mercoledì 29 marzo 2023

Il motivo della morte di Gesu'

 Misericordia e giustizia in Dio. 


Papa Giovanni Paolo II era profondamente impregnato da tale impulso (ossia dal desiderio di riscoprire la bontà divina), anche se ciò non sempre emergeva in modo esplicito. Ma non è di certo un caso che il suo ultimo libro, che ha visto la luce proprio immediatamente prima della sua morte, parli della Misericordia di Dio. A partire dall'esperienza nelle quali fin dei primi anni di vita ebbe constatare tutta la crudeltà degli uomini, egli afferma che la misericordia è l'unica vera e ultima reazione efficace contro la potenza del male. Solo là dove c'è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza. Papa Francesco si trova del tutto in accordo con questa linea. La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli parli continuamente della misericordia di Dio. È la Misericordia quello che ci muove verso Dio mentre la giustizia ci spaventa al suo aspetto.


A mio parere ciò mette in risalto che sotto la patina della sicurezza di sé e della della propria giustizia l'uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della Misericordia. Non è di certo un caso che la parabola del buon samaritano sia particolarmente attraente per i contemporanei. E non solo perché in essa è fortemente sottolineata la componente sociale dell'esistenza cristiana, né solo perché in essa è il Samaritano, l'uomo non religioso, nei confronti dei rappresentanti della religione appare, per così dire, come colui che agisce in modo veramente conforme a Dio, mentre li rappresentanti ufficiali della religione si sono resi, per così dire, immuni nei confronti di Dio. È chiaro che ciò piaccia l'uomo moderno. Ma mi sembra altrettanto importante tuttavia che gli uomini nel loro intimo aspettino che il Samaritano venga in loro aiuto, che si curvi, versi olio sulle loro ferite, si prenda cura di loro e li porti al riparo. In ultima analisi essi sanno di aver bisogno della Misericordia di Dio e della sua delicatezza.


Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l'attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente. Mi pare che nel tema della misericordia Divina si esprime in modo nuovo quello che significa la giustificazione per fede. A partire dalla misericordia di Dio, che tutti cercano, è possibile anche oggi interpretare da capo il nucleo fondamentale della dottrina della giustificazione e farlo apparire ancora in tutta la sua rilevanza.


Quando Anselmo dice che il Cristo doveva morire in croce per riparare l'offesa infinita che era stata fatta a Dio e così restaurare l'ordine infranto, egli usa un linguaggio difficilmente accettabile dall'uomo moderno. Esprimendosi in questo modo, si rischia di proiettare su Dio un'immagine di un Dio di collera, dominato, dinnanzi al peccato dell'uomo, da sentimenti di violenza e di aggressività paragonabili a quello che noi stessi possiamo sperimentare. Come è possibile parlare della Giustizia di Dio senza rischiare di infrangere la certezza, ormai assodata presso i fedeli, che il Dio dei Cristiani è un Dio ricco di misericordia? (Ef 2,4). 


Le categorie concettuali di Sant'Anselmo sono diventate oggi per noi di certo incomprensibili. E il nostro compito tentare di capire in modo nuovo la verità che si cela dietro tale modo di esprimersi. Per parte mia formula 3 punti di vista su questo punto. 


1) La contrapposizione tra il Padre, che insiste in modo assoluto sulla giustizia e il figlio che obbedisce al padre e ubbidendo accetta la crudele esigenza della giustizia non è solo incomprensibile oggi, ma, a partire dalla teologia trinitaria, è in sé del tutto errata. Il Padre e il Figlio sono una cosa sola e quindi la loro volontà è una sola. Quando il Figlio nell'orto degli Ulivi lotta con la volontà del padre non si tratta del fatto che egli debba accettare per sé lui la crudele a disposizione di Dio, bensì dal fatto di attirare l'umanità dal di dentro della volontà di Dio. Dovremmo tornare ancora, in seguito sul rapporto tra le due volontà del Padre del Figlio. 


2. Ma allora perché mai la croce e l'espiazione?  Mettiamoci di fronte all'incredibile quantità di male, di violenza,  di crudeltà e di superbia che infettano e rovinano il mondo. Questa massa di male non può essere semplicemente dichiarata inesistente, neanche da parte di Dio. Essa deve essere depurata, rielaborata e superata L'Antico Israele era convinto che il quotidiano sacrificio per i peccati e soprattutto la grande liturgia del giorno di espiazione fossero necessari come contrappeso alla massa di male presente nel mondo e che solo mediante tale riequilibrio il mondo poteva, per così dire rimanere sopportabile. Una volta scomparsi i sacrifici del tempio, ci si dovette chiedere che cosa potesse essere contrapposto alle superiori potenze del male, come trovare in qualche modo un contrappeso. 

I cristiani sapevano che il tempio distruttore era stato sostituito dal corpo risuscitato dal Signore crocifisso e che nel suo amore radicale incommensurabile era stato creato un contrappeso all'incommensurabile presenza del male. Anzi essi sapevano che le offerte presentate finora potevano essere concepite solo come gesto di desiderio di un reale contrappeso. Essi sapevano anche che di fronte alla strapotenza del male solo un amore infinito poteva bastare, solo un espiazione infinita. Sapevano che il Cristo Crocifisso risorto è un potere che può contrastare quello del male e così salvare il mondo e su queste basi potevano anche capire il senso delle proprie sofferenze come inserite nell'amore sofferente di Cristo e come parte della potenza redentrice di tale amore. Sopra citavo quel teologo per il quale Dio ha dovuto soffrire per le sue colpe nei confronti del mondo. Ora, dato questo capovolgimento della prospettiva, emerge la seguente verità: Dio semplicemente non può lasciare com'è la massa del male che deriva dalla libertà che lui stesso ha concesso. Solo lui, venendo a far parte della sofferenza del mondo,  può redimere il mondo. 


3. Su queste basi diventa più perspicuo il rapporto tra il Padre e il Figlio. Riproduco sull'argomento un passo tratto dal libro di De Lubach su Origene che mi sembra a portare molta chiarezza: «Il Salvatore è disceso sulla terra per pietà verso il genere umano. Egli ha subito le nostre passioni prima di soffrire la croce, prima ancora che si fosse degnato di prendere la nostra carne: ché se non le avesse subite da prima, non sarebbe venuto a partecipare alla nostra vita umana. Qual è questa passione che dall'inizio Egli ha subito per noi? È la passione dell'amore.  Ma il Padre stesso, Dio dell'universo, lui che è pieno di longanimità di misericordia e di pietà non soffre forse in qualche modo? O forse tu ignori che quando si occupa delle cose umane, egli soffre una passione umana? Perché il Signore Dio ha preso su di sé i tuoi modi di vivere come colui che prende su di sé il suo bambino. Dio prende su di sé i nostri modi di vivere come il figlio di Dio prende le nostre passioni. Il Padre stesso non è impassibile, se lo si invoca Egli ha pietà e compassione. Egli soffre una passione d'amore».


In alcune zone della Germania ci fu una devozione molto commovente che si soffermava sull' indigenza di Dio (Die Not Gottes). Qui si presenta davanti ai miei occhi un impressionante immagine che rappresenta il padre sofferente, e come padre condivide interiormente le sofferenze del figlio. È anche l'immagine del trono di Grazia fa parte di questa devozione: il Padre sostiene la croce e il crocifisso, si china amorevolmente su di lui e d'altra parte è per così dire insieme con lui sulla croce. Così in modo grandioso e puro è colto qui il significato della Misericordia di Dio e della partecipazione di Dio per la sofferenza dell'uomo. Non si tratta di una giustizia crudele, non già del fanatismo del padre, bensì della verità e della realtà della creazione: del vero intimo superamento del male che in ultima analisi si può realizzare solo nella sofferenza dell'amore.


Ratinger


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