INDULGENZA E PENA TEMPORALE
In che senso è legittima - anzi, insuperabile - la dimensione della "pena" nel sacramento della penitenza?
Se noi ritenessimo che la "pena" nel sacramento della penitenza sia solo un retaggio di un passato medioevale con cui non abbiamo più nulla a che fare, allora non solo rinunceremmo a comprendere fino in fondo che cosa sia la prassi indulgenziale, ma anche perderemmo il senso complessivo dello stesso sacramento della confessione. D'altra parte, quando accettiamo una dimensione propriamente "penitenziale" della confessione e siamo disposti ad ammettere la sua dimensione di "pena", abbiamo certo riconosciuto una giusta esigenza, ma non l'abbiamo ancora compresa.
Per una comprensione teologica di questo concetto di "pena del peccato", così essenziale per un'adeguata concezione della penitenza e quindi anche delle indulgenze, non si deve partire dal modello che ci viene fornito dalle pene inflitte dal potere dello stato per un delitto commesso contro l'ordine pubblico.
La concezione di "pena temporale" deve essere attinta da un diverso orizzonte, altrimenti si rischia di confondere Dio con il mondo, senza più comprendere la dimensione trascendente della grazia e della misericordia. Tale orizzonte è costituito dalla libertà dell'uomo e dal riconoscimento del suo carattere corporeo, legato alla sensibilità e alla materia.
La "distanza", tra la decisione di mutare vita e la sua effettiva modificazione, questa discrepanza, sempre possibile e sempre dolorosa, tra volontà (nuova) e realtà (vecchia) rappresenta il luogo proprio delle "pene del peccato". Esse sono allora come il sopravvivere della decisione cattiva non più nella volontà, ma nell'oggettivazione corporea che di essa le precedenti espressioni/esperienze della volontà hanno lasciato in me, nel mondo e nel prossimo. Scopriamo che l'elemento salvaguardato dalla "pena" nel processo di conversione è precisamente il rapporto complesso e mai semplice, concreto e mai astratto, tra uomo nuovo e uomo vecchio, che il peccato, dopo il battesimo, mette a dura prova. In questo modo, attraverso concetti apparentemente astratti, il Medioevo ha preso sul serio la storicità dell'uomo, mentre la nostra insensibilità al tema non è altro che un volto della scarsa considerazione che abbiamo per quella storicità, che solo a parole diciamo di ritenere tanto decisiva.
La colpa dell'uomo battezzato, quando emerge alla coscienza grazie al nuovo incontro con la parola salvifica che Dio gli rivolge, porta con sé, proprio con l'essere perdonata, il rovello del cambiamento, la fatica della realizzazione corporea, storica ed esistenziale di ciò che l'uomo ha scoperto riservato da Dio per lui.
La confessione della colpa e la misericordia di Dio che scende sull'uomo sono il principio e il definitivo cambiamento dell'uomo ma non e non possono essere il mutamento storico della sua libertà, che resta libera (purtroppo e per fortuna) anche di fronte alla propria conversione.
Infatti il sacramento della riconciliazione annuncia e realizza nuovamente il riconciliarsi, avvenuto in Cristo, di Dio con l'uomo. La grazia di Dio incontra la libertà dell'uomo e la libera, instillando la certezza che "se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa". Per questo, nel sacramento, non è centrale semplicemente l'offerta della grazia, ma anche la capacità di rispondere adeguatamente a quella grazia. Anzi, potremmo dire addirittura che il sacramento riprende l'offerta della grazia tipica dei sacramenti dell'iniziazione, ma ha come specificità di prendersi cura della risposta dell'uomo. È celebrazione della rinnovata possibilità che la grazia di Dio trovi risposta da parte del battezzato caduto nel peccato postbattesimale.
La dimensione di preghiera comunitaria
La rimotivazione moderna del concetto di "pena temporale" ha cercato di interpretare l'indulgenza partendo non dal "potere delle chiavi", ma dalla "preghiera cristiana". In effetti, questa riflessione ci consente di pensare l'indulgenza come preghiera particolare della Chiesa, che essa innalza per i propri membri nella sua azione cultuale e nella preghiera per la loro completa purificazione; questa preghiera, nell'indulgenza, viene applicata solennemente e in modo particolare a un membro determinato.
Con tale visione viene assicurato un duplice risultato: si assicura alla dimensione comunitaria, a quella relazione di comunione tra gli uomini che si chiama Chiesa, il ruolo di accompagnare e anche di intercedere per la sofferenza di un suo membro. «La Chiesa è in grado di avallare simile preghiera. Essa non è mai stata solo l'organizzazione burocratica esteriore della verità e dei mezzi di grazia. È l'unico corpo di Cristo, nel quale tutte le membra vivono, soffrono e raggiungono la perfezione; le une per le altre».
Tale dimensione ecclesiale della preghiera per la penitenza di ogni singolo credente - che raggiunge una particolare evidenza nell'indulgenza costituisce anche il concetto di "tesoro della Chiesa", che corrisponde alla volontà salvifica propria di Dio e, a ben vedere, a Dio nella misura in cui tale volontà vive nel Cristo (capo) vittorioso ormai per sempre nel mondo: Cristo che è sempre voluto da Dio come primogenito tra molti fratelli e quindi con il suo corpo che è la Chiesa. Nell'indulgenza viene perciò alla luce la dinamica profonda con cui ogni penitente è chiamato a rispondere non solo con la sua volontà, ma anche con il suo corpo, con le sue scelte ulteriori, in ultima analisi con l'intera sua esistenza, alla parola di grazia che Dio ha voluto rivolgergli ancora una volta.
Di fronte a tale parola, l'uomo non è dispensato dal rispondere in prima persona. È lui e solo lui a dover rispondere. Ma in questo non è solo. Gli sta accanto, lo accompagna, lo sollecita, lo implora, lo ammonisce, lo instrada, lo ascolta, lo consola la compagnia di Cristo e della Chiesa.
La morte e risurrezione di Cristo, tesoro della Chiesa, è la parola irrevocabile di comunione di Dio con l'uomo, che come tale assume un'efficacia ordinaria nel cammino di penitenza dei cristiani penitenti, e un volto straordinario nella preghiera che costituisce e accompagna l'indulgenza.
Andrea Grillo, Indulgenza. Storia e significato, San Paolo 2015 (passim)
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