sabato 16 marzo 2013

Gregorio di Nissa e Gregorio Taumaturgo


Vita di san Gregorio l'Illuminatore
scritta da san Gregorio di Nissa


S. Gregorio, soprannominato Taumaturgo, nacque al principio del secolo III in Neocesarea del Ponto. I suoi genitori, illustri per nobiltà e ricchezze, ma idolatri, lo allevarono, assieme al fratello Atenodoro, nel paganesimo. Dotato di grande penetrativa e di una sete inestinguibile di sapere, Gregorio fu messo a frequentare la scuola di filosofia del celebre Origene. Approfonditosi in modo particolare nello studio della Sacra Scrittura, deliberò di consacrarsi interamente al divino servizio e di rinunziare a ogni vantaggio terreno. La penitenza, la preghiera e la studio della Sacra Bibbia furono i suoi grandi mezzi per salire alla contemplazione e alla perfezione. Non potè tuttavia rimanere ignoto, poichè la fama dei suoi consigli e delle sue virtù giunse agli orecchi del santo vescovo Fotino, che per speciale rivelazione dello Spirito Santo, lo volle far risplendere sul candelabro della Chiesa, creandolo vescovo di Neocesarea. Dopo 25 anni di episcopato chiuse placidamente gli occhi nel Signore. Era l’anno 270.                                    


Proemio

La necessità della grazia dello Spirito
1. Lo scopo del mio discorso e della vostra presenza qui è lo stesso. Siamo rivolti ad unica figura, a Gregorio il Grande; è lui il motivo per il quale vi siete riuniti e l'argomento della mia trattazione. Penso che dobbiamo usare la stessa forza, sia per diventare virtuosi con le opere, sia per celebrare, con le parole, le sue qualità, in maniera adeguata. Dovremmo invocare lo stesso soccorso del quale egli ha goduto per poter diventare virtuoso nella sua esistenza. La forza di cui sto parlando, a mio parere, è la grazia dello Spirito, la quale è in grado di comunicare energia agli uomini che vogliono impegnarsi per essere persone rette e per parlare in modo conveniente. Gregorio, proprio per la potenza dello Spirito, visse in modo luminoso e ammirevole. Il risultato della preghiera sarà quello di ricevere un aiuto altrettanto valido di quello che egli ottenne per la sua vita, affinché l'elogio che traccerò su di lui non sia inferiore alla grandezza delle sue opere. Vorrei saper mostrare a voi qui presenti, tramite la mia commemorazione, chi fosse quell'uomo e come apparve realmente ai suoi conoscenti, nelle sue opere. 
2. Ricordare gli uomini più santi, se non produce alcun frutto, e non sollecita gli ascoltatori a rivolgersi verso il bene, diventa  inutile. Altrettanto risulterebbe insensato cercare di svolgere un discorso che, pur innalzando delle lodi al santo, non producesse alcuna utilità pratica, non operasse nulla di concreto, anzi finisse persino col risultare fastidioso a quelli che l'ascoltano lasciandoli inerti. Se la grazia mi ispirerà e se parlerò in modo conveniente, tutti gli ascoltatori, invece, ne riceveranno un vantaggio, come una fiaccola di segnalazione è utile ai navigatori, perché li aiuta ad orientarsi nel caso che si siano persi in mare a motivo dell'oscurità. Penso che dovremmo tutti cercare di ottenere un buon risultato, voi nell'ascoltare ed io nel parlare. Il ricordo della sua vita virtuosa, grazie alla mia commemorazione, illuminerà come una fiaccola le nostre anime, e diventerà una strada per raggiungere il bene, sia per me che sto parlando, sia per voi che state ascoltando. E' naturale del resto che gli uomini siano attratti per tutto ciò che merita lode ed onore e che desiderino farlo proprio. 

3. L'argomento del mio discorso è di tale portata. Da parte mia, nell'esporlo, sono esente da rischio, sia che la trattazione sia così efficace da convincere per la grandezza dei fatti esposti, sia che non ottenga questo risultato. L'onore del santo che sto celebrando rimarrà intatto in ogni caso. Se il mio discorso starà alla pari con le sue opere mirabili, l'ascoltatore rimarrà stupito per i fatti raccontati; se invece risulterà inferiore alla grandezza della sua personalità, anche il questo caso, la gloria del santo che intendo onorare continuerà a rifulgere. La fama di quest'uomo infatti è ottima, più insigne dell'abilità di quelli che vogliono mostrarla tributandogli delle lodi. 



La vera grandezza

4. Nessuno di coloro che sono stati educati dalla sapienza divina cerchi di onorare quest'uomo che merita una lode di carattere spirituale, utilizzando sofismi retorici, seguendo quindi  il metodo dei pagani. Noi e loro non valutiamo ciò che è bene usando gli stessi criteri. Scopriremo che gli uomini che vivono secondo criteri mondani e quelli che, invece, agiscono secondo una prospettiva superiore alla terra, non hanno affatto le stesse opinioni. Ai primi sembra avere un grande valore e meritare un grande sforzo, la ricchezza, la nobiltà di stirpe, la celebrità, il potere mondano, i miti che danno un fondamento allo stato (racconti abominevoli per una persona sensata), i trionfi, le guerre, gli sconvolgimenti provocati dalle guerre. Da parte nostra al contrario dobbiamo celebrare e considerare come patria, il paradiso, la prima casa del genere umano; come città quella celeste, costruita con pietre vive, «il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11,10). La nobiltà del casato per noi consiste nell'intimità con Dio. Per noi non ha importanza quella stirpe che ereditiamo in modo fortuito, ossia la nobiltà mondana, che spesso tocca anche a  persone corrotte, per una serie di vicende casuali, ma quella che è possibile conseguire soltanto con una libera scelta. «Quanti lo hanno accolto hanno ricevuto il potere di diventare figli di Dio», così afferma la parola di Dio (Gv 1,12). Chi potrebbe aspirare ad una nobiltà più grande? Tutti gli altri uomini fondano il valore della loro stirpe su miti, su creazioni fantastiche, sopra inganni dei demoni mescolati a racconti mitici. Il nostro casato, invece, non si fonda su racconti fantasiosi. Se uno contemplasse il cielo e le bellezze che si trovano in esso; se osservando tutta la creazione con l'occhio dell'anima, potesse afferrare tutte le meraviglie che vi sono rinchiuse, troverebbe là i racconti che fondano la nostra stirpe; anzi non della nostra stirpe ma della nostra colonia, poiché per essere trasmigrati da una vita più elevata, abbiamo ottenuto il mondo presente. 
5. Se la colonia è così apprezzabile, bisogna pensare come sia la metropoli dalla quale è derivata la colonia, di quale bellezza rifulga, come sia il regno che si trova in essa e la beatitudine degli uomini che l'abitano. Se le opere che si manifestano nella creazione sono tanto buone da superare ogni possibilità di lode, che cosa è possibile pensare delle realtà che le superano, quelle che non possono essere viste con gli occhi, né percepite con l'orecchio, né immaginate con il pensiero? Con l'elogio spirituale rivolto ai santi, la lode divina condanna quei bassi cicalecci che sono i riconoscimenti [mondani], poiché ritiene che sia vergognoso onorare  gli uomini celebri per motivazioni legate a questa terra. Chi è modano e aspira alla soddisfazione terrena, si congratula gli uomini per questo genere di motivazioni: le pecore del luogo in cui vive erano feconde,  il mare a lui vicino era ricco dei prodotti amati dai golosi; ornamenti di pietra, disposti in simmetria, adornavano le costruzioni del luogo. Chi invece è intento alla vita celeste, e stima quella bellezza che consiste nella purezza dell'anima, per lui la ricchezza vera sta nella vita sobria; la sua patria nella virtù; la sua città nel Regno di Dio, e considera vergognoso ogni sfarzo terreno. 
6. Da parte nostra, disinteressandoci totalmente delle congratulazioni mondane, non ci preoccuperemo di onorare la patria del grande Gregorio, né ricorderemo i genitori perché ci diano altre motivi di questo genere di felicitazioni. Siamo ben consapevoli che non potremo esprimere un elogio autentico, se si fonda su beni che non appartengono realmente agli uomini che vogliamo onorare. Parleremo, invece, di ciò che gli è proprio, dei beni che rimangono inalterati per sempre. Dato che dovremo staccarci da tutto, dalla ricchezza, dall'ambizione, dalla gloria, dall'onore, dai piaceri, dai godimenti, da parenti, da amicizie e resteremo uniti soltanto al nostro orientamento o al male o al bene, consideriamo cosa ottima soltanto la vita virtuosa.

IL PERCORSO DI VITA

Il ponto Eusino

7. Nessuno pensi che non avendo nulla da riferire di nobile riguardo alla patria o ai genitori di quell'uomo, fingendo di passare sopra queste, intenda nascondere la mancanza di motivazioni d'onore. Chi non sa che il nome di Ponto è stato assegnato spontaneamente, a quel popolo da tutti gli uomini? Grazie al quale viene testimoniata la virtù di coloro che dall'origine hanno abitato la regione. Soltanto questo luogo, fra tutti i mari e le terre, è stato chiamato Ponto Eusino, ossia accogliente verso i forestieri. Il nome infatti testimonia la cortesia verso gli stranieri che vi vengono ad abitare. Testimonia anche il fatto che questa regione offre generosamente i beni necessari per la vita non soltanto ai residenti e agli indigeni ma anche per a che vi passano provenendo da qualsiasi luogo. La regione in modo spontaneo offre tutti i prodotti necessari per vivere ed non è neppure priva dei beni che vengono da fuori perché il mare stesso permette di acquistarli da ogni luogo. Tutto quel popolo si presenta così, quindi, se qualcuno ne esamina una sola parte, pensa che quella sia superiore agli altri. Gode la stessa reputazione che si ha verso tutta quella nazione, la città del grande Gregorio, che è come la capitale di tutto il territorio circostante. Un imperatore famoso fra quelli che hanno dominato sui romani, di nome Cesare,  preso da amore e da desiderio per quella regione, volle che la città fosse denominata con il suo stesso nome e chiamata Neocesarea. Tutto questo, però, non ha nulla a che fare con il nostro intento, e non voglio far credere che io consideri quel grande santo più degno ancora di venerazione a motivo di queste cose, ossia per il fatto che la sua regione produca frutti, che la città sia abbellita da costruzioni, che per la vicinanza del mare da ogni parte siano portati al suo interno una grande abbondanza di merci, quante essi ne vogliano. 
8. Non ricorderò allora i suoi genitori, di quelli che lo hanno condotto a questa esistenza terrena, esaltando la loro ricchezza, magnificenza e celebrità. Che cosa merita un vero tributo di lode? Le sepolture fastose, le colonne, le epigrafi, i vani elogi rivolti a chi ha dominato tutto il mondo? Vi sembra possibile che li associ a questa lode, dal momento che il santo ha respinto l'affinità con loro a favore della nobiltà secondo l'anima? Quelli vanificarono se stessi nell'inganno dell'idolatria mentre Gregorio, per aver volto lo sguardo alla verità, si congiunse alla parentela del cielo grazie alla sua fede. Omettiamo di parlare allora dei genitori o di colui che in origine edificò la città, poiché questi elementi non hanno alcuna relazione con ciò che ci stiamo proponendo. Piuttosto cominciamo a celebrarlo dal momento in cui egli decise di vivere nella rettitudine. 

La conversione al cristianesimo

9. Da giovane fu privato delle attenzioni che si ricevono in modo naturale a quell'età, perché suoi genitori erano morti. Tuttavia, quando la maggior parte sbaglia nel valutare il bene a motivo dell'età ancora immatura, egli subito mostrò già dall'inizio  quale sarebbe stato da adulto. Come i germogli promettenti, non appena siano spuntati, si sviluppano in modo da mostrare che saranno dei rami  diritti, e preannunciano ai coltivatori, già da subito, la qualità che manifesteranno in seguito, allo stesso modo fece anche lui. Mentre gli altri giovani hanno un'anima vacillante per l'inesperienza e scivolano facilmente in comportamenti vuoti e insensati, come è tipico della giovinezza, Gregorio, già nella prima decisioni di vita mostrò in se stesso ciò che viene affermato da Davide: il giusto fiorisce come palma. Questo è l'unico albero che dalla base alla cima cresce in modo regolare e mentre cresce in lunghezza, col passare del tempo non si estende in larghezza. Anche lui, non appena si sviluppò dal primo germogliò, subito apparve perfetto nella scelta di vita, bello diritto e folto. Trascurò tutto ciò che attira i giovani, l'equitazione, la caccia, la cura di se stessi, la moda, la supponenza, la ricerca del piacere. Si diede tutto alla cura della virtù, scegliendo di volta in volta ciò che era conveniente all'età che aveva. 

10. La prima virtù conquistata fu l'amore per la sapienza. Allo studio unì, come si fa con i puledri, la ricerca della temperanza. Il dominio di sé era la forza che lo sosteneva nell'uno e nell'altro impegno. Acquisì l'umiltà e la mitezza, insieme al distacco delle ricchezze. Orgoglio e vanagloria non possono radicarsi, se prima non si è fatto strada l'attaccamento della ricchezza a coltivare queste passioni. La tradizione insegna che il patriarca Abramo conobbe la filosofia dei Caldei. Dopo aver appreso la posizione e il movimento degli astri, che rimangono stabili e ordinati, si servì di queste conoscenze come di una scala, per poter contemplare il bene trascendente. Pensò in questo modo: se le cose sensibili possono essere comprese, come possono esserle quelle che trascendono la nostra sensibilità? In questo modo ha intuito ciò che stava cercando, pensandolo come un essere che trascende la sapienza dei pagani e molto più elevato di essa, al punto da sfuggire alla presa di coloro che volevano accostarsi a lui con quei mezzi. In modo simile anche il grande Gregorio, frequentando con impegno la filosofia dei pagani, che ha diffuso l'ellenismo nel mondo, proprio attraverso quelle conoscenze fu condotto al cristianesimo. Allora abbandonando la falsa religione dei padri, cominciò a cercare la verità delle cose; a partire dai concetti che erano stati elaborati dai pagani, comprese che le dottrine dei greci non erano abbastanza solide. Vide che la filosofia dei greci e dei barbari era divisa nelle opinioni su Dio per la diversità delle prospettive e che i maestri di pensiero non erano concordi tra loro e che altercavano tra di loro nelle discussioni, ognuno cercando di prevalere sull'altro. Allora li abbandonò tutti, mentre questi continuavano a confutarsi in un combattimento intestino. Accolse il messaggio della fede; esso è stabile, non si fonda sulla destrezza razionale o sulle finezze di pensiero,  e viene annunciato a tutti allo stesso modo con parole semplici. La fede, conducendo presso Colui che si trova oltre di essa, possiede piena credibilità. In questo sta il cuore del messaggio!
11. Poiché non può essere accolto dalla presunzione umana, Gregorio non accettò la sapienza dei greci (essi infatti ritengono che sia vero ciò che si riesce a comprendere). La comprensione della natura divina, invece, supera il pensiero umano; per questo motivo, la fede si trova in contrasto con i ragionamenti dell'uomo,  poiché essa  trascende ogni ragionamento ed ogni possibilità  di comprensione. Nel suo caso si è ripetuto quello che la Scrittura riferisce di Mosé, ossia che «fu istruito a lungo nella sapienza degli egiziani» (At 7,22). Anche questo Grande, dopo essersi immerso nella cultura greca, e dopo aver conosciuto per esperienza la debolezza e l'inconsistenza di quelle dottrine, diventò discepolo del Vangelo. Prima di ricevere la rinascita mistica e spirituale, corresse il suo comportamento per non introdurre nel lavacro battesimale alcuna macchia di peccato. 

La permanenza ad Alessandria d'Egitto
12. Si recò in Egitto, nella grande città fondata da Alessandro, dove si raccolgono molti giovani da ogni luogo per studiare filosofia e medicina. Là si comportava con una correttezza superiore alla sua età, e perciò appariva agli amici come una persona totalmente diversa da loro. Essendo apprezzato per la sua castità, veniva odiato dai dissoluti. Quest'ultimi, volevano scusare la loro disonestà, accampando il pretesto che non erano i soli ad agire in quel modo. Ordirono allora un tranello contro di lui per ottenere che anche il nostro Grande venisse considerato un corrotto. Per calunniarlo, gli mandarono una prostituta, ben conosciuta come donna proveniente dalla casa del disonore. Mentre egli, secondo il solito, in modo onorevole, stava discutendo e colloquiando di filosofia con alcuni uomini dotti, la donna si avvicinò, tra smancerie e svenevolezze, e, con gesti e parole finse di essere in grande confidenza con lui. Lo rimproverò per non averle dato il compenso, inducendo, in modo impudente, anche le motivazioni in base alle quali lamentava la perdita del guadagno. 
13. Le persone che erano con lui, conoscendo l'integrità della sua vita, s'indignarono contro la donna. Egli, però, non s'adirò contro quelli che avevano organizzato quello scherzo e pur essendo stato tradito da loro, non disse nulla. Rimase tranquillo come il solito, non chiamò testimoni che garantissero del suo comportamento, né giurò per difendere la sua innocenza e neppure smascherò la malizia dei calunniatori. Con voce tranquilla e sicura disse ad uno dei conoscenti: «Dagli il denaro perché non continui ad importunarci e ci impedisca di parlare a motivo della sua insistenza». L'amico che aveva ricevuto la richiesta, dopo aver interrogato la prostituta, le contò con prontezza la somma che quella aveva preteso, ponendo fine alla trama dei dissoluti contro quel giovane saggio. La donna, ancora stringeva in mano il guadagno infame, quando il cielo volle testimoniare la temperanza del giovane e disapprovare il tradimento dei compagni. Non appena ritirò il denaro, uno spirito demoniaco si mise a contorcerla e a farle emettere suoni animaleschi, estranei ad una persona umana. Infine cadde bocconi tra il gruppo lì raccolto. Divenne uno spettacolo  orribile e spaventoso per i presenti. Si strappava i capelli e si lacerava con le mani, mentre stravolgeva gli occhi e spumeggiava dalla bocca. Il diavolo cercava di soffocarla  ma smise non appena il Grande Gregorio chiese a Dio di usarle misericordia.

Giuseppe respinge la moglie di Potifar

14. Questi sono i fatti che vengono raccontati sulla giovinezza di quel grande uomo, un degno inizio degli avvenimenti che sarebbero avvenuti in seguito. Il fatto è talmente sorprendente che, se non ci fosse nient'altro da riferire, soltanto per questo, non sarebbe secondo a nessuno nel ricevere apprezzamento tra i giusti che hanno vissuto santamente. Era ricco, giovane, straniero lontano dalla patria, abitante di una città popolosa nella quale i giovani si davano ai piaceri a loro arbitrio. La sua vita casta era disprezzata dai dissoluti. Non aveva né una madre tutta preoccupata di conoscere la sua vita né un padre che lo moderasse giorno per giorno. In questa situazione s'innalzò così tanto verso la virtù, grazie al controllo di sé, da poter essere un magistrato di sorveglianza, un testimone degli avvenimenti, perché, grazie ad una grave punizione improvvisa, aveva svelato il tradimento di una donna. Chi saprebbe dire di meglio per elogiarlo? Come si potrebbe celebrarlo in modo degno? Usando la ragione, aveva sottomesso l'istinto; aveva soggiogato alla razionalità la sua giovinezza come fosse un'animale addomesticato. Sapeva dominare tutti gli istinti che in quel momento si erano risvegliati. L'invidia che insorge nei confronti di tutte le persone di valore, attaccò anche lui ma egli riuscì a respingere anche quella. Non progettò alcuna vendetta contro i compagni che avevano tramato contro di lui e neppure contro la donna che si era messa al loro servizio per attuare quel progetto malizioso; anzi la liberò con la preghiera dalla malattia mandatagli dal demonio. 
15. Sappiamo dal racconto biblico che anche Giuseppe agì allo stesso modo, quando gli si offrì l'occasione di peccare a suo arbitrio con la moglie del padrone. Mentre quella era presa da violenta passione per la bellezza del giovane e non c'era alcun testimone che avrebbe potuto accusarlo di quell'azione ardita, egli, sapendo che Dio era testimone, preferì passare per un uomo corrotto piuttosto che esserlo, affrontare le pene inflitte ai criminali piuttosto che essere un criminale. Forse però Gregorio ha realizzato un'impresa ancora più ragguardevole. Non è la stessa cosa contrapporsi ad un'azione infame, come il guardarsi da un adulterio, e l'astenersi da una colpa che sembra più trascurabile. Evitò di compiere un peccato, anche se non correva il rischio d'essere punito della legge. Considerò il piacere del peccato più temibile di un'azione che avrebbe potuto essere punita e così fu superiore a Giuseppe per quanto riguarda la grandezza della sua azione virtuosa e non gli fu per nulla secondo. Finora ho parlato dell'inizio della sua vita. Quale sarà allora il seguito sua esistenza? 

L'incontro con Origene

16. Dopo aver completato il corso di studi nella sapienza dei pagani, incontrò Firmiliano, un nobile della Cappadocia, simile a lui nello stile di vita, come mostrò in seguito nel corso della sua esistenza divenendo l'onore della Chiesa della Cappadocia. Manifestò all'amico la meta a cui aspirava nella vita sua, ossia come ormai fosse rivolto verso Dio, e avendo verificato che anche la speranza di quello era volta allo stesso desiderio, dopo aver abbandonato ogni interesse per la filosofia pagana, si recò, insieme all'amico, presso quell'uomo che, a quel tempo, era considerato il maggio esponente della filosofia cristiana. Mi riferisco ad Origene, famoso per in suoi scritti. Là mostrò non soltanto uno strenuo amore per l'apprendimento e per la fatica dello studio, ma anche un comportamento morale molto serio. Pieno com'era di saggezza, non disdegnò di servirsi di un altro insegnante di cose sacre, ma rimase presso di lui tutto il tempo necessario per l'apprendimento. 
Sapendo che era straniero, molti lo esortavano perché restasse presso di loro, e lo trattenevano, ma egli, preferendo a tutte, la terra che lo aveva visto nascere, ritornò di nuovo in patria, portando con sé una grande ricchezza di sapienza e di conoscenza. Come avrebbe fatto un mercante, dopo aver acquisito tutti i saperi che aveva trovato ad di fuori, li importava per tutti quelli che erano interessati a conoscerli. 
17. Chi giudica le cose in modo retto, non gli sembrerà che tutto ciò sia poco per attribuirgli una vera grandezza. Mi riferisco al fatto che una città così importante gli abbia rivolta una supplica collettiva, che il desiderio di tutti i suoi abitanti fosse che quell'uomo rimanesse tra loro, che i capi di tutti i cittadini residenti gli rivolgessero questa supplica, che tutti avessero un solo desiderio che quel grande uomo restasse presso di loro, come una persona che alimentava la virtù e un maestro di vita. Ma egli, fuggendo in tutti i modi ogni occasione  di orgoglio, sapendo che il vizio della superbia è la causa di molti mali per la vita, giunto in patria, cominciò a vivere in solitudine, come avesse raggiunto un porto. 


Si ritira in solitudine

18. Tutto il popolo guardava a quell'uomo e si aspettava che egli divulgasse la sua erudizione in riunioni pubbliche e che raccogliesse, quale frutto di tutta le sue prolungate fatiche, la sua celebrità presso di loro. Quel grande, invece, sapendo in quale maniera debbano diffondere la vera filosofia, coloro che vogliono coltivarla, per impedire che la sua anima venisse ferita dal desiderio di essere onorato (essere lodati esercita una cattiva influenza su chi riceve l'elogio; vanagloria ed orgoglio allentano il vigore dell'anima), per evitare tale rischio, diede dimostrazione di silenzio; manifestò nelle opere, non con le parole, il tesoro nascosto. Allontanatosi dal frastuono della piazza e lasciando la vita cittadina, in solitudine visse soltanto con se stesso e per mezzo di se stesso si unì a Dio. Si disinteressò del mondo e dei suoi interessi, non si curò degli affari dei re, né cercò cariche; non ascoltava chi gli riferiva sull'andamento delle cose pubbliche. Preoccupandosi soltanto di come l'anima possa perfezionarsi mediante la virtù, per tutta la vita si diede con zelo a conseguire questo traguardo. Concesse a se stesso di godere di queste cose. Egli allora divenne nel nostro tempo un altro Mosé, poiché realmente poté gareggiare con quello nel compiere meraviglie.
19. Entrambi, Mosé e Gregorio, fuggirono l'agitazione e il rumore, scelsero di restare ignorati, ognuno nel proprio tempo, finché Dio non volle rivelare il vantaggio di una vita pura. Mosé visse da sapiente, da sposato mentre Gregorio aveva la sua virtù come unica compagna di vita.  L'uno e l'altro mirarono allo stesso scopo; si proposero, infatti, di vivere lontano da tutti e contemplare con occhio puro i misteri divini. Tuttavia chi sa valutare bene [il valore della] vita virtuosa, dovrebbe stabilire, ad utilità di tutti, quale dei due abbia conseguito nella vita una maggiore libertà dalle passioni. L'uno aveva goduto dei piaceri in modo del tutto legittimo e misurato, mentre l'altro era stato capace di privarsene, senza concedere nulla all'attaccamento per la materia. 

L'ordinazione di Gregorio

20. Fedimo, in quel tempo, presiedeva la chiesa di Amasea ed aveva ricevuto dallo Spirito Santo il carisma della profezia. Questi faceva tutto il possibile perché il grande Gregorio, sottomettendosi al suo potere, diventasse capo della chiesa. Voleva impedire che continuasse a condurre una vita priva di attività apostolica e di frutti d'apostolato. Intuendo che intendevano consacrarlo prete, fece quanto è possibile per rimanere nascosto, passando di continuo da un luogo segreto ad un altro. Il grande Fedimo tentò in tutti i modi, mise in campo ogni mezzo ed ogni astuzia ma non riuscì a fare in modo di condurlo al sacerdozio poiché quello usava tutte le precauzioni per non cadere nelle mani del vescovo. L'uno e l'altro si contrastavano con la medesima capacità: l'uno cercava di sfuggire e l'altro di inseguire il fuggitivo (Fedimo sapeva che avrebbe dovuto presentare a Dio il voto sacro; Gregorio temeva che l'incombenza del sacerdozio, occupando tutta la sua vita, diventasse un impedimento per darsi alla vita di saggezza). 
21. Alla fine, Fedimo, per un suggerimento divino, riuscì a risolvere il suo problema. Senza lasciarsi scoraggiare dalla distanza che lo separava da Gregorio (il quale s'era allontanato per il cammino di tre giorni), Sollevò gli occhi a Dio e chiese che in quel momento anche l'altro venisse guardato da Dio. Usò una formula consacratoria al posto dell'imposizione delle mani, consacrando a Dio quell'uomo che era fisicamente assente. Inoltre chiese che fosse destinato per quella città che fino a quel tempo era solita darsi al culto idolatrico. Mentre i suoi abitanti e quelli che abitavano nei sobborghi erano in numero incalcolabile, non si erano trovati più di dicciasette persone disposte ad accogliere l'annuncio della fede. 
22. Fu costretto ad assumersi il giogo e si assoggettò a tutti i riti previsti dalla legge. Al vescovo che gli aveva imposto il sacerdozio, chiese poi un po' di tempo per apprendere con cura le nozioni necessarie al suo ministero; non intendeva volgersi verso la carne o il sangue, come dice l'apostolo, ma chiedeva che gli fossero manifestati dal cielo la rivelazione dei misteri. Non osò intraprendere la predicazione, prima di ricevere la rivelazione della verità mediante l'illuminazione. Anche in quel tempo c'erano molti i quali, stravolgendo l'insegnamento della verità, con la forza persuasiva delle argomentazioni, e immettevano dubbi sulla dottrina della verità, anche nelle persone più sagge. Mentre per tutta la notte se ne stava meditando sul messaggio della fede, ed era scosso da molteplici pensieri, proprio in quel momento in cui era vigilante e tutto pensieroso, gli appare un personaggio, nella forma di un uomo anziano, vestito di un paramento sacro. La grazie del volto e la nobiltà del contegno lo segnalavano come una persona colma di virtù. 

La visione iniziatica

23. Ferito alla vista, si alzò da letto, e si chiedeva chi fosse e per chi venisse. La figura apparsa lo pacificò parlandogli con voce amica e gli disse che gli si era mostrato per comando divino, per aiutarlo a risolvere i dubbi e fargli conoscere quale fosse la verità della fede autentica. Doveva tranquillizzarsi nell'udire queste parole e guardare a lui con gioia e stupore. Poi quello stese la mano e gli additò un'altra figura apparsa dal lato opposto. Lo aiutò con la sua destra a volgere il suo occhio verso un'altra figura, una seconda visione offerta allo sguardo del veggente: questa era un'apparizione femminile, molto più bella della precedente. Di nuovo rimase turbato; distolse lo sguardo incapace di fissare la visione poiché la vista non sosteneva l'apparizione. Lo spettacolo offerto era davvero insostenibile tanto più che, essendo notte profonda, la luce abbagliava come se provenisse da una lampada splendente. Poiché non era in grado di sostenere la visione, udì una voce che si rivolgeva a lui da parte di uno dei personaggi apparsi mentre, conversando con l'altra, parlavano della questione sulla quale stava indagando e in questo modo fu istruito sulla comprensione della vera fede ma anche venne a conoscere i nomi dei due personaggi che gli erano apparsi poiché ognuno di loro si rivolgeva all'atro usando il suo appellativo. 
24. Si dice che abbia sentito che la figura apparsa in forma di donna chiamava l'evangelista Giovanni perché rivelasse al giovane il mistero della fede. Quello rispose che era pronto a farlo e che di questo doveva ringraziare la madre del Signore poiché egli era gradito a lei. Dopo aver esposto il messaggio in modo adatto e ben articolato, sparì alla vista. Gregorio, subito espose per iscritto quella divina mistagogia, si mise a proclamarla nella Chiesa attenendosi al suo contenuto e lasciò ai posteri quell'insegnamento ricevuto per ispirazione divina, come eredità. Il popolo di quella città viene istruito fino al presente per mezzo di quella mistagogia, rimasta indenne di ogni malvagia eresia. Le parole di quel divino insegnamento sono le seguenti: 
Unico è il Dio Padre di un Verbo vivente, che è sapienza e potenza sussistente, che è una sua impronta eterna, Verbo perfetto di un Padre perfetto, che ha un Figlio unico. Unico Signore, unico da unico, Dio da Dio, impronta ed immagine della divinità, Verbo creatore, una Sapienza che contiene la sostanza di tutte le cose, potenza creatrice di ogni creatura, Figlio vero  di un Padre vero, invisibile di un invisibile, incorruttibile da incorruttibile, immortale da immortale, eterno di un eterno. In uno Spirito Santo, che riceve sussistenza da Dio, apparso per mezzo del Figlio, agli uomini, immagine perfetta del Figlio perfetto, vita creatrice di vita, sorgente santa che comunica una santificazione santa; in lui si manifesta Dio Padre, che è sopra tutti e in tutti e [si manifesta] il Dio Figlio che mezzo di tutti. La Trinità Santa che non si divide né si differenzia per quanto riguarda la perfezione, la gloria , l'eternità e il regno . 
Nella Trinità nessuna persona è stata creata e nessuna è in situazione di servitù, nessuna ha cominciato ad esistere prima delle altre o è venuta dopo. Al Figlio non manca nulla di ciò che possiede il Padre né allo Spirito manca qualcosa di ciò che è nel Figlio. La Trinità esiste da sempre senza cambiamenti e variazioni. 
26. Chi vuole condividere questa fede, ascolti la Chiesa nella quale egli annunciava la parola, si rivolga a quei fedeli che custodiscono fino ad oggi le scritture stese da quella santa mano. Questi scritti, per la grandezza della grazia, non stanno forse alla pari con le tavole scritte da Dio, mi riferisco a quelle tavole nelle quale fu impressa la proclamazione della volontà di Dio? La Scrittura riferisce riguardo a Mosè che egli si estraniò dalle cose visibili e collocò la sua anima all'interno dei recessi dell'invisibile (tutto questo viene significato dalla tenebra), per apprendere i misteri divini e in seguito, per mezzo di lui, introdurre tutto il popolo alla conoscenza di Dio. La stessa cosa è avvenuta anche riguardo a questo grande: la sua montagna, non fu un'altitudine visibile e terrena, ma la sublimità del desiderio della vera dottrina; la sua tenebra fu il potere vedere ciò che gli altri non potevano contemplare; la tavola fu la sua anima; la scrittura sulle tavole, fu la voce del personaggio che gli era apparso; per mezzo di tutti questi segni, ricevette  la rivelazione dei misteri, per sé e per tutti coloro che quel fatto avrebbe guidato nell'iniziazione al mistero. 

Gli inizi del ministero: esorcismo nel tempio e miracolo della pietra che si sposta

27. In seguito alla rivelazione ricevuta, divenne coraggioso ed intrepido; era come un atleta che, avendo acquisito esperienza e forza sufficiente dalla preparazione atletica, raggiunge lo stadio con sicurezza per affrontare l'avversario. Gregorio, con la cura di se stesso e con la collaborazione della grazia che gli era apparsa, dopo aver corroborato la sua anima in modo adeguato, affrontò gli avversari. Bisogna ammettere che tutta la sua vita, nell'esercizio del sacerdozio, fu un combattimento una lotta e, grazie alla fede, contrastò la potenza dell'avversario nel corso dell'intera esistenza. 
Subito, dopo aver abbandonato i luoghi nei quali s'era ritirato, e si recò in quella città nella quale avrebbe dovuto edificare una Chiesa per Dio. S'accorse che tutto quel luogo era dominato dall'inganno del demonio, che non era stato edificato nessun tempio al vero Dio, mentre tutta la città e i sobborghi erano pieni di altari, santuari e di statue. Tutto il popolo era zelante nell'adornare i templi degli idoli e i santuari per conservare l'idolatria la quale riusciva a prevalere mediante processioni, iniziazioni e sacrifici nefandi. Come un soldato coraggioso affronta il comandante dell'esercito avversario e per averlo vinto, costringe alla fuga i subalterni, allo stesso modo Gregorio inizia il suo attacco contrastando la potenza stessa dei demoni. Come agì?

28. Sopraggiunta la sera, dal luogo del suo ritiro, si trasferì in città, sotto la pioggia battente ed entrò nel santuario, insieme con i suoi discepoli. Quel tempo era molto celebre perché in esso i demoni si manifestavano in modo aperto per assistere  gli addetti al culto culto nella pratica della mantica. Entrato nel tempio con i suoi compagni, subito, con l'invocazione del nome di Cristo, sparse il terrore tra i demoni. Tracciando un segno di croce, purificò l'aria inquinata dagli odori dei sacrifici. Secondo il suo costume, trascorse la notte intera vegliando in orazioni e inni di lode, facendo diventare una casa di preghiera quel luogo profanato a causa del sangue versato sopra gli altari e le statue. Dopo aver trascorso la notte in preghiera, all'alba riprese la sua strada. 
29. Al mattino, quando l'addetto al santuario sopraggiunse, come il solito, per officiare il culto ai demoni, si dice che gli apparvero i demoni per annunciargli che il santuario era diventato per essi inaccessibile, a motivo della permanenza del santo. Celebrando riti purificatori e sacrifici, cercò di ritornare padrone  del luogo per mezzo di questi riti e di far rientrare di nuovo i demoni nel santuario. Provò in tutti i modi, ma il suo tentativo non dava alcun esito, perché essi non obbedivano più ai suoi richiami come erano soliti fare un tempo. Colmo di furore e di rabbia, l'addetto al tempio afferrò il grande Gregorio, lo minacciò di cose orribili, promise che lo avrebbe denunciato ai magistrati e che gli avrebbe fatto violenza. Aggiunse che avrebbe riferito all'imperatore della sua audacia in quanto, essendo cristiano e nemico delle divinità, aveva osato entrare nel tempio. La forza che agiva in quel luogo sacro si era allontanata dopo che quello era penetrato al suo interno; la potenza dei demoni non poteva più risiedere in quel luogo attivando, come sempre, la funzione oracolare. 
30. Mentre il ministro del tempio sfogava la sua collera, in modo furioso e inumano, Gregorio rimase tranquillo e contrappose a tutte quelle minacce il soccorso del vero Dio. Disse che aveva una grande fiducia nella potenza che vince su tutto, al punto che non solo poteva cacciare via i demoni ma che, a sua discrezione, avrebbe potuto farli rientrare in quel luogo, se lo avesse deciso. Aggiungeva che avrebbe potuto provare le sue affermazioni. L'addetto al culto rimase stupefatto e colpito dalla grandezza della potenza e gli chiese di mostrargli un tale potere, di compiere quei prodigi, e di far rientrare i demoni nel tempio. Sentita la proposta, il grande Gregorio strappò un piccolo frammento da un libro e lo porse al ministro pagano. Poi, emettendo un suono potente, gridò verso i demoni. Le parole scritte sul frammento erano queste: «Gregorio ordina a Satana: entra!». Il ministro pagano, ricevuto lo scritto, lo pose sull'altare. Dopo aver offerto le vittime grasse abituali e gli altri sacrifici impuri, vide di nuovo ciò che era solito vedere in precedenza, prima che i demoni fossero stati scacciati dal santuario. Dopo questi fatti, cominciò a chiedersi quale potesse essere la potenza divina che agiva mediante Gregorio, che s'era rivelata superiore ai demoni. 
31. Lo raggiunse prima ancora che egli giungesse in città e gli chiese che gli spiegasse quel prodigio e chi fosse quel Dio che aveva tanta autorità sui demoni. Gregorio gli illustrò in breve il mistero della pietà. Il ministro pagano ebbe la reazione tipica di chi non non è ancora a conoscenza dei misteri divini: riteneva  indegno, a proposito della grandezza divina, credere che la divinità sia apparsa agli uomini nella carne. Egli allora gli replicò che la sua fede non era convalidata da parole ma da fatti prodigiosi. Il pagano, a questo punto, chiese di poter vedere un prodigio per poter essere condotto da esso alla fede. 
32. Come si racconta, quel Grande compì in quell'occasione un miracolo straordinario, il più incredibile per molti. L'addetto al culto gli chiese che una pietra, una delle più grosse tra quelle che si potevano vedere, tali da non poter essere smossa da un uomo, al comando di Gregorio, soltanto per la potenza della fede, si spostasse da un'altra parte. Raccontano che non appena quel Grande comandò alla pietra, essa, senza alcun indugio, si spostasse al luogo designato, come se fosse stata una persona viva. Si dice anche che, a quella vista, il sacerdote pagano abbia aderito alla parola della fede ed abbia lasciato tutto, stirpe, casa moglie, figli, amici, sacerdozio, il focolare, le ricchezze ed abbia preferito a tutti questi beni, stare in compagnia di quel grande e condividere le sue fatiche nell'esercizio della divina filosofia. 
33. Non occorre, davanti a questi fatti, impiegare la finezza della retorica che mira ad esaltare all'eccesso gli eventi straordinari accaduti, mediante i discorsi molto ornati. Il valore di tale evento non sta nelle parole che lo annuncia né diventa più o meno significativo in base che all'abilità del retore che lo proclama. Quando mai un annunciatore ha aggiunto valore ad un evento soltanto per il modo in cui lo ha fatto? Oppure chi, al contrario, è riuscito a diminuire la grandezza dell'evento agli orecchi degli ascoltatori? Una pietra  libera dalle pietre coloro che veneravano le pietre! Una pietra diventa annunciatrice della fede e conduce alla salvezza gli uomini increduli! Diffonde l'annuncio della potenza divina non a parole o a proclami, ma testimoniando con eventi la verità del Dio annunciato da Gregorio. A lui obbedisce ogni creatura, restando sottomessa alla stessa maniera delle altre. Non soltanto la creatura sensibile, spirituale ed animata, ma anche quella che è priva di tali caratteristiche, accoglie l'ordine del servo come se potesse usufruire di organi sensibili. Come avrebbe potuto una pietra usare l'udito? Con quale senso avrebbe potuto sottostare al potere di chi dava degli ordini? In che modo avrebbe potuto spostarsi da sé? Quali erano le sue membra e le sue articolazioni? Eppure la forza di chi impartiva quell'ordine trasformava la pietra infondendo in essa queste facoltà. Il ministro del culto pagano, dopo aver visto questi fatti, subito riconobbe e rifiutò l'inganno che il demonio aveva esercitato su gli uomini, passando al vero Dio. Attraverso le opere compiute dal servo di Dio, comprese l'ineffabilità della potenza del Signore. Se la potenza del servo si era mostrata così grande, al punto da muovere con una parola delle creature inanimate, e se usava un comando per rivolgersi a creature prive di sensibilità, e per impartire ordini ad esseri privi di vita, quale grandezza si doveva attribuire alla forza che domina su tutto, che con la sua volontà ha dato origine alla materia, alla forma, all'energia stessa del cosmo e di tutti gli esseri che sono in esso e al di sopra di esso?
34. Da quel momento il grande Gregorio intraprese la lotta contro i demoni e portando con sé il ministro del culto pagano, come un trofeo contro i vinti, entrò in città con fiducia e con audacia, mentre il popolo era meravigliato per le notizie udite. Entrò da trionfatore, non con carri, cavalli, muli, o ostentando la moltitudine dei prigionieri, ma manifestando attorno a sé la luce della vita virtuosa. Si manifestò a tutti gli abitanti della città che gli si pressavano attorno, come ad un nuovo spettacolo. Tutti erano desiderosi di vedere chi fosse quel Gregorio, se era tra quelle che da loro erano venerate come divinità. Sembrava un re, insignito di potere, che può dare ordini opposti, facendo ciò che vuole. Del resto, riguardo ai demoni, poteva scacciarli o farli rientrare quando lo voleva, come si fa con un servo. Inoltre aveva con sé l'addetto al tempio, come se quest'ultimo fosse un uomo sottoposto all'autorità di un altro. Quest'ultimo, poi, ormai disprezzava l'incarico d'onore nel quale prima era costituito e, vivendo insieme con lui, aveva donato tutti i suoi beni. 


Gregorio entra in città

35. Lo aspettavano alle porte della città con questo sentimento di sorpresa, e quando giunse da loro, tutti lo fissavano con attenzione. Oltrepassò tutte quelle persone come se fossero state materia inerte, senza guardare nessuno della folla che lo circondava. Camminando diritto verso la città, li fece meravigliare ancora di più, poiché apparve ai loro occhi più grande della fama che aveva avuto. Era la prima volta che entrava in quella grande città poiché, in precedenza, non aveva l'abitudine di recarsi in quel luogo. Non si stupiva che si fosse radunata tanta gente ed avanzò come si trovasse in un luogo solitario. Badava soltanto a se stesso e alla strada che si apriva davanti a lui, evitando di guardare qualsiasi persona fra quella massa radunata. Questo fatto sembrò a quella gente un'azione più straordinaria del miracolo della pietra. Come ho già riferito, erano stati pochi ad accogliere la fede in seguito del suo ministero, ora invece tutta la città onorava il suo sacerdozio e mentre passava tra le strade, era pressato da ogni parte dalla folla che l'accompagnava.
36. Quando si era dedicato alla filosofia, si era liberato subito da tutto come  da un peso, ed ora non aveva nulla di ciò che è necessario alla vita. Non possedeva campi, né proprietà, né casa, ma tutto il suo possesso era lui stesso per se stesso (meglio la virtù e la fede erano la sua patria, il suo focolare e la sua ricchezza). Quando si trovò all'interno della città, non aveva nessuna casa in cui riposarsi, né appartenente alla Chiesa, né di sua proprietà. La gente che lo circondava si preoccupò per lui e si chiese come sarebbe stato accolto e dove avrebbe trovato un riparo. Il maestro allora disse a loro: 
«Perché, come se vi trovaste al di fuori della protezione di Dio, siete ansiosi e vi preoccupate dove potrò far riposare il mio corpo? Vi sembra che Dio sia una piccola casa dal momento che in lui noi viviamo ci muoviamo e siamo? Vi trovate alle strette nella casa celeste? Cercate un altro alloggiamento oltre a quello? Abbiate una sola dimora, quella che appartiene realmente ad ognuno, che è costruita per mezzo delle virtù e si eleva in altezza. Preoccupatevi soltanto del fatto che questa abitazione non sia pronta per voi. Essere circondati da mura terrene non offre alcun vantaggio a coloro che vivono nella virtù. Invece gli uomini che vivono nel male hanno bisogno di essere nascosti da mura, perché la casa è spesso per loro un velo che nasconde il loro vergognosi segreti; invece per coloro che si indirizzano verso la virtù, le mura non avranno niente da nascondere».
37. Stava dicendo queste cose agli astanti, quando giunge un uomo che faceva parte dei notabili e che era stimato tra i primi per il suo casato, per la sua ricchezza e per il potere, di nome Musonio. Quando vide che molti erano animati dallo stesso desiderio di accogliere quell'uomo nelle loro case, ebbe la meglio sopra gli altri e si appropriò di questa grazia per se stesso. Egli pregò il grande di essere il suo ospite e di onorare la sua casa mediante la sua venuta: in questo modo egli sarebbe diventato venerabile e degno di essere lodato dalla posterità, non appena il tempo avrebbe passato ai suoi successori il ricordo di questo onore. Molti altri accorrevano per chiedergli la stessa cosa, ma egli pensò che fosse giusto concedere questo favore a colui che li aveva preceduti, e si recò da quello che lo aveva invitato per primo. Prima però salutò tutti gli altri onorandoli ed offrendo parole di saggezza.
38. Il nostro resoconto dei fatti che lo riguardano è soltanto descrittivo e senza ornamenti, ed omettiamo deliberatamente di amplificarli con qualche artificio. Questo fatto dovrebbe essere una prova solida per coloro che giudicano con obiettività gli eventi che io non ho per nulla ingrandito con l'immaginazione i miracoli compiuti dall'uomo di cui sto parlando. Penso che il solo ricordo dei fatti da lui operati sia sufficiente per una lode compiuta, come lo è la bellezza naturale che fiorisce sul viso senza l'apporto superfluo dell'arte del belletto.
Mentre coloro che avevano ascoltato le sue parole erano pochi, prima della fine del giorno e del tramonto del sole, si radunarono così tante persone rispetto al primo incontro, che la folla di coloro che credevano era sufficiente per formare un popolo. All'alba, la folla era di nuovo radunato alle porte: uomini, donne, bambini, anziani, persone che soffrivano di un'infermità nel corpo, a causa dei demoni o in seguito a qualche altra disgrazia. Egli se ne stava in mezzo a loro. Con la potenza dello Spirito, soccorreva con benevolenza ogni bisogno di coloro che erano radunati, predicando,  esaminando con loro i loro problemi, ammonendo, insegnando, guarendo. Egli attirava un grande numero di persone soprattutto mediante la predicazione, perché ciò che vedevano corrispondeva a ciò che ascoltavano, e nell'uno e nell'altro modo, risplendevano presso di lui i segni della potenza divina. Il discorso colpiva le orecchie l'udito, i miracoli realizzati sui malati colpivano la vista. 

39. L'afflitto veniva consolato, il giovane reso saggio, il vecchio guarito da parole appropriate; lo schiavo imparava a rimanere fedele al padrone e i potenti ad agire con umanità nei confronti dei loro sottoposti. I poveri imparavano che l'unica vera ricchezza sta nelle virtù, il cui acquisto è possibile a tutti. Esortava quanti erano orgogliosi della loro ricchezza ad essere gli amministratori, non i padroni dei loro beni. Alle donne diceva ciò che era vantaggioso per loro; ai bambini insegnava cose proporzionate per la loro età; ai padri ciò che era conveniente. Era diventato tutto a tutti. Grazie all'aiuto dello spirito, si accattivò un numero così grande di persone, da dover pensare alla costruzione di un tempio. Tutti collaborarono a questa impresa con le loro ricchezze o con le loro braccia.
40. Si tratta del tempio del quale egli aveva curato l'erezione e che fu abbellito da un altro dopo di lui, quale suo degno successore. Il tempio lo si mostra ancora ai nostri giorni. Quel Grande lo edificò sul luogo più bello della città, quale fondamento e base del suo ministero sacerdotale. Completò la sua opera grazie alla potenza divina come è dimostrato da ciò che accadde in seguito. 
Alla nostra epoca, in quella città, si verificò un terremoto molto violento, che per poco non uccise tutti. Mentre tutti gli edifici pubblici e privati, erano quasi distrutti o molto danneggiati, solo il tempio rimase in piedi, intatto. Così anche in questo caso appare chiaramente con quale potenza questo grande compiva le sue opere.


Gregorio, nuovo Salomone, salva due giovani fratelli

41. Questi i fatti si sono realizzati grazie alla potenza divina, molto tempo dopo, a testimonianza nella fede del Grande. In quel momento, nella città e nei suoi dintorni, tutti erano presi da stupore per i miracoli dell'apostolo e pensavano che tutto ciò che veniva detto o fatto da lui, avveniva grazie alla potenza divina. Pensavano che non potesse esistere nessun tribunale che avesse più di autorità di lui perfino per le controversie di ordine temporale, e che ogni processo e ogni problema difficile da sbrigare potevano essere sciolti grazie ai suoi consigli. Per questo regnavano la pace e il buon ordine per la comunità e per gli individui, grazie alla sua benevolenza e grande era il progresso del bene, nel privato e nel pubblico, perché nessun male poteva tentare alla concordia reciproca. Non è sbagliato ricordare uno dei suoi giudizi perché secondo il proverbio la qualità di un tessuto si manifesta anche da un solo frammento.
42. Salomone pronunciò molte sentenze per i suoi sudditi, ma la Sacra Scrittura si è limitata a mostrarci la saggezza di quest'uomo tramite un solo esempio. Quando intervenne per giudicare il caso di due madri, era assai difficile stabilire quale delle due avesse torto, poiché nessuna delle due accettava il bambino che era morto mentre riteneva come il proprio figlio quello ancora vivo. Allora riuscì con uno stratagemma a svelare la verità nascosta. Il fatto era accaduto senza che vi fossero dei testimoni, e, visto che ognuna delle due poteva essere sospettata di mentire oppure di dire la verità, sfruttò il sentimento naturale per far emergere la verità. Nascose il suo intento dietro false minacce. Dopo aver ordinato di tagliare con una spada, in parti uguali, il bimbo vivo e quello morto, e di assegnare ad ognuna delle due una metà dei due bambini, lasciò che fosse il sentimento materno naturale a far scoprire la verità. Mentre una delle madri accettava volentieri ciò che aveva ordinato e faceva premura al carnefice, l'altra, sconvolta nel suo sentimento materno, accettava d'essere stata sconfitta e chiedeva che il bambino venisse risparmiato (considerava infatti una grazia che il bambino si salvasse in qualsiasi modo). Il re si servì di questa reazione come criterio per stabilire la verità e sentenziò a favore della donne che aveva accettato volentieri di perdere. Pensò che, per la reazione dell'istinto materno, quella donna che non soffriva della morte del bambino non poteva essere la madre, tanto più che voleva affrettarne perfino la morte. Qual'è stato il giudizio del grande Gregorio che adesso racconteremo?

43. Due fratelli, ancora giovani, che avevano da poco diviso tra loro l'eredità paterna, si disputavano il possesso di un lago; ognuno di loro reclamava per sé  l'intero possesso e nessuno dei due era disposto a condividere con l'altro la proprietà. Il maestro allora dovette farsi giudice. Recatosi sul posto, usando il suo solito stile, cercò di riconciliarli. Li esortava a pacificarsi in spirito d'amicizia, e a preferire il vantaggio della pace ai guadagni che avrebbero potuto ricavare dalla rendita. La pace, diceva, permane per sempre per i vivi e i morti, mentre l'ottenimento di un possesso è un bene passeggero. La condanna per l'ingiustizia invece è eterna. Usava tutti gli argomenti per calmare la foga della giovinezza. La sua esortazione però non dava alcun risultato; la giovinezza rinfocolava l'ardore e infiammava i cuori eccitandoli nella speranza del guadagno. Al fianco d'ognuno di loro c'era gruppo numeroso di schiavi, pronti allo scontro, animati dall'ira e dall'ardore giovanile. L'ora del conflitto era già stata stabilita perché avrebbe dovuto svolgersi all'indomani. 
44. L'uomo di Dio, rimase vicino alla riva del lago e perseverò tutta la notte a vegliare. Alla fine mostrò un miracolo simile a quello che aveva compiuto Mosé sull'acqua. Non divise in due parti l'abisso marino [percuotendo l'acqua] con un colpo di bastone ma, con la preghiera, in poco tempo cambiò il lago in terra ferma, per tutta la sua estensione.
All'alba egli mostrò il largo seccato e inaridito, al punto che non c'era nessuna traccia d'acqua tra le sue sponde mentre, prima che egli pregasse, esso era come un mare. Avendo considerato quel fatto un'opera della potenza divina, se se ne ritornò a casa sua ma per quei giovani, la sentenza, espressa nei fatti, mise fine al conflitto. Era scomparso il motivo per il quale si erano preparati a combattere l'uno contro l'altro; la pace sostituì il furore e prevalse lo spirito fraterno tra i due. Ancora oggi è possibile osservare i segni manifesti di questa sentenza divina. Nei dintorni in quello che prima era stato un lago, sussistono delle tracce della presenza dell'acqua ma tutta la massa d'acqua è stata trasformata interamente in un bosco, in un posto di residenza, in praterie e campi coltivati.
45. Penso che neppure il celebre Salomone può vantarsi di aver espresso una sentenza migliore di questa! Che cosa vale di più, allo scopo di salvaguardare la virtù, aver salvato un neonato, ancora lattante, attaccato alle mammelle di due madri, al quale, al fine di continuare a vivere, era del tutto uguale avere il nutrimento dalla madre oppure dall'altra donna, oppure non è cosa migliore aver reso possibile la salvezza di quei due giovani?
I due, ancora giovani, avevano appena cominciato ad occuparsi di affari, nel fiore dell'età, mentre il vigore dell'ira, tipico dell'età, li spingeva ad odiarsi reciprocamente. Stavano per dare un terribile spettacolo dal momento che si erano armati l'uno contro l'altro. A partire da queste premesse, risultava quest'alternativa: o che morissero entrambi, ucciso l'uno dall'altro oppure che uno di loro si macchiasse del sangue del fratello. Non parlo neppure degli altri che, parteggiando per l'uno o per l'altro, erano animati dallo stesso rancore e avevano come unico scopo di quel conflitto intestino, quello di eliminare gli avversari. 
46. Gregorio, con la preghiera, annullò la sentenza di morte decisa dal demonio nella sua strategia; riconciliò di nuovo la natura con se stessa e trasformò la volontà di uccidere in lieti pensieri di pace. Questa decisione arbitrale non merita maggior ammirazione di quella con cui venne scoperto da parte di Salomone, l'inganno della meretrice? Il miracolo sull'acqua ha reso possibile che, all'improvviso, una massa d'acqua navigabile venisse trasformata in terra asciutta e piana e che un lago diventasse un avvallamento. La zona, che un tempo era un mare, ora è una terra fertile di frutti. Non voglio, tuttavia, parlare di questi eventi perché non riuscirei a parole formare un racconto che sia degno di celebrare quanto è accaduto. 
Nel racconti di altri prodigi scritti nella Bibbia che cosa abbiamo appreso di così rilevante da poter essere posto sullo stesso piano? Giosuè, figlio di Nun, arrestò il corso del Giordano ma lo fece per tutto il tempo in cui l'arca rimase sull'acqua. Non appena il popolo attraversò il fiume e l'arca fu allontanata, l'acqua del fiume riprese a scorrere come il solito. Il fondo del mare Rosso rimase privo di acqua quando il vento respinse il mare verso i due lati ma il prodigio durò finché passo l'esercito che avanzava lungo la striscia rimasta asciutta. In seguito la superficie del mare si ricompose e in breve tempo la massa d'acqua che era stata divisa, si riunì. In questo caso, l'evento accaduto ha continuato a perdurare ed ora è impossibile non credere al miracolo, testimoniato per sempre da ciò che si può verificare. 


Gregorio, nuovo Elia e nuovo Eliseo, trattiene le acque di un fiume

47. Nella loro regione scorre un fiume del quale già il nome sta segnalare il carattere violento ed indomito dei suoi flutti. Lo chiamano Lico (ossia lupo) a causa dei danni che procura alle genti che abitano in prossimità del suo letto. é ricco d'acqua per le sorgenti che provengono dall'Armenia, una regione che lo alimenta in abbondanza, a motivo delle montagne che la sovrastano. 
Quando scorre nel fondo dei precipizi montani è stretto e profondo, anche se si gonfia nel periodo invernale, ricevendo da tutti gli affluenti che scendono dalle montagne. Giunto nella pianura attraversata dal suo corso, mentre viene quasi sempre compresso tra le sue rive, da qualche parte però trabocca dagli argini e invade con le sue correnti il territorio che si stende ai suoi fianchi. Provoca all'improvviso danni frequenti alle popolazioni che abitano da quelle parti; spesso il fiume invade i campi, ad una certa ora di notte come di giorno. In questo modo non soltanto gli alberi, le sementi e gli animali vengono devastati dall'impeto della corrente ed un pericolo sovrasta sugli stessi abitanti che vengono sommersi mentre sono in casa, a causa dell'improvvisa esondazione del fiume. 
48. Quando il racconto dei miracoli compiuti in precedenza da Gregorio si diffuse fra la popolazione, tutti gli abitanti che risiedevano lungo le sponde del fiume, si misero in cammino, uomini, donne, bambini, supplicarono in massa il Grande, chiedendo che ponesse fine a quei mali che inducevano alla disperazione. Pensavano che soltanto Dio avrebbe potuto compiere ciò che era impossibile ad ogni umana intrapresa. Non avevano infatti trascurato di fare tutto ciò che è possibile fare agli uomini. Le avevano tentate tutte, mettendo pietre, sbarramenti. Avevano  messo in opera tutti i tentativi che vengono escogitati in questi frangenti ma non avevano opposto un ostacolo efficace al fiume. Per smuoverlo ancora di più a pietà verso di loro, gli suggerirono di farsi testimone oculare della loro sventura e di rendersi conto che non avrebbero potuto spostare le loro abitazioni, poiché la morte li avrebbe raggiunti comunque data la violenza dei flutti. 
49. Si recò sul posto - non si lasciava fermare da alcun ostacolo quando si proponeva di compiere il bene - senza servirsi né di un carro, né di cavalli né di qualche altro mezzo di trasporto; percorse l'intero tragitto appoggiandosi soltanto ad un bastone. Cammin facendo, ragionava di sapienza con i suoi compagni, parlando della speranza celeste che si prospettava davanti a loro. Con loro trattava sempre questo argomento, considerando il resto come irrilevante rispetto a questo tema dominante. Quando lo guidarono al punto in cui in cui l'acqua del fiume esondava, e dal momento che ciò che vedeva gli faceva capire la gravità della calamità, perché quel luogo era stato sconquassato dalla devastazione della corrente, disse agli uomini che s'erano là radunati: «Fratelli, non è possibile che gli uomini possano arginare il flusso delle acque; questo può essere compiuto soltanto dalla potenza di Dio. Il profeta infatti esclama rivolgendosi a Dio: hai posto un limite alle acque e non lo sorpasseranno. Soltanto a Cristo, Signore delle creazione, stanno sottomessi tutti gli elementi del cosmo che rimangono sempre nei limiti in cui sono stati collocati. Poiché solo Dio pone un argine alle acque, soltanto Lui, con la sua potenza, potrà frenare la forza di questo fiume». 
50. Dopo aver detto queste cose, come se fosse mosso da ispirazione divina, supplicò Cristo, a gran voce, perché venisse come collaboratore a dare compimento a quest'opera. Conficcò il bastone che aveva in mano nell'argine squarciato. In quel punto, il terreno era molle e inzuppato, e perciò con facilità  si piantò fino in fondo, cedendo al peso del bastone e della mano che lo premeva. Poi pregò Dio affinché quel bastone divenisse come un baluardo capace di arrestare l'inondazione delle acque, ed infine se ne tornò, dimostrando con questo modo d'agire che tutto ciò che aveva fatto era avvenuto grazie alla potenza divina.
Subito infatti, non molto tempo dopo, il bastone mise fuori delle radici sulla sponda e divenne un albero. La pianta fu posta come limite invalicabile al fiume, e fino ad oggi essa è per gli abitanti del luogo motivo di spettacolo e oggetto di racconto. Quando infatti, per le piogge torrenziali, il Lico si gonfia come al solito e e comincia a scorrere impetuoso, destando paura per il fragore della corrente, allora, appena l'acqua tocca le radici dell'albero in profondità, gonfiandosi di nuovo, si ritira nel mezzo e, come se avesse paura di avvicinarsi all'albero, con il flutto rigonfio, va a scorre nel suo corso.
51. Tale fu la potenza del grande Gregorio, anzi di Dio che operava i miracoli per mezzo di lui. Sembrava che gli elementi della natura agissero in base agli ordini ricevuti, come se fossero dei sudditi, e così il lago si trasformò in un campo fertile, e le voragini create dal fiume diventarono abitabili mentre il bastone conficcato continuava a garantire sicurezza agli abitanti. Il nome dell'albero è ancora oggi «Bastone», conservato dagli abitanti del luogo a memoria imperitura della grazia e della potenza di Gregorio.
52. Quale miracolo, fra quelli compiuti dai profeti, potresti mettere di fronte a questo per un confronto? Pensiamo alla divisione del Giordano compiuta da Elia, prima di salire al cielo, quando percosse il fiume con il suo mantello di pelle di pecora; dopo di lui, fece lo stesso Eliseo, erede del mantello e dello spirito di Elia. Quanto a questi due miracoli, però, le acque si separarono soltanto per i due profeti, in un momento di bisogno. Il Giordano fu transitabile in quanto il fiume trattenne la sua corrente per tutto il tempo che era necessario ai due profeti per attraversare l'alveo dissecato, a piedi asciutti. Per gli altri uomini il fiume apparve sempre così come era stato prima del miracolo. Il Lico, ormai regolato nel suo corso, un tempo disordinato, rievoca il miracolo di Gregorio in ogni tempo, poiché è rimasto sempre, nel suo scorrere continuo, quale fu trasformato dalla fede di quel grande nell'ora del prodigio. Gregorio, nel suo operare, non mirava a stupire gli spettatori, ma a salvaguardare la popolazione che abitava lungo il fiume.
Sebbene, per un certo aspetto, il miracolo operato da Gregorio possa considerarsi uguale in potenza a quello operato da Elia e da Eliseo — infatti sia nel miracolo dei profeti che in quello del santo che li imitò si trattò di regolare il corso naturale dell'acqua —, parlando con tutta franchezza, nel prodigio operato da Gregorio appare un senso di umanità più marcato, in quanto gli abitanti furono salvaguardati. Una volta che il corso dell'acqua fu obbligato a scorrere in modo regolare, lungo una parte del fiume, esso mantenne per sempre lo stesso corso.


Gregorio nuovo Samuele. A Comana per l'elezione del vescovo

53. Dopo che in ogni parte della regione si diffuse la fama di simili prodigi operati dalla potenza della fede in Cristo, tutti desideravano condividere quella fede garantita da tali miracoli; il messaggio evangelico si diffondeva ovunque. Il mistero [di Dio] si manifestava in modo efficace ed aumentava la volontà di fare il bene. Cercavano che il vescovo raggiungesse tutti, per aumentare e rafforzare la fede in ogni luogo. Una delegazione, inviata da una città confinante, si presentò al santo per pregarlo di andare da loro per costituire una loro comunità ecclesiale con la nomina d'un vescovo; la città si chiamava Comana. Tutti in modo unanime chiedevano e supplicavano che quel grande fosse loro ospite.
54. Si recò presso di loro trattenendosi là alcuni giorni, ed infiammò ancor più il loro cuore verso il Mistero, con le parole e con il comportamento. Era ormai tempo di portare a compimento ciò che la legazione era venuta a chiedere e di designare nella loro comunità un vescovo. Tutti i magistrati erano intenti a scoprire quelli che emergevano sugli altri per l'eloquenza, per la nobiltà e per la fama, guardando all'apparenza. Dal momento che il grande Gregorio era provvisto di queste doti, pensavano che non dovesse esserne privo neppure chi avesse ricoperto questa dignità. Erano divisi, però, sulla scelta; chi preferiva uno, chi preferiva un altro. Intanto quel grande attendeva che gli venisse da Dio qualche ispirazione a tale proposito.
Samuele consacra Davide
Riguardo a Samuele, si racconta che, quando scelse il re, non si lasciò influenzare dalla bellezza o dalla statura d'una persona, ma cercò di verificare la presenza della virtù propria di un re, quand'anche questa avesse abitato in un corpo per nulla attraente. Allo stesso modo anch'egli, non si lasciò influenzare dalle motivazioni per le quali era preferito un candidato, ma badava  ad una cosa sola, se cioè uno, prima ancora della candidatura, avesse avuto un comportamento degno d'un sacerdote, per lo stile di vita virtuoso.
55. Gli presentavano gli uomini che erano stati scelti col voto, ed ognuno elogiava il proprio candidato preferito, ma egli li esortava piuttosto a tener conto delle persone che erano migliori nel loro comportamento (era possibile infatti, che tra loro si trovasse qualcuno che era superiore agli altri per bontà d'animo, anche se conducevano una vita per nulla appariscente). 
Uno di quelli che presiedevano al voto ritenne un'offesa ed un insulto il criterio di scelta formulato da quel grande, ossia che alcuni artigiani fossero stimati più degni della dignità episcopale  degli uomini che erano stati preferiti dagli altri per l'eloquenza, la dignità e lo splendido tenore di vita.
Avvicinandosi a lui, gli disse con ironia: «Se vuoi che i candidati scelti da tutti i cittadini siano messi da parte,  e mettiamo alla guida e a capo del clero una persona proveniente dal popolo più misero, è l'occasione buona per chiamare al sacerdozio il carbonaio Alessandro e così, volgendoci a costui, se ti sembra opportuno, ci accorderemo tra noi, cittadini residenti di tutta la città». Parlava così per respingere il suo parere, fingendo di criticare, con l'ironia, l'insipienza delle scelte fatte in precedenza. Quel grande, a queste parole, cominciò a pensare davvero che, non senza un intervento divino, Alessandro venisse menzionato da chi presiedeva l'elezione. «Chi è questo Alessandro — disse — che ora avete ricordato?». 
56. Uno dei presenti trascinò in mezzo, fra le risate, la persona che era stato menzionata, vestito con sordidi stracci, che non coprivano neppure tutto il corpo; un uomo che manifestava, a vista d'occhio, il suo mestiere dalle mani, dal volto e da tutto il resto del corpo, sporcati nel trattare il carbone. Trovatosi nel mezzo, Alessandro suscitò le risate da parte della folla che l'attorniava. All'occhio acuto del santo questo spettacolo offrì un buon motivo per provare meraviglia e riflettere: ecco un uomo in estrema povertà che, incurante del corpo, curava se stesso, che amava quel modo di essere, sebbene fosse considerato ridicolo da parte di sguardi non ancora educati al vero bene.
Infatti viveva così. Non conduceva questo genere di vita perché vi fosse stato costretto dalla miseria, ma perché seguiva la filosofia. Lo dimostrò nel resto della sua vita, nell'elevarsi al di sopra degli altri, fino ad affrontare il martirio, compiendo la corsa della virtù nel fuoco. 
57. Aveva scelto di rimanere nascosto avendo rinunciato a quella condizione che, essendo considerata felice, viene tanto desiderata dalla maggior parte, e stimava ben poco la vita del mondo poiché desiderava la vera vita, quella più elevata. Per conseguire al meglio la virtù, cercava di essere disprezzato proprio svolgendo quel mestiere trascurato, quasi coprendosi dietro una maschera ributtante. Inoltre,  trovandosi nel fiore della giovinezza, riteneva che fosse pericoloso, al fine di raggiungere la sapienza, mettere in evidenza la bellezza del suo corpo, esaltandosi per le sue doti naturali. Sapeva infatti che questa ambizione era stata per molti la causa di gravi cadute.
Per non subire fatti spiacevoli, e per non diventare per altri oggetto di passione, scelse volontariamente il mestiere di carbonaio, coprendosi con una maschera deformante, sia per allenare il corpo alla virtù con le fatiche, sia per coprire la sua bellezza con la sordidezza del carbone e, nello stesso tempo, per procurarsi del denaro, con il proprio lavoro, ed usarlo poi per osservare i comandamenti.
58. Gregorio lo portò fuori dal luogo della riunione e si informò, con diligenza, su tutto ciò che riguardava Alessandro, e poi lo affidò ai suoi compagni, ordinando loro di fare quanto era necessario. Egli poi, ritornato nella riunione, prendendo spunto dalla circostanza, istruiva quelli che erano radunati; parlava loro del sacerdozio, delineando in questa istruzione quale dev'essere una vita virtuosa. Prolungò tali discorsi trattenendo l'assemblea finché quelli del suo seguito, che nel frattempo avevano adempiuto il suo ordine, rientrarono accompagnando Alessandro. Il giovane, lavandosi, si era liberato dalla sporcizia della fuliggine e aveva indossato le vesti sacre di Gregorio. Aveva ordinato a quelli del suo seguito di fare proprio questo. Tutta la folla, guardando Alessandro, rimase stupita di fronte alla novità, ed allora il maestro disse loro: «Non è successo nulla di nuovo; siete stati ingannati dalle apparenze esteriori, poiché avete giudicato la bellezza soltanto coi sensi. Questi infatti offrono un criterio ingannevole per conoscere la verità e precludono la via ad una conoscenza più profonda. Inoltre il diavolo, nemico della pietà, desiderava che il vaso di elezione, rimanesse nascosto ed ignorato, e non si potesse rivelare l'uomo che avrebbe distrutto il suo principato».
59. Detto questo, consacrò a Dio  quel giovane ordinandolo sacerdote e completò il dono di grazia seguendo i riti prescritti. Tutti allora rivolsero l'attenzione al nuovo ministro e lo pregarono di tenere un discorso all'assemblea. Alessandro dimostrò subito, all'inizio del suo ministero, che il grande Gregorio non aveva sbagliato nel valutarlo. Il suo discorso fu ricco di concetti, anche se poco ornato di artifici retorici. Per questo motivo, un giovanotto petulante, proveniente dall'Attica, derise la povertà dello stile perché non aveva ornato il discorso con la magniloquenza degli Attici. Si racconta tuttavia che quel giovane giudicò in modo più saggio, quando, istruito da una visione divina,  vide uno stuolo di colombe, splendente di rara bellezza e senti una voce che diceva che quelle erano le colombe di Alessandro, proprio quello che egli aveva deriso.
60. Quale di queste due cose può uno ammirare di più? Che Gregorio non abbia tenuto conto del voto dei dignitari e non si sia lasciato convincere dalle argomentazioni dei cittadini illustri, o dobbiamo piuttosto ammirare la ricchezza nascosta sotto la fuliggine del carbone, alla quale Dio prontamente rese testimonianza, attraverso la visione concessa all'amante della retorica? Mi sembra che ognuno di questi due fatti sia tale da poter stare a confronto con l'altro; e poco manca che entrambi ottengano il primo posto tra gli eventi miracolosi. 
Infatti aver contrastato l'intento dei notabili fu un segno chiarissimo d'un animo inflessibile ed elevato. Nella stessa maniera, egli disprezzava ciò che si conformava al modo di vedere del mondo sia che riguardasse cose rilevanti e importanti, sia cose modeste e trascurabili. Il primo posto lo assegnava soltanto alla virtù, e riteneva che fosse necessario respingere soltanto il vizio; considerava un nulla tutto ciò che gli uomini desideravano o rifiutavano. Agì secondo questo criterio anche nell'episodio dell'elezione. Mentre cercava di trovare una persona degna e gradita a Dio, non ritenne affatto che fossero una garanzia di dignità né la ricchezza, né le cariche, né le apparenze fastose del mondo, tutte cose che la Parola di Dio non cataloga nell'elenco dei  veri beni.
61. Non dobbiamo ammirarlo e lodarlo soltanto per essersi opposto alle manovre dei notabili; ma soprattutto per aver superato se stesso nella proposta fatta in seguito. L'uomo che rifiuta un parere considerandolo una proposta inaccettabile, ma non ne propone un'altro in alternativa, evita il male, ma non fa neppure il bene. Il grande Gregorio, invece beneficò i cittadini in due modi: li distolse dallo sbaglio che stavano per fare, poiché non conoscevano quella persona, e mise in luce il bene che si trovava nascosto presso di loro. Visto che tutto si svolse secondo le intenzioni di quel grande uomo, con l'aiuto dello Spirito Santo, allora non sarà sbagliato ricordare anche quanto accadde nel suo viaggio di ritorno, e così apparirà come la grazia accompagnasse sempre quell'uomo.


Gregorio, nuovo Pietro, provoca la morte a due schernitori

Pietro colpisce Anania
62. Tutti sapevano che egli desiderava sempre soccorrere chiunque richiedesse il suo aiuto. Due ebrei, allora, forse perché volevano ricevere del denaro da lui oppure perché voleva farlo sfigurare, dopo aver  pensato a come trarlo in inganno con una certa facilità, vigilavano sul suo viaggio di ritorno. Uno dei due, fingendo di essere morto, stando in posizione supina, si era posto di traverso della strada pubblica. L'altro, piangendo il compagno vicino a lui, imitava i lamenti dei cori funebri. Chiamò con forza il Grande che passava di là e disse: "Questo misero è morto all'improvviso, giace nudo e non ha mezzi per essere sepolto". Pregava quel grande di non trascurare l'onore ai defunti, di avere pietà per quell'uomo misero e di consentire che venisse reso l'omaggio estremo al corpo, dando a lui qualche cosa di ciò che possedeva. L'estraneo lo supplicava con questi discorsi e con altri ancora. Senza alcun indugio, Gregorio lasciò cadere sull'uomo disteso a terra il suo mantello imbottito e riprese il suo cammino. 
63. Non appena quello si era inoltrato e i due imbroglioni erano rimasti soli, uno di loro, smise di piangere per finta e si mise a sghignazzare. Invitò il compagno che era stesso a terra ad alzarsi tutto contento del guadagno ottenuto con un bel imbroglio. L'altro, rimanendo fermo nella stessa positura, non lo sentiva affatto. Mentre il primo, parlava ancora più forte, e cercando di riscuoterlo, lo toccava con un piede, l'altro, che era stesso, non sentiva più il suo richiamo, non avvertiva i colpi ma continuava a rimanere nella stessa positura. Morì all'istante nel ricevere su di sé il mantello e morì davvero mentre prima aveva soltanto simulato la sua morte, per ingannare il santo. L'uomo di Dio non fu tratto in inganno perché egli diede loro il suo mantello e il dono servì realmente allo scopo per il quale glielo avevano richiesto. 
64. Ti sembra spaventosa tale azione compiuta mediante la fede e la potenza del santo? Non stupirti affatto ma ricorda ciò che fece il grande Pietro. Questi non manifestò la potenza che lo abitava soltanto nel compiere benefici, come quando fece correre e saltellare l'uomo storpio dalla nascita, mostrandolo poi al popolo o come quando, con l'ombra del corpo, proiettata dal sole in modo trasversale mentre stava passando, guariva le malattie dei sofferenti. La manifestò anche nella vicenda di Anania. Questi, per aver disprezzato la potenza che abitava nell'apostolo, fu condannato a morte. Penso che ciò avvenne perché se qualcuno tra il popolo era colpito dalla stessa malattia, nel vedere quel caso terribile, rinsavisse e fosse istruito per evitare di cadere nella medesima punizione. L'imitatore di Pietro aveva mostrato di possedere la sua stessa forza carismatica compiendo molti miracoli di carattere benefico, giustamente, allora, rese veritieri quei due uomini che avevano cercato di ingannarlo opponendosi allo Spirito Santo. Bisognava, io penso, che il distruttore della menzogna trasformasse in verità perfino la falsità di quell'uomo ingannatore e così fu chiaro a tutti che la parola annunciata da quel Grande era vera e anche la parola che egli aveva creduto vera, non era affatto menzognera. Gli ebrei che, come ho già raccontato, avevano deriso la potenza di quel Grande, - almeno così credevano - divennero un ammonimento per gli altri, insegnando loro che non bisogna compiere frodi dal momento che Dio stesso diventa vindice delle malvagità commesse. 
65. Dopo questi avvenimenti, si tenne una riunione all'aperto in un luogo di quella regione. Mentre tutti stavano ascoltando meravigliati i suoi insegnamenti, un giovanetto gridò, rivolto agli astanti, che quella dottrina non proveniva dal maestro ma da un altro che stava accanto a lui [cioé dal demonio]. Sciolta l'assemblea, il giovane fu  portato alla presenza di Gregorio ma, come si racconta, egli disse che quel giovane stava sotto l'influsso del demonio. Prese allora la stola che gli pendeva alla spalla e dopo avervi soffiato sopra con la sua bocca, la impose sul giovane. A questo punto, questi cominciò ad agitarsi, ad emettere grida poi cadde a terra, si dimenò e fece vedere che pativa le consuete manifestazioni della presenza del demonio. Allora il santo stese la mano, calmò il suo turbamento e il demonio se ne andò via da lui. Il giovane ritornò di nuovo pacificato e non osò più dire di vedere accanto al santo un altro che parlava insieme a lui. 
66. Possiamo ricordare anche questo tratto tra le cose stupende che lo riguardano, ossia che egli compiva guarigioni mirabili con estrema semplicità. Per mettere in fuga i demoni e per guarire i corpi degli ammalati gli bastava soffiare e trasmettere con la stola  il suo soffio al sofferente. Sarebbe necessario un libro voluminoso o un discorso molto più lungo della conversazione che sto tenendo se volessi riferire tutti i miracoli compiuti da Gregorio. Mi limiterò a riferire uno o due dei miracoli che gli vengono attribuiti ma non ne racconterò altri ancora. 

La persecuzione  di Decio


Excursus storico: L'impero, attaccato su tutti i confini ed in crisi politica ed economica, si trovava in gravi difficoltà e Decio si insediò a Roma determinato a restaurarne la grandezza e i valori, non ultima la religione dei padri.

Per ritornare all'uniformità di culto come fonte di coesione politica, dopo pochi mesi emise un editto che ordinava a tutti i cittadini dell'impero di offrire un sacrificio pubblico agli dèi e all'imperatore (formalità equivalente ad una testimonianza di lealtà all'imperatore e all'ordine costituito). Decio autorizzò delle commissioni itineranti a visitare le città e i villaggi per supervisionare l'esecuzione dei sacrifici e per la consegna di certificati scritti a tutti i cittadini che li avevano eseguiti. A coloro che si rifiutarono di obbedire all'editto fu mossa accusa di empietà, che veniva punita con l'arresto, la tortura e la morte. Questo editto costituisce la prima persecuzione sistematica contro i cristiani, i più numerosi fra quanti minacciati dal provvedimento. Alcuni eventi possono essere ricostruiti confrontando le numerose fonti cristiane disponibili (Cipriano, Eusebio, Atti dei Martiri). Cipriano spiega che le autorità non miravano tanto a fare martiri quanto ad ottenere l’apostasia con le prigioni e la tortura; in effetti gran parte dei cristiani cedette alla forza (i cosiddetti lapsi), accettando di sacrificare o acquistando un libello o nascondendosi in rifugi nelle campagne.
Il devoto fervore dei martiri non apparteneva però a tutti i Cristiani; l'amore per la vita e la paura della pena non sempre potevano essere scavalcati dall'ardore mistico che in qualche caso aveva spinto alcuni a gettarsi volontariamente tra le braccia dei carnefici in nome della fede. Tra l'altro, alcuni vescovi dovettero anche frenare un ardore che troppe volte aveva abbandonato questi aspiranti martiri nel momento supremo. Esistevano almeno tre modi per evitare la persecuzione: la fuga, l'acquisto del libello, l'abiura. Il primo caso dimostra una singolare procedura seguita dai magistrati romani in caso di denuncia del delitto di cristianesimo (e conferma quanto già detto in merito ad una sostanziale renitenza nei confronti di una repressione dura e generalizzata): agli accusati veniva concesso un congruo periodo di tempo per sistemare i loro affari e preparare la difesa; nel frattempo costoro erano liberi, e la fuga si rivelava un ottimo sistema, ancorché non censurato dalla Chiesa, di salvare la vita aspettando tempi migliori. Tra l'altro, anche diversi Padri della Chiesa erano ricorsi a questo espediente che avrebbe potuto permettere loro di proseguire il sacro ufficio, una volta tornata la normalità. Il secondo caso era particolarmente gradito a quei governatori che anteponevano la cupidigia al rispetto degli editti imperiali, e d'altra parte l'acquisto di un salvacondotto metteva i Cristiani (almeno quelli benestanti) in una posizione di sicurezza: il gesto era riprovevole, e a parte le numerose discussioni sorte in merito, una lieve penitenza era in genere sufficiente per scontare il gesto profano. La terza ipotesi poteva riguardare sia alcuni che si tiravano indietro al primo pericolo, sia coloro che erano vinti da una prolungata paura o dallo sfinimento per le torture subite. Di solito, passato il pericolo della persecuzione, tutti costoro si presentavano come penitenti per ottenere il perdono e il rientro nella società dei cristiani, che però non sempre poteva essere accordato. Fortunatamente per i cristiani, questa persecuzione terminò al riprendere della guerra con i Goti che l'anno dopo fece vittima lo stesso Decio. (Da Wiki)



Decio, l'imperatore persecutore
67. L'annuncio del messaggio divino si era diffuso ovunque e tutti erano passati al vero culto, sia gli abitanti delle città, sia quelli che vivevano nei loro circondari. Gli altari, i templi e gli idoli erano stati distrutti; la vita degli uomini era stata purificata dalle macchie dell'idolatria e l'odore disgusto delle vittime sacrificali era stato disperso; la sporcizia del sangue sugli altari per la macellazione degli animali era stata lavata. In ogni luogo tutti edificavano con zelo templi, case di preghiera nel nome di Cristo. Allora il sovrano dell'impero romano si accese d'ira e d'invidia vedendo che venivano trascurati i falsi culti dei suoi padri mentre, al contrario, si diffondeva il mistero dei Cristiani. La Chiesa, infatti, si espandeva ovunque nel mondo e cresceva il numero degli uomini che aderivano alla parola. Pensando che sarebbe stato possibile contrapporre la sua durezza alla potenza divina, di ostacolare l'annuncio del mistero, di abbattere le chiese e di far tornare di nuovo i fedeli che avevano accolto la parola, al culto degli idoli, divulgò un editto ai capi dei vari popoli. Minacciò loro terribili punizioni se non avessero maltrattato con ogni specie di supplizi i fedeli che veneravano il Nome di Cristo e se non li avessero ricondotti al culto avito dei demoni, terrorizzandoli e costringendoli con la violenza.
68. Non appena si diffuse tra i capi questo decreto terribile ed empio,  in ogni angolo dell'impero giunsero i funzionari incaricati ad applicare il decreto, inviati dal crudele tiranno. A governare quella regione c'era un tale che non aveva bisogno di alcun suggerimento proveniente da un'autorità superiore per dare sfogo alla sua indole malvagia poiché era portato dal sua carattere ad essere crudele e duro ed avversava i fedeli che avevano creduto alla predicazione. Divulgò il più terribile tra i decreti pubblici che costringeva o ad abbandonare la fede o a sottoporsi a supplizi di ogni genere, anche mortali. Quanti avevano il potere negli affari pubblici non si interessavano e non si impiegavano in nessun altra questione, né privata né pubblica, se non nel perseguitare e punire i fedeli che avevano accolto la fede. La gente non temeva soltanto le minacce a parole ma, oltre ad esse, incutevano un forte terrore, prima ancora di sperimentarle le svariate apparecchiature per le torture. Spade, fuoco, fiere, fosse, strumenti di tortura per torcere le membra, sedili di ferro infuocati, pali di legno drizzati (i corpi stesi su di essi venivano lacerati dai colpi di temibili uncini) e altri innumerevoli strumenti escogitati per tormentare il corpo, erano stati preparati dai persecutori. L'intento che le autorità si proponevano con questi mezzi era uno solo: nessuno doveva sembrare più mite di un altro nell'espletare questo eccesso di malvagità. Alcuni denunciavano, altri offrivano prove, altri ancora  cercavano di scovare quelli che si erano nascosti. Mentre alcuni inseguivano i fuggiaschi, altri desiderando di impadronirsi delle proprietà dei fedeli, col pretesto di coltivare la religione, perseguitavano coloro che avevano accolto la fede. 
69. Tutto il popolo viveva nello sconcerto e nella trepidazione poiché ognuno diffidava dell'altro. I padri non riuscivano a continuare ad essere benevoli verso i figli, per paura; i figli non rimanevano fedeli alla deferenza verso i padri che si prova in modo spontaneo. Anche le famiglie si dividevano, separate da motivazioni religiose. Un figlio che aderiva alla religione greca, tradiva i genitori credenti mentre un padre che era rimasto non credente, accusava il figlio che era diventato credente. Anche il fratello combatteva il suo sentimento naturale per lo stesso motivo, pensando che fosse lecito punire il parente se questi aveva aderito alla vera religione. In seguito a questi fatti, i luoghi un tempo solitari s'erano riempiti di fuggiaschi e le case s'erano svuotate dei loro inquilini. Molti edifici pubblici vennero destinati come carceri per i prigionieri. Le carceri non erano sufficienti per accogliere il numero rilevante degli uomini che erano puniti a motivo della loro fede. Le piazze e altri posti di incontro, sia pubblici che privati, invece di apparire luoghi dove regnava l'allegria, erano divenuti luoghi di sventura poiché alcune persone erano arrestate e altre condotte via. C'era chi godeva e chi era nel dolore. Non c'era compassione per i bambini, rispetto per gli anziani; non era considerato il vigore morale del prigioniero. Come avviene dopo una sconfitta in guerra, le persone di qualsiasi età erano considerate dai nemici della fede una fonte di guadagno. Non veniva rispettata la debolezza naturale delle donne, così da evitare loro questi duri provvedimenti ma esisteva un'unica legge crudele contro tutti e la medesima punizione veniva assegnata a tutte le persone che avevano abbandonato l'idolatria, senza riguardo alla loro condizione di sesso o di età. 
70. Allora quel Grande, consapevole della debolezza dell'uomo, convinto che molti non sarebbero stati capaci di combattere fino alla morte in difesa della fede, consigliò alla comunità di sottrarsi all'impeto della persecuzione, allontanandosi da là per un po' di tempo. Riteneva che fosse più opportuno che si salvassero con la fuga, piuttosto che i fedeli diventassero dei disertori della fede, nel dover affrontare una lotta troppo dura. Volendo convincere i fedeli con più efficacia che non ci sarebbe stato nessun pericolo per la loro anima se avessero salvaguardato la loro fede con la fuga, volle diventare un esempio per tutti nel nascondersi: prima degli altri se ne andò in luoghi appartati davanti al pericolo incombente. Del resto i governatori erano interessati sopratutto a questo fatto: catturare il comandante per creare scompiglio fra la truppa. In base a questa motivazione cercavano di catturarlo. 

71. Si stabilì sopra un monte solitario, in compagnia di quel ministro del santuario che aveva condotto alla fede, agli inizi del suo ministero e che ora lo serviva come diacono. I persecutori lo inseguivano da vicino in gran numero seguendo le indicazioni date loro da un delatore. Alcuni di loro, ponendosi in cerchio alle falde del monte, stavano attenti per evitare che non sfuggisse loro da qualche parte, se avesse tentato una sortita. Gli altri, saliti sul monte, frugavano da ogni lato ma intanto il Grande li poteva vedere mentre s'affettavano verso di lui. Chiamato a sé il suo compagno, confidava in Dio con un senso di fiducia fermo ed irremovibile e in lui poneva la speranza nella sua salvezza. Alzò le mani in preghiera e sebbene i persecutori fossero ormai vicino a lui, non abbandonò la fede per la paura. Mostrava al diacono di compiere per primo ciò che insegnava, guardando il cielo con sguardo immobile, con le mani stese, dritto in piedi.
72. Stavano facendo questo, quando [giunsero] gli inseguitori che erano saliti la sopra. Costoro, dopo aver esaminato il luogo da ogni parte, dentro ogni cespuglio, dietro ogni roccia sporgente, e dopo aver ispezionato minuziosamente il fondo di ogni precipizio, ridiscesero alle falde del colle pensando che fosse scappato per paura di loro che l'avevano inseguito e che, a quel punto, poteva essere stato catturato dagli uomini che accerchiavano il monte, in basso. Non era stato preso da costoro né si trovava con gli altri. Il delatore, che aveva rivelato il nascondiglio del Grande, descriveva con gesti il luogo nel quale si trovava, là dove i suoi inseguitori non avevano scorto nulla, se non due alberi che stavano poco distanti tra loro. 
73. Gli inseguitori se ne andarono e il delatore ritornò là. Vide che il Grande, se ne stava in preghiera, assieme al compagno che viveva con lui. Comprese che Dio li aveva protetti facendo credere ai persecutori che essi erano due alberi. Allora cadde in ginocchio a sua volta e credette alla parola. L'uomo che poco prima era un inseguitore, diventò un fuggiasco. Rimasero a lungo in solitudine (infuriava intanto la guerra contro la fede, poiché i governatori aggredivano crudelmente i fedeli che avevano accolto la parola della vera fede) e tutti erano fuggiti. 
74. Poiché i persecutori avevano perso ogni speranza che quel Grande cadesse nelle loro mani, allora riversarono il loro furore contro gli altri fedeli rimasti; ovunque, in ogni popolo, cercavano tutti, uomini, donne e bambini, quanti veneravano il nome del Signore. Li portavano in città e li gettavano in prigione, considerando la fede un crimine. I tribunali non erano impegnati in nessun altra attività pubblica tranne che in quella che i magistrati compivano per torturare con zelo, con ogni genere di supplizi e di pene, ogni credente che aveva accolto la fede. 
75. Allora tutti capirono ancora meglio che quel Grande non faceva nulla senza il suggerimento divino. Salvatosi con la fuga per essere d'aiuto al popolo, fu di comune aiuto ai fedeli che lottavano per la fede. Come sappiamo riguardo a Mosè che pur restando lontano dall'esercito che combatteva gli Amaleciti, grazie alla preghiera, infondeva forza ai suoi connazionali contro i nemici, allo stesso modo anche lui, come se vedesse con l'occhio dell'anima, ogni avvenimento, invocava il soccorso divino a favore dei fedeli che combattevano nella confessione della fede. 
76. Una volta mentre, come al solito, pregava insieme a quelli che erano con lui, fu preso all'improvviso da angoscia e inquietudine. I presenti ebbero l'impressione che egli si fosse estraniato e provasse angoscia per ciò che aveva visto e tendesse le orecchie come se avesse sentito qualcosa. Passò un certo tempo, ma egli rimase per tutto quel tempo, diritto e immobile; in seguito, come se l'evento a cui aveva assistito in visione avesse avuto buon esito, di nuovo tornò ad essere come il suo solito. Subito lodò Dio a voce alta, innalzando un inno di vittoria e di ringraziamento, quale spesso sentiamo dire da Davide nei salmi: Benedetto Dio che non ci ha lasciato in preda ai loro denti (Sal 123,6). 
77. Gli astanti erano rimasti stupiti e ansiosi di sapere che cosa avesse visto con i suoi occhi. Si dice che abbia detto: «In quel momento ho visto una grande caduta; il diavolo era stato vinto da un giovane che lottava per la fede». Poiché non avevano compreso il suo discorso, raccontò loro il fatto in modo più chiaro. Disse che in quel momento un giovane di nobile stirpe, trascinato davanti al governatore dalla guardia, aiutato da Dio, aveva combattuto per la fede compiendo un grande sforzo. Comunicò loro anche il suo nome, dicendo che si chiamava Troadio e che dopo molte sofferenze, affrontate con coraggio, aveva cinto la corona del martirio. 
78. Il diacono rimase molto colpito dal racconto ma non osava affermare che egli era piuttosto incredulo. Che il santo, trovandosi lontano dalla città e senza che nessuno gli avesse riferito qualcosa riguardo al giovane, parlasse a quelli che stavano con lui, dei fatti [che là si svolgevano], come se fosse stato presente, a suo parere, ciò superava le possibilità umane. Allora chiese al maestro di poter verificare direttamente e di venire a conoscenza dell'accaduto; chiese di poter recarsi di raggiungere il luogo dove si era verificato questo prodigio. L'altro gli faceva notare che sarebbe stato pericoloso trovarsi in mezzo ad assassini e che spesso, a motivo della violenza del nemico, si pativano sofferenze indesiderate. Il diacono rispose che confidava nell'aiuto della sua preghiera, ed aggiunse questa supplica: «Affidami a Dio e non sarò preso da alcun timore del nemico». Il santo fece uscire il suo amico, rafforzato dall'aiuto di Dio che egli aveva richiesto con la preghiera. Questi s'inoltrava nel cammino fiducioso senza badare ai passanti. 
79. Entrò in città quando ormai era sera e, affaticato per il viaggio, pensò che fosse opportuno ristorarsi in un bagno pubblico. Un demone assassino regnava in questo luogo e si era stabilito nel bagno. Egli, dopo che era scesa l'oscurità, esercitava la sua forza contro coloro che si avvicinano, e per questo il bagno era diventato inaccessibile e non era più fruibile dopo il tramonto del sole. Quando fu vicino, domandò al custode di aprire la porta, e di lasciarlo entrare e di non impedirgli il refrigerio d'un bagno. Questi gli fece sapere che nessuno di quanti avevano osato  di entrare in acqua, a quest'ora, aveva potuto ritornare sui passi ma che il demonio la sera diventava padrone di tutto. Disse che molti per averlo ignorato avevano sofferto dei mali irrimediabili; invece del rilassamento sperato avevano trovato canti funebri e lamenti. Benché gli avesse detto queste cose e altre notizie simili, costui non rinunciava per nulla al suo desiderio ma insisteva in tutte le maniere facendo pressione su di lui affinché lo facesse entrare. Il custode, vedendo che era meglio per lui non correre alcun rischio a causa della incoscienza di quello straniero, gli diede la chiave e si allontanò da bagno. 
80. Quando il diacono si trovò all'interno e si fu svestito, i demoni cercarono spaventarlo e di atterrirlo con ogni mezzo: spettri di ogni genere, fatti di fuoco e fumo gli si paravano contro o  gli  venivano incontro immagini di uomini o di fiere. Nel frattempo colpivano le sue orecchie, facevano sentire la loro vicinanza con dei soffi e si mettevano in cerchio attorno a lui. Tuttavia egli,  avendo messo davanti il segno della croce e invocando il nome di Cristo, attraversò la prima strada senza subire alcun danno. Inoltrandosi all'interno, incontrò delle visioni ancora più terribili perché il demonio si era trasformato in uno spettacolo ancora più terrificante; in quel momento mi sembrava che tutta l'la costruzione venisse scossa da un terremoto, tale da spaccare il pavimento e di offrire alla vista il sottosuolo: una viva fiamma e scintille infuocate che si sprigionavano dalle acque. Di nuovo usò la stessa arma, cioè il segno della croce accompagnato dall'invocazione del nome di Cristo, mentre il soccorso delle preghiere del maestro dissipò il carattere terrificante di queste apparizioni e di questi eventi. Uscito dall'acqua e avviandosi verso l'uscita, trovò ancora un ostacolo in quanto il demonio aveva bloccato la porta. Ma questo ostacolo di nuovo su superato da lui grazie allo stesso potere perché la porta si aprì con il segno della croce. 
81. Quanto tutto avvenne secondo il suo desiderio, si dice che il demonio gli gridò con  voce umana di non credere che il potere grazie al quale era sfuggito a morte fosse il suo, perché era la voce di colui che l'aveva affidato ad un Protettore che gli aveva permesso di rimanere indenne. Essendosi salvato nel modo che ho appena detto, provocò lo stupore delle autorità del luogo perché nessuno di coloro che fino a quel momento avevano osato entrare in acqua, poteva ancora mostrarsi tra i vivi. Raccontò ciò che gli era capitato e verificò che  gli atti eroici dei martiri erano avvenuti nella città proprio come il Grande gli aveva comunicato in precedenza, pur trovandosi nella solitudine. Riferì anche i fatti che lo riguardavano  e i prodigi che avevano colpito la sua vista e il suo udito e mediante i quali aveva capito quale fosse la potenza della fede del Grande, della quale il demonio gli aveva già reso testimonianza. 
82. Egli ritornò dal maestro lasciando ai suoi contemporanei e ai suoi successori una protezione comune: ognuno si raccomandi a Dio servendosi dell'intercessione dei sacerdoti. Permanendo ancora, questa credenza è diffusa anche oggi in tutta la Chiesa e particolarmente presso di loro poiché ricordano l'aiuto che Gregorio aveva portato a quell'uomo. 


Equilibrio pastorale e morte di Gregorio

83. Quando quella tirannia [dell'imperatore] infine fu abbattuta con l'aiuto di Dio e la pace rese possibile una vita umana, nella quale il culto per Dio era libero e nelle possibilità di tutti, egli ritornò in città. Percorse allora tutta la regione e creò per la popolazione dei dintorni un altra forma ancora di zelo per Dio istituendo delle feste in onore per coloro che avevano combattuto per la fede. Trasferivano i corpi dei martiri da un luogo ad un altro e riunendosi ogni anno nel giorno anniversario, festeggiavano lieti innalzando un panegirico in onore dei martiri. Rimane come prova della sua grande saggezza il fatto che dopo avere cambiato, in fretta, il ritmo di vita di tutta una generazione conducendola ad una vita nuova, quasi come un auriga preposto alla natura, e dopo averla legata saldamente alle redini della fede e della conoscenza di Dio, concesse una piccola cosa perché l'obbedienza venisse vissuta nella gioia sotto il giogo della fede. Resosi conto che una parte della popolazione, simile a dei bambini e ancora poco educata, restava nell'errore degli idoli perché era ancora vincolata ai piaceri del corpo, proprio perché raggiungessero ciò che in quel momento era più importante per loro - rivolgersi a Dio abbandonando i culti vani - ,  permise loro  di mostrare la loro gioia nelle feste dei santi martiri, di concedersi qualche piacere e di divertirsi. Così, nel passare del tempo, la loro vita si sarebbe trasformata da sé verso una religiosità più profonda e più capace di rigore. La fede li avrebbe condotti  a questo livello più grande. Questo cambiamento si verificò di fatto per la maggior parte della popolazione che passò dal piacere materiale del corpo a forme di gioia spirituale.
84. Egli governava la Chiesa con questo equilibrio. Desiderando poi, prima di passare da questa vita, vedere che tutti si erano convertiti dal culto degli idoli alla fede salutare, quando conobbe in anticipo il momento della sua morte, percorse con diligenza  tutto il territorio circostante per verificare se c'erano ancora delle persone che erano rimaste al di fuori della fede. Quando venne a sapere che le persone rimaste nell'errore antico non erano più di era triste vedere che mancava ancora qualcosa al compimento [del numero dei salvati]. Tuttavia meritava un grande ringraziamento il fatto che lasciasse i suoi successori nella chiesa lo stesso numero di cultori degli idoli quanti egli ne aveva trovati di cristiani.
85. Pregando, chiese allora, per coloro che erano già credenti, la crescita verso la perfezione e la conversione per quelli che non avevano creduto e così passò da questa vita sulla terra a Dio, dopo aver raccomandato ai suoi discepoli di non acquistare per lui nessuna tomba privata. Infatti, se quando era ancora vivo, non aveva mai voluto essere considerato padrone di un qualsiasi luogo ma aveva voluto vivere come straniero in casa d'altri, egli non doveva vergognarsi neppure dopo la morte di essere sepolto in una tomba altrui. Egli disse: «Sappiano i posteri che Gregorio da vivo non ebbe il nome di nessun luogo e che, dopo morto, fu ospitato in una tomba di altri, avendo rifiutato qualsiasi possesso terreno, al punto da non avere permesso neppure di essere seppellito in una propria tomba. Considerò che fosse apprezzabile soltanto quel tipo di possesso che non stimola alcuna brama». 
86. Nessuno di quanti leggeranno questo scritto si meravigli del passaggio così rapido di tutto un popolo dalla vanità dei greci alla conoscenza della verità e nessuno si mostri incredulo nel conoscere il progetto provvidenziale, grazie al quale ha avuto luogo questa trasformazione di quanti sono passati dalla menzogna alla verità. 

Ciò che è accaduto nei primi tempi del suo sacerdozio, e che ho omesso per dare risalto ad altri miracoli, ora lo voglio riprendere e raccontare.



Ultimo episodio
  
87. C'era una festa di tutto il popolo celebrata per onorare un demonio dei dintorni secondo un rito tradizionale. A questa festa accorreva quasi tutto il popolo della regione che la celebrava insieme agli abitanti della città. Il teatro si era riempito per la gente  accorsa e la moltitudine affluita occupava le gradinate ovunque. Desiderando tutti trovarsi vicini all'orchestra per vedere e sentire meglio, il palcoscenico era immerso nella confusione al punto che gli attori non potevano recitare. Il tumulto di quelli che si pressavano attorno, non soltanto impediva di ascoltare la musica ma non permetteva neppure agli attori di mostrare la loro arte. In quel momento un grido unanime si levò da quella folla: invocavano il demonio in onore del quale festeggiavano e gli chiesero di procurare loro un po' di spazio.
88. Dal momento che tutti si erano messi a gridare l'uno all'altro, il clamore si levò in alto. Il grido, che era un'invocazione al demonio, parve uscire dalla cittadinanza intera come da una sola bocca. Per riferirlo con precisione, il contenuto della preghiera era questo: «Zeus, donaci uno spazio più ampio». Il Grande, avendo sentito il grido con il quale chiamavano il demonio con il suo nome, domandando che la città potesse avere altro spazio, inviò uno dei suoi discepoli a dire loro che molto presto sarebbe stato dato loro uno spazio molto più grande di quello che avevano richiesto.
89. Quando questa parola, che proveniva da lui, fu pronunciata al modo di un duro presagio, una pestilenza arrivò nel corso di quella festa e subito il lamento funebre si mescolò ai cori di danza e il piacere si tramutò in dolore e in lutto. Al posto dei flauti del tripudio, si innalzò un canto funebre, interrotto, che si diffondeva per tutta la città. Non appena la malattia aggredì qualcuno, subito divampò più velocemente di quanto si potesse pensare, divorando le case come fosse fuoco. In poco tempo gli edifici sacri furono occupati dagli ammalati perché, nella speranza di guarire, andavano a rifugiarsi là. Le fonti, le sorgenti, i pozzi furono presi d'assalto e affollati dalle persone che erano assetati dall'arsura provocata da quella terribile malattia. L'acqua  però non riusciva a spegnere l'ardore della sete dei malati che, una volta in preda del malanno  continuavano a star male, sia prima che dopo aver bevuto l'acqua. Molte persone passavano direttamente nella tomba, poiché i superstiti non erano più sufficienti  a seppellire i morti. Ormai tutti si aspettavano di essere contagiati e il morbo si avvicinava come uno spettro alla casa destinata alla morte e la rovina ne era la necessaria conseguenza.
90. Quando tutti compresero la causa della malattia, e il demonio  invocato aveva esaudito in modo infausto quegli stolti, procurando questo spazio in città con una pestilenza, vennero a supplicare quel Grande, chiedendo che il flusso del morbo cessasse grazie al Dio da lui conosciuto ed invocato. Confessavano che era l'unico Dio e che dominava ogni evento. Quando lo spettro della malattia si manifestava, procurando la rovina di una casa e portando disperazione, chi si trovava in pericolo aveva a disposizione un unico mezzo di salvezza: far venire Gregorio in quella casa che con la sua preghiera allontanasse il morbo, che vi era penetrato. La fama si sparse in maniera in fretta grazie a coloro che avevano goduto per primi della guarigione ed allora furono abbandonate tutte le pratiche che la loro stoltezza aveva curato: oracoli, sacrifici espiatori, culto degli idoli. Tutti guardavano al grande sacerdote e tutti cercavano di attirarlo in casa loro per la salvezza dell'intera famiglia. Da parte sua, l'unica ricompensa era la salvezza delle anime delle persone guarite. In quel frangente appariva la solidarietà del sacerdote e le persone che avevano compreso, dai fatti accaduti ,quale fosse la potenza della fede non frapponevano alcun indugio per acconsentire al mistero. 
91. La malattia per loro fu uno stimolo più efficace della salute. Mentre stavano bene, erano lenti nell'accogliere il mistero ma furono stimolati ad aderirvi dalla malattia del corpo. Debellata così la falsità degli idoli, tutti si convertirono al nome di Cristo, alcuni condotti alla verità dall'esperienza del morbo, gli altri perché, a protezione dal contagio, s'erano rifugiati nella fede in Cristo. 

92. Ci sarebbero ancora altri miracoli operati dal grande Gregorio, dei quali si parla anche oggi. Da parte mia non voglio infierire contro chi non vuole credere, - alcuni infatti pensano che la verità [raccontata] sia invece una menzogna, a motivo del carattere straordinario degli eventi narrati  -  affinché non subiscano un danno ancora più grave e per questo non li riporto in questo scritto. 

trad. vincenzo bonato



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