sabato 15 settembre 2012

COMMENTO AI SALMI DI LODI (venerdi 1)


Venerdi Prima settimana


Salmo 50

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.

Aspergimi con rami d’issopo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso.

Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode.
Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Nella tua bontà fa’ grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l’olocausto e l’intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

Richiesta di perdono, che sorge dalla consapevolezza sincera della colpa commessa, e richiesta di saper vivere in vera fedeltà a Dio. La Chiesa chiede di essere di nuovo giustificata per grazia e non in base ai meriti, e di divenire santa, senza macchia né ruga come Cristo la desidera trovare.

Il salmista contempla chi è Dio, considera il suo amore (chasdèka) e la sua grande misericordia (rachamèka) e chiede l’annullamento totale del peccato.
Che cosa chiede Dio all’uomo? Il riconoscimento sincero di aver peccato, un pentimento profondo e non superficiale (il mio peccato mi sta sempre davanti). Bisogna interrompere una lunga sottomissione al male, che perdura fin dalla nascita: nel peccato mi ha concepito mia madre (non significa che l’atto sessuale sia una colpa ma che il peccato accompagna tutta l’esistenza, dal suo principio). Questo sentimento nel cuore dell’uomo testimonia che è divenuto discepolo della sapienza di Dio, che gli ha parlato toccandogli il cuore.
Che cosa chiede l’uomo a Dio? In primo luogo un risanamento radicale di tutta la persona (aspersione con l’issopo; diventare candidi come neve; l’esultanza delle ossa) ma soprattutto  la capacità di restare fedeli in avvenire.
Il salmista si propone di testimoniare ad altri peccatori la sua esperienza. Difficile l’espressione: liberami dal sangue. Si tratta del castigo della morte (che ogni peccatore meriterebbe) o il sangue versato da Davide nell’omicidio di Uria?
Un sacrificio cruento d’animali, offerto senza pentimento, non ha alcun valore; il pentimento invece sostituisce il sacrificio quando non è possibile offrirlo. Il pentimento del cuore vale di più del sacrificio cruento d'animali. 
Infine il salmista chiede il perdono e la ricostruzione di Gerusalemme


Rilettura cristiana di Bruno di Segni

Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia. Dio agì sempre con misericordia; ancora adesso è misericordioso. Si mostrò misericordioso in modo incomparabile quando redense il mondo e con il proprio sangue distrusse il peccato originale. A questo gesto di misericordia allude anche un altro versetto dei salmo dove leggiamo: «Ha confermato per noi la sua misericordia» (Sal 116,2). Ha confermato, ha portato prove di quanto sia misericordioso. Chiede che questa misericordia scende in primo luogo su di lui, poiché riconosceva che il suo peccato era più grave di ogni altro. Spera con grande fiducia che gli vengano rimessi anche i peccati minori, visto che Egli è così disposto a perdonare anche quello più grande.
Secono la moltitudine delle tue misericordie distruggi la mia iniquità. Se prima aveva parlato di grande misericordia al singolare, ora parla al plurale di una moltitudine di atti di misericordia. La misericordia non è soltanto grande, ma immensa e incomparabile. 
Lavami del tutto dalla mia ingiustizia e purificami dal mio delitto. Il suo peccato non poteva essere annullato se non in seguito a quell’atto definitivo di misericordia del quale ho parlato, facendo riferimento alla passione di Cristo. Tutti i peccati rimanenti, prima o dopo la sua venuta, non avrebbero potuto ricevere il perdono senza il sangue di Cristo. Si mostra così come se avesse detto: Conosco il motivo per il quale [sarò perdonato] e sono fiducioso.

Poiché riconosco la mia malvagità e il mio peccato sempre mi accusa. Dicendo di riconoscere d’aver peccato e di ricordare sempre la sua colpa, mostra che sta compiendo una penitenza sincera. Del resto in molti passi della Bibbia Dio promette di perdonare ai fedeli che mostrano una tale sincerità di pentimento. Ci presenta così un grande esempio su come anche noi dobbiamo pentirci.
Contro te solo ho peccato, e davanti a te ho compiuto il male. Davide era un re, molto potente nel sua epoca, e non temeva nessuno all’infuori di Dio. Per questo dice: Ho peccato soltanto nei tuoi riguardi, a te solo renderò conto, perché non ci sarà nessun che oserà rinfacciarmi la mia colpa. D’altra parte non possono nascondere a te il mio operato, perché ciò che ho fatto, l’ho compiuto sotto il tuo sguardo, perché tu vedi tutto e nulla ti rimane nascosto. 
Così mostrerai che sei veritiero nelle tue promesse e che imponi il tuo volere quando giudichi. Il Signore si dispone a perdonare il peccato, se vuole che le sue promesse vengano considerate veritiere. Davide conosceva bene le promesse di Dio, anzi proprio lui, [sapeva] ciò che Dio aveva detto, come egli stesso dichiara. Si rendeva conto che Dio e le sue parole sono così solide e sicure, da non poter lasciar cadere la su promessa. Mentre prestava attenzione al pentimento del suo cuore e alle parole del Signore, con le quali promette ai veri penitenti il perdono, non aveva alcun dubbio circa la misericordia o sul fatto che gli sarebbe stato concesso il perdono.
Valutava se stesso in base alla sua penitenza e Dio in base alle sue parole e osservava come giungessero entrambi alla stessa conclusione. Diceva nel suo cuore: perdona il mio peccato affinché tu possa mostrarti veritiero nelle tue promesse, cioè affinché le tue parole siano verificate come affidabili e inattaccabili ad ogni critica. Affinché tu faccia valere il tuo volere quando giudichi. Se le promesse di Dio non risultassero veritiere, Dio non uscirebbe come un vincitore ma come un vinto. In un processo vince il contende che dimostra di aver detto il vero. Dio risulta vincitore se perdona il peccato, perché allora adempie la promessa e le sue dichiarazioni si traducono in pratica. I fedeli che intraprendono una sincera penitenza si lascino istruire da queste parole e imparino ad abbandonarsi alla misericordia di Dio perché Egli agisce come ha promesso.
Ecco sono stato concepito nell’iniquità e nei delitti mi ha partorito mia madre. Fornisce un altro motivo per il quale il Signore dovrebbe volgersi per fare misericordia a lui, perché è stato concepito ed è nato nell’iniquità e la sua inclinazione a soggiacere agli impulsi della carne era impiantata in questa radice.

Aspergimi con issopo e sarò mondato, lavami e sarò più bianco della neve. L’issopo sta per il sangue perché le aspersioni con il sangue dell’agnello immolato si facevano con rami d’issopo. L’espressione aspergimi con l’issopo non significa altro che aspergimi con il sangue del Figlio tuo. Ha detto aspergimi e indica l’issopo lo strumento usato per aspergere e inoltre non parla di nessun altro strumento adatto per aspergere. Non resta che pensare che egli voglia indicare l’issopo con il quale nell’antichità si facevano le aspersioni, per ordine divino. Il sangue dell’agnello era un segno prefigurativo di quell’altro Agnello che avrebbe tolto il peccato del mondo; aspersi dal suo sangue, siamo stati purificati dal peccato d’origine. «Egli ci ha amati e ci ha lavati dai nostri peccati con il suo sangue» (Ap 1,5). Nulla è più candido della neve, tuttavia dichiara che sarà più candido di essa e in questo modo preannuncia la glorificazione mirabile dei santi.
Mi farai udire [notizie] di gioia e letizia. La gioia sarà completa quando il nostro Salvatore scenderà nel regno dei morti e strapperà costui da quel luogo di tenebra insieme a tutti gli altri santi. Perciò è scritto: «O morte sarò la tua morte, sarò il tuo pungiglione o inferno» (Os 13,14). Esulteranno le ossa umiliate. Si pensa che Davide fu uno di coloro che risuscitarono con il Signore; giustamente afferma che le sue ossa esultarono perché erano state umiliate nella polvere per lungo tempo.
Distogli il tuo volto dai miei peccati e distruggi tutte le mie iniquità. Distogli già da ora il tuo volto dai miei peccati e dimenticali, non osservarli più a lungo e abbi pietà di me, visto che mi accoglierai in una gloria tanto grande e mi chiamerai prima degli altri. Non conviene che tu permetta che ora la mia vita rimanga macchiata, visto che nell’altra vita mi prepari una gloria sorprendente.

Un cuore puro crea in me, o Dio. Espelli dal mio cuore ogni cosa vana, ogni forma di stoltezza, ogni cattivo pensiero. Lì sta la fonte e l’origine del bene e del male; da lì traggono origine i vizi, si formano le radici del male, le quali, se non vengono strappate subito, cresceranno in maniera smodata in grande altezza. «Dal cuore escono i cattivi pensieri, i furti, gli adulteri, gli spergiuri, gli omicidi, le false testimonianze e altre cose simili che inquinano l’uomo» (Mt 15,19). Perciò sta scritto: «Con ogni cura custodisci il tuo cuore, perché la vita sgorga da esso» (Pr 4,23).
Immetti nelle mie viscere uno spirito retto. Lo Spirito Santo che è retto e rende retti non può essere rinnovato. Si dice che viene rinnovato quando viene ad abitare una seconda volta, in modo nuovo, nella casa che aveva lasciato, a motivo delle offese ricevute.
Non cacciarmi lontano dal tuo volto e non allontanare da me il tuo Spirito. Formulando questa richiesta, mostra che, prima della conversione, Dio era adirato con lui e che lo Spirito Santo si era allontanato. Chiede allora che lo Spirito Santo ritorni da lui, com’era prima, e venga corroborato dalla sua illuminazione.
Rafforza in me il tuo Spirito principale. Spirito retto, Spirito santo, Spirito principale sono un unico e identico spirito e non c’è tra loro alcuna differenza. Lo Spirito Santo viene designato con varie denominazioni a seconda della diversità dei doni. Quando rende gli uomini retti, allora viene chiamato Spirito retto; quando li fa diventare santi, appare come Spirito di santità e quando fa ritornare qualcuno al suo stato di dominio e al suo onore, può essere definito dagli uomini spirito di principato. Allo stesso modo è chiamato Spirito di sapienza, Spirito d’intelletto, Spirito di consiglio, Spirito di fortezza. Che cosa significa l’invocazione seguente?
Rendimi la gioia della tua salvezza. Mi sembra la gioia grande che riceveva dall’incarnazione del nostro Salvatore ora non l’avverta più e non può più sperimentarla come un tempo.

Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori ritorneranno a te. Concedimi ciò che ti chiedo: fa che possa insegnare ai peccatori le tue vie, che siano istruiti dalla mia esperienza. Possano trovare la strada che ho percorso per tornare a te, riconciliato con il tuo amore. Percorrano questi cammini fino a raggiungerti e si riconcilino con il tuo amore. Non solo i cattivi ma anche i malvagi vengano richiamati a te, in base alla mia esperienza esemplare.
Liberami dal sangue Dio, Dio della mia salvezza e la mia lingua esalterà la tua giustizia. «Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio» (Mt 16,17). Tutti i peccati possono essere designati come sangue, ma mi sembra che in questo caso voglia indicare i piaceri della carne e le sue bramosie. L’Apostolo chiede a sua volta: «Non [datevi] alle fornicazioni e alle impudicizie ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo» (Rm 13,13), il quale ama la castità e «non sottomettevi alla carne a motivo dei vostri desideri». La mia lingua esalterà la tua giustizia. Parla della lingua dell’uomo interiore. C’è una lingua che parla a te della tua giustizia nel mio cuore, perché sei molto giusto e difendi la tua creatura e non permetti che il tuo nemico la domini.
 Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Signore apri le labbra che sono rimaste chiuse fino ad oggi, poiché, consapevole dei miei peccati, non ho osato aprirle per lodarti. Dal momento però che la tua bontà e la tua misericordia mi hanno concesso il perdono, non voglio più tacere ma ti celebrerò con la mia bocca.
Se tu avessi voluto il sacrificio, te lo avrei fatto. Non mi sarei vergognato di offrirti un ariete per il peccato, come il tuo servo Mosè ha comandato di offrirtelo, a me e ai miei simili, ma tu non ami questi sacrifici. So ormai che non ti piacciono questi sacrifici, che valgono soltanto per il loro significato. Sembra che qualcuno gli abbia chiesto: se Dio non gradisce questo sacrificio, di quale altro atto di culto si compiace? A questa domanda egli risponde cosi:
Sacrificio a Dio è uno spirito contrito, un cuore affranto e umiliato Dio non disprezza. Questo è il sacrificio proprio di coloro che si convertono dai loro peccati. I sacrifici che Mosé aveva comandato di offrire per i peccati non erano altro che una prefigurazione di quelli. È molto opportuno allora che l’uomo immoli se stesso, offra se stesso nel pentimento anziché ammazzare arieti, capri o altri animali. L’uccisione [delle vittime] annunciavano la contrizione, il dolore e l’umiliazione.
Nel tuo amore, Signore, fa grazia a Sion e siano riedificate le mura di Gerusalemme. Sion significa punto di vedetta e, grazie alla sua solidità, Gerusalemme era ben custodita e difesa. In essa vediamo rappresentati i custodi della Chiesa e quelli posti a vigilare, cioè gli apostoli, i vescovi e i sacerdoti. Il Profeta, che fino a questo momento era rimasto in preghiera, ora che è stato esaudito, parla della Chiesa secondo il suo costume e comincia a pregare per essa. Prega per coloro che innalzano le sue mura e le costruiscono, ossia, come ho detto, per i vescovi e i sacerdoti, senza i quali le mura non possono essere innalzate e le pietre non possono essere sgrossate. Quanti sono i cristiani, altrettante sono le pietre di questa città: congiunti tra loro dal cemento della carità, rimangono fermi e stabili.
Allora gradirai il sacrificio di giustizia, le oblazioni e gli olocausti, allora porranno vitelli sul tuo altare. Quando Gerusalemme, ossia la Chiesa, verrà edificata e le sue mura saranno innalzate, allora gradirai, ti sarà gradito e accetto il sacrificio di giustizia, non quello di tori o di arieti, come avveniva un tempo, ma offerte e olocausti propri della giustizia, come sottintende. Tutti i santi sono considerati giusti, perché agiscono con giustizia, l’annunciano e la custodiscono. Fino ad oggi i santi soffrono la persecuzione, perché annunciano e difendono la giustizia. La loro sofferenza e la persecuzione che cosa sono se non un sacrificio gradito a Dio del quale si compiace? Proprio a proposito di questo sacrificio, si dice che Dio ne ha aspirato l’odore come di un profumo soave (Gn 8,2). 
Allora porranno vitelli sul tuo altare. Quali vitelli? Le labbra che celebrano il tuo Nome. Il sacrificio delle labbra non sono altro che il dono della lode e della gioia. Vescovi e sacerdoti offrono questi sacrifici quando in chiesa proclamano le lodi di Dio, quando spiegano il contenuto dei due Testamenti e lo depongono come offerta sull’altare dei nostri cuori. I nostri cuori sono degli altari sul quale ogni giorno sono immolati sacrifici di lode e d’esultanza.


Altri suggerimenti


«In questo differiscono i santi veri e i santi in apparenza: i santi veri riconoscono di avere delle debolezze, di non essere quello che dovrebbero e vorrebbero essere, e perciò condannano sé stessi e non si preoccupano degli altri. Gli altri invece non vedono le loro debolezze e pensano di essere finora quello che dovrebbero essere, sempre dimenticano se stessi e sono giudici delle iniquità altrui, capovolgendo questo Salmo nel modo seguente: Io riconosco le debolezze degl’altri e i loro peccati sono di continuo dinanzi agli occhi mio, perché portano sulle spalle il loro peccato e una trave negli occhi» (Lutero112).

Il pentimento non è in primo luogo un senso di disagio, sterile e paralizzante, su qualche azione del passato. È invece una nuova strutturazione di tutta la persona. Chi si pente non dice soltanto: «Che cosa ho fatto!» ma «Quale uomo sono io!». Una persona si pente quando è già diversa da quella di prima, che aveva operato male. È come se si osservasse da un punto di vista più elevato. Pentirsi presuppone l’essere saliti e il guardarsi da una prospettiva superiore. Nel pentimento già si delinea un nuovo inizio, un futuro. La persona che è diventato un altro non tende a liberarsi soltanto da una colpa ma tutte le colpe (Max Scheler).

Il salmista si sente amareggiato e impotente ma crede che Dio possa riservagli ancora un futuro radioso: sarò puro, sarò più bianco della neve, sarò nell’esultanza e nella gioia. «Se io non credo in un Amore più grande dell’amore che porto per me stesso, non sono religioso» (Mazzolari 213). Nell’aprirsi al futuro che gli viene da Dio, il salmista prova il vero sentimento di fede: posso sempre far conto dell’amore di Uno che mi ama più di quanto io ami me stesso. «Padre non sono degno ma mi prendo lo stesso il tuo abbraccio, la tua veste nuova, il tuo anello, i tuoi calzari. Sono l’eterno mendicante del tuo amore: l’eterno dispregiatore del tuo amore. Sono la tua agonia, sono la tua gioia… sono tuo figlio» (Mazzolari 97).



Salmo 99

Salmo. Per il rendimento di grazie. Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione.

Invito a tutta l’umanità a riconoscere Dio e a prestargli il culto dovuto, con gioia ed esultanza. L’invito viene rivolto in modo particolare al suo popolo.
Il popolo entra nel tempio per un rito di lode; esso rappresenta tutta l’umanità. I pellegrini ribadiscono la fede nell’unità e unicità di Dio. Il sentimento più adeguato nel presentarci a Dio è il ringraziamento che consente di scoprire la grandezza di dio in se stesso. 


Rilettura cristiana di Bruno di Segni

Giubila a Dio, terra tutta. Spesso ho detto che il giubilo è una gioia ineffabile, che rapisce la mente al pensiero della felicità suprema. Il profeta vuole che tutto il mondo giubili davanti a Dio e che gli uomini, messe da parte tutti beni del mondo, vengano presi soltanto dall’amore e dal desiderio di Dio e servano Dio con letizia. Molti servono Dio ma non lo fanno con gioia, non agiscono in modo spontaneo ma per costrizione. L’apostolo ci esorta, invece, a servire con gioia: «Rallegratevi nel Signore, sempre lo ripeto: rallegratevi! La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4). Il profeta, in modo analogo, sollecita la Chiesa così: «Esulta sterile che non hai partorito; esci in grida di gioia tu che non hai avuto figli perché i figli della donna abbandonata ora sono più numerosi di quelli della donna che ha un marito» (Is 54,1; Gal 4,27).
Entrate davanti a Lui con esultanza. Se Egli ha sotto il suo sguardo ogni cosa esistente e se nulla può rimanere nascosto al suo occhio, dove si trovano allora questi fedeli che ora sono invitati a porsi alla sua presenza? In un certo senso stanno e non stanno davanti a Lui. Non stanno davanti a lui quei fedeli ai quali il Signore dirà: «In verità ridico: non vi riconosco» (Mt 25,12). Stanno alla sua presenza, invece, i fedeli che meritano di contemplarlo. Che significa stare davanti a lui? L’uomo sul quale il Signore vorrà posare il suo sguardo deve prepararsi a questo evento: tutto deve essere compiuto nell’esultanza, nella gioia e nell’alacrità di cuore.
Riconoscete che il Signore è Dio. Come provi che è Dio? Egli ci ha creati e noi siamo suoi. Soltanto chi ha creato tutti può essere Dio. Non lo sono quelle divinità che sono state fabbricate dagli uomini. Di loro è scritto: «Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo»: Tu non hai creato tuo figlio, né tu fosti creato da tuo padre. Soltanto Dio ci creò e noi non ci siamo fatti da noi stessi. Che cosa siamo allora?
Noi siamo suo popolo e gregge che egli pascola. Egli è Dio, il Signore, il nostro Creatore; noi siamo suo popolo, creati e fatti da lui, liberati dal dominio del diavolo. Chi ascolta la sua voce, diventa membro del suo gregge, come dichiara lui stesso: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco» (Gv 10,27). Questi sono i pascoli di cui parla in un altro passo: «Mi hai collocato in un luogo di pascolo» (Sal 22,1). Questo luogo non è altro che due volumi del Testamento.
Varcate le sue porte confessando e i suoi atri con inni di lode. Sembra ora riferirsi alle porte della Gerusalemme celeste perché le persone a cui rivolge tale invito i trovano già nella Chiesa. Vedendo che abbiamo già oltrepassate le prime porte, ci invita a varcare anche le altre. Possiamo però varcarle soltanto nella lode e nella confessione. Cominciamo col confessare le nostre colpe e soltanto allora potremo nella lode giungere fin ai suoi atri. È scritto: «Confessate gli uni agli altri i vostri peccati e pregate gli uni per gli altri per essere salvati» (Gc 5,16). La lode del peccatore non ha un vero valore; la confessione delle colpe deve precedere quella che seguirà, costituita dalla lode e dal giubilo. La confessione di lode avviene ora ma continuerà anche nel seguito; quella del peccato, invece, non si ripeterà più. Non ci sarà più peccato e quindi non ci sarà neppure alcuna confessione.
Lodate il suo Nome perché soave è il Signore, la sua misericordia dura in eterno e la sua verità per sempre. La lode non verrà mai meno perché nella Chiesa, intanto, finché rimane nel trascorrere del tempo, e più tardi nella Gerusalemme celeste, loderemo il Signore, in eterno e per sempre, a motivo della sua dolcezza, della sua misericordia e fedeltà. Lodare il Signore oppure lodare il suo Nome sono la stessa cosa.


Altri suggerimenti

«Tutta la terra giubila al Signore. Quella che ancora non giubila giubilerà in appresso. Col diffondersi infatti della Chiesa, da Gerusalemme (ove ebbe inizio) in mezzo a tutti i popoli, si estende a tutti la benedizione: la quale, ovunque arriva, abbatte l'empietà e instaura la pietà. Nella persona dei buoni tutta la terra giubila. Cos'è allora questo " giubilare "?  Chi giubila non pronunzia parole ma emette dei suoni indicanti letizia, senza parole. Il giubilo è la voce di un cuore inondato dalla gioia, d'un cuore che, per quanto gli riesce, vuol manifestare i suoi sentimenti, pur senza comprenderne il significato. Per farvi capire ciò che intendo dirvi, guardate come giubilano, fra gli altri, i lavoratori dei campi. Soddisfatti per l'abbondanza del raccolto, i mietitori, i vendemmiatori, o qualsiasi altro raccoglitore di frutti, cantano e tripudiano, lieti della fertilità e fecondità della terra. In tali canti, espressi a parole, inseriscono delle grida inarticolate, che palesano l'ebbrezza del loro animo in preda alla gioia. E questo è ciò che si chiama giubilo.

Quanto poi all'uomo, vediamo che possiede un qualcosa che lo accomuna agli angeli di Dio. Non è quello che hanno gli animali: il vivere, l'udire, il vedere, eccetera, ma il poter riconoscere Dio. Come le creature si vedono con gli occhi, così lui si vede con la mente: è col cuore che lo si mira e conosce. Ma dov'è il cuore che riesce a vederlo? Beati, dice, i puri di cuore, poiché vedranno Dio. Avvicinatevi a lui e sarete illuminati 6. Se però vuoi avvicinarti ed essere illuminato, occorre che ti dispiacciano le tenebre in cui ti trovi. Disapprova ciò che sei, per meritare di essere ciò che non sei.  A Dio infatti non ci si avvicina o ci si allontana per distanze di luogo; ma, come ti eri allontanato perché divenuto da lui dissimile, così gli ti avvicini se gli diverrai somigliante.
Quanto maggiori saranno i tuoi progressi nella carità, tanto più rassomiglierai a Dio e tanto più comincerai a sentirlo. E quando nella tua somiglianza avrai cominciato ad avvicinarti a Dio e a provare la sensazione di Dio, quanto più aumenterà la carità (poiché anche la carità è Dio) tanto più sentirai un qualcosa che tu dicevi e non dicevi. Difatti, prima d'assaporare queste sensazioni, credevi di poter esprimere Dio a parole; quando cominci ad averne la sensazione, ti accorgi che non sei in grado di esprimere ciò che provi. Che se ti accorgerai di non saper esprimere quanto intendi, dovrai per questo tacere e non lodare? Ebbene, ascolta il salmo! Terra tutta, giubilate al Signore! Comprenderai il giubilo di tutta la terra, se tu stesso giubili al Signore. Giubila al Signore!La Parola, mediante la quale noi fummo creati, è il suo Figlio: quel Figlio il quale si rese debole come noi, affinché noi deboli riuscissimo in qualche modo a parlarne. Alla parola di Dio noi possiamo rispondere col giubilo; ma non abbiamo parola che corrisponda a quella Parola. Pertanto giubilate al Signore, o terra tutta!
Servite il Signore con gioia. Questa gioia sarà piena e perfetta quando  il nostro corpo mortale si sarà rivestito d'immortalità 17. Allora la gioia sarà perfetta, come sarà perfetto il giubilo. Allora la lode sarà incessante; E quaggiù? Non ci sarà alcun godimento? Oh, sì, c'è anche quaggiù una gioia: è nella speranza della vita eterna. Quaggiù si pregusta ciò che lassù ci sazierà» (Agostino).

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