venerdì 24 febbraio 2023

Gregorio di Nissa. Omelie sul Cantico dei Cantici Introduzione

 


Presento un'introduzione generale alle Omelie di Gregorio di Nissa sul Cantico dei cantici. In seguito proporrò una presentazione essenziale delle quindici Omelie. 

Ripercorrendo le quindici Omelie sul Cantico dei Cantici, opera della maturità di Gregorio, vescovo di Nissa, incontriamo un messaggio di teologia spirituale di grande valore

Il compito che egli s’era proposto era eminentemente pastorale, ma questo non escludeva, anzi esigeva, un approfondimento teologico, perché è sopra un tale fondamento che deve fondarsi una prassi cristiana autentica. 

Un gruppo di fratelli, che vivevano insieme con lui (in una vita del tipo monastico?), annotarono i contenuti più rilevanti predicati da Gregorio a tutto il popolo; in seguito li raccolsero, formando il manoscritto che costituì il principale contenuto di questa opera. Altri elementi esegetici più raffinati, come il Nisseno stesso confessa, furono aggiunti in seguito da lui stesso, durante la stesura del manoscritto, e non appartenevano inizialmente alla predicazione svolta. L’opera, così raccolta, la dedicò ad una certa Olimpia, che doveva far parte della cerchia dei discepoli e che l’aveva esortato, con una certa insistenza, ad impegnarsi a commentare il libro


In questo studio ho cercato di evidenziare i contenuti teologico-spirituali più rilevanti e mi sono proposto d’inserirli nell’ambito della riflessione sviluppata da alcuni autori precedenti a lui (come Origene e Metodio d’Olimpo), e da altri successivi, nei quali affiorarano le medesime tematiche (Teodoreto di Cirro, Diadoco di Foticea, Isacco di Ninive); alcuni di loro sono testimoni di esperienze mistiche, che mostrano una certa affinità e continuità con le intuizioni del Nisseno. 


Nella predicazione, Gregorio svolge un’interpretazione spirituale o allegorica, seguendo da vicino il metodo già praticato da Origene e dalla scuola Alessandrina in genere. Oggi, questo metodo, è esposto ad una critica seria. Alcuni studiosi temono, in modo particolare, che questo tipo di aproccio al testo, presupponga una svalutazione dell’affettività e della sessualità, a favore di una rilettura spiritualista del testo.

Affronto dapprima questa questione ed accennerò in seguito ai problemi destati dal metodo allegorico nel campo dell’esegesi biblica. 

Nell’epistolario di Gregorio di Nazianzo, compare una lettera inviata da lui all’amico Gregorio di Nissa, per confortarlo della morte di una certa Teosebia: «Teosebia, veramente santa, compagna d’un ministro di Dio, d’equale onore e degna dei grandi misteri». Chi era questa donna così insigne, la sorella naturale o la moglie di Gregorio? Il termine usato, compagna (syzygos), vale per entrambi i casi ma è più probabile che si tratti della moglie. Componendo il Trattato sulla Verginità, il Nisseno lascia intende di essersi sposato e di non aver compreso da giovane il valore del carisma che intendeva celebrare, per incarico altrui (cioè del fratello Basilio)

In ogni caso, anche quando si persuase che la scelta verginale fosse di maggior valore rispetto a quella matrimoniale, difese con vigore il bene del matrimonio e condannò con vigore chi lo disprezzava: «Queste persone, lasciata la strada dello spirito per l’insegnamento dei demoni, imprimono nei loro cuori come delle piaghe e delle bruciature, provando riprezzo per le creature di Dio come se fossero cose nefande (mìasmata)». Chi disprezza la sessualità, considerandola una nefandezza, si pone dalla parte di satana e si oppone allo Spirito. 

I Padri che affrontavano il testo della Cantica dovevano fronteggiare l’opposizione di chi considerava scandaloso il contenuto di questo libro e si rifiutavano di considerarlo un’opera ispirata dallo Spirito. Sicuramente molti fedeli, - tra questi alcuni appartenevano con ogni probabilità al movimento ascetico che, nato in Mesopotamia, si stava diffondendo sempre di più anche in Siria e in Asia Minore – erano diffidenti nei confronti della sessualità e perfino del matrimonio. I Padri, allora, hanno compiuto un’azione pedagogica di mediazione: escludendo la licenziosità e l’asservimento alla sensualità, affrontavano il discorso sulla sessualità in modo costruttivo. Proprio l’utilizzo della metafora nuziale, consentiva di loro di salvaguardare il suo valore umano, come anche di evitare una ipersessualizazione, ancora fortemente presente nella società, ancora intrisa della cultura pagana popolare, alquanto licenziosa. 


Affrontiamo ora, la seconda questione, ossia l’interpretazione spirituale del Cantico. Oggi sembra cessata la contrapposizione d’un tempo tra interpretazione letterale e interpretazione spirituale, in generale ma anche soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione di questo libro. Si è tutti d’accordo che la lettera possieda un valore teologico e, quindi, già di per sé stessa, sia spirituale. La cosidetta interpretazione spirituale, tuttavia, non intende sopprimere il significato storico, immediato, ma piuttosto dilatarlo mediante la relazione con altri testi biblici e accrescerlo in relazione con lo sviluppo teologico che avviene lungo il decorso della storia della salvezza. 

Da una parte, l’amore coniugale rivela al mondo che cosa sia amore e quindi consente di poter dire che Dio è amore (senza l’esperienza dell’affettività, il termine amore resterebbe una parola vuota; grazie ad essa, i profeti possono parlare dell’amore di Dio per Israele come quello di uno sposo per la sua sposa). D’altra parte, se l’amore umano non imitasse il modo d’amare proprio di Dio, ma si riducesse ad essere mera istintività, sfruttamento del corpo altrui e sopraffazione, non costituirebbe più un fatto umano. La relazione amorosa esposta nella Cantica non celebra un qualsiasi legame ma un impulso amoroso che imita il modo di amare di Dio. Per questo l’amore celebrato in questo libro è, nel contempo, passionale e spirituale. 

L’interpretazione spirituale sviluppa il significato letterale perché esso è già molto buono, come ogni opera creata. Tuttavia, sebbene la lettura metaforica non sia suggerita in modo esplicito dal testo, essa s’impone quando si inserisce il libro nel contesto di tutta la Scrittura e della storia del popolo. La ragazza richiama anche la bontà della terra promessa; si possono trovare nei versetti allusioni alle vicende d’Israele, come l’Esodo o l’Esilio. Divenne naturale, allora, per Israele leggere il Cantico nella festa di Pasqua. 

I Padri si sono inseriti all’interno di questa tradizione ebraica. Gregorio commenta il libro nel corso di una predicazione quaresimale. Altri Padri lo citano nel contesto delle catechesi battesimali (Ambrogio, Giovanni Crisostomo). 


Rimane, tuttavia, un problema: un’interpretazione simbolica o spirituale della Cantica è cosa diversa da un’interpretazione allegorica. Gregorio non deve difendersi da oppositori che gli contestano l’interpretazione spirituale del libro ma da quelli che s’oppongono al metodo allegorico da lui adottato. Oggi il disagio verso questo metodo è ancora più forte, al punto da venire considerato del tutto desueto. Nessuno, mi pare, tenta di riproporlo. 

Il Commento di Gregorio però, a prescindere dal procedimento usato, offre dei contenuti teologici di grande spessore che non possono essere trascurati. Li ha attinti non, nonostante l’uso dell’allegorismo, ma proprio grazie ad esso. Il ricorso all’esegesi allegorica, assai diffuso a quel tempo, favoriva un’indagine biblica a tutto campo. Essa compendia l’attenzione al significato molteplice di un termine, il ricorso ad altri testi paralleli, lo sviluppo tipologico di un evento o di una figura. Gregorio sapeva che l’uso della metafora è molto esteso nella Bibbia: «Possiamo raccogliere dal Vangelo molti altri passi dai quali si vede che altro è il senso immediato, altro invece il significato a cui mira la comprensione profonda del testo. Ad esempio: l'acqua promessa agli assetati che trasforma i credenti in sorgenti da cui sgorgano fiumi, il pane disceso dal cielo, il tempio distrutto e ricostruito in tre giorni, la via, la porta, la pietra scartata dai costruttori ma poi ricollocata come testata d'angolo... Tutti questi esempi e altri ancora ci avvertono come sia necessario scrutare le divine Scritture, fare molta attenzione ai testi e ricercare scrupolosamente se non si possa scoprire un messaggio ben più profondo di quello più ovvio, capace di condurre il cuore verso significati più corrispondenti al divino»

Forse si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato con altri metodi? Voglio solo dire che l’allegoria non è stata solo arbitrio e fantasia. Il rispetto verso il testo sacro è stato totale. Gregorio mostra una conoscenza di tutta la Scrittura assai ragguardevole ed un’attenzione meticolosa al significato del testo. Per questo oggi, senza riproporre lo stesso metodo, si può leggere ancora, con grande profitto, un commentario biblico ispirato ad un metodo ormai desueto. 


Gregorio, come del resto gli altri Padri, hanno commentato questo libro perché in esso si parla dell’amore e questa virtù corrisponde all’essenza della vita cristiana, purché sia del tutto gratuito, libero da interessi e da costrizione.

Non posso, a questo punto, tralasciare una citazione di Teodoreto di Cirro, la quale, più di ogni altra, ci riconduce a questa temperie da cui scaturiva il bisogno, quasi, di occuparsi di questo testo:

«Questo è il sommo dei beni, il culmine della benevolenza divina, la bontà ineffabile, l'infinita misericordia, l'immensa pietà, l'indicibile amore: il fatto che il Creatore, il Signore, non solo abbia liberato dalla morte e dalla tirannia del diavolo questo essere vivente fatto di fango, soggetto alla sofferenza, corruttibile, ma gli abbia donato anche la libertà; non solo lo abbia reso libero, ma lo abbia anche costituito figlio; non solo gli abbia concesso il dono dell'adozione a figlio, ma lo abbia chiamato col nome di sposa e lo abbia reso tale.

Egli si è unito alla sposa come uno sposo, le ha offerto infiniti doni nuziali, le ha preparato la camera e il talamo; essendo nuda l'ha rivestita ed è diventato per lei veste, cibo, bevanda, strada, scudo, vita, luce e risurrezione.

Osare descrivere l’amore di Dio per gli uomini è come pretendere di contare la sabbia e le gocce di pioggia e di misurare il mare con un bicchiere. Il libro si chiama Cantico dei Cantici, dunque, perché ci mostra gli aspetti più significativi della bontà di Dio e ci svela i più riposti, impenetrabili e santi misteri del suo amore per gli uomini»


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