martedì 18 settembre 2012

COMMENTO AI SALMI DI LODI (lunedi 2)


Lunedì. Seconda settimana.

Salmo 41
Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core. 


Supplica angosciosa di chi non ritrova più la dolcezza della comunione con Dio dopo averla conosciuta. La Chiesa rivive la preghiera di Gesù, con forti grida e lacrime, nel giardino degli ulivi, prima della sua passione. Invoca a favore degli uomini che vivono il dolore, anche inconsapevole, dell’assenza di Dio.
[Soprattutto il ritornello (Perché sei così triste, anima mia…) ricorda l’espressione di Gesù: «L’anima mia è triste fino alla morte» (Mc 14, 34)]

Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?».

Questo io ricordo e l’anima mia si strugge: avanzavo tra la folla, la precedevo fino alla casa di Dio, fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. 
In me si rattrista l’anima mia; perciò di te mi ricordo dalla terra del Giordano e dell’Ermon, dal monte Misar. Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. 
Di giorno il Signore mi dona il suo amore e di notte il suo canto è con me, preghiera al Dio della mia vita. Dirò a Dio: «Mia roccia! Perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?». Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?». Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.



Come la cerva anela… Il tormento nasce a motivo dell'impossibilità di accedere al tempio. Il versetto iniziale fa entrare nel cuore del problema. La cerva non trova più i ruscelli d’acqua dov’era abituata a dissetarsi, poiché si sono dissecati, e prova il tormento della sete. Allo stesso modo, il credente non ritrova più la comunione con Dio e ne soffre. (cfr Ger 15, 18: «Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti»). [Cf. il testo di Giovanni della Croce, in calce]. 
Le lacrime sono il mio pane… Quale il significato? a) l’esistenza ha interrotto il suo pacifico corso normale come in Gb 3, 24: «Al posto del pane viene la mia sofferenza perché ciò che temevo mi è sopraggiunto»; b) Il pianto è così frequente da scoppiare anche durante il pasto, come in Sal 101, 10: «Cenere mangio come fosse pane, alla mia bevanda mescolo il pianto»; c) soffro a tal punto da perdere l’appetito. Il dolore è cresciuto a causa dello scherno degli idolatri che lo circondano.
Questo io ricordo… Il salmista, chiuso nel dolore, è rivolto soltanto al passato quando era lieto di animare i pellegrinaggi al tempio.
Un abisso chiama… Il rumore delle cascate sui monti, dove il salmista si trova, evoca l’abisso primordiale (tehòm); la sofferenza ha una forza travolgente; percuote l'uomo come se questi si trovasse sotto un flusso costante di acqua che precipita su di lui.
Di giorno il Signore… Rivolgersi a Dio, nella lamentazione, è un modo efficace per rianimarsi nel dolore, in vista di riprendere forza.
Il salmo, interrotto in modo brusco, prosegue con uno sguardo fiducioso al futuro nel salmo 42 (cf. martedì, prima settimana).



Rilettura di Bruno di Segni

Come il cervo desidera le fonti d’acqua: così la mia anima desidera te, Signore. Ogni vizio e peccato è un veleno per l’anima. Non riusciremo a farli scomparire da noi, se non ci accosteremo a Dio, se non ci rifugeremo in lui e se non berremo l’acqua che ci è stata raccomandata dal Signore: «Chi berrà dell’acqua che io darò loro, non avrà più sete» (Gv 9,14).
L’anima mia ha sete del Dio vivente. Pativa questa sete l’apostolo quando esclamava: «Desidero morire ed essere con Cristo» (Fil 1,23). La pativa anche Isaia nel dire: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!» (Is 64,1). Molti altri ancora, ai quali questa esistenza pesava in modo enorme, desideravano con tutte le loro forze [l’altra] vita. L’anima mia ha sete del Dio vivo e poiché continuava a provare sete aggiunse: Quando verrò e apparirò davanti al volto di Dio? Giustamente il Signore è chiamato Dio vivo, poiché egli contiene tutta la vita e in lui vive ogni cosa e senza di lui non è possibile alcuna vita.
Le lacrime furono il mio pane giorno e notte, mentre si diceva a me ogni giorno: dov’è il tuo Dio? I pagani spesso insultavano i cristiani dicendo loro: dov’è il vostro Dio? Si faccia vedere adesso, se lo può fare, e vi aiuti; se è davvero Dio, vi liberi dalle nostre mani. Nabucodonosor provocava in questo modo i tre fanciulli: «Quale Dio vi potrà liberarvi dalle mie mani?» (Dan 3,15), ma loro gli replicarono con profonda sapienza: «Dio è potente e, se vuole, ci libererà dalle tue mani; se, però, non lo vorrà fare, sappi che non onoreremo i tuoi dei e non adoreremo mai la statua d’oro che hai eretto» (v.18). Che cosa facevano i santi, nel ricevere tali attacchi? Soffrivano, pregavano, si nutrivano delle loro lacrime. Non tutti possono affermare che il loro nutrimento è di tal genere, perché esso è un alimento proprio dei perfetti ai quali piace soltanto contemplare Dio.

Questo ricordo e ho effuso la mia anima. Quando gli infedeli mi dicevano quelle cose, mi sono ricordato che sarei passato nel luogo della tenda meravigliosa e che sarei giunto fino alla casa di Dio; allora avrei visto il mio Dio e il mio Salvatore, circa il quale costoro mi dicono: Dov’è il tuo Dio? I santi, ottenuta la beatitudine, subito vedranno; con gli occhi del corpo [vedranno] l’umanità di Cristo e con gli occhi dello spirito la sua divinità, affinché la vista di entrambe sia utile e non resti inefficace. Perciò l’apostolo Giovanni parla così del Signore: «Sappiamo che quando si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è» (Gv 3,2). Mi ricordai queste cose e venne meno la mia anima; la ripresi mentre stava per separarsi da me e gli feci riprendere la forza del primo vigore.
Con voce d’esultanza e di lode, suono di gente in festa. Il Profeta ci fa conoscere con quale gioia e letizia le anime dei santi vengano accolte in quella beatitudine. Per questo precisa: suono di gente in festa. Il grido di gioia e di lode sarà così intenso come lo è il suono di chi festeggia perché non gli manca nulla, di chi batte le mani, di chi gode e si ricrea in una felicità ineffabile. Non poteva elaborare una similitudine più adatta per esprimere la dolcezza e l’esultanza del suo ingresso.
Perché sei triste anima mia e perché ti agiti in me? Spera in Dio e ancora potrai lodarlo. Nel esortare e rianimare una parte di se stesso, [il salmista] mostra un grande esempio per i suoi ascoltatori ed insegna loro come devono comportarsi quando si sentono avviliti per i grandi insulti e ingiurie che ricevono. Perché sei triste, anima mia? Sopporta con pazienza e non lasciarti turbare perché tutto questo passerà in fretta; piuttosto spera in Dio che non abbandona coloro che sperano in lui: infieriscano gli avversari quanto vogliono, minaccino pure ed uccidano, mi tormentino quanto vogliono ma io continuerò a confermare la mia fede e mai rinnegherò il mio Dio, neppure per il timore della morte.
Mi dicono: dov’è il tuo Dio? Rispondo che Egli è assai vicino e che accoglierà subito la mia anima quando lascerà [il corpo]. […]

Di giorno il Signore invierà la sua misericordia e lungo la notte la manifesterà. Ciò che accade di giorno non resta ignorato, e neppure ciò che viene manifestato nella notte, anche se essa è priva di luce. Il Signore mandò la sua misericordia di giorno, - quando non risparmiò il proprio figlio ma lo consegnò per tutti noi (cf. Rm 8,32)-, poiché la fece conoscere a tutti i popoli. Annunciò e fece sperimentare la sua misericordia nel corso della notte; anzi ogni giorno l’annuncia e la fa conoscere quando libera e scampa i suoi fedeli da grandi pericoli e da tribolazioni. Quest’uomo santo, memore di un dono così grande, dice alla sua anima: Spera in Dio, poiché lo potrò lodare anche in seguito.
Presso di me è la preghiera della mia vita; dirò a Dio. Presso di me e nel mio cuore è presente la preghiera che intendo formulare al Dio della mia vita. Dio della mia vita è colui ci diede la vita e la custodì dopo avercela donata, che mandò il suo soffio sul volto del primo uomo e gli infuse il respiro da vivente. In che cosa consiste quella preghiera [a cui ha accennato]? Lo chiarisce nel seguito: Mia difesa, perché mi hai dimenticato e respinto, perché me ne vado nella tristezza, affitto dal mio nemico? Mentre mi infrangono le ossa, mi deridono e mi perseguitano e intanto mi dicono: Dov’è il tuo Dio? Il contenuto della sua preghiera si sviluppa in queste parole; la conservava in se stesso ma si riprometteva di esprimerla al Signore.
Perché mi hai dimenticato e respinto? Se Dio lo ha sempre accolto, come può averlo dimenticato o respinto? Ascoltiamo la stessa voce. Perché, se non mi hai respinto, me ne vado nella tristezza, afflitto dal mio nemico? Se non mi avesse dimenticato, sarei rimasto sereno nelle mie sofferenze e avrei sopportato tutto con pazienza. Abbiamo letto che molti santi continuavano ad essere gioiosi anche fra i tormenti e desideravano perfino sofferenze più gravose. Si duole la Madre Chiesa per coloro che non furono in grado di raggiungere un grado di perfezione così elevato. Continua la stessa preghiera: perché me ne vado triste, mentre mi infrangono le ossa. Non si lamenta della frattura delle ossa, ma piuttosto si duole di essere stata triste, mentre gliele rompevano. Nella fatturazione dello ossa, che comporta un dolore acuto, viene evocata ogni altra sofferenza sopportata dai santi; benché essi le sopportassero nel dolore, erano lieti di dover affrontarle per il nome di Cristo. Continua: perché me ne vado nella tristezza, affitto dal mio nemico? Mentre mi infrangono le ossa, mi deridono e mi perseguitano e intanto mi dicono: Dov’è il tuo Dio? Essa c’insegna a non trasferire fino nel nostro cuore le offese che possiamo ricevere ma, al contrario, di sopportare con gioia i patimenti sofferti per la fede in Cristo. Perciò aggiunge:

Perché sei triste, anima mia e ti turbi in me? Cessi ogni tristezza. Accettiamole nella gioia perché «le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18). Spera in Dio e ancora lo loderò, salvezza del mio volto e mio Dio. Spera nel Signore! Lo dice a se stesso e alla sua anima. Ci dispiaccia di aver compiuto in modo imperfetto ciò che abbiamo fatto. Tuttavia abbiamo una speranza lieta: lo loderemo per sempre, «né morte, né vita ci potranno separare dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù» (Rm 8,39). Egli è la salvezza del nostro volto e il nostro Dio.


Altri suggerimenti

Di giorno il Signore mi dona il suo amore: «Nessuno manchi di ascoltare quando è nella tribolazione. State attenti quando vivete nel bene, ascoltate quando siete nella prosperità; imparate, quando siete tranquilli, la disciplina della sapienza, e raccogliete come fosse un cibo la parola di Dio. Quando uno è nella tribolazione, gli giova ciò che ha ascoltato quando era tranquillo. Infatti nella prosperità Dio ti manda la sua misericordia, se fedelmente lo avrai servito, perché ti libera dalla tribolazione; ma soltanto per mezzo della notte ti annuncia la misericordia che ti manda per mezzo del giorno. Quando sarà venuta la tribolazione allora non ti mancherà l'aiuto; ti mostra che era vero ciò che ti ha mandato durante il giorno. Di giorno il Signore ha mandato la sua misericordia e di notte la annunzierà.  Per questo siamo esortati a imitare la formica . Come infatti la prosperità del secolo è rappresentata dal giorno, così le avversità del secolo sono rappresentate dalla notte; del pari, in altro modo, la prosperità del secolo è rappresentata dall'estate, mentre le avversità del secolo sono rappresentate dall'inverno. E che cosa fa la formica? Durante l'estate raccoglie ciò che le serve d'inverno. Dunque quando è estate, quando vivete nel bene, quando siete tranquilli, ascoltate la parola del Signore».
Quando rompono le mie ossa… «Quando vediamo i forti della Chiesa cedere spesso agli scandali, non dice forse allora il Corpo di Cristo: il nemico spezza le mie ossa? Le ossa infatti sono i forti, e talvolta gli stessi forti cedono alle tentazioni. Quando un membro del Corpo di Cristo osserva tutte queste cose, non grida forse con la voce del Corpo di Cristo: perché mi hai scacciato, e perché rattristato devo camminare, mentre il nemico mi affligge, mentre spezza le mie ossa? Non soltanto le mie carni, ma anche le mie ossa; perché tu vedi cedere alla tentazione anche coloro nei quali si riteneva vi fosse una certa forza, e gli altri deboli disperano quando vedono soccombere i forti. Come sono grandi questi pericoli, fratelli miei!» (Agostino)


Il desiderio di san Giovanni della Croce


Sola qui, gemente, mi hai lasciata! Occorre notare che l’assenza dell’Amato causa continui gemiti nell’amante, perché non ama niente al di fuori di lui, in nulla trova riposo e sollievo. Da questo si può riconoscere chi ama davvero Dio: se non si contenta di qualcosa d’inferiore a Dio. San Paolo ci fa ben comprendere cos’è questo gemito quando dice: Gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli di Dio (Rm 8,23). È come se dicesse: dentro il nostro cuore, dove abbiamo il pegno dell’Amato, sentiamo ciò che ci tormenta, cioè l’assenza. Questo è il gemito che l’anima lascia sempre intendere a motivo dell’assenza del suo Amato, soprattutto quando, dopo aver gustato qualche dolce e piacevole sua comunicazione, egli la lascia nell’aridità e nella solitudine. Tale condotta la turba molto.  (Giovanni della Croce, Cantico, 1,6)




Salmo 18 A

Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.


Dio si manifesta, in modo silenzioso ma chiaro, nell’apparizione degli astri, in modo particolare nel sole. Il sole è come un prode coraggioso, capace di vincere ogni avversario. La Chiesa annuncia la vittoria di Cristo, Sole di giustizia, e invoca perché i suoi membri brillino come astri nel mondo, facendo volgere l’attenzione alla Parola di vita.

I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio.
Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuziale: esulta come un prode che percorre la via. Sorge da un estremo del cielo e la sua orbita raggiunge l’altro estremo: nulla si sottrae al suo calore.

I cieli... il firmamento: rappresentano tutti gli spazi celesti.
Il giorno al giorno… La regolare alternanza del giorno e della notte comunica già di per sé, senza parole, l'opera di Dio in azione nella sapiente armonia dell'universo.
Una tenda per il sole... Il buio della notte rappresenta la tenda dove il sole va a coricarsi prima di uscire di nuovo a fecondare (come sposo) la terra e a dominare il corso del giorno. Il sole è un prode ma anche un atleta, che corre da un punto all'altro dell’orizzonte (cf. Vigini).
Il salmo, di per sé, continua (18 B) assegnando al giusto alcune caratteristiche del sole.


Rilettura cristiana di Bruno di Segni

I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia le opere delle sue mani. Gli apostoli santissimi possono essere considerati dei cieli per una serie di motivi: nella Chiesa sono le membra più eccellenti e più grandi; nell'ambito della loro autorità, hanno potere su tutto; nascondono e contengono in se stessi i segreti divini; sono tempio di Dio e lo Spirito Santo, che fu comunicato a loro in modo visibile, abita in loro; a somiglianza della volta celeste, sono trapuntati e diversificati tra loro di tutte le virtù, come da splendide stelle. Sono loro a narrare la gloria di Dio, sono loro che annunciano le opere delle sue mani. Giustamente si dice che sono un fondamento, perché tutta la Chiesa è stabilita e fondata sulla loro fede. Dice infatti l'Apostolo: «Siete edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti» (Ef 1,20). Furono resi tali da poter essere inviati in tutto il mondo a proclamare la gloria di Dio. Il profeta, che parla in questo salmo, non avrebbe potuto assegnare a loro un nome più nobile di quello di cielo e firmamento.
La trasmissione della parola, da un giorno all'altro giorno, ha lo stesso significato [del detto precedente] i cieli narrano la gloria di Dio. Coloro che prima ha chiamato cieli, ora li chiama giorni. Del resto il Figlio di Dio nel Vangelo li aveva denominati luce: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14). Anche questa denominazione attribuisce loro onore e grandezza. Il giorno trasmette al giorno la parola, quando i santi Apostoli, illuminati dalla vera luce, annunciano la parola della predicazione al popolo cristiano, che a sua volta è un giorno. 
Tuttavia compare anche un vero delitto e un male intollerabile! A somiglianza del giorno che trasmette la parola di Dio, anche la notte trasmette una scienza ad un'altra notte. Se gli apostoli e i fedeli sono chiamati giorno, perché non si potrebbero considerare notte tutti gli eretici e i miscredenti? Quando essi trasmettono ai loro ascoltatori il loro errore e la loro tenebra, allora senza dubbio avviene che una notte trasmetta all'altra il suo sapere.
Non sono parole, non sono discorsi dei quali non si comprenda la loro voce. In un altro testo troviamo lo stesso messaggio: «Gli apostoli annunciavano in varie lingue le grandi opere di Dio» (At 2,11). Parlavano in tutte le lingue e pieni di Spirito Santo pronunciavano dei discorsi colmi di sapienza e di scienza. Dove?
In tutta la terra si è diffusa la loro parola e ai confini del mondo il loro messaggio. E che cosa insegnavano? Lo dice ora:

Nel sole ha posto la sua tenda ed egli è come uno sposo che esce dal suo talamo. Esultò come un gigante nel percorrere velocemente la via; dall'altezza del cielo la sua uscita. La sua orbita fino alla sua sommità e nessuno può ripararsi dal suo calore. Troviamo una sintesi dell'annuncio degli apostoli, un riferimento alla nascita, all'ascensione e al giudizio finale. La tenda di Cristo è la sua natura umana nella quale, come dichiara l'Apostolo, abita la pienezza della divinità in modo corporale (Col 2,9). Il Signore pose nel sole la sua umanità poiché la fece conoscere a tutti i popoli. Ciò che non appare alla luce del sole, rimane nascosto nel buio e non può essere scorto. Soltanto ciò che risplende alla luce del sole può essere visto e non rimane oscurato. Per questo leggiamo in altri testi: «Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza e davanti le genti ha rivelato la sua giustizia» (Sal 97,2). Come uomo il nostro Salvatore è nel sole, come Dio è al di sopra del sole; come uomo poté essere visto ma come Dio rimase invisibile. Uscì come uno sposo dal suo talamo, ossia dal ventre verginale, dove avvenne quell'unione ineffabile, là dove la divinità si unì all'umanità in modo ineffabile. 
Esultò come un gigante nel percorrere velocemente la via. È la stessa via di cui è detto in un altro salmo: «Sulla via, berrà da torrente e per questa sollevò il capo» (Sal 109, 8). In questo testo si dichiara apertamente che Egli sopportò volontariamente tutte le sofferenze che vengo raccontate a suo riguardo. La sua via fu questo percorso: nascere da una vergine, compiere miracoli, morire, risorgere e in seguito, dopo aver fatto tutto questo, salire al cielo. Perché lo si paragona ad un gigante? Il Signore è presentato come un gigante perchè fu forte ed invincibile.
La sua orbita fino alla sua sommità e nessuno può ripararsi dal suo calore. Lo conferma Cristo stesso: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e ritorno presso il Padre» (Gv 16,28). Penso che nella sommità del cielo indichi Dio Padre, perchè egli è al di sopra di tutto e non v'è nulla al di sopra di Lui. Dire dalla sommità fino alla sommità è un modo per indicare che il Padre è del tutto uguale a Lui.
L'aggiunta: nessuno può ripararsi dal suo calore, può essere compresa in due modi: o una menzione del fuoco dello Spirito Santo o un'allusione al calore del fuoco eterno. Non esiste un uomo che non provi almeno uno di questi due calori. La persona che, in questa vita, si lascia infiammare dal fuoco dello Spirito Santo non affronterà il divampare di quel fuoco. Conclusa la prima esposizione della predicazione degli apostoli, esaminiamo la seconda nella quale parla della Legge del Signore e della giustizia, del timore e del giudizio. 



Rilettura di Cassiodoro

I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. In un senso strettamente letterale si potrebbe pensare che i cieli abbiano raccontato la gloria di Dio quando una stella, come guida, precedette i magi diretti a Betlemme e, rimanendo ferma sopra la sua culla, manifestò la venuta del Signore Salvatore (Mt 2, 9-11). Tuttavia mi sembra che sia preferibile riferire questo agli apostoli e ai profeti i quali, trattando l’argomento della sua venuta, riempirono l’universo di sante esortazioni. . 
Aggiunge annuncia il firmamento: sono i predicatori della sua incarnazione che ha reso irremovibile la solidità della nostra fede. 
Il giorno trasmette la parola al giorno e la notte alla notte ne dava notizia. Il giorno trasmetteva la parola al giorno quando il Signore parlava agli apostoli. Egli infatti, irradiando di amore divino, infondeva parole di luce celeste in quegli uomini dal cuore purissimo. Lasciava fuoriuscire la parola, quando trasmetteva gli insegnamenti a istruzione dei santi, dopo averli fatti emergere dai profondi penetrali. 
La notte dava notizia alla notte quando Giuda tradì il Cristo e lo consegnò ai giudei perché venisse ucciso (Mt 26, 47-50). Dare notizia è tipico di chi tradisce. Si erano accordati tra di loro che avrebbero catturato colui che quel vero criminale avrebbe baciato.

Su tutta la terra è uscito il loro suono e ai confini della terra le loro parole, ha posto nel sole la sua tenda. La terra significa l’uomo, il quale è in grado di ascoltare e di credere. Il suono fa pensare alla fama dei miracoli che si diffondeva, a motivo della novità stessa, tra i singoli popoli accompagnata da un giudizio assai favorevole. I confini della terra sono i re, i quali custodiscono i loro regni come fossero i confini della loro proprietà; voleva che rendessero noto come, in verità, le parole del vangelo non erano giunte soltanto presso gli umili ma anche presso i capi delle nazioni. 
Segue il santo annunzio da parte del profeta dell’incarnazione del Verbo, così poteva dire di aver compiuto anche da parte sua ciò che aveva elogiato altri di aver fatto. Dagli apostoli passa alla persona del Signore. Nel sole ossia intende dire nella manifestazione al mondo. La tenda è la presenza del suo corpo. 
Ed Egli come uno sposo che esce dal suo talamo, esultò come un gigante per percorrere velocemente la sua strada. Dicendo Egli, fa riferisce a Cristo il quale, come sposo della sua Chiesa, esce dal suo talamo, cioè dal grembo verginale di Maria. Con un paragone così solenne, espose il sacramento della sua incarnazione. Con questo intento uscì dal grembo verginale, in seguito ad un progetto salvifico ammirevole, per riconciliare il mondo con Dio ed infine per unire a sé, allo sposo, la Chiesa, nell’amore.  
A ragione poi il nostro Cristo ora viene paragonato ad un gigante, perché, vincendo con la grandezza della sua potenza la natura umana, debellò tutti i vizi del mondo insieme al loro crudele istigatore. Dicendo poi per percorrere velocemente la strada, ribadisce ciò che aveva detto nel salmo primo: non stette nella via dei peccatori. Questa strada significa il corso della sua vita, quello trascorso dal Signore divenuto uomo; ossia il fatto che nacque, crebbe, insegnò, patì, risuscitò, ascese al cielo, siede alla destra del Padre. Giustamente dunque ha detto di aver trascorso velocemente la strada, poiché non gli accadde mai di trattenere la sua azione nella prospettiva mondana. . 
7. Da un’estremità del cielo la sua uscita e la sua corsa fino alla sua sommità; nulla si sottrae al suo calore. Se osserviamo con diligenza, qui viene manifestata la grandezza di tutta la Trinità. L’estremità del cielo si riferisce al Padre, la sua uscita allude alla generazione del Figlio, non temporale ma coeterna al Padre, che è prima di ogni inizio, dal momento che il Figlio stesso è principio. La sua uscita, viene denominata così in base alla prospettiva umana, perché Cristo, permanendo nell’una e nell’altra natura dopo aver assunto la carne, salì alla sede della maestà paterna. Fino alla sua sommità, ossia fino alla divinità per la quale il Figlio è sempre uguale al Padre. Infatti se viene dalla sommità, non è per nulla inferiore; se ritorna alla sommità, egli è un uomo Dio uguale al Padre nell’essenza divina, continua a rimanere in quella condizione in cui era venuto e la miseria della condizione umana non lo privò di nulla. 
Infine il fatto che dica: nulla si sottrae al suo calore, sembra fare allusione allo Spirito Santo, inviato ai discepoli dopo la sua ascensione. Egli è infatti il calore dal quale nessuno si può sottrarre, perchè, nella potenza della sua divinità, conosce il cuore di ognuno.  

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