venerdì 31 marzo 2023

La missione oggi

 Vale ancora la pena darsi alla missione?


Mentre i padri e i teologi del Medioevo potevano ancora essere del parere che nella sostanza tutto il genere umano era diventato cattolico e che il paganesimo esistesse ormai soltanto ai margini, la scoperta del nuovo mondo all'inizio dell'era moderna ha cambiato in maniera radicale le prospettive. 


Nella seconda metà del secolo scorso si è completamente affermata la consapevolezza che Dio non può lasciare andare in perdizione tutti non battezzati e che anche una felicità puramente naturale per essi non rappresenta una reale risposta alla questione dell'esistenza umana. Se è vero che i grandi missionari del secolo XVI erano ancora convinti che chi non è battezzato è per sempre perduto, nella chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II tale convinzione è stata definitivamente abbandonata.


Perciò deriva una doppia profonda crisi. Per un verso ciò sembra togliere ogni motivazione a un futuro impegno missionario. Perché mai si dovrebbe cercare di convincere delle persone ad accettare la fede Cristiana quando possono salvarsi anche senza di essa? Ma pure per i cristiani ne derivò una conseguenza. Diventò incerta e problematica l’obbligatorietà della fede e della sua forma di vita. Se c'è chi si può salvare anche in altre maniere, non è più evidente, alla fin fine, perché il Cristiano stesso sia legato alle esigenze della fede Cristiana e alla sua morale. Ma se fede e salvezza non sono più interdipendenti, anche alla fede diventa immotivata. 


Negli ultimi tempi sono stati formulati diversi tentativi allo scopo di conciliare la necessità universale della fede cristiana con la possibilità di salvarsi senza di essa. Nel ricordo qui due: innanzitutto la ben nota tesi dei Cristiani anonimi…. 

Ancor meno accettabile è la soluzione proposta dalle teorie pluralistiche della religione, per le quali tutte le religioni, ognuna a suo modo, sarebbero vie di salvezza e in questo senso nei loro effetti devono essere considerate equivalenti. La critica della religione del tipo di quella esercitata dall'Antico testamento, dal Nuovo Testamento e dalla Chiesa primitiva è essenzialmente più realistica, più concreta e più vera della sua disanima delle varie religioni. Una ricezione così semplicista non è proporzionata la grandezza della questione. 


Ricordiamo da ultimo soprattutto Henri de Lubac e con lui alcuni altri teologi che hanno fatto forza sul concetto di sostituzione vicaria. Per essi la proesistenza di Cristo sarebbe espressione della figura fondamentale dell'esistenza Cristiana e della Chiesa in quanto tale. È vero che così il problema non è del tutto risolto, ma a me pare che questa sia in realtà l'intuizione essenziale che così tocca l'esistenza del singolo cristiano. Cristo, in quanto unico, era ed è per tutti, e i cristiani, che nella grandiosa immagine di Paolo costituiscono il suo corpo in questo mondo, partecipano di tale essere per. Cristiani, per così dire, non si è per se stessi, bensì, con Cristo, per gli altri. Ciò non significa una specie di biglietto speciale per entrare nella beatitudine eterna, ma la vocazione a costruire l'insieme, il tutto. Quello di cui la persona umana ha bisogno in ordine alla salvezza è l’intima apertura nei confronti di Dio, l'intima aspettativa e adesione a lui, e ciò, viceversa, significa che noi insieme con il Signore che abbiamo incontrato, andiamo verso gli altri e cerchiamo di render loro visibile l'avvento di Dio in Cristo. 


È possibile spiegare questo essere per anche in modo un po' più astratto. È importante per l'umanità che in essa ci sia verità, che questa sia creduta e praticata. Che si soffra per essa. Che la siami. Queste realtà penetrano con la loro luce all'interno del mondo in quanto tale e lo sostengono. Io penso che nella presente situazione diventi per noi sempre più chiaro comprensibile quello che il Signore dice ad Abramo, che cioè dieci giusti sarebbero stati sufficienti a far sopravvivere una città, ma che essa distrugge se stessa se tale piccolo numero non viene raggiunto. È chiaro che dobbiamo ulteriormente riflettere sull'intera questione.


Ratzinger

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