mercoledì 29 marzo 2023

Messianismo ebraico e cristiano

Dalle testimonianze del Nuovo Testamento su Gesù diventa chiaro che gli si pose in atteggiamento critico nei confronti del titolo di messia e delle rappresentazioni a esso generalmente connesse. Quando nella formazione della confessione tra i discepoli viene applicato a Gesù il titolo di Cristo, subito egli integra e corregge le rappresentazioni nascoste in questo titolo con una catechesi sulle sofferenze del Salvatore.

Gesù stesso nel suo annuncio non si è collegato alla tradizione davidica, bensì principalmente alla figura portatrice di speranza del Figlio dell'uomo formulata da Daniele. Per il resto furono centrali in lui il pensiero della passione, della sofferenza e della morte vicaria, dell'espiazione. Il pensiero del Servo di Dio sofferente, della salvezza tramite la sofferenza è per lui essenziale.

Anche nel giudaismo il pensiero dell'auto abbassamento, anzi della sofferenza di Dio non è estraneo e vi sono significative approssimazioni alla interpretazione cristiana della speranza nell'Antico Testamento, anche se naturalmente restano delle differenze ultime. Nei dibattiti medievali tra Giudei e cristiani veniva comunemente citato da parte giudaica, come nucleo della speranza messianica, Isaia 2,2-5. Di fronte a queste parole doveva dare prova di sé chiunque avrebbe avanzava una pretesa messianica «Egli sarà giudice fra le genti… spezzeranno le loro spade ne faranno aratri… una nazione non alzerà più la spada contro l'altra nazione, non impareranno più l'arte della guerra».

È chiaro che queste parole non si sono adempiute, ma restano attese attesa di futuro. Effettivamente Gesù ha letto le promesse di Israele in un orizzonte di comprensione più estesa in cui la passione di Dio in questo mondo e così la sofferenza del giusto viene a occupare un posto sempre più centrale. 


Anche nelle sue immagini del regno di Dio, non domina affatto un accento trionfalistico; anch'esse sono caratterizzate dalla lotta di Dio con l'uomo e per l'uomo. Sul campo del regno di Dio cresce in questi tempi la zizzania insieme con con il grano e non viene strappata via. Nella rete di Dio si trovano pesci Buoni e Cattivi. Il lievito dal Regno di Dio penetra solo lentamente il mondo dall'interno per cambiarlo. Nel colloquio con Gesù e discepoli sulla via di Emmaus apprendono che proprio la croce deve essere il vero centro della figura del messia. Il Messia non appare pensato primariamente dalla figura regale di Davide. 

Secondo la visione della storia di Gesù, tra la distruzione del tempio e la fine del mondo verrà un tempo dei pagani, essenziale come parte della storia di Dio con gli uomini. Anche se questo periodo nell’azione di Dio con il mondo non è direttamente riscontrabile nei testi dell'Antico Testamento, esso corrisponde tuttavia allo sviluppo della speranza di Israele, come avviene con crescente chiarezza nei tempi più recenti (Deutero Isaia, Zaccaria). 


San Luca ci racconta che Gesù, Risorto, in compagnia dei dei due discepoli sulla via di Emmaus li guidò contemporaneamente per una via interiore. Essi imparano così a comprendere in modo totalmente nuovo promesse e speranze di Israele e la figura del messia. E si scoprono così che proprio il destino del Crocifisso e Risorto, che è misteriosamente in cammino con i discepoli, è praticamente tracciato nei libri. Essi apprendono una nuova lettura dell'Antico Testamento. Questo testo descrive la formazione della fede cristiana nel primo e secondo secolo e descrive così una via che è sempre da cercare e da percorrere. Descrive fondamentalmente anche il dialogo tra Giudei e cristiani, così come Esso doveva svolgersi fino a oggi e purtroppo soli in vari momenti è stato quanto meno echeggiato.


I padri della Chiesa erano pienamente consapevoli di questa nuova suddivisione della storia, così ad esempio quando descrivevano la progressione della storia in uno schema tripartito di ombra (umbra), immagine (imago), verità (veritas). 

Il tempo della chiesa (tempo dei pagani) non è ancora arrivato nella piena verità. Esso è ancora immagine, c'è un perdurare nel transitorio anche se in una nuova apertura. Bernardo di Chiaravalle ha esposto correttamente questo stato di cose quando trasforma il duplice avvento di Cristo e in una triplice forma di presenza del Signore e definisce il tempo della chiesa come una venuta intermedia (Adventus medius). 

In sintesi possiamo dire che l'intera storia di Gesù, come la riferisce il Nuovo Testamento, dal racconto delle Tentazioni fino alla vicenda di Emmaus, mostra che il tempo di Gesù, il tempo dei pagani, non è il tempo di una trasformazione cosmica in cui le decisioni definitive tra Dio e l'uomo sono già state prese, bensì un tempo della Libertà. In esso Dio viene incontro agli uomini attraverso l'amore Crocifisso di Gesù Cristo per raccoglierli in un libero Sì al regno di Dio. È il tempo della Libertà, ciò vuol dire anche tempo in cui il male ha ancora potere. Il tempo il potere di Dio in tutto questo tempo è anche un potere della pazienza e dell'amore, le cui confronti il potere del male è ancora attivo. È il tempo della pazienza di Dio che a noi sembra esageratamente eccessiva, un tempo della vittoria ma anche delle sconfitte dell'amore e della verità. La chiesa antica ha sintetizzato alla natura di questo tempo con l'espressione: Dio regnò dal legno (Regnavit a ligno Deus). Nell'essere in viaggio con Gesù come discepoli di Emmaus, la chiesa prende a leggere l'Antico Testamento con lui e così a comprenderlo in modo nuovo. Essa impara a riconoscere che proprio questo è stato predetto sul messia e nel dialogo con i Giudei deve cercare di continuo di mostrare che tutto questo avviene secondo le Scritture.


Per questo la teologia spirituale ha sempre sottolineato che il tempo della chiesa non significa ad esempio l'essere approdati in paradiso, ma corrisponde per il mondo intero ai 40 anni dell'esodo di Israele. È la via dei Liberati. Come a Israele nel deserto viene sempre ricordato che il suo vagare è conseguenza della liberazione dalla schiavitù dell'Egitto; come Israele nel viaggio desiderava costantemente ritornare in Egitto non riuscendo a riconoscere il bene della Libertà come un bene, parimenti fa la cristianità nel suo cammino di Esodo: riconoscere il mistero della liberazione e della libertà come un dono di redenzione, diventa di continuo difficile per gli uomini ed essi vogliono restituire indietro la liberazione. Con le misericordie di Dio, tuttavia essi possono anche costantemente apprendere che la libertà è il grande dono per la vera vita.


Nessun commento:

Posta un commento