mercoledì 3 agosto 2011

Abramo e Lot (Genesi cap.13)

Spesso dal possesso e dalla ricchezza nasce conflittualità. Scoppia anche tra i mandriani di Lot e quelli di Abramo (Gen 13,1-13). Venuto a conoscere queste tensioni il Patriarca non cerca di prevalere sul nipote. Non compie indagini. Spesso il rivendicare i propri diritti - parlo dei propri, non della difesa di quelli altrui - accentua la tensione, cresce la conflittualità, si corre il rischio di passare dalla parte del torto. Abramo preferisce la pace rispetto all’affermazione di qualsiasi interesse o diritto. Preferisce perdere dei beni piuttosto che mettere a repentaglio le buone relazioni con il nipote.
Sarebbe stato normale che i due si dividessero il territorio, distribuendosi equamente tra loro le zone più fertili. Oltretutto Abramo era il destinatario di quella terra, stabilito da Dio. Non sfrutta, però, la sua posizione religiosa per avvantaggiarsi sul piano economico o sociale. La chiamata di Dio lo rende più responsabile verso gli altri, non più privilegiato. Abramo fa scegliere al nipote e in questo modo intende stroncare sul nascere qualsiasi rivendicazione futura, sulla base di ripensamenti o di invidie.
Ci saremmo aspettati che Lot, colpito dalla prudenza e dallo spirito pacificatore dello zio, si comportasse in modo altrettanto fraterno o almeno più rispettoso. In realtà agisce in modo egoistico e prende per sé la parte migliore. Abramo non reagisce in modo sdegnoso. Non rimprovera il nipote, non svela la sua grettezza. Subisce la scelta dell’altro e rimane in silenzio. Conta sulla grazia di Dio. Sa che Dio ama la pace e che ricompensa il creatore di pace.
Lo dimostra il seguito del racconto con la promessa di Dio: “Percorri la terra in lungo e in largo, la darò a te” (13,17).
Abramo sa che non deve preoccuparsi del suo futuro attaccandosi ai beni perché Dio provvederà a lui.

Paolo suggerisce ai cristiani di Corinto di agire in modo da imitare lo stile di Abramo. Era capitato che dei cristiani in conflitto tra loro, ricorressero ai tribunali romani per poter prevalere sull'avversario. L'apostolo vede in questo fatto una clamorosa contro testimonianza: «E’ già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subite piuttosto ingiustizie? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene?» (1 Cor 6,7). Questo modo di agire corrisponde all'imboccare la strada stretta. La strada larga che si prende per animosità e attenzione ai propri interessi finisce nella perdizione che a cui porta sempre l'egoismo.

L'amicizia di Abramo con Dio è il motivo per il quale egli alimenta i buoni rapporti con Lot. Chi è un vero amico di Dio, diventa anche un autentico amico degli altri uomini.

Non dobbiamo pensare che Abramo agisca così perché sia una di quelle persone che non sanno affrontare alcuna conflittualità o permettono che avvenga qualsiasi cosa sbagliata pur di non lasciare la loro comoda tranquillità. Il seguito del racconto presenta Abramo che è disposto ad affrontare perfino una vera guerra proprio per liberare il nipote che era stato catturato in una razzia. Anche in questo caso, il Patriarca agisce per vero altruismo. Come sa ritrarsi dai conflitti inutili o nocivi, sa anche affrontare la conflittualità qualora sia necessario. Misura ogni azione non sulla base del proprio vantaggio ma su quello del prossimo. In tutte queste vicende, si muove secondo il comando del Signore: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti (Mt 7,12).

L'ultima scena (14,21-24) del racconto ribadisce la medesima verità: Abramo s'impegna perché siano riconosciuti i diritti degli altri, mentre rinuncia a farsi valere per ottenere vantaggi soltanto per se stesso.

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