5).

«É molto giusto che noi inneggiamo a lui, perché il nostro essere e il nostro vivere non sono in nostro potere né dipendono da noi, ma dal suo favore e dalla sua bontà. Dobbiamo allora cantare a questo Dio, che è ed è sempre stato, cantare le grandezze che gli competono e si addicono alla lode della sua maestà, cioè: egli è eterno, onnipotente, immenso, è creatore del mondo e suo salvatore, e ha avuto per gli uomini tale amore da offrire persino il Figlio suo per la salvezza del mondo» [26].

Istruzioni sulla missione di Mosè

16 Và! Riunisci gli anziani d’Israele e dì loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. 17 E ho detto: Vi farò uscire dalla umiliazione dell’Egitto verso il paese del Cananeo, dell’Hittita, dell’Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso una terra dove scorrono latte e miele. 18 Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re di Egitto e gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio. 19 Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire, se non con l’intervento di una mano forte. 20 Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo di che egli vi lascerà andare. 21 Farò sì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete, non ve ne andrete a mani vuote. 22 Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti di argento e oggetti d’oro e vesti; ne caricherete i vostri figli e le vostre figlie e spoglierete l’Egitto”.

Sono venuto a vedere voi e ciò che vien fatto a voi in Egitto. Osserva Guy Vanhoomissen: «Se Dio rivela il suo nome, non è per rispondere a una curiosità teologica. Se si manifesta a Mosè, è per rispondere al grido del suo popolo; è per dire che egli sta per intervenire e suscitare speranza in questo intervento (3,10). L’Esodo diventerà il mezzo attraverso il quale YHWH si farà conoscere e costituirà nello stesso tempo il contenuto di questa conoscenza. Non ciò che Dio è in se stesso, ma ciò che egli è per gli uomini» [27].

Nel Vangelo, Dio non soltanto viene a vedere le nostre debolezze ma le prende su di sé nella persona di Gesù. «[Cristo] conosceva [le miserie degli uomini] anche prima, ma in modo diverso. Conosceva la virtù dell'obbedienza e, tuttavia, imparò l'obbedienza dalle cose che patì (Eb 2,17). In questo modo imparò anche la misericordia, sebbene la misericordia di Dio sia eterna (Sal 102,17). La Scrittura insegna [questa verità] dove asserisce che Cristo è stato provato in ogni cosa come noi, escluso il peccato (Eb 4,15) affinché fosse misericordioso. Presso di noi cercò delle fessure e finestre per esplorare più accuratamente le nostre miserie» [28].

Dio di Abramo, d’Isacco, di Giacobbe. I Patriarchi sono ancora viventi in Dio: «Sono il Dio di Abramo, d’Isacco… di quelli cioè che sono morti per il mondo ma sono vivi per me (cf. Mt 22, 31-32)» [29]. «Magari venisse concessa anche a me l’eredità di Abramo, Isacco e Giacobbe, e divenisse mio il mio Dio allo stesso modo che è diventato Dio di Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe, in Cristo Gesù, Signore nostro» [30]. Dio è il Signore dei suoi amici ma non di qualsiasi persona: «Chi ha come Dio il ventre non può chiamare Dio suo il Signore e neppure chi ha come Dio l’avarizia o la gloria del secolo. Qualsiasi cosa ognuno veneri sopra d’altre, questa è Dio per lui» [31].

Vi farò uscire dall’umiliazione dell’Egitto. «Anche per noi, che eravamo in Egitto, intendo dire negli errori di questo mondo e nelle tenebre dell’ignoranza, il Signore ebbe pietà della nostra afflizione, e mandò il Verbo, il suo Figlio unigenito, a strapparci dall’ignoranza dell’errore e a condurci alla luce della Legge divina» [32].

Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti di argento e oggetti d’oro e vesti; ne caricherete i vostri figli e le vostre figlie e spoglierete l’Egitto. Arricchirsi dei beni dell’Egitto, significa accogliere i valori della cultura profana: «Il testo invita quanti perseguono con la virtù la vita libera a procacciarsi anche le ricchezze della cultura profana, sebbene gli estranei alla nostra fede affettino disprezzo verso di loro. Il grande Basilio, al tempo della sua gioventù, ben trafficò con la ricchezza degli egiziani, la dedicò a Dio e con questa ricchezza adornò la vera tenda della Chiesa» [33].

Potere taumaturgico concesso a Mosè

4. 1 Mosè replicò dicendo: “Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore! ”. 2 Il Signore gli disse: “Che cosa hai in mano? ”. Rispose: “Un bastone”. 3 Riprese: “Gettalo a terra! ”. Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. 4 Il Signore disse a Mosè: “Stendi la mano e prendilo per la coda! ”. Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. 5 “Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. 6 Il Signore gli disse ancora: “Introduci la mano nel seno! ”. Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. 7 Egli disse: “Rimetti la mano nel seno! ”. Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. 8 “Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! 9 Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l’acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta”.

perché credano che ti è apparso il Signore. Mediante le azioni dei profeti è Dio stesso a intervenire. Noi oggi possiamo compiere prodigi nel vincere il male radicato in noi: «Chi fu a chiudere le porte dei cieli? Elia oppure Dio, che in lui comandava anche alla pioggia? Penso che Dio, che ha potere sul cielo, prese dimora nel cuore di Elia. Allo stesso modo Mosè gettò un bastone e il bastone divenne un serpente, poi parlò ed esso ridivenne un bastone. È chiaro che una potenza celeste abitava nel suo cuore ed essa operava questi prodigi per mezzo di lui. Quando senti parlare di questi eventi, applicali a te. Quando innalzi verso il cielo le mani del tuo cuore e i tuoi pensieri, e vuoi aderire al Signore, Satana è più in basso dei tuoi pensieri. Come le mura di Gerico caddero per la potenza di Dio, così anche ora le mura del male, saranno annientati dalla potenza di Dio» [34].

Afferrare le passioni per la coda. «Non vedi come Mosè trasformò il serpente in verga, prendendolo per la coda? Senza dubbio, se si assegna un buon fine alle passioni, esse prendono il carattere di virtù. L'amore divino, vedendo nascere in noi qualche passione o affetto naturale, deve prenderlo subito per il piede e metterlo al proprio servizio. Che significa prendere per il piede? Vuoi dire legarlo e sottometterlo al servizio di Dio. Quale metodo si deve seguire per porre gli affetti e le passioni al servizio del divino amore? Plasmiamo le nostre passioni o opponendo loro passioni contrarie o opponendo loro affetti più forti di loro» [35].

Le obiezioni di Mosè

10 Mosè disse al Signore: “Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua”. 11 Il Signore gli disse: “Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? 12 Ora và! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire”. 13 Mosè disse: “Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare! ”. 14 Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: “Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo. 15 Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare. 16 Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio. 17 Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi”.

Mosè tenta di resistere alla chiamata del Signore e, sulle prime, appare un collaboratore riluttante. Il profeta Geremia, al momento della sua chiamata, ha un comportamento simile (Ger 1,6), mentre Isaia si rende subito disponibile (Is 6,8). Di rimando il Signore lo rassicura: sarà Lui a suggerirgli l’insegnamento da comunicare. La prima lotta Dio la combatte col suo stesso inviato e, per consolidarlo, gli assicura l’assistenza del fratello Aronne.

Non sono un buon parlatore. È il primo pretesto escogitato da Mosè. «La Sacra Scrittura si presenta agli occhi della nostra anima come uno specchio, in cui possiamo contemplare il nostro volto interiore. In questo specchio noi possiamo conoscere ciò che in noi c’è di bello e di brutto; possiamo verificare il nostro progresso e quanto siamo lontani dalla meta. Racconta le imprese dei santi e stimola i cuori fiacchi e deboli a imitarli. Qualche volta ci rende note anche le loro sconfitte affinché possiamo vedere dalla sconfitta ciò che dobbiamo evitare» [36].

Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? «Beati quelli cui Dio apre la bocca perché parlino… Egli apre la bocca di quelli che parlano le parole di Dio. […] Dio apre anche le orecchie dei santi per ascoltare le parole divine. Questo mi sembra riguardare noi, ossia in maniera generale tutta la Chiesa di Dio» [37].

Io sarò con la tua bocca... Gli evangelizzatori vengono accompagnati dal Signore nello svolgimento del loro compito. «Il Signore disse a Paolo: “Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città”. Così Paolo si fermò un anno e mezzo, insegnando fra loro la parola di Dio (At 18,9-11)». Nella predicazione del Vangelo si dispiega la potenza divina: «Io non mi vergogno del Vangelo poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,18).

e ti insegnerò quello che dovrai dire. Come Dio un tempo istruì Mosè, così il Signore Gesù ora insegna ai suoi discepoli ciò che dovranno testimoniare: «Quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10,19».

Mosè disse: “Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!”. «Mosè subito si spaventò di fronte alla gloria di sì grande incarico che gli veniva conferito, e subito ricorse alla scusa della sua debolezza. Paolo era stato avvertito da Dio che doveva salire a Gerusalemme… ma prontamente rispose: sono pronto non soltanto a essere legato ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù (At 212, 13; 20, 24). Viene a conoscere le avversità che lo attendono, e tuttavia le accetta di buon grado» [38].

Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? «Stupisce ciò che accadde a Mosè. Dio gli aveva comandato in molti modi e gli aveva confermato con segni di andare a liberare i figli d’Israele. Ciò nonostante egli era così esitante, debole e insicuro che Dio si adirò: non aveva ancora conseguito la fede solida, necessaria in quel caso, finché il Signore non lo incoraggiò ricordandogli il fratello. L'anima umile, infatti, non osa trattare da sola con Dio, e si sente sicura solo quando si lascia guidare e consigliare da un suo simile. Dio vuole così, perché egli si mostra presente laddove si uniscono le anime per cercare la verità e in questa li rassicura con ragioni naturali, come promise a Mosè e ad Aronne insieme, parlando per bocca dell'uno e dell’altro» [39].

Ritorno di Mosè in Egitto

Partenza da Madian

18 Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: “Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi! ”. Ietro disse a Mosè: “Và pure in pace! ”. 19 Il Signore disse a Mosè in Madian: “Và, torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita! ”. 20 Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull’asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio. 21 Il Signore disse a Mosè: “Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo. 22 Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. 23 Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito! ”. 24 Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. 25 Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: “Tu sei per me uno sposo di sangue”. 26 Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.

Dopo essere stato consolidato nella fede, Mosè ritorna in Egitto per intraprendere la sua missione. Si congeda dal suocero e parte con la famiglia.

Và, torna in Egitto! «Occorre prima di tutto acquisire l’impassibilità, ossia la libertà interiore, e solo dopo, se la circostanza lo richiede, comandare agli altri. Quando si è abitualmente liberi da ogni passione, allora si amministrano le cose in modo da non venire condannati e da non ricevere danno» [40]. «Dio vuole innanzitutto cambiare il cuore dell’uomo, ma, a partire dal cuore, vuole rinnovare anche la società» [41].

Io indurirò il suo cuore. «Il Signore indurisce il cuore quando toglie la sua grazia, oppure quando non la concede. Se il Signore abbandonasse il peccatore alla depravazione del suo cuore e non lo correggesse con un paterno castigo, non gli potrebbe far accadere nulla di peggio» [42].

Israele è il mio figlio primogenito. Il popolo ha sperimentato la benevolenza divina nei suoi confronti, una benevolenza paterna: «Allora dissi a voi: Non spaventatevi e non abbiate paura di loro. Il Signore stesso vostro Dio, che vi precede, combatterà per voi, come ha fatto tante volte sotto gli occhi vostri in Egitto e come ha fatto nel deserto, dove hai visto come il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete fatto, finché siete arrivati qui. Nonostante questo, non aveste fiducia nel Signore vostro Dio (Dt 1,29-32)».

Nel tragitto avviene un incontro misterioso, ancora indecifrabile, che ha come risultato la circoncisione del figlio di Mosè. Il fatto rimane assai misterioso, difficile da cogliere nel nucleo storico. Si presta tuttavia a molteplici spunti riflessivi: «Se l’uomo di Chiesa è attaccato alla terra, come potrà staccare dalla terra gli altri? Quando Mosè si avviò con moglie e figli verso l’Egitto per andare a liberare il popolo d’Israele, un angelo voleva ucciderlo; solo quando rimandò indietro moglie e figli, l’angelo lo lasciò proseguire» [43].

Incontro con Aronne e con il popolo

27 Il Signore disse ad Aronne: “Và incontro a Mosè nel deserto! ”. Andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò. 28 Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l’aveva accreditato. 29 Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti. 30 Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo. 31 Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.

In Egitto, in un primo tempo, tutto sembra scorrere a meraviglia: Mosè incontra il fratello Aronne e insieme comunicano la loro missione al popolo oppresso che risponde con spirito di fede. La situazione, però, si rovescerà in fretta.

Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore l’aveva inviato e tutti i segni con i quali l’aveva accreditato. Mosè si fa aiutare dal fratello Aronne. «Dio si mostra presente laddove gli uomini si uniscono per cercare la verità. Per questo nel vangelo si afferma: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20). Si rende presente per illuminare e confermare nei loro cuori le verità divine. Il Signore non ha detto: dove sarà uno ci sarò anch'io, ma: dove saranno almeno due. Con quest’espressione Dio vuol farci capire che non vuole che nessuno dia credito da solo alle comunicazioni che ritiene provenienti dall’alto, né che vi si conformi o si appoggi senza il consiglio della Chiesa e dei suoi ministri. Chi è solo, non ha il Signore che gli chiarisca o gli confermi le verità nel cuore, e così rimarrà sempre debole e freddo nei confronti della verità» [44].

Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti. «Mosè, irrobustito dalla luce che gli era apparsa e ottenuto il fratello come alleato e assistente, con coraggio parla al popolo della libertà. Che cosa c'insegna la storia con questi particolari? Che non si deve presentare a parlare in pubblico chi non ha preparato con adeguata educazione la sua parola a parlare in mezzo alla gente. Non vedi infatti che Mosè, quand’era ancora giovane, fu ritenuto paciere non attendibile per i due che litigavano? Ora, invece, parla a tante migliaia di persone insieme. Non arrischiarti a insegnare e a consigliare se non ne hai acquistato capacità con la più intensa applicazione» [45].

Compì i segni davanti agli occhi del popolo. Come Mosè, Gesù si accredita per mezzo di segni divini. «Gesù diede inizio ai suoi segni in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). «Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete…» (At 2,22).

Allora il popolo credette. L’inviato di Dio vuole suscitare la fede dell’ascoltatore. «Noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, com’è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete (1 Ts 2,13)». «Vi è molta differenza tra chi parla per grazia e chi parla per sapienza umana. Ci sono molti uomini eloquenti che, pur avendo detto molte cose nella chiese e raccolto vasta approvazione, non risvegliano tra gli ascoltatori alcuna compunzione del cuore né progresso nella fede. Se ne vanno dopo averne ricavato soltanto un certo piacere e diletto con le orecchie. Al contrario, uomini di non grande eloquenza convertono molti con parole semplici» [46]. Persuadono gli altri le parole dell’anima e quest’ultime escono da un comportamento retto: «Nel tuo scritto non sgorgavano parole della lingua ma dell’anima. Non è da meravigliarsi se parla bene colui che vive in modo perfetto. Per insegnamento dello Spirito hai appreso alla scuola del cuore le regole della vita» [47].

Primo incontro con il faraone

5. 1 Dopo, Mosè e Aronne vennero dal Faraone e gli annunziarono: “Dice il Signore, il Dio d’Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto! ”. 2 Il faraone rispose: “Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciar partire Israele? Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele! ”. 3 Ripresero: “Il Dio degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia dunque concesso di partire per un viaggio di tre giorni nel deserto e celebrare un sacrificio al Signore, nostro Dio, perché non ci colpisca di peste o di spada! ”. 4 Il re di Egitto disse loro: “Perché, Mosè e Aronne, distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri lavori! ”. 5 Il faraone aggiunse: “Ecco, ora sono numerosi più del popolo del paese, voi li vorreste far cessare dai lavori forzati! ”. 6 In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi: “ 7 Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. 8 Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo. Perché sono fannulloni; per questo protestano: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al nostro Dio! 9 Pesi dunque il lavoro su questi uomini e vi si trovino impegnati; non diano retta a parole false! ”. 10 I sorveglianti del popolo e gli scribi uscirono e parlarono al popolo: “Ha ordinato il faraone: Io non vi dò più paglia. 11 Voi stessi andate a procurarvela dove ne troverete, ma non diminuisca il vostro lavoro”. Il popolo si disperse in tutto il paese d’Egitto a raccattare stoppie da usare come paglia. 13 Ma i sorveglianti li sollecitavano dicendo: “Porterete a termine il vostro lavoro; ogni giorno il quantitativo giornaliero, come quando vi era la paglia”. 14 Bastonarono gli scribi degli Israeliti, quelli che i sorveglianti del faraone avevano costituiti loro capi, dicendo: “Perché non avete portato a termine anche ieri e oggi, come prima, il vostro numero di mattoni?”.

Faraone non accetta la richiesta di Mosè, non riconosce il Signore e aggrava le condizioni del popolo. La missione del profeta sembra inconsistente e controproducente.

Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele! Faraone si mostra spietato, come sempre, ma soprattutto arrogante verso Dio: «Siamo umili, per essere elevati. L’arroganza abbassa. Essa ha prostrato il Faraone: non conosco il Signore, disse e scese a un livello ancora più basso delle mosche, delle rane… Al contrario di lui Abramo disse: Sono terra e cenere e s’innalzò sempre d più. Dio non detesta nulla come l’alterigia. Fin dal principio Dio ha fatto di tutto per eliminare questa passione; per questo siamo nati mortali, in mezzo a dolori e gemiti» [48].

Perché, Mosè e Aronne, distogliete il popolo dai suoi lavori? Quando affiora la luce, la tenebra ingaggia un’opposizione ancora più forte. «Quando Dio mandò Mosè per condurli fuori della schiavitù del Faraone, quest'ultimo aggravò i loro lavori e disse loro: Siete dei pigri, dei fannulloni! Similmente anche il diavolo, quando vede che Dio accenna ad avere pietà di un'anima e ad alleviarle le passioni con la sua parola o per mezzo di qualche suo servo, allora anche lui le sferra attacchi più violenti. La forza di quelli che vogliono acquistare le virtù consiste in questo: se cadono, non devono scoraggiarsi, ma riprendersi di nuovo» [49].

Recriminazione degli scribi e del popolo

15 Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare, dicendo: “Perché tratti così i tuoi servi? 16 Paglia non vien data ai tuoi servi, ma i mattoni - ci si dice - fateli! Ed ecco i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo! ”. 17 Rispose: “Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al Signore. 18 Ora andate, lavorate! Non vi sarà data paglia, ma voi darete lo stesso numero di mattoni”. 19 Gli scribi degli Israeliti si videro ridotti a mal partito, quando fu loro detto: “Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni”. 20 Quando, uscendo dalla presenza del faraone, incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettarli, 21 dissero loro: “Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la spada per ucciderci! ”. 22 Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: “Mio Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? 23 Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo e tu non hai per nulla liberato il tuo popolo! ”.

L’annuncio della Parola, nel momento in cui viene accolto, spesso fa scoppiare una lotta dentro di noi oppure tra noi e altre persone. Gesù, suo malgrado, incontrerà molta opposizione al suo insegnamento: «Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico ma la divisione» (Lc 12, 51-53; cfr At 13,44-51).

Perché tratti così i tuoi servi? «Dal momento in cui Mosè e Aronne incominciano a parlare a Faraone, il popolo di Dio è colpito. Dal momento in cui la Parola di Dio è stata introdotta nella tua anima, necessariamente viene suscitato dentro di te il combattimento delle virtù contro i vizi. Prima che venisse la Parola che accusa, i vizi dimoravano in pace dentro di te ma quando la Parola di Dio ha incominciato a fare il giudizio di ciascuno, allora sorge un grande turbamento. Quando mai l'ingiustizia può andare d'accordo con la giustizia, l'impudicizia con la sobrietà, la verità con la menzogna?» [50].

Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo. «Come dire: il diavolo disprezzato, scatena un putiferio. Scrive Marco: Strepitando e straziandolo crudelmente, uscì da lui (Mc 9,25)» [51].

Gli scribi degli Israeliti si videro ridotti a mal partito, quando fu loro detto: “Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni”. I piaceri e i beni della vita presente ci possono sedurre e persuadere al male ma, d’altra parte, le amarezze che lasciano sperimentare nel seguito e le delusioni della nostra esistenza possono aiutarci a riflettere per ritrovare la libertà in noi stessi. Dio si serve anche delle nostre esperienze negative per educarci. «Mosè, chiamandoli, trascinò via da là gli animi degli Israeliti, attaccati in modo sbagliato all'Egitto. Faraone, infierendo contro di loro, in qualche modo li cacciò, [persuadendoli che sarebbe stato meglio per loro andarsene via]. Il popolo, stabilito in schiavitù, o provocato dai beni, o spinto dai mali, si mosse. Se noi, chiamati alla terra promessa, trascuriamo di uscire, ci spinga almeno l'infierire delle oppressioni. L'Egitto, cioè la vita presente, che ci attanaglia con la seduzione, ci aiuti a rinsavire con l'esperienza dell’oppressione» [52].

Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone. Gli uomini possono pentirsi della loro adesione di fede, scoraggiati dalle difficoltà che devono superare restando nella strada della rettitudine: «Mosè ebbe mostrò la libertà e incoraggiò gli ascoltatori a desiderarla; [allora] il nemico s'inasprì e accrebbe la sofferenza a quelli che prestavano ascolto alla parola. Anche ora molti fra coloro che accolgono l'appello alla liberazione e aderiscono al messaggio [evangelico], sono travagliati dall'avversario con l'assalto delle tentazioni. Tra questi, alcuni si mostrano saldi nella fede, invece altri, più deboli, cedono a questi assalti, pensando che sia più conveniente per loro restare sordi al messaggio di libertà piuttosto che essere soggetti a tali difficoltà» [53]. Il profeta impara a vivere le incomprensioni: «Se avrai sopportato di meno la persecuzione, ti dico con fermezza che vivrai con minore devozione. Tu vuoi insegnare il bene e non vuoi sopportare il male. È necessario disporsi a vivere in mezzo alle avversità, perché le stesse avversità aumentino di più il desiderio di amare Dio e lo zelo per le buone esortazioni. I semi delle messi coperti dal gelo producono con maggiore abbondanza; così si soffia sul fuoco perché cresca. Se avrai compiuto le opere di Dio tra coloro che t’insultano, allora sarai riconosciuto come autentico operaio del bene» [54].

Mio Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo. Nelle difficoltà non dovremmo perdere la fiducia e metterci perfino a recriminare con Dio. «Dio ha detto: Glorificherò quelli che mi glorificano, e invece troviamo che alcuni santi hanno trascorso la vita in tribolazioni. Possiamo allora dire che Dio non li ha glorificati? Anzi, li ha glorificati in modo straordinario; ma quelli che non vedono con gli occhi del cuore, non vedono la loro gloria. Per questa sopportazione Giobbe fu super glorificato. E che possiamo dire di san Paolo, reso degno di contemplare lo stesso Figlio di Dio e di udire la sua voce divina? Un tale uomo fu [perseguitato]; non era forse cosa degna di scandalo per gli increduli e i dubbiosi? Il Salvatore stesso prega dicendo: Padre, se è possibile, passi da me questo calice? Udendo questo, gli apostoli non erano forse scandalizzati, non sapendo che ciò avveniva secondo il disegno divino, per il bene di tutti gli uomini? Se abbandoniamo tutto a Dio, il quale sa molto più di noi che cosa ci giova spiritualmente e materialmente, aspettiamo con pazienza da parte di Dio l'uscita buona e utile all'anima. Ricordiamoci del profeta che dice: i tuoi giudizi sono un grande abisso» [55].

«Sion ha detto: "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato". Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani…» (Is 49, 14-16).

Nuovo racconto della vocazione di Mosè

6. 1 Il Signore disse a Mosè: “Ora vedrai quello che sto per fare al faraone con mano potente, li lascerà andare, anzi con mano potente li caccerà dal suo paese! ”. 2 Dio parlò a Mosè e gli disse: “Io sono il Signore! 3 Sono apparso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di Signore non mi sono manifestato a loro. 4 Ho anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro il paese di Canaan, quel paese dov’essi soggiornarono come forestieri. 5 Sono ancora io che ho udito il lamento degli Israeliti asserviti dagli Egiziani e mi sono ricordato della mia alleanza. 6 Per questo dì agli Israeliti: Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso e con grandi castighi. 7 Io vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio. Voi saprete che io sono il Signore, il vostro Dio, che vi sottrarrà ai gravami degli Egiziani. 8 Vi farò entrare nel paese che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, e ve lo darò in possesso: io sono il Signore! ”. 9 Mosè parlò così agli Israeliti, ma essi non ascoltarono Mosè, perché erano all’estremo della sopportazione per la dura schiavitù. 10 Il Signore parlò a Mosè: 11 Và e parla al faraone re d’Egitto, perché lasci partire dal suo paese gli Israeliti! ”. 12 Mosè disse alla presenza del Signore: “Ecco gli Israeliti non mi hanno ascoltato: come vorrà ascoltarmi il faraone, mentre io ho la parola impacciata? ”. 13 Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e diede loro un incarico presso gli Israeliti e presso il faraone re d’Egitto, per far uscire gli Israeliti dal paese d’Egitto.

Ora vedrai quello che sto per fare al faraone. Dio può anticipare gli avvenimenti, perché è il sovrano della storia. Faraone ha la possibilità reale di opporsi, ossia il male può dispiegare la sua potenza, ma «il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli. Il piano del Signore sussiste per sempre, i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni (Sal 33,11».

Sono apparso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di Signore non mi sono manifestato a loro. La rivelazione di Dio non significa una comunicazione di nuove notizie su di Lui. Egli rivela se stesso manifestando la sua azione a favore nostro. Un nuovo atto di salvezza compiuto a favore nostro, è una nuova rivelazione di Lui.

Sono ancora io che ho udito il lamento degli Israeliti asserviti dagli Egiziani e mi sono ricordato della mia alleanza. Per questo dì agli Israeliti: Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani. La fedeltà e la gratuità dell’amore divino si sono manifestate nell’invio del Figlio, per strapparci dal gravame dei peccati: «[Dio] avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo d’ingiustizia e preparava il tempo della giustizia. […] Quando la nostra ingiustizia giunse al colmo, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto» [56].

Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio. È la formula tipica dell’Alleanza che auspica una reciproca appartenenza. Nel Vangelo si approfondirà nelle formule d’immanenza pronunciate da Gesù: Io, Gesù, sono in loro e Tu, o Dio, in me (Cfr Gv 17,23). «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). «In quel giorno saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,20).

Il Signore parlò a Mosè: “Và e parla al faraone re d’Egitto”. «Chi dà una mano agli oppressi e a coloro che patiscono, se persino i sacerdoti del Signore non si oppongono alla violenza? La maggior parte di loro, infatti, o tengono la bocca chiusa oppure, anche se parlano, è come se non parlassero. Non si azzardano, a dire il vero, a proclamare pubblicamente la verità, per il fatto che le orecchie di quei disonesti non sono capaci di sopportarla, ma la odiano e la maledicono. Ecco perché tengono la bocca chiusa anche quelli che potrebbero parlare, arrivando a volte a scusare quei malfattori e a rifiutarsi di sbattergli in faccia la forza della verità, per timore di renderli più esacerbati con il dirgli la verità nuda e cruda» [57].

«Stiamo con fiducia davanti a Faraone, se preghiamo il Signore di stabilire i nostri piedi sulla roccia, affinché non ci accada quello che dice lo stesso profeta: Per poco non hanno vacillato i miei piedi, e per poco non sono scivolati i miei passi (Sal 73,2). Stiamo dunque davanti a Faraone, cioè resistiamogli nella lotta, come dice anche l'apostolo Pietro: Resistetegli forti nella fede (1 Pt 5,9). Se staremo con fortezza ne conseguirà anche quello che Paolo chiede per i discepoli dicendo: Dio stritolerà presto Satana sotto i vostri piedi (Rm 16,20). Quanto più noi staremo con perseveranza e fortezza, tanto più Faraone sarà debole e impotente; ma se noi incominceremo a essere o deboli o dubbiosi, egli diventerà più forte e saldo contro di noi» [58].



[1] Eucherio di Lione, Elogio della solitudine, 3, p. 71.

[2] Rabano Mauro, Commentaria in Exodum, V, 19 B.

[3] Epifanio, L’ancora della fede, 54, p. 120.

[4] Macario l’Egiziano, Parafrasi di Simeone Metafrasto, 69, Filocalia 3, 303-303.

[5] G. Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo, 22, 6, p. 418.

[6] Pseudo-Macario, Spirito e fuoco, 25,9, p. 270-271.

[7] Bernardo, Sermoni sul Cantico dei Cantici, LVII, 6-7, p. 124.

[8] Simeone il Nuovo Teologo, Le Catechesi, II, 288, pp. 326-327.

[9] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 19, p. 73.

[10] Cirillo d’Alessandria, Perché Cristo è uno, Città Nuova, Roma 1983, p. 58.

[11] Evagrio Pontico, La preghiera, 4, pp. 73-74.

[12] Giovanni Damasceno, Omelie cristologiche e mariane, Omelia sul Sabato Santo, p. 82.

[13] Origene, Omelie su Giosuè, VI, 3, p. 112.

[14] Epifanio, L’ancora della fede, 102, p. 199.

[15] Giovanni della Croce, 1 Notte oscura, 12, 3, p. 436.

[16] Cfr. Teofilo di Antiochia, Ad Autolico, I, 2, 7.

[17] Callisto Patriarca, Capitoli sulla preghiera, 23, Filocalia 4, p. 307.

[18] Beda, Omelie sul Vangelo, I, 21, p. 224.

[19] Origene, Omelie sulla Genesi, XV, 5, p. 229.

[20] Origene, Omelie sulla Genesi, XV, 5, p. 230.

[21] Rabano Mauro, Commentaria in Exodum, I, 21 B.

[22] Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 13, 4.

[23] La verità vi farà liberi, 1088.

[24] Origene, Commento alla lettera ai Romani (I-VIII), IV, V, p. 199.

[25] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, IV, XVIII, 82.

[26] Cromazio d’Aquileia, Catechesi al popolo, 33, 1, p. 210.

[27] Guy Vanhoomissen, Cominciando da Mosè…, pp. 124-125.

[28] Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, LVI, 1.

[29] Epifanio, L’ancora della fede, 94, p. 188.

[30] Origene, Omelie su Giosuè, XVIII, 3, p. 250.

[31] Origene, Commento alla lettera ai Romani (I-VIII), I, IX, p. 28.

[32] Origene, Omelie sui Numeri, XXVII, 2, p. 373.

[33] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 115-116, pp. 123-124.

[34] Pseudo-Macario, Spirito e fuoco, 50, 1-3, pp. 415-416.

[35] Francesco di Sales, Trattato dell’amor di Dio, XI, 20, p. 853-854.

[36] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, I, II, 1.

[37] Origene, Omelie sull’Esodo, III, 2, pp. 65-67.

[38] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, VI, XXXV, 31.

[39] Giovanni della Croce, 2 Salita al Carmelo, 22, 10-11, p. 276.

[40] Pietro Damasceno, Argomento del libro, Filocalia 3, p. 178.

[41] La verità vi farà liberi, 1088.

[42] Antonio da Padova, I Sermoni, p. 317.

[43] Antonio da Padova, I Sermoni, p. 479.

[44] Giovanni della Croce, 2 Salita al Carmelo, 22, 11, p. 276.

[45] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 54-55, pp. 89-91.

[46] Origene, Commento alla lettera ai Romani, IX, II.

[47] Gregorio Magno, Lettere VII, 24 (Ad Anastasio d’Antiochia).

[48] Giovanni Crisostomo, Omelie sul vangelo di Matteo/3, 65, 6, p. 61.

[49] Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali, 146, pp. 200-201.

[50] Origene, Omelie sull’Esodo, III,3, p. 76.

[51] Antonio da Padova, I Sermoni, p. 1070.

[52] Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, V, XXVI, 21.

[53] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 56-57, p. 91.

[54] Gregorio Magno, Lettere VII,27 (A Narsete).

[55] Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, 382, pp. 352-353.

[56] Lettera a Diogneto, 9,1.

[57] Salviano di Marsiglia, Il governo di Dio, V, 5,19-5,20, p. 151.

[58] Origene, Omelie sull’Esodo, III,3, p. 77.



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