martedì 2 agosto 2011

Mosé contestato (Numeri 12)

Maria e Aronne parlarono contro Mosé. Mosé subisce contestazione, talvolta odio, da parte del popolo ma anche da parte dei suoi stessi fratelli. In questo tratto, egli ricorda Gesù. Questi patì l'opposizione da parte del popolo ma anche dai suoi stessi familiari. C'è stata una persecuzione contro Gesù, come anche una persecuzione contro Mosè. Gesù fu avversato a motivo del suo insegnamento (delle sue novità) e per l'autorità che si attribuiva, con cui parlava. Mosè è avversato a motivo della sua autorità.


Questo testo suggerisce che la persona inviata da Dio non è affatto privilegiata ma contestata. A volte avviene perché ci si oppone al suo insegnamento. In questo caso non viene contestata in prima istanza la persona del profeta ma la Parola stessa di Dio. Il profeta viene coinvolto nel rifiuto perché forma una cosa sola con il suo annuncio.


Al presente Mosè viene contestato a motivo della sua autorità. Aronne e Maria sono invidiosi; vorrebbero comandare loro; scambiano l'autorità nel popolo di Dio come potere mondano. Proiettano su Mosè il sentimento che hanno nel loro cuore. Pensano che anche lui sia ambizioso ed orgoglioso poiché lo sono loro. Odiano nel profeta quello che dovrebbero contrastare in se stessi. Avere un incarico di preminenza nella Chiesa significa anche sottoporsi agli arbitrii e ai falsi giudizi dei fratelli. Tutti possiamo essere vittime di tali equivoci ma lo sono più di tutto le persone costituite in autorità.


Dio protegge gli umili e i miti. Quando subiamo un'ingiustizia, nel momento in cui siamo disapprovati o perfino detestati dagli uomini, diventiamo ancora più preziosi per Dio. Perciò quando subiamo un'affronto, non dobbiamo cercare la rivalsa né con i fatti, né con le parole ma affidarci a Dio. Nel testo appare che Egli interviene senza neppure essere stato invocato da Mosè. Questi tace semplicemente. Ci conviene tacere anche perché noi facciamo presto ad inalberarci; un piccolo torto ci sembra una persecuzione. Se dopo aver ricevuto un'umiliazione, ci mettiamo immediatamente in movimento per ricevere una compensazione, spesso non facciamo altro che passare noi dalla parte del torto. San Pietro insegna che per chi crede in Dio, è una grazia soffrire ingiustamente (1 Pt 2,19). E' una grazia se noi non la trasformiamo in una disgrazia; una grazia perché nel momento in cui soffriamo ingiustamente diventiamo come un campo arido sul quale scende in abbondanza la grazia di Dio come rugiada o come pioggia.


La mitezza di Mosè compare anche nel fatto che Egli intercede a favore dei due fratelli. Dio gradisce molto che noi intercediamo a favore di altri. Anche per questo tratto compare la fisionomia di Gesù che è l'intercessore per eccellenza.


Cerchiamo di capire il significato di questa intercessione. Dio compie ciò che sarebbe giusto. Protegge Mosè e mette in evidenza che i due fratelli sono malati. La malattia del cuore affiora sulla pelle, così non rimane più nascosta in modo pericoloso. Mosé chiede ciò che anche Dio vuole fare. Lo si vede dal fatto della celerità dell'esaudimento. Vale a dire: Dio deve e vuole essere giusto ma preferisce agire con misericodia. è buono quando è giusto ma rivela meglio la sua bontà quando agisce con misericordia. In questo modo fa crescere tutti tre i fratelli: Maria aveva più responsabilità perché aveva istigato Aronne (12,1). Ora Aronne si prende cura di Maria e così agisce anche Mosé. La mitezza del profeta è stata una medicina per tutti. Qui vediamo che intercedere è molto di più che soltanto pregare. Mosé può intercedere perché è stato mite. Gesù intercede perchè si è lasciato annientare. Dio cerca questo genere di intercessori: sono coloro che entrano nelle situazioni nefaste per cambiarle; sono coloro che si prendono a cuore la situazione degli altri. Chi si immerge nel profondo, dal profondo può gridare.

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