Il primo aspetto del sacerdozio di Cristo è la sua vicinanza con Dio, l’uguaglianza con Lui. Il secondo aspetto è la sua vicinanza con gli uomini, l’uguaglianza con noi. Il Sacerdote deve essere dalla parte di Dio e dalla parte degli uomini, mediatore tra Lui e loro.
Gesù Cristo, prima di trovarsi in una posizione di autorità sugli Angeli, aveva conosciuto, invece, una situazione d'inferiorità rispetto a loro. Anzi aveva sofferto e sperimentato perfino la morte. Gesù era stato solidale con gli uomini a tal segno, allo scopo di purificarci dai nostri peccati (1,3). Per questo Dio ha voluto glorificarlo.
Questo messaggio, ossia il passaggio dall’umiliazione alla gloria, corrisponde alla visione normale presente in altri passi del Nuovo Testamento. Tuttavia, alla conclusione della sua prima riflessione, l’aurore della Lettera agli Ebrei, suggerisce una nuova prospettiva: Gesù, passando attraverso la vicenda pasquale di morte e di ritorno al Padre, viene stabilito nella funzione di sommo sacerdote (2,17-18). In questo sta la sua gloria, il riconoscimento ricevuto dal Padre.
Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi; e ancora: Io metterò la mia fiducia in lui; e inoltre: Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato.
Dio vuole condurre alla sua gloria molti figli, dopo averli risollevati dall'abisso del male e del peccato. Per questo invia un pioniere che condivida la loro situazione, apra loro una via d'uscita e li conduca fuori al suo seguito.
Gli uomini, per poter partecipare alla gloria di Dio, avevano bisogno di una trasformazione morale. Dal momento che questa comporta l’accettazione della sofferenza, non sempre viene affrontata con il dovuto impegno. Gli uomini appaiono riluttanti e incoerenti. Bisognava quindi che vi si sottomettesse il pioniere, anche se personalmente non aveva alcun bisogno di mostrare la sua fedeltà.
Egli si basa sul principio di solidarietà. Per poter trasmettere la santità agli uomini peccatori, «colui che santifica», cioè Cristo, deve essere membro della stessa comunità, altrimenti non ci sarebbe stata una comunicazione diretta della sua santità. In pratica, il suo impegno di fedeltà a Dio vale per tutti, come se fosse attribuibile a tutti, ed ottiene per loro la perfetta comunione con Dio.
Gesù non ha partecipato alla nostra umanità da privilegiato, ma è diventato in tutto simile a noi, condividendo anche gli aspetti più dolorosi della nostra esistenza. La sua solidarietà fu effettiva e radicale. Questo aspetto viene ripreso nei versetti successivi.
Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Ora l’omileta presenta il suo particolare punto di vista e giunge ad affermare in maniera esplicita il sacerdozio di Gesù. Questi può beneficare gli uomini perché si è arricchito di meriti presso Dio Padre e si è arricchito per essere stato solidale in tutto con noi. Dio Padre ha gradito questa solidarietà e il vivere in modo disinteressato è ciò che risulta gradito a Dio in modo sommo.
L'Antico Testamento non pensava di esigere dal sommo sacerdote una misericordia particolare verso gli uomini. In genere il sacerdozio implicava una netta separazione tra la sfera sacra, alla quale il ministro apparteneva, e la sfera profana, comune a tutti. Cristo, invece, è effettivamente diventato simile in tutto ai suoi fratelli, proprio per avere sofferto egli stesso ciò che tutti soffrono. La sua esperienza personale gli da la capacità di comprendere quelli che sono nella prova e fornire loro un aiuto adatto ai loro bisogni. Gesù appare così misericordioso e degno di fede (ossia affidabile), misericordioso verso gli uomini; affidabile davanti agli occhi di Dio. Il messianismo regale era quello più apprezzato ma era più politico che religioso. Cristo è re in un modo che supera l'idea abituale di dominio regale e il suo agire corrisponde piuttosto alla nozione di sacerdote. La passione di Cristo è stata necessaria perché egli fosse reso pienamente solidale con tutti gli uomini, con i più poveri, mentre la glorificazione celeste è stata necessaria per assicurare alla sua natura umana una relazione perfetta e inamovibile con Dio.
Nel primo Testamento, la mediazione sacerdotale era intesa come una situazione di privilegio. Il mediatore doveva trovarsi in una situazione più elevata rispetto al popolo. Gesù ha vissuto la sua mediazione in senso opposto, realizzando la solidarietà e partecipazione più estrema alle sofferenze dei fratelli.
L'affermazione della lettera agli Ebrei secondo la quale Gesù doveva farsi simile in tutto ai fratelli per diventare sommo sacerdote, segna un contrasto fortissimo e si oppone direttamente alla mentalità e alla condotta dei sommi sacerdoti contemporanei.
Ai loro occhi il pontificato costituiva il massimo di tutte le promozioni umane; per raggiungerlo, cercavano i mezzi più efficaci quali il denaro, l'influenza politica e perfino l'omicidio. È nella direzione esattamente opposta che Cristo inizia il suo cammino per diventare sommo sacerdote: rinuncia ad ogni privilegio e, invece di ritenersi al di sopra degli altri, diviene in tutto simile a loro, simile ai fratelli accettando perfino l'abbassamento della passione, l'umiliazione estrema della croce. Invece di prendere una posizione più alta rispetto agli altri uomini, Cristo ha preso la posizione più bassa, quella di una solidarietà completa con gli ultimi degli uomini, con i criminali condannati a morte.
Sembra un'incoerenza perché l'idea normale è che il sacerdote deve avere una posizione intermedia: bassa di quella di Dio ma più alta di quella degli uomini. Avvicina Dio agli uomini e gli uomini a Dio, ponendosi al di sotto di tutti. Dicendo che Egli fu simile in tutto ai suoi fratelli, l'Autore pensa soprattutto alla passione, all'umiliazione e non soltanto all'incarnazione.
"Messo alla prova e aver sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova". Questo atteggiamento andava anche contro le idee tradizionali dei Giudei più religiosi che avevano grande zelo per la santità del sacerdozio e miravano al mantenimento delle separazioni rituali, considerate il mezzo normale per assicurare la santificazione. Esigere dal sommo sacerdote una somiglianza con gli altri membri del popolo sembrava loro incompatibile con il giusto concetto di sacerdozio. Al sommo sacerdote era proibito soprattutto il contatto con la morte perché si concepiva una incompatibilità completa tra la corruzione della morte e la santità di Dio. Il sommo sacerdote non aveva il diritto di fare lutto neppure per suo padre e per sua madre; sarebbe stato in contatto indiretto con la morte. Gesù, invece, diventa sommo sacerdote per mezzo delle sue sofferenze e della sua morte; questo è il significato del nuovo sacerdozio nella lettera agli Ebrei: diventato sommo sacerdote per mezzo della sua passione.
Cristo sommo sacerdote
Comincia ora la trattazione più rilevante della lettera che ha come oggetto esplicito il sacerdozio di Cristo. Il punto di vista particolare della Lettera agli Ebrei è nuovo e molto originale. L’omileta comincia dare maggiore risalto alla solidarietà di Gesù, un aspetto fondamentale a cui aveva già accennato.
4,14 Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 15Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. 16Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
Gesù è salito fino al cielo ma non è assente da noi, né è diventato estraneo alla nostra esistenza. Nell'Antico Testamento Dio si prendeva cura della sofferenza del popolo ma stando sempre dall'alto, al di fuori. Gesù invece, ha sperimentato il dolore umano dall'interno e questa esperienza gli ha lasciato, per così dire, un ricordo indelebile.
Egli è stato come noi ma non ha vissuto l'esperienza del peccato. La sua innocenza lo ha reso meno uomo? L’onestà rende meno uomini? Al contrario, proprio per poter essere uomini completi, dobbiamo essere persone integre. Il peccato diminuisce la nostra umanità proprio perché spezza il legame di solidarietà tra di noi. Il peccatore biasima Dio e accusa i fratelli, ponendosi in contrasto con loro.
Certi di essere sostenuti da Gesù, possiamo entrare in dialogo con Dio stesso. «Se patì per noi, come potrebbe dimenticarsi di noi? Come non sarebbero sempre davanti ai suoi occhi coloro per i quali fu confitto in croce?» (Cirillo d’Alessandria, Commento sul profeta Isaia, IV, 4). Il trono divino non è più soltanto un seggio di santità temibile ma un trono di grazia.
5. 1Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. 2Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. 3A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Si accenna alla giusta compassione del sacerdote. Nell'Antico Testamento non era evidenziata la solidarietà del sacerdote verso i peccatori. Si insisteva sul fatto che egli dovesse stare piuttosto dalla parte di Dio mentre verso i peccatori, in più casi, si era mostrato molto severo. «I sacerdoti antichi non si preoccupavano di usar misericordia verso chi avesse mancato per negligenza. Cristo invece si è fatto pontefice misericordioso. Egli non solo pretese dagli uomini nessuna pena in riparazione dei peccati, ma anzi li giustificò mediante la grazia e la misericordia» (Cirillo d'Alessandria, Discorsi pasquali, 26,3). I sacerdoti migliori provano una giusta compassione ma Gesù prova una compassione piena.
L’omileta spiega in che modo Gesù abbia ottenuto l’ufficio sacerdotale.
4Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. 5Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì 6come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek. 7Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. 8Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì 9e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, 10essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchìsedek.
Il sacerdote non conquista la funzione sacerdotale ma la riceve in dono da Dio. Aronne era stato designato sacerdote proprio da Lui. Neppure Gesù osò assumere questo titolo ma accolse il conferimento che venne da parte del Padre. L'autore cita due salmi a conferma. Il primo proclama la dignità filiale di Gesù: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato (Sal 2). Il secondo attesta anche la sua dignità sacerdotale: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedek (Sal 109). Non sono due titoli estranei tra loro. Il fatto che Gesù sia Figlio e possieda una relazione profonda ed intima con il Padre lo rende capace di interessarsi di noi e intercedere per noi nel modo più efficace possibile.
In che modo Gesù è diventato o è stato designato come sacerdote? Durante la sua passione, provando una situazione d’angoscia, ha pianto e supplicato Dio che poteva salvarlo dalla morte. La passione di Cristo è anche una preghiera intensa, un'offerta di domande e suppliche. Ogni sommo sacerdote viene costituito tale per offrire, e Cristo ha offerto delle domande. Ogni preghiera autentica è al tempo stesso un'offerta, nel senso che si accompagna sempre a una disponibilità ad accogliere la soluzione voluta da Dio. Gesù, allora, non ha offerto soltanto preghiere ed invocazioni ma la sua sottomissione a Dio, o meglio un pieno abbandono a lui. «Nell'angoscia della morte imminente, Gesù prova l'intenso desiderio, molto umano, di esserne liberato. Assume questo desiderio e lo presenta a Dio in una preghiera di supplica, ma con profondo rispetto di Dio, cioè senza pretendere di imporre qualcosa a Dio, lasciando a lui, al contrario, la scelta della soluzione. Il seguito degli eventi ha mostrato che la volontà di Dio è consistita nel dare a Gesù la forma di esaudimento più perfetta: la vittoria sulla morte, completa e definitiva, per mezzo della morte stessa» (Vanhoye).
Gesù pregò dicendo: se è possibile, passi da me questo calice (Mt 27,53): «Egli in realtà voleva ciò che rifiutava, ma era proprio del Verbo il volerlo (era venuto per questo), mentre il timore era proprio della carne. Il Verbo unì il proprio volere alla debolezza umana per far scomparire anche questa e rendere l’uomo coraggioso di fronte alla morte. Con la sua presunta viltà, ha reso gli uomini coraggiosi e privi di timore. Dal coraggio dei martiri appare chiaro che non era la divinità a temere, ma che il Salvatore stava eliminando la nostra viltà» (Atanasio, Trattati contro gli ariani, 57,1).
Gesù impara ad obbedire. Da sempre aveva vissuto un atteggiamento di perfetta adesione alla volontà di Dio. Tuttavia un conto è nutrire una disposizione di docilità e un altro vivere in concreto l'obbedienza come virtù provata. La disposizione preliminare diventa una virtù concreta quando sono affrontate e superate delle dure prove. In questo senso ha imparato l’obbedienza.
Proprio grazie al suo pieno abbandono, Gesù è diventato causa di salvezza eterna. Nella passione di Cristo l’umanità è stata rinnovata in modo radicale. Prende origine un uomo nuovo, che corrisponde perfettamente all'intenzione divina, perché ha accettato di imparare l'obbedienza nel travaglio del dolore.
«Cristo diede se stesso come esempio e per suo mezzo all’uomo è possibile pervenire alla misura dell’età adulta e alla perfezione dello Spirito. Per dare questo esempio il Verbo di Dio viene tentato dal Maligno, per divina disposizione. Sopporta oltraggi, disprezzi e violenze, indicando quale disposizione dobbiamo mostrare a coloro che ci disprezzano e ci infliggono la morte. L’uomo sia come sordo e muto che non apre la bocca. Conficcato alla croce con i chiodi, gridi con forte grido a Colui che può salvarlo da morte e dica: purificami dai miei peccati. Allora, divenuto immacolato, trova Colui che gli ha sottomesso tutte le cose e regna e riposa con Cristo» (Cf. Macario l’egiziano, Parafrasi…, 50).

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