lunedì 1 agosto 2011

Il sacrificio di Abramo (Genesi cap. 22)

Dio mise alla prova Abramo...



La verifica del valore di una persona avviene sempre attraverso i fatti. Abramo aveva certamente verso Dio un'ottima predisposizione all'obbedienza. Dimostra infatti la sua disponibilità nel rispondere subito: eccomi. Tuttavia la predisposizione, la dichiarazione teorica non è mai sufficiente. «Mostrami la tua fede senza le opere e, io, con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2,18). Riferendosi poi proprio al sacrificio d'Isacco, san Giacomo scrive: «Vedi la fede agiva insieme alle opere di lui e per le opere la fede divenne perfetta» (2,22). Grazie a quest'unione di buone disposizione d'animo e azione, Abramo diventa amico di Dio (Gc 2,23). «Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1 Gv 3,18).



Anche Gesù è stato messo alla prova. La lettera agli Ebrei testimonia la sua piena disponibilità - «Ecco io vengo» (10,7) - . La volontà di Gesù è talmente apprezzabile che è stato proprio per essa che noi siamo stati santificati (10,10). Quella volontà, tuttavia, si è attuata «per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo» (10,10). Neanche nel suo caso, si è rimasti sul teorico. Né azione senza retta intenzione né buona intenzione senza pratica. Questo è il movimento normale.



Quando Abramo rispose eccomi, non sapeva che cosa avrebbe comportato quella risposta. Nel momento in cui la proposta divina si specifica, non si ritrae. A noi capita di rispondere con slancio eccomi, ma poi oscilliamo di fronte alla proposta pratica. La disponibilità deve essere non solo confermata ma guadagnata. Nel dinamismo dell'agire umano questo è il percorso normale.


Gesù manifesta sempre la sua disponibilità ma l'attuazione pratica è diversa a seconda delle varie circostanze. Accetta le modalità concrete della sua missione (Lc 9,58: Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo). Nel mettersi in cammino verso Gerusalemme, vi si reca dopo aver preso una ferma decisione (Lc 9,51). Eppure, in prossimità della morte, chiede con grida e lacrime di poter evitare tanta sofferenza (Eb 5,7). Questa constatazione non toglie valore all'offerta di Gesù ma ne riafferma il valore. Se Gesù non avesse provato angoscia e dolore, non avrebbe offerto un vero dono. Nel momento della crisi, tuttavia, non lascia che prevalga la paura ma lascia prevalere il suo spirito di Figlio (il pieno abbandono).



Di fronte alla proposta del Signore, quando ci sembra troppo dura, è normale che siamo esitanti. Soltanto la preghiera fa prevalere in noi lo spirito da figli. In altre parole la carità concreta si fa strada in noi per mezzo della preghiera. Senza la preghiera non operiamo la saldatura tra la buona disposizione iniziale (l'eccomi) e l'attuazione pratica nell'ora della prova. Lo prova l'evento del giardino degli ulivi. Tutti i discepoli credono di saper affrontare gli eventi ma in realtà soltanto Gesù, l'unico che rimane a vegliare in preghiera, risulta vincitore della paura. Il donarsi nella carità è frenato dalla paura. Rimaniamo bloccati da dominatori interiori. Non siamo spontaneamente persone dello Spirito (lo siamo a livello d'intenzione). Il Signore deve farsi vicino a noi per liberare la nostra generosità.




il tuo figlio, il tuo unigenito che ami (2).



La Bibbia si sofferma a considerare la durezza della richiesta di Dio. Abramo, abituato a dare delle cose, come faceva normalmente, nell'offerta di sacrifici, ora deve dare davvero se stesso. Noi siamo ciò che amiamo. Spesso ciò che amiamo lo valutiamo più importante di noi stessi. Ad Abramo non viene chiesto di sacrificarsi per il figlio ma di sacrificare il figlio. Non deve orientare diversamente la sua energia d'amore ma eliminare l'oggetto verso il quale si orientava il suo amore. La richiesta implica un riordino totale della sua esistenza, perché presuppone il riordino completo del suo mondo affettivo. L'inizio o la fine di un rapporto d'amore, corrisponde a vere ristrutturazioni della vita stessa. In realtà Abramo deve rinnovare la scelta iniziale: abbandonare tutto per seguire Dio stesso. Egli non deve avere un obiettivo diverso da Dio.


Dal testo passiamo alle esemplificazioni di attualizzazione. Il figlio da offrire a Dio può rappresentare per noi o la rinuncia dolorosa, che ci costa molto, a qualche legame sbagliato oppure il coraggio di affrontare un impegno che avvertiamo all'inizio come troppo gravoso. Di fronte alla difficoltà della scelta dobbiamo ricordare che Dio chiede molto per poter arricchire ancora più abbondantemente.



. L'amore di Dio per noi vale più della vita e l'amore nostro per Dio vale più di un figlio. Il Dio invisibile deve essere più concreto di un figlio visibile.


L'episodio del sacrificio di Abramo suscita ammirazione ma spesso anche un forte sentimento di ribellione. A creare turbamento, in questo racconto, non è tanto la gravità della proposta ma il fatto che essa appaia come del tutto sbagliata e chiaramente sbagliata. L'errore sembra consistere nel fatto che Isacco viene sacrificato senza alcun scopo. Questo modo di pensare non apre la porta a qualsiasi arbitrarietà nel campo religioso?



In effetti Gesù si mostra contrario al comportamento di chi infierisce sulla persona per difendere una norma considerata sacra. Insegna che anche il comando più sacro, come il Sabato, è stato fatto per l'uomo. Già gli antichi profeti erano contrari ai sacrifici umani e il racconto consente con questa critica (o almeno sembra farlo) visto che, alla fine, Isacco è risparmiato.



Anche dopo questi chiarimenti, il passo risulta difficile da integrare nella nostra vita. Il testo insegna che Dio può chiederci un impegno che noi avvertiamo troppo difficile o perfino arbitrario. Non dobbiamo dimenticare che Pietro reagirà in questa maniere di fronte all'annuncio della passione di Gesù: «Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo» (Mc 8,32). In realtà questo è uno di quei passi in cui il lettore è costretto a svelarsi; dalla sua reazione può capire se egli è in sintonia con Dio oppure no. Questo discorso vale sempre in ogni caso nella nostra relazione con Dio e nella lettura della Bibbia. Bisogna che nel credente ci sia una predisposizione ad accogliere il Signore e a porsi in sintonia con Lui. Prima di comprendere il messaggio che viene mandato in onda da chi parla da un'emittente, devo sintonizzarmi con la frequenza che lo trasmette.


Noi possiamo respingere una proposta impegnativa di Dio accampando una molteplicità di scuse anche di carattere teologico. Dimentichiamo che, finché diamo dei limiti a Dio siamo ancora ai margini del cammino dello Spirito. Lo percorriamo ai margini senza avventurarci in esso. Non siamo sulla strada di Dio mentre alimentiamo la mormorazione e vorremmo suggerire a Lui come dovrebbe agire meglio. Siamo affascinati dalla parola amore, ma siamo ben riluttanti di fronte alle esigenze concrete dell'amore.


Gran parte del Vangelo lo consideriamo impossibile. Chiedere ad un cristiano di perdonare, di rinunciare ad un proprio diritto per spegnere una controversia che sta per degenerare, chiedere la fedeltà coniugale oppure chiedere di assumere una missione scomoda... corrisponde alla richiesta di sacrificare il figlio. Diciamo: questo è assurdo! è distruttivo! Non mi si può chiedere una cosa del genere!


Dimentichiamo che la strada della carità non consiste nella somma delle buone cose che ci proponiamo di fare, ma nella disponibilità ad accogliere ciò che, di volta in volta, ci viene richiesto. Il contenuto degli esercizi spirituali non viene costruito dalla nostra volontà e dai nostri buoni propositi, ma dalle esigenze della vita concreta. L'assistenza ad un fratello che degenera, al fratello colpito da una malattia dolorosa e inabilitante, la sopportazione di situazioni difficili ecc. ecc. sono tutti fatti che dispongono per noi la strada reale della spiritualità. Lo Spirito è Colui che ha spinto Gesù a svuotarsi. è spirito d'incarnazione, non di evasione. La carità prende posto in noi, quando lo Spirito ci persuade ad intraprendere ciò che per istinto ci sembra impossibile da operare. Comincia quando diciamo al Signore: chiedimi ciò che vuoi e dammi solo la capacità di farmi fare quanto mi hai chiesto.




Và nel territorio di moria e offrilo in olocausto su di un monte che io t'indicherò...



Dopo aver indicato ciò che è essenziale, rimangono indeterminate le modalità concrete d'attuazione. Un conto è conoscere il contenuto della nostra missione o della nostra vocazione e un conto è individuare le modalità operative d'attuazione. Dio le mostra in seguito, nel corso degli avvenimenti. Questo avviene non perché a Dio piaccia restare misterioso ma perché intende rispettare la nostra capacità di corrispondenza. Egli si comunica a noi in base alla nostra obbedienza. Noi dobbiamo crescere nella nostra capacità di donarci a Dio. La fede che opera nell'amore esige un lungo tirocinio di maturazione. Un atto di fede tale quale comporta l'invito a sacrificare Isacco non poteva essere rivolto ad Abramo prima che egli avesse verificato la bontà e la potenza di Dio.



Nel testo troviamo poi il termine olocausto. In questo tipo di sacrificio la vittima era passata al fuoco. Nell'intenzione dell'offerente, essa passava da una natura terrena ad una natura celeste. Essa era sottratta ad ogni influenza mondana. La consumazione era totale. Salendo come fumo, mediante il fuoco, la vittima saliva fino a Dio. L'olocausto parla della forza intrinseca della carità infusa in noi dallo Spirito. La carità ci libera da ogni influsso del mondo per renderci persone dedite realmente a Dio. Nulla deve rimanere in noi che sia difforme dallo Spirito. Grazie all'amore, diventiamo amici di Dio, un solo spirito con Lui.

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